Nichilismo e dintorni #4: il Mistero della Vita trascende l’esistenza di Dio
“Dio è morto.” ‒ Friedrich Nietzsche – “Così parlò Zarathustra”

In tempi relativamente recenti, alcuni scienziati osservarono una trasformazione molto particolare, ovvero quella dalla materia inorganica minerale a quella organica, nella forma di virus e batteri. Per me, questa fu la prova schiacciante che il Mistero della Vita, sia più grande del mistero di Dio.
Il grande mistico indiano Osho (1931-1990) volle come epigrafe la seguente dicitura “Mai nato, mai morto, ha solo visitato il pianeta Terra, negli anni che vanno dall’11 dicembre 1931, al 19 gennaio 1990”.
In un dibattito con padre F. C. Copleston, Bertrand Russell giunge ad affermare che non è necessario rimandare tutto a una Causa Prima e che l’universo potrebbe esistere da sempre, e che solo i nostri limiti (la nostra mente è temporale, direbbe Battiato) ci impongono l’idea di una Causa Prima, ovvero di un Dio Creatore e Padre del genere umano.
Ma il fine di questa quarta puntata della rubrica “Nichilismo e dintorni” non è quello di dissertare sull’esistenza o meno di Dio, bensì di accettare il Mistero Assoluto della Vita, lo stupore e più precisamente il Thauma che questo Mistero suscita.
La coesistenza di meraviglia e terrore, la vertigine abissale che ciò comporta, ci fa interrogare sull’Assurdo come linguaggio focale del Novecento.
Basti pensare ai filosofi del sospetto, tra cui lo stesso Nietzsche con la sua trasvalutazione di tutti i valori, Freud con la “scoperta” dell’inconscio, Marx con lo “spettro” del comunismo, Derrida con il suo decostruzionismo, passando per la fisica quantistica con i vari Erwin Schrödinger, Werner Heisenberg e “compagnia”, l’antimateria di Paul Dirac, l’Entanglement, il Paradosso EPR, la Relatività di Einstein, il Dadaismo, la Sincronicità di Jung, la musica d’avanguardia di Stockhausen e quella decostruzionista di Captain Beefheart, il cinema di Roman Polanski, i romanzi di Franz Kafka, fino ad arrivare ai racconti di H. P. Lovecraft.
Questa continua ricerca della Verità tra le righe, mettendo in discussione tutto quello che si era ritenuto intoccabile fino a quel momento, ci aiuta a riscoprire l’irrazionale.
Abbiamo parlato del Thauma che il Mistero suscita; Thauma è una mescolanza di meraviglia e terrore di fronte all’inesplicabile.
Da questa constatazione ho formulato l’idea della cultura horror come linguaggio universale, perché quando l’arte è pervasa da un linguaggio orrorifico, sono presenti al contempo meraviglia e terrore e quindi il Thauma, cioè il Mistero.
La storia di paura affonda le sue radici in tempi remoti. Si pensi alla fiaba e alle leggende che le famiglie di contadini si tramandavano nel tempo. Questo tipo di storie hanno senza dubbio un valore iniziatico.
Esse servono a prendere confidenza (se mai fosse possibile prendere confidenza con il Mistero) con tutta una serie di Archetipi, e preservare il linguaggio della paura è un modo per integrare gli opposti.
L’esplosione di folk horror nel cinema e nella letteratura che si sta riscontrando negli ultimi decenni, è la reazione a quello che potremmo definire “culto della finzione”.
I bambini di oggi vivono dentro campane di vetro, in un mondo edulcorato, fatto di influencer, chirurgia estetica, telefonini, emozioni di plastica.
Un sintomo devastante di questo tipo di cultura è il sempre più crescente numero di persone che soffre di ansia e attacchi di panico, ma anche psicosi: se repressa, la paura può erompere violentemente.
Ma perché parlare della paura?
Semplicemente perché stiamo esaminando la Vita, e quest’ultima vuole rendersi accessibile nella sua integralità, nella sua totalità. Siamo nell’epoca della grande estinzione dell’ignoto, del deforme, del bestiale, della carne, dell’inconscio, del contatto.
È l’era dei simulacri.
Soprattutto Nietzsche si accorse di quanto fosse importante, accostare Apollineo e Dionisiaco, Cosmo e Caos.
Un altro dei fisici che hanno rivoluzionato la visione del mondo è senz’altro Wolfgang Pauli, quello del “Principio d’Esclusione” per intenderci.
Mi limiterò a trattare di un aspetto biografico di questo grande fisico. Il famoso “effetto Pauli” era un fenomeno che si verificava quando lo scienziato metteva piede nei laboratori. Quello che accadeva è davvero singolare: le strumentazioni andavano letteralmente in tilt.
Pauli riuscì a spiegarsi questo fenomeno grazie a Jung, che lo definì un “messaggio” dell’inconscio, che avrebbe dovuto rendere cosciente il grande fisico, del fatto che si stesse pericolosamente sbilanciando verso una visione unilaterale del mondo, e che aveva impellente necessità di ricongiungersi alla parte irrazionale della sua mente.
“Rendere cosciente l’inconscio” come affermava Jung, non vuol dire razionalizzarne i contenuti, bensì accettarne e integrarne la parte oscura. La zona d’ombra.
Written by Fabio Soricone
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