“La Religiosa”, film di Guillaume Nicloux: in un’epoca di imposizioni una giovane donna cerca la libertà
Guillaume Nicloux, giovane regista francese, autore di film come ‘Violenza estrema’ ( 2003) , ‘L’eletto’(2006) firma quest’ultima opera dove rielabora un romanzo di Denis Diderot ‘La religieuse’ modificandone il finale.
La storia che si svolge nella Francia del secondo settecento racconta la vicenda di un manoscritto firmato per mano di una giovane la quale, costretta a farsi monaca, narrerà le ingiurie e le sevizie che sarà obbligata a subire durante i suoi soggiorni in diversi monasteri francesi.
Dopo svariate torture ed inaudite privazioni riuscirà con l’aiuto di un avvocato e di un cugino a riacquistare la libertà e a ritornare nella dimora del padre, esponente della grande nobiltà di Francia.
L’interprete è Pauline Etienne, bravissima nella sua recitazione, ma nel cast troviamo, nelle vesti di una madre superiora lesbica anche Isabelle Huppert. La ricostruzione degli ambienti, dei costumi dell’epoca, e soprattutto delle cerimonie e dei rituali è impeccabile.
La fotografia splendida nei celesti e nei rossi degli abiti delle monache, i paesaggi montuosi di una Francia boschiva sono altrettanto suggestivi.
La vicenda, nei dialoghi e nel susseguirsi dei tempi, con movimenti di retroazione e di anticipazione è altrettanto scorrevole.
Quello che ci viene offerto è un quadro desolante della condizione femminile, che, il più delle volte è costretta, per necessità materiali a convivere, e nella convivenza si abbandona ad ogni sorta di meccanismi malefici e di invidia pura.
A farne le spese la protagonista, che pure dotata di una bella voce e versata agli studi di clavicembalo sarà strappata al calore della famiglia per essere gettata in pasto a donne che sotto le vesti di madri superiori celano personalità distorte e sadiche.
Nella Francia del 1760 Suzanne, pur essendo giovane talentuosa scoprirà a proprio prezzo il valore impagabile della libertà e l’illuminista Diderot, nel suo romanzo, non manca di denunciare la vita monacale come condizione aberrante e mistificatoria per chi non vive di una vocazione autentica.
Stupenda dunque la figura della giovane Suzanne, impeccabile l’interpretazione dell’attrice, ma pregevole la fotografia per un regista che comunque andrà a modificare la conclusione del romanzo, regalando al pubblico, dopo tanta sofferenza, un respiro di sollievo.
Film da vedere per la lezione morale che comunque trasmette e per la bellezza smaltata della fotografia e della sceneggiatura. L’opera è stata presentata al Festival di Berlino.
Written by Elisabetta Marchetti