“Sangue nero” di Stéphanie Hochet: il desiderio di essere ricordati espresso attraverso un tatuaggio
“Sono lo stesso uomo? Non esattamente, porto qualcos’altro in me, qualcosa che mi sta a cuore – a tal punto che ho accettato di soffrire perché mi appartenga o mi definisca o mi porti fortuna o tutto il contrario”.

“Sangue nero” è l’ultimo libro della prolifica scrittrice parigina Stéphanie Hochet, pubblicato nel giugno 2015 da Voland nella collana Libri Piccoli.
Il protagonista della storia, che non potremmo definire in altro modo poiché di lui non conosciamo il nome, ha una vera e propria passione per i tatuaggi, maniera in cui l’uomo rivela la sua parte più intima. Essendo un bravo disegnatore, egli ama creare tatuaggi, ma non è mai arrivato al punto di farsene fare uno. Lo vede un po’ come un rituale che caratterizza per tutta la vita, quindi una decisione che deve essere a fondo ponderata, e soprattutto realizzata dalla persona giusta.
Durante un viaggio in Italia, presso alcuni amici, il narratore – che sappiamo essere un uomo sulla quarantina e dall’aspetto prestante – vede incisa su una meridiana una frase latina, che lo colpisce a tal punto di volersela far tatuare sul plesso solare dal suo amico e tatuatore di fiducia Dimitri. “Vulnerant omnes, ultima necat”, ovvero, riferito alle ore: “Tutte feriscono, l’ultima uccide”. La frase deve essere incisa a forma di croce, altra passione del peculiare narratore.
Il tatuaggio fattogli da Dimitri, dopo un primo iniziale senso di contentezza, poiché egli s’immagina possa attirare l’attenzione delle donne, finirà per stravolgere la sua vita. L’amico prenderà sempre più piede, come una malattia ematica, o come l’inchiostro che ha riversato nella sua pelle. Il narratore inizierà a sentirsi sempre più debilitato, e gli accadranno fatti al limite fra il sogno e la realtà, quasi fosse caduto in una perpetua dimensione onirica, corrotta da abominevoli incubi.
“Sangue nero” è un’opera in cui il mistero tiene il lettore col fiato sospeso, poiché vi è la voglia di leggere questo breve romanzo – o lungo racconto – tutto di seguito, per scoprire cosa stia capitando al protagonista. La follia sembra invadere i pensieri dell’io narrante, forse perché egli si sente inspiegabilmente “braccato” dai suoi stessi rimorsi.

Il romanzo tratta della grande ossessione dell’uomo di lasciare una traccia di sé, e di non cadere nell’oblio, prima di aver dato un significato alla propria esistenza. Senza arrivare a stipulare un patto col diavolo, al tatuaggio viene riservato quel senso di “immortalità” che Dorian Gray percepiva tramite il suo ritratto. In questo caso, invecchia col corpo, ma il messaggio è perenne, e vivrà finché non giungerà la morte a portare la corruzione fisica.
“Colui che non ha lasciato niente dietro di sé è un po’ patetico, trascina la sua disperazione fino ai confini del mondo”.
“Sangue nero” è un viaggio ossessivo, che si destreggia fra ambiguità sessuali, fantasie di morte e malattia; un feticismo del corpo, visto come ricettacolo di pensieri ed esperimenti oscuri.
Lo stile dell’autrice è ricercato, portato per la maggior parte al monologo. La figura sessualmente ambigua di Dimitri, il tatuatore professionista, catalizza l’attenzione; così come il controverso rapporto fra i due uomini, che porta ad incomprensioni e gelosie. È suo l’inchiostro che entra nella pelle, così come le parole incise che via via sbiadiscono e potrebbero entrare dentro al corpo stesso. E quindi essere una sorta di profezia.
Un romanzo senza dubbio singolare, dove la cosa più apprezzata è che l’autrice sia una donna. Mai al mondo, leggendo questi pensieri “maschi”, di un narratore senza nome, lo si potrebbe sospettare.
Written by Cristina Biolcati