“Il giorno dell’ape” di Paul Murray: un romanzo inquietante?
Il giorno dell’ape di Paul Murray (Einaudi, 2025), il romanzo che dall’inizio dell’anno, dopo aver ottenuto premi e riconoscimenti vari, continua a suscitare dibattiti a non finire, contiene a mio giudizio un non trascurabile errore: nel titolo.

L’originale è The bee sting, “La puntura (o morso) dell’ape”. Perché tradurre con Il giorno dell’ape? Non sembra avere molto senso, né maggiore consonanza con la storia che si racconta.
Richiama peraltro, e inutilmente, titoli consimili, come Il giorno della civetta di Sciascia, Il giorno dello sciacallo di Forsythe, Il giorno della locusta di West. Sarebbe interessante sapere su chi ricade la responsabilità del titolo d’un’opera straniera; qui esiterei ad attribuirla al traduttore, lo scrittore Tommaso Pincio, peraltro bravissimo in questa difficile prova.
Probabilmente col titolo italiano si è voluto porre l’accento sul giorno delle nozze tra due dei quattro protagonisti, Dickie e Imelda, una sposa, costei, che proprio quel giorno arriva in chiesa trafelata col volto nascosto da un velo, perché punta da un’ape, dirà.
È una menzogna, una delle tante menzogne che puntellano e strutturano questo inquietante romanzo. E non è la prima, giacché quelle nozze spericolate altro non sono che il risultato di altre menzogne.
La menzogna, che assilla e inchioda ciascun personaggio, sembra imporsi come presupposto necessario per continuare a esistere all’interno di più vicende. Che non potrebbero procedere se la verità venisse affrontata. E qui il lettore viene esortato a riflettere su quante menzogne riguardino la propria stessa vita, su quante sia necessario talora covarne per mantenere equilibri, per non recare sofferenze, o per conservare un profilo cui è impossibile rinunciare al punto in cui la propria esistenza è approdata.
Lungo l’intera vicenda, nel procedere degli eventi il lettore viene trascinato in un crescendo in cui avverte costantemente il rischio di un deflagrare improvviso.
Gli altri due protagonisti, Cassandra, detta Cass, e JD, figli di Imelda e Dickie, portano avanti la propria esistenza ciascuno per proprio conto, covando un disagio che non può che crescere e dunque aggravare la situazione di entrambi, tra ossessioni e paure. Ed è sorprendente che verso la fine, allorché JD, dopo un viaggio ardimentoso raggiunge la sorella per additarle una verità, Cassandra si rifiuti di ascoltarlo e lo scacci violentemente.
Un quartetto quanto mai dissonante formano dunque i personaggi, ciascuno dei quali, nell’incandescenza della narrazione, esprime un problema la cui soluzione potrebbe trovarsi all’incrocio del proprio percorso con quello dei suoi famigliari.
E Murray ne Il giorno dell’ape, attraverso una tecnica magistrale, suddivide la tragedia affidando a ciascun protagonista la narrazione della parte che gli compete. Si ha così una quadripartizione dei punti di vista, ogni volta con cambi di tono e di respiro, ciascuno straordinariamente adeguato al carattere del personaggio che lo esprime.
E al quale di volta in volta si conforma la stessa scrittura. Può sorprendere la mancanza di punteggiatura in Imelda, che lascia in effetti perplessi, ma non concordo con chi parla di flusso di coscienza con richiami a Molly Bloom dell’Ulisse di Joyce. Né dirò la mia; qui lascerei libero ogni lettore di cogliervi il suo significato.
Written by Riccardo Garbetta