“È ricca, la sposo e l’ammazzo” di Jack Ritchie: il maestro del racconto breve che ispirò Alfred Hitchcock
“Abbassai lo sguardo sui miei vestiti. Il medaglione rotondo di plastica che conteneva la cima di una fronda era caduto da una tasca e giaceva sull’erba. Alsophila Grahamicus. Mi ritrovai a tremare. Avevo ucciso Smith e McPherson, e meritavano di morire. Ma si può uccidere un bambino? Un bambino? Sì, una donna-bambina che mi amava… Bestemmiai selvaggiamente e mi tuffai. Trovai subito Henrietta e la portai in superficie. Stava ancora obbedendo al mio ordine di trattenere il fiato, sebbene ormai disperatamente.”
Lo statunitense Jack Ritchie (1922-1983) può essere definito come uno dei migliori scrittori di racconti brevi, di genere noir. “Miniaturista” geniale, in grado di compendiare opere prolisse in significativi sunti stringati ma di grande impatto, egli ha scritto centinaia di storie, pubblicate su riviste prestigiose di genere e a diffusione mondiale. Molti suoi racconti hanno addirittura fornito uno spunto al celebre Alfred Hitchcock, per i telefilm trasmessi negli anni Ottanta.
Vorrei segnalare un’edizione del 2016 della casa editrice Marcos y Marcos, nella collana Mini Marcos, dalla fattura pregiata e dalle dimensioni maneggevoli. Si tratta di “È ricca, la sposo e l’ammazzo”, una raccolta di dodici racconti brevi, adatti a fare la “conoscenza” di questo scrittore così talentuoso. Uno dei racconti dà il titolo all’intera opera, ed è noto poiché da esso è tratto il film del 1971 con Elaine May e Walter Matthau.
“Non c’è romanzo che non si possa migliorare trasformandolo in un racconto breve: nelle mie mani, I miserabili sarebbe diventato un pamphlet”. Sono parole dello stesso autore che risuonano come un mantra ad accompagnarlo in ogni sua stesura.
Jack Ritchie, che avrebbe potuto scrivere “Guerra e pace” sul retro di una cartolina – forse lo aveva detto una volta un qualche suo personaggio –, è bravissimo ad indurre il sospetto, allo scopo di “truffare” il lettore.
Leggendo i suoi racconti, che spesso parlano di investigatori privati, di galeotti e di imbroglioni, si viene letteralmente folgorati da un elemento a cui non avevamo pensato. Imprevedibile, esso è nascosto nella storia, ed attende che l’autore, come un abile prestigiatore, lo faccia materializzare all’improvviso. Il lettore, basito dalla fervida fantasia, si fa spesso una solenne risata. Come avrà fatto Ritchie a stupire tanto? Come mai, a quella soluzione, noi comuni mortali non avevamo pensato prima?
La prosa, semplice e del tutto colloquiale, rende il fatto credibile e dannatamente lungimirante. Le opere sono accattivanti, e catturano l’attenzione. Sebbene spesso si verifichino delle uccisioni, oppure l’occultamento di cadaveri avvenga nel più ingenuo dei modi – nascosti in giardino con l’ausilio di una semplice pala –, l’immagine che ne risulta non è di alienazione.
I personaggi, specie quando sono poveri contadini o malati terminali che si ergono a giustizieri, hanno sempre un pensiero positivo per il prossimo. Nonostante la loro follia o la situazione surreale, essi risultano simpatici e suscitano empatia.
Più che racconti sul mondo del crimine, quelli raccolti in “È ricca, la sposo e l’ammazzo” appaiono come una sfida d’intelligenza fra scrittore e lettore. Ed è proprio il caso di dirlo: Jack Ritchie è sempre un passo avanti a tutti.
Un vero e proprio genio, nel suo genere; forse poco conosciuto, rispetto ad altri illustri colleghi del racconto breve – per esempio penso a Raymond Carver – e di sicuro troppo poco citato.
Se il talento è un dono raro, lui allora dovrebbe essere nominato molto di più. In fondo, ha fatto la storia del racconto breve, quando a creare l’atmosfera sono poche pagine, redatte con maestria.
Written by Cristina Biolcati