Nichilismo e dintorni #1: la verità nemica della Verità per Friedrich Nietzsche
“E non è forse questa la follia?/ Scendere nell’acqua sudicia/ se è l’acqua della verità,/ e non scacciare né le fredde ranocchie/ né i rospi brucianti?” ‒ “Così parlò Zarathustra”[1]

Nella prima puntata della rubrica “Nichilismo e dintorni” si affronterà il tema della verità nemica della Verità.
I valori che l’uomo definisce come tali sono un insieme di sovrastrutture, di regole sociali, sembra dirci il filosofo e poeta tedesco Friedrich Nietzsche, nella citazione in apertura.
“Le verità sono illusioni delle quali si è dimenticato che appunto non sono che illusioni.”[2]
Il carattere soggettivo delle cosiddette verità, si palesava in epoca vittoriana nel gesto di coprire persino le gambe delle sedie, a dimostrazione del fatto che l’apparente oggettività dei valori non sia che una proiezione mentale.
L’antropomorfizzazione della sedia non ha nessuna obiettività ed è frutto di una sensibilità arbitraria che non può assurgere a Verità assoluta.
Il positivismo fu, tra tutte, quella corrente filosofica che cercò di spingere il “delirio” scientifico fino alla formulazione di un modello deterministico dell’universo. Questa visione fu soppiantata dalla meccanica quantistica con i suoi paradossi, ma anche dal pensiero di alcuni filosofi, sempre che si accetti il pensiero come mezzo che sappia dire qualcosa della Verità.
Tra questi filosofi spiccano sicuramente Nietzsche e Giacomo Leopardi.
“Il forse è la parola più bella del vocabolario italiano. Perché apre possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine, ma va verso l’infinito.” ‒ Giacomo Leopardi
Quest’ultima citazione appartiene proprio al grande poeta e filosofo recanatese. Cos’è, dunque, la Verità?
