Intervista di Irene Gianeselli al regista Tiziano Cella: frammenti di memoria e cinema indipendente
Tiziano Cella è nato e vive a Roma. Nel 2010 dirige “Maledetta Cuba – Damned Cuba” un cortometraggio che lui stesso definisce «un film di formazione per capire cosa posso fare senza esperienza e budget».

Un anno più tardi arriva il cortometraggio “Imago Vocis” che viene premiato e guadagna le prime selezioni ufficiali. Del 2013 è il cortometraggio “Temple Mount” che vince diversi premi. “La lezione” vede Tiziano Cella impegnato come attore e diretto da Aldo Iuliano.
In “Doll Syndrome” viene diretto da Domiziano Cristopharo e riveste il ruolo di protagonista. Il suo primo lungometraggio “Subject 0: Shattered Memories “ è stato selezionato al “35° Fantafestival Roma”.
Tiziano Cella racconta il suo cinema indipendente alle lettrici ed ai lettori di Oubliette Magazine.
I.G.: Prima di parlarci di “Subject 0: Shattered Memories” potresti parlarci della tua formazione?
Tiziano Cella: Certo! Ho studiato all’Università di Roma Tor Vergata prendendo una Laurea Triennale in Comunicazione Multimediale nelle discipline di Storia, Scienze e Tecniche della Musica e dello Spettacolo. Successivamente ho preso una Laurea Specialistica in Storia e Critica del Cinema nelle Discipline di Storia e Tecniche dello Spettacolo. Durante l’Università però ho fatto esperienze lavorative nel settore della Televisione e soprattutto del Cinema. Ho iniziato facendo il manovale sui set per poi passare ad aiuto attrezzista, figurante, assistente di produzione, insomma sono passato in tutti i reparti ed è stata una esperienza molto utile che mi ha permesso di maturare negli anni per poter dirigere un lungometraggio come “Subject 0: Shattered Memories”. Il Cinema è in continua evoluzione quindi mi tengo costantemente aggiornato sulle tecniche che possono essere utilizzate nella creazione di un film. Ultimamente mi sto anche interessando al mondo dei fumetti e dei videogames.
I.G.: Sei stato diretto da Domiziano Cristopharo nel suo “Doll Syndrome”. Puoi raccontarci la tua esperienza da attore in questo progetto?

Tiziano Cella: Lavorare con Domiziano è stato molto stimolante perché è un regista che sa dirigere molto bene l’attore, sa sempre cosa vuole da lui e cosa fargli fare. È stato un lavoro molto duro ed intenso soprattutto per creare Him, il protagonista che interpreto nel film perché è un personaggio estremamente disturbato. Con Domiziano ne abbiamo ricreato non solo la personalità, ma anche il modo di vestire, mangiare, camminare, Him è un personaggio davvero complesso perché non si comporta come una persona comune, anche il più semplice dei suoi gesti dà un senso all’intero film e pertanto va ricostruito con attenzione. Sul set c’era sempre un rapporto molto sereno e divertente. Da Domiziano Cristopharo ho imparato molto non solo come attore ma anche come regista, il suo modo di girare un film è molto interessante ed utile. Spero di potere lavorare nuovamente con lui in qualche altro film.
I.G.: Quali sono i tuoi punti di riferimento per il tuo cinema?
Tiziano Cella: Principalmente cerco di fare film che piacciano al pubblico. Sono convinto che un film non deve avere sempre dei budget elevati per essere un buon film. Secondo me è sufficiente avere delle buone idee ed essere circondato da persone che amano quello che fanno e vogliono contribuire con le proprie idee alla realizzazione di un film. Dopotutto si parla di un’opera corale dove ogni settore è un arte a sé quindi è importante il contributo della troupe sia sul set che in fase di post e pre-produzione. Il contributo degli attori in particolare è fondamentale perché sono loro a muoversi nella “realtà ricreata” e sono loro a respirare più di tutti questa atmosfera. È tuttavia vero che molte idee davvero valide non possono essere a volte realizzate se non si ha un budget alto. Per quanto riguarda i miei progetti ne ho alcuni pronti per essere sviluppati nei prossimi anni, si tratta di progetti che hanno alla base delle ottime idee per la cui realizzazione sono sufficienti budget bassi, ma ci sono anche idee all’interno di progetti che invece richiederebbero un budget alto. Il mio impegno sarà rivolto alla ricerca di un equilibrio tale da potere realizzare un’opera molto valida e sempre competitiva con un budget medio.
