“Anche Francesco le diceva” di Natale Fioretto: parolacce come linguaggio trasversale che non tramonta mai
Natale Fioretto insegna Lingua italiana e traduzione dal russo all’Università per Stranieri di Perugia, oltre a occuparsi di metodologia dell’insegnamento dell’Italiano come L2.
Profondo conoscitore di Valdo di Lione e Francesco d’Assisi, ha pubblicato numerosi libri e curato, per la Graphe.it Edizioni, la traduzione italiana dell’opera L’apprendista stregone del poeta brasiliano Mario Quintana (1906-1994). La sua ultima fatica è dedicata all’uso di espressioni considerate oscene o sconvenienti, ma dopo avere letto questo piccolo e denso libretto le parolacce non vi appariranno più (o non solo) come la quintessenza del linguaggio triviale.
Con “Anche Francesco le diceva. Una riflessione sociolinguistica sull’uso delle parolacce“, uscito proprio quest’anno per Graphe.it Edizioni, nella collana Parva, Natale Fioretto coglie e rende fruibile a un vasto pubblico il senso, la pregnanza e la capacità adattiva del linguaggio “scurrile” o “volgare”, quello generalmente considerato fuori dalle righe della medietas e di un parlare comune, sorvegliato e ampiamente e comunemente accettato.
Siamo di fronte a un breve saggio che ha il pregio della sintesi su una tematica di ampia trattazione accademica (cui la bibliografia citata fa costante riferimento) con uno sguardo attento all’uso e alla trasformazione delle parole tabù, con un linguaggio chiaro e sufficientemente divulgativo, seppur necessariamente utilizzando terminologie proprie degli studi di linguistica.
L’aggancio al reale e al quotidiano passano attraverso exempla tratti dalla letteratura, dalla politica, dal teatro e dai mezzi di comunicazione di massa.
I riferimenti e le citazioni, dai Fioretti del Poverello d’Assisi a Martin Lutero, Schopenhauer, Beppe Grillo, Berlusconi, Renzi, e Salvini, da Beppe Barra al principe Antonio De Curtis Totò, e tanti altri, sono sempre diretti e precisi, rapidi e utilizzati mai in chiave strumentale se non come appoggio alla dimostrazione di come una parola ritenuta volgare, scurrile, vietata, se utilizzata in un determinato contesto, da personaggi, in letteratura, o da persone nella vita reale, possa mutare il proprio status e da tabuizzata possa essere sdoganata fino a perdere la sua carica corrosiva o “magica” e apotropaica.
Il turpiloquio si fa veicolo dell’emotività dell’emittente di un messaggio e di conseguenza l’intensità della scurrilità è proporzionale alle passioni messe in gioco, ci dice Fioretto, ponendo l’accento sulla pregnanza di sensi, molteplici, dell’uso di termini della sfera sessuale, come di quella anatomica o scatologica (ovvero che fa riferimento alle feci).
Come pure per i termini dialettali, si riscontra nella “parolaccia” una sovrabbondanza di significato e di messaggi che arricchiscono la forza della comunicazione, andando oltre la parola stessa, suscitando, attraverso la reazione innescata, una modifica dello status quo ante che interessa i sensi e il comportamento, le successive reazioni di emittente e, soprattutto, destinatario. Una modifica che, come dimostrano studi scientifici, interessa il sistema nervoso, il battito cardiaco e, addirittura, il DNA.
Le parolacce, dunque, ci ricorda Natale Fioretto, sono una creazione sociale e culturale ma, al contempo, sono esse stesse portatrici, rivelatrici e costitutive di una determinata società e della sua cultura. Di esse ci rivelano molto, per cui cercare di capire quando, come e perché sono state prodotte, etichettate, usate, censurate e più o meno accettate, ci permetterà, andando oltre l’apparenza e il luogo comune, di meglio comprendere la realtà che ci circonda e di cui facciamo parte.
Anche Francesco le diceva.Una riflessione sociolinguistica sull’uso delle parolacce
Natale Fioretto
Editore Graphe.it
Collana Saggistica, Parva 6
pagine 36
Anno di pubblicazione: 2016
ISBN/EAN: 9788897010937
Written by Katia Debora Melis