È morto ieri Enzo Jannacci, cantautore e cabarettista milanese
Enzo Jannacci è morto a Milano all’età di 77 anni (Milano, 3 giugno 1935 – Milano, 29 marzo 2013). Il male incurabile, contro il quale lottava da anni, ha avuto la meglio. Quello stesso male che ci ha privati, ormai da tanti anni, dei migliori artisti della canzone italiana, da Fabrizio De André a Lucio Battisti, passando per Sergio Endrigo e Giorgio Gaber, amici fraterni di Jannacci.
Cantautore atipico, muove i primi passi nel mondo del cabaret a metà degli anni ’50, nei piccoli locali di Milano. Dopo essersi diplomato al conservatorio e aver accompagnato Tony Dallara nel gruppo Rocky Mountains, conosce Adriano Celentano e diventa il tastierista dei suoi gruppi, i Rocky Boys prima e I Ribelli dopo.
Quasi contemporaneamente inizia il sodalizio artistico con Giorgio Gaber, dal quale nascono le celebri Una Fetta di limone e Tintarella di luna.
La carriera da solista inizia con Un nano speciale e L’artista, canzoni nelle quali i temi della povertà e dell’emarginazione vengono affrontati in modo esilarante ed acuto. L’originalità non gli manca e dal 1963 inizia ad esibirsi al “Derby” di Milano, locale di cabaret dove conosce Dario Fo e Cochi e Renato.
Le loro vite da questo momento si intrecceranno marchiando in maniera indelebile la storia dello spettacolo italiano. Celebri resteranno Ho visto un re, scritta e interpretata con Dario Fo, e il tormentone E la vita, la vita con Cochi e Renato e lo stesso Fo.
È del 1964 il primo album, La Milano di Enzo Jannacci, interamente in dialetto milanese e contenente uno dei suoi più celebri capolavori, El portava i scarp del tennis, storia delicata e toccante di un barbone milanese. Con Sfiorisci bel fiore, Sei minuti all’alba e Chissà se è vero affronta il tema della guerra, a lui molto caro. È una versione inedita di Jannacci, più intimo e malinconico.
Ma le due anime sono destinate a convivere, sovrapponendosi: nel 1968 arriva il grande successo con Vengo anch’io. No, tu no, canzonetta spensierata che nasconde una fine speculazione di antropologia sociale, ovviamente non colta. Intanto, complice un periodo di stanca, completa gli studi in medicina, specializzandosi tra l’Africa e gli USA. Dopo qualche apparizione cinematografica (L’Udienza di Marco Ferreri, La Vita agra di Lizzani, Le coppie di Mario Monicelli), debutta come autore di musiche da film, tra le quali la più significativa è Vincenzina e la fabbrica, colonna sonora del Romanzo Popolare di Monicelli.
Bisognerà attendere il 1980 con Ci vuole orecchio per ritrovare il grande successo di pubblico che gli varrà la conduzione di Gran Simpatico, varietà in onda su Rai 2.
Vince due volte il premio della critica del Festival di Sanremo (1991, 1998) e altrettante volte la Targa Tenco per la miglior canzone (2002, 2003).
L’ultimo album, The Best 2006, raccoglie 35 brani arrangiati dal figlio Paolo, musicista e direttore d’orchestra. Nell’ultima sua apparizione televisiva, il 19 Dicembre 2011, è ospite di Fabio Fazio che gli dedica una puntata speciale di Che tempo che fa.
Di storie, Enzo Jannacci, ne ha raccontate tante, tra il serio e il faceto come piaceva a lui. E adesso che ci tocca di raccontare la sua di storia, le parole sembrano inadatte, troppo gelate e vuote. La musica è così. Scopri quel cantante quasi per caso, metti le sue canzoni nel lettore e le ascolti, mesi, anni. Ti ci affezioni. Veronica ti ricorda quella del liceo che la dava a tutti o quasi, e tu eri nel “quasi”; Chissà se è vero ha accompagnato la fine delle tue storie, più o meno serie, con quell’inquietante e insoluto interrogativo che porta con sé; Vengo anch’io la ascolti sorridendo, perché ti ricorda quand’eri bambino e tua madre te la cantava sempre.
Poi un giorno arriva tra capo e collo quella notizia che non vorresti mai sentire, qualunque sia l’età. E le canzoni, le stesse che hai ascoltato tante e tante volte, anche le più spensierate, si tingono di una velo di malinconia. Perché le persone belle non dovrebbero mai lasciarci, e quando lo fanno siamo tutti un po’ più poveri.
Forse è meglio lasciare il campo alla musica, sua compagna di vita, ed a quelle parole di Io e te che, oggi più che mai, danno un colpo al cuore.
“[…] Sì perché/ la bellezza dei vent’anni/ é poter non dare retta/ a chi pretende/ di spiegarti l’avvenire,/ e poi il lavoro e poi l’amore…/ Sì ma qui,/ che l’amore si fa in tre,/ che lavoro non ce n’è / l’avvenire è un buco nero/ in fondo al dramma / Sì, ma allora,/ ma che gioventù che è,/ ma che primavera è…/ e la tristezza è lì a due passi,/ e ti accarezza/ e ride, lei”
Written by Nino Fazio
Con la scomparsa di Iannacci se ne va un altro importante esponente della comicità meneghina.