“Poesie d’amore” di Nazim Hikmet: ecco come nasce un poeta

 “Mi domandi perché scrivo delle poesie? Sarebbe più giusto porre la domanda in un altro modo. Perché e come ho cominciato a scrivere delle poesie.”

Poesie d’amore

In una lettera a Joyce Lussu, datata Stoccolma 20 dicembre 1961, il poeta turco naturalizzato polacco Nazim Hikmet (Salonicco, 20 novembre 1901- Mosca, 3 giugno 1963) affronta il tema di come egli abbia iniziato a scrivere poesie. In un’epoca in cui non vi era traduzione per quei versi melodiosi – ricordiamo che Hikmet non ha mai trovato un editore in patria – Joyce Lussu, scrittrice e traduttrice italiana, il cui vero nome è Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti (Firenze, 1912 – Roma, 1998), ha tradotto quelle Poesie d’amore in cui versi immortali del poeta mostrano la sua faccia lirica ed epica.

L’elemento erotico riassume i diversi aspetti dell’esperienza di questo autore, poeta dell’amore ma, prima di tutto, di grandi idee e battaglie. A tal proposito, vi segnalo una versione di Poesie d’amore di Nazim Hikmet corredata dagli scatti del fotografo francese Robert Doisneau (1912- 1994), edita da Mondadori nel 2010 e davvero suggestiva.

Chi non ricorda questo componimento del 1942?Il più bello dei mari/ è quello che non navigammo./ Il più bello dei nostri figli/ non è ancora cresciuto./ I più belli dei nostri giorni/ non li abbiamo ancora vissuti./ E quello/ che vorrei dirti di più bello/ non te l’ho ancora detto.” Vera e propria “musica” che coinvolge tutti i nostri sensi. Il poeta ricorda di avere avuto 13 anni e di abitare ad Istanbul quando ha avvertito l’urgenza, per la prima volta, di scrivere una poesia. Il nonno Nazim Pascià era poeta, ma scriveva in un linguaggio incomprensibile: un turco che si chiamava ottomano, formato da parole arabe e persiane, così come la metrica. “Le poesie di mio nonno erano dogmatiche, didattiche, religiose. Non lo capivo ma ero il nipote di un nonno poeta”, afferma lo stesso Hikmet.

La madre amava Baudelaire e Lamartine, che leggeva in francese, perché ai tempi le traduzioni in turco erano in ottomano, appunto, e molto rare. Di fronte alla casa del poeta, un giorno, era scoppiato un incendio, e il ragazzo aveva avuto molta paura. Il nonno aveva brandito il Corano, temendo che le fiamme potessero giungere fino alla loro abitazione. L’incendio si spense, così, da solo, dopo avere incenerito la casa dei malcapitati vicini. Hikmet scrisse allora la sua prima poesia, col ritmo che imitava quello della metrica arabo-persiana; non sapendo all’epoca che esistessero altri ritmi e, soprattutto, i tanto amati versi liberi.

Nazim Hikmet

Influenzato dalla poesia di suo nonno e di Tevfik Fikret (1867- 1915), il loro primo grande poeta umanista, primo a scrivere versi contro la guerra e contro la religione. “Brucia brucia con terribile fracasso/ quel nemico dell’umanità/ che stringe fra le sue braccia/ le case le madri e gli orfani.A 14 anni è la volta della seconda poesia. C’era la Prima guerra mondiale e lo zio era caduto ai Dardanelli. Fu un poema sulla guerra, da bravo patriota. Egli però afferma di non ricordare un solo verso di quella poesia, scritta in un turco “purificato” in parte dalle parole arabe e persiane, sotto l’influsso di Mehmet Emin (1869- 1944), il poeta del nazionalismo turco.

A 16 anni, ecco la terza poesia. All’epoca un altro poeta turco dominava la scena, avendo creato una lingua poetica tutta nuova: Yahya Kemal (1884- 1958). A casa si leggevano le sue poesie e, all’accademia navale, Kemal era il professore di storia di Hikmet. L’argomento? Il gatto della sorella del poeta in erba. Un tema neutro, per cercare più che altro di approfondire le questioni di forma.

Hikmet mostrò il componimento a Kemal, che gli disse: “Se puoi fare una poesia su quella sudicia bestiola, puoi diventare un grande poeta.” Nazim Hikmet pubblica la sua prima poesia a 17 anni, corretta proprio da Yahya Kemal. “Ho sentito un lamento sotto i cipressi/ mi son chiesto, c’è qualcuno che piange qui?/ o è il vento che si ricorda di un amore/ passato/ in questo luogo solitario?/ Un tempo pensavo che i morti ridessero/ quando le nere cortine cadon sugli occhi/ ma ora mi chiedo se i morti che amaron la vita/ piangono ancora sotto i cipressi.Non male per un ragazzino di 17 anni, che esprimeva nel linguaggio e nella metrica una nuova tendenza.

Poi Nazim Hikmet si è innamorato di varie ragazze e ha scritto versi per loro; poi ha scritto su questioni che riguardano la coscienza, l’onore e l’eternità. A 18 anni, trascorsi in Anatolia, egli scoprì il suo popolo e le sue lotte. “Lottava con i suoi cavalli magri, con le sue armi preistoriche, in mezzo alla sua fame e alle sue cimici, contro l’esercito greco sostenuto dagli inglesi e dai francesi.”

Comprese così che bisognava scrivere tutto, ma in un altro modo. Doveva passare nell’Unione Sovietica e sperimentare l’esilio e la prigionia per cambiare davvero.Ho scoperto tutta un’altra umanità. E cominciai a scrivere in un altro modo. E da allora, non posso non scrivere delle poesie.

Così “nasce” Nazim Hikmet, il poeta dell’esilio e della prigionia; delle donne e dell’amore. Uno dei più importanti poeti turchi dell’epoca moderna.

 

Written by Cristina Biolcati

 

 

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