I.G.: Molti i tuoi cortometraggi precedenti. Quale credi sia il più rappresentativo per il tuo percorso e perché?

Tiziano Cella: Questo non saprei dirlo, ogni cortometraggio che ho realizzato aveva degli obiettivi e apparteneva ad un genere ben preciso. Indicativamente “Maledetta Cuba” è un cortometraggio che considero quasi una prova generale, quanto al genere, scelsi la commedia, uno dei generi che seguo sempre insieme al thriller, horror, sci-fi ed action. Non è un lavoro che mi rappresenta, è più una prova generale. Con “Imago vocis” mi sono spostato sul thriller ed è un lavoro già più pregevole che mi rappresenta in parte: cercavo di migliorare imparando dagli errori fatti in precedenza, avevo un budget più alto ed una troupe più numerosa. Mi ha portato qualche premio nei festival e mi ha dato così l’opportunità di fare esperienza anche in questo ambito. “Temple Mount” è il mio cortometraggio meglio realizzato dal punto di vista tecnico, è un lavoro che ho fatto concentrandomi più sulla qualità e la tecnica che sulla storia e le idee, ha guadagnato diversi premi internazionali ed è un lavoro che mi rappresenta molto bene, ma che mi ha fatto capire il senso di ciò che dicevo prima, ovvero che le idee buone sono importantissime, ma avere buone idee a volte non basta se non si ha un budget adeguato. Sono comunque prodotti realizzati per imparare il mestiere, sono stati una preparazione al mio primo lungometraggio che sta avendo un buon risconto di critica ed una buona commercializzazione in ambito internazionale anche se low budget.
I.G.: Credi che la scelta dell’horror serva anche a esorcizzare le proprie paure e a demistificare dall'”interno” il culto della violenza?
Tiziano Cella: Il dilemma del genere horror esiste da anni e nessuno ha mai dato risposta. Io non credo di potere rispondere al perché si sceglie di vedere un film, o si predilige il genere horror. Esorcizzare le proprie paure e demistificare il culto della violenza dall’interno potrebbe essere una risposta valida ma non l’unica. Il genere horror esiste da molto tempo e non si è mai capito come possa attirare sempre interesse del pubblico dal momento che le storie sono sempre o quasi le medesime. Non è un genere che mostra idee innovative anche perché più storie si creano e più diventa difficile crearne di nuove. Se andiamo a vedere i film horror degli Anni Cinquanta e quelli del 2015 dello stesso genere, dal punto di vista narrativo ci sono poche variabili, quello che è cambiato molto è la qualità anche per l’utilizzo delle nuove tecnologie. Non so veramente cosa attragga lo spettatore di un film dell’orrore, anche se io sono tra quegli spettatori, anche se io amo vedere gli horror non saprei spiegarti perché mi piace vederli, non saprei motivarti una risposta. Sicuramente il vedere la violenza, secondo me, non genera violenza. La violenza va ricercata alle basi della società in cui un individuo vive, nella sua educazione, nei traumi subiti.
I.G.: Il tuo primo lungometraggio è stato selezionato al “35° Fantafestival Roma”. Queste” memorie frantumate” che galleggiano nel sangue fin dal titolo risultano quasi indecifrabili ed introducono ad un certo relativismo: puoi raccontarci il tuo progetto?

