Ida Harm in mostra ad Isola di Albarella: l’albero come simbolo di vita umana

Ogni seme che l’autunno getta nelle profondità della terra ha un modo suo proprio di separare nucleo e involucro al fine di formare le foglie, i fiori e i frutti. Ma quali che siano i modi, lo scopo delle peregrinazioni di tutti i semi è identico: arrivare a levarsi innanzi al volto del sole” K. Gibran.

Una frase del poeta libanese, dalla quale la pittrice Ida Harm ha tratto ispirazione. Ho avuto la fortuna di visitare la personale di quest’artista allestita presso la “Galleria Rustico” dal 1 al 7 settembre 2014, ad Isola di Albarella, in provincia di Rovigo.

Ho scoperto una sorta di “diario grafico” in cui, celebrando un potente simbolo quale quello dell’albero, l’artista ha voluto mettere a nudo la sua anima e i suoi pensieri più profondi, attraverso una sorta di “autoanalisi”.

Suggestiva la sinergia che sprigiona e suggerisce l’unione di uomo e albero, prototipo di simbiosi perfetta. Una pittura che esprime uno stimolante gioco di rimandi, metafore, immagini poetiche; gli esseri umani alternano la loro funzione vitale, il respiro, fra la notte e il giorno. Il regno della luna, identificato come mondo delle illusioni e della “femminile fertilità”, a quello del “sole apollineo”, che invece è duro, maschile e reale.

L’albero è sempre stato un tema caro a molti ha affermato Ida Harm, – e su cui si sono spese riflessioni in arte, religione e letteratura. Ma anche la parola scritta, la grafia, ha sempre esercitato in me tanto fascino da volerla incorporare nelle opere per farle vibrare non solo di luce e colore. Sussurri, poesie, mantra, haiku abbinati a ciascun albero”.

E infatti è proprio l’idea che nasce osservando i suoi quadri. Lande deserte e piante maestose, quali elemento di congiunzione fra la terra e il cielo. Le immagini “sussurrano” qualcosa, i rami sembrano estendersi, abbracciarci e indurci ad osservare meglio. Prendere visione delle scritte che l’artista ha voluto imprimere sul fondo della tela.

L’immagine viene dopo, e allo stesso tempo sembra essere stata posta prima e durante. È un tutt’uno con il soggetto. I testi non si leggono facilmente, ma non importa. Devono rimandare un’emozione. Sembra di udire il vento stormire fra quelle fronde, dove gli alberi stessi acquistano una voce, la stessa che spesso ha guidato santi, poeti, e persone ispirate.

C’è sempre un intento spirituale, nelle opere di Ida Harm, che pur rimanendo costante nel ritrarre alberi maestosi come le querce e sacri come gli ulivi, pian piano inserisce qualche elemento architettonico. Per esempio una panchina, un dondolo, un’altalena, luoghi dove fermarsi e poter riposare, tanto da fermare il tempo e meditare. Regredire fino a tornare bambini, coccolarsi e lasciarsi cullare dal ritmo regolare di una vita momentaneamente “congelata”.

L’artista utilizza tecniche miste, mescolando fra loro terre naturali e pigmenti. Nel tempo, le tonalità si sono fatte più vitali e complesse. Dai colori primari, sono approdate a quelli composti. Prevalgono i rossi, gli ocra e i verdi, così come i viola.Monet giunse a dichiarare, dopo anni di attività en plein air, di aver scoperto di che colore fosse l’aria, l’atmosfera: violetto. Da quando ho letto queste parole, anche la mia tavolozza ha subito delle modifiche e ho cominciato ad introdurre il violetto come sfondo dei miei giardini” ha dichiarato Ida Harm.

Insomma, un’urgenza, quella della pittura, dove la conoscenza è giunta per gradi, così come spesso avviene nell’arte. Un’evoluzione naturale e necessaria, dove le prime opere hanno gettato le basi di quella strada che adesso la pittrice sta percorrendo. Un punto fermo rimangono le radici di questi alberi, che traggono sostegno dalla terra e per questo affondano in profondità. Una zona oscura e nascosta nel terreno da cui l’Io trae quel vigore necessario per affrontare la vita. E qui nasce il dualismo dello svelare e del nascondere. Interessante il concetto che l’artista ha espresso a proposito della chioma dei suoi alberi e la loro apertura verso l’esterno, vista come sinonimo di comunicabilità.

Tra le fronde si intravede il legno, il tronco e il suo ramificarsi ma non lo svela mai del tutto. Il sole lo trapassa quel poco per rendere visibile certi dettagli. Svelare non svelare…qui si potrebbe aprire una parentesi molto ampia sul concetto di bellezza… anche nei costumi di oggi”.

Sono rimasta piacevolmente colpita dalle opere di questa pittrice “rinata a nuova vita” attraverso i suoi quadri, in primis scegliendosi questo nome d’arte che ancora una volta parla di “radici”, quelle della sua famiglia, visto che deriva dai nomi delle due nonne. Ida Harm, classe 1977, è nata in provincia di Venezia e vive e lavora a Padova.

La mostra, allestita in uno spazio raccolto, “un rustico”, appunto, immerso nel verde, è parsa come un’estensione del paesaggio che caratterizza l’Isola di Albarella.

I colori dei suoi alberi, la luce sul fondo, e le fronde scomposte mi hanno ricordato “Le dèjeuner sur l’herbe” di Manet. È là che è andato il mio primo pensiero. Per poi allargarsi e giungere a comprendere un piccolo scorcio del mondo di Ida Harm. Nel quadro di Manet ci sono figure umane. Qui ci sono alberi a farne le veci, come simbolo di vita e speranza. L’uomo arriverà, forse col tempo. Al momento, assoluto protagonista è l’albero, che Ida Harm si propone di celebrare attraverso la sua pittura.

 

Written and photos by Cristina Biolcati

 

Info

Sito Ida Harm

 

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