“Marcia su Roma e dintorni” di Emilio Lussu: un clima sociale incandescente
“Era la prima volta che i lavoratori italiani si battevano compatti per la difesa delle conquiste democratiche. Ma l’arte della guerra veniva capovolta: si ricorreva all’azione dimostrativa contro un nemico che, per essere vinto, aveva bisogno di una battaglia campale.” ‒ “Marcia su Roma e dintorni”

Ne “Marcia su Roma e dintorni” i ricordi di Emilio Lussu, grande politico e scrittore, prendono il via dal primo dopoguerra, quando milioni di combattenti rientravano alla vita civile, stanchi della guerra e desiderosi di pace: «ma, come suole avvenire ai ferventi sostenitori della pace, essi portarono, in questo loro sentimento profondo, uno spirito di guerra» [p.14].
Il ritorno, per la maggioranza di questi soldati, fu molto amaro. Il paese non offriva occupazione immediata. Il costo della vita era in continuo aumento. I contadini reclamavano la terra e la rabbia tra di loro montava. Il governo non era in grado di dare risposte. In questa grave situazione di crisi, Mussolini iniziò la sua campagna appoggiando il malcontento dei contadini e di altre categorie sociali.
Il clima sociale era incandescente e le masse operaie erano all’avanguardia nelle lotte.
Dalla Russia giungevano gli echi della rivoluzione proletaria e le ideologie politiche erano più vive che mai, tanto che gli scioperi, le occupazioni e le manifestazioni erano all’ordine del giorno.
Scriveva nel suo giornale Mussolini: «Abbasso gli affamatori del popolo! La rivolta è una necessità assoluta per colpire la voracità degli affamatori!» [p.15].
Tuttavia, nonostante questo malcontento diffuso, riporta Lussu ne “Marcia su Roma e dintorni”, i movimenti rivoluzionari di sinistra non facevano progressi. I fasci di combattimento di Mussolini, invece, si scatenarono e passarono presto a spedizioni armate, a saccheggi, a incendi contro le organizzazioni operaie e contadine, soprattutto contro i socialisti, mentre i liberali e i democratici rimasero spettatori abbastanza soddisfatti.
Nelle elezioni del ’21 si presentarono anche i fascisti, pur senza abbandonare le loro scorribande.
Mussolini, con una fronda di atri trentasei deputati, fu eletto alla Camera a fronte dei 500 complessivi, «ma la loro forza [dei fascisti] era nell’azione, in un momento in cui tutti si pascevano di parole» [p.23], ricorda ancora Lussu.
Di quale tipo di azione ebbe modo di accorgersene da subito il deputato comunista Misiano, disertore di guerra, scacciato a forza dai fascisti dal Parlamento.
Lussu, che, ricordo, fu anche il fondatore del “Partito Sardo d’Azione”, eletto nella lista dell’opposizione, salvò la vita a Misiano, avvisandolo per tempo, alla Camera, di un agguato preparato ai danni del deputato comunista, di cui si accorse casualmente.
Ritengo particolarmente significativo che nel ’21, nell’isola, come in gran parte d’Italia, non fosse ancora presente alcuna organizzazione fascista. Purtroppo, nel giro di pochissimi anni, la situazione degenerò completamente fino alla presa del potere totale da parte di Mussolini e delle sue squadracce.
Questi ricordi, riordinati nel presente romanzo “Marcia su Roma e dintorni”, come scrive l’autore, non hanno la pretesa di raccontare “la storia del fascismo”, ma solamente un periodo della sua vita, che va dal 1919 al ’29, in modo del tutto soggettivo, trascorso affrontando particolari e numerosi momenti e situazioni, tanto difficili quanto significativi.
Il racconto dei tanti episodi che accaddero in quei tempi, comprese le manovre politiche e la descrizione di figure camaleontiche e di personaggi vari, costituiscono una testimonianza veritiera del clima imperante all’epoca e dei modi con cui il fascismo riuscì ad affermarsi in Sardegna e in Italia.
La scrittura di Lussu, estremamente brillante e mai noiosa, amalgama la sua storia personale con quella socio-politica di quegli anni, facendo capire in questo modo al lettore la vera origine del fascismo.
In Sardegna, gradualmente, le fila del fascismo si ingrossarono: «parecchi oziosi e vagabondi, diventarono la principale ossatura delle nuove formazioni. Bisognava fare, ad ogni costo.» Riporta Lussu [p.43].
Pure a livello nazionale mentre l’Onorevole Facta, il nuovo Primo Ministro, riconfermato, non si stancava di “nutrire fiducia”, il fascismo guadagnava sempre più terreno.
Il fallimento dello sciopero generale ad oltranza, iniziato il 31 luglio ’22, soprannominato “sciopero legalitario”, indetto per: «la difesa delle libertà politiche e sindacali», come diceva il manifesto della “Alleanza del Lavoro”, sortì l’effetto contrario a quello desiderato.
Lo sciopero servì solo a sancire la debolezza delle organizzazioni operaie, a causa anche della complicità del governo. Scrisse Filippo Turati nel suo giornale: «Usciamo da questa prova clamorosamente battuti».
Commenta Lussu ne “Marcia su Roma e dintorni”: «Era la prima volta che i lavoratori italiani si battevano compatti per la difesa delle conquiste democratiche. Ma l’arte della guerra veniva capovolta: si ricorreva all’azione dimostrativa contro un nemico che, per essere vinto, aveva bisogno di una battaglia campale».
Solo a Parma, infatti, gli oppositori, per una volta uniti, improvvisarono le barricate e misero sotto scacco la più organizzata delle masse fasciste in tutt’Italia, capeggiata dall’on. Italo Balbo in persona. A dimostrazione che il fascismo si poteva ancora battere. Parma, però, rimase un caso isolato, in quanto le burocrazie dei partiti non permisero di estendere quest’esperienza a livello nazionale.
Fiutata l’aria favorevole, il 29 settembre, Mussolini annunciò a tutta la nazione che «La marcia su Roma» era stata decisa. Una marcia, beninteso, non solo dal valore simbolico ma protesa alla presa del potere a tutti gli effetti.
Lussu descrive in modo dettagliato e colorito uno degli avvenimenti più significativi nella storia politica moderna, non solo italiana: «La marcia su Roma», i suoi preparativi e la sua esecuzione.

Alla fine la marcia si fa, il Primo Ministro Facta rassegna le proprie dimissioni e il Re si presenterà al balcone del Quirinale assieme alla sua famiglia e a Mussolini in camicia nera.
Il fascismo è al potere!
Mussolini il 16 novembre si presentò per la prima volta in Parlamento e pronunciò la fatidica frase: «Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento. Potevo e non l’ho fatto» Il Duce si divertiva come il gatto con il topo e poco dopo aggiunse: «Almeno per questo momento». Per poi, dopo lungo tergiversare, dire: «Chiedo pieni poteri».
La dittatura era instaurata.
In quei giorni Lussu fu aggredito una prima volta a Cagliari e colpito violentemente alla testa da un fascista. Fortunatamente, senza gravi conseguenze. Fu poi aggredito un’altra volta nel 1926, a casa sua, sempre a Cagliari, in cui morì uno degli aggressori squadristi.
Durante una manifestazione fascista a Cagliari del 27 novembre, quando il sentimento antifascista era ancora molto forte vi furono violenti scontri, che causarono parecchi feriti e anche un morto tra la popolazione civile: Efisio Melis, vecchio compagno in armi di Lussu, ai cui funerali parteciparono circa cinquantamila persone.
Eppure, nell’opposizione non vi fu quella determinazione che sarebbe stata necessaria a contrastare la dittatura. Lussu partecipò anche alla famosa secessione aventiniana.
Qualcuno dall’opposizione parlava ancora di una possibile pacificazione, mentre però diveniva sempre più chiaro che dopo la marcia su Roma la pacificazione non poteva essere altro che la sottomissione al potere.
Lussu racconta anche dell’uccisione del coraggioso deputato socialista Giacomo Matteotti, al suo discorso in Parlamento e al successivo suo assassinio.
La narrazione di Lussu termina con la sua fuga da Lipari, il luogo dove venne incarcerato, assieme a Carlo Rosselli e Fausto Nitti.
Written by Algo Ferrari
Bibliografia
Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, Einaudi, 1945