Tiziano Cella: Sono partito da un’idea di Roberto Del Piccolo e l’ho elaborata sia con lui che con David White in fase di sceneggiatura. Mi piaceva molto inviare allo spettatore l’immagine della mente che è cristallizzata nei ricordi e che una volta caduta in terra si frantuma in tanti pezzi che rappresentano tutti un ricordo, ma si tratta di un ricordo non definito proprio perché manca di un frammento perso fra spazio e tempo. Questa immagine doveva avere una motivazione, ed ho pensato all’uso scorretto che si fa della tecnologia. Io amo la tecnologia, senza non riuscirei a fare nulla o quasi, ne sono dipendente e a volte ciò mi spaventa, essere dipendenti sembra un male, ma attenzione, ogni situazione è diversa, non siamo dipendenti forse anche dal cibo o dall’amore? Direi proprio di sì, ecco dunque che i problemi nascono dall’uso scorretto che facciamo della tecnologia, come ad esempio accade del cibo o dell’amore che possono degenerare in obesità o violenza. In “Subject 0: Shattered Memories” il sangue rappresenta l’uso sconsiderato e privo di limiti della tecnologia, utilissima per l’umanità, ma non se usata con intenzioni dannose per l’essere umano. Questo concetto è lo sfondo del film, perché volevo realizzare un thriller in cui lo spettatore riflettesse sulla storia e cercasse di capire cosa succede e perché, volevo lasciare spazio non all’intrattenimento, ma al coinvolgimento emotivo su problematiche forti. Proprio per questo la sceneggiatura è molto dura, ma mi ha dato molte soddisfazioni, il pubblico finora ha apprezzato molto il film perché non è mai banale o stupido nelle vicende, non è mai ridicolo nelle situazioni e non ci sono momenti assurdi. Troupe e cast sono stati fantastici, sono contento di averli scelti perché hanno amato quello che facevano ed hanno contribuito moltissimo alla realizzazione con idee e consigli. In particolare Marco Cristian Salvati ha costruito un animatronico – che ha costi esorbitanti – realizzato per il film con un budget veramente irrisorio proprio perché gli piaceva l’idea di fondo del film, ma soprattutto gli piaceva il tipo di mostro che volevo, ovviamente lui ci ha messo una grande immaginazione nel crearlo ed impegno. Non è un lavoro che si fa velocemente, nel film vedrete il seppione di Salvati, nel futuro DVD e Bluray ( grazie alla distribuzione SGL Entertainment in Nord America) è stata dedicata una sezione descrittiva del suo lavoro tra gli extra. “Subject 0: Shattered Memories” è un film ben calibrato, può essere apprezzato da un pubblico molto vasto perché non estremizza mai verso un elemento in modo da infastidire, anzi attrae. È stato realizzato in soli dodici giorni di riprese mentre la post è durata circa due mesi. Il tutto con un budget basso che nessuno conosce e soprattutto che fino ad ora nessuno è riuscito a quantificare, e questo fa onore a tutti coloro che ci hanno lavorato perché significa che il film vale molto più di quello che è stato speso per realizzarlo, ed è competitivo con altri titoli più costosi.
I.G.: Sono le donne a ricoprire un ruolo piuttosto importante nella trama di “Subject 0”. Come credi che il cinema possa intervenire contro il femminicidio? Può anche l’horror avere una forte connotazione sociale?
Tiziano Cella: Non posso parlare di femminicidio perché in “Imago vocis”, il mio secondo cortometraggio, l’assassina di turno è una donna o forse sono due (vederlo per scoprirlo) ed in “Temple Mount” il protagonista finisce nei guai a causa delle donne. Il ruolo della donna nel Cinema non può essere relegato in una posizione marginale: in “Subject 0”, ad esempio, indipendentemente da ciò che accade alle donne, queste sono tutte forti e indipendenti, hanno anche loro delle debolezze, come tutti, ma non sono mai inferiori agli uomini. Io cerco sempre di fare viaggiare personaggi maschili e femminili sulla stessa barca, sono poi le situazioni a dichiarare un vincitore. L’horror può avere connotazione sociale perché è Cinema. Il Cinema nasce con una connotazione sociale. I film dei Lumiere mostravano momenti di vita comune, chi andava a vedere i loro film guardava persone che annaffiavano un prato o andavano in bicicletta. Non dimentichiamoci mai che il Cinema prende sempre spunto dalla realtà di tutti i giorni, poi è il regista a rielaborare il tutto, ma la base è la società. Ogni tipo di film ha sempre un elemento sociale, sta poi al regista o sceneggiatore decidere quale peso nel film deve avere la società.
I.G.: Il tuo è un cinema indipendente, quali le future prospettive per “Subject 0”?
Tiziano Cella: Sono convinto che si debba descrivere in modo dettagliato la peculiarità del cinema indipendente. Il cinema indipendente è un Cinema secondo me fatto con le proprie risorse, senza l’aiuto di ministeri o fondi pubblici o produzioni milionarie. Un Cinema fatto con pochi soldi. Purtroppo i film indipendenti a volte si scontrano con altri film indipendenti che hanno avuto finanziamenti pubblici o da ministeri e budget milionari. Ora io non capisco come si possa definire “indipendente” un film da cinquecentomila euro. Secondo me è un film dipendente dai produttori e dai finanziatori. Un film fatto con un budget creato da tante persone. Questo film da cinquecentomila poi va sul mercato con un rivale costato trentamila euro. Entrambi vengono definiti “film indipendenti” e chi li va a vedere probabilmente gradirà quello da cinquecentomila euro, perché ha avuto la possibilità di concretizzare quelle idee che senza budget non si possono realizzare, rispetto a quello che aveva a disposizione solo trentamila euro e l’intelligenza di mettere a frutto con quel poco a disposizione idee che altri avrebbero accantonato in assenza di un budget adeguato. Ecco io farei distinzione nel Cinema Indipendente altrimenti si rischia di oscurare chi vuole emergere ed ha ottime idee e qualità, continuando ad investire in soggetti che non hanno talento né idee valide, ma che attirano spettatori perché con un budget elevato possono creare momenti di spettacolo ad alti livelli, ma privo di anima. “Subject 0” verrà distribuito in Nord America nel 2016 tramite la SGL Entertainment e al momento sto cercando di far uscire il film doppiato anche in Italia. La situazione italiana è molto complessa. I distributori sono pochi ed hanno poche risorse, quindi cercano di concentrarsi su film che hanno un riscontro sicuro a livello economico, distruggendo così l’industria del cinema in Italia che ormai sforna film tutti uguali che non interessano al mercato estero e interessano sempre meno lo spettatore italiano che va a ricercare titoli stranieri.
I.G.: Progetti futuri?
Tiziano Cella: Ho diversi progetti futuri in cantiere, spero di realizzarli. Il primo è un horror-fantasy che sto scrivendo per girarlo il prossimo anno con un budget maggiore rispetto a “Subject 0”, in modo da poter alzare il livello qualitativo ed avere un riscontro ancora più grande di quello che sto avendo con “Subject 0”. Secondo me bisogna cercare di migliorarsi lavoro dopo lavoro, non bisogna mai adagiarsi nel fare sempre le stesse cose. Poi ho un’altra sceneggiatura pronta ormai da più di un anno, ma per realizzarla ci vuole un budget elevato ed è difficile farsi ascoltare dai produttori, però ho delle idee che potrebbero dare visibilità al progetto in modo da spingere le produzioni ad ascoltarmi. Nulla di sicuro quindi, ma incrocio le dita e continuo a portare avanti i miei progetti. Se da un cortometraggio di due minuti cinque anni fa, sono arrivato ad lungometraggio con tanto di distribuzione, allora ho buone possibilità di farcela.
Written by Irene Gianeselli
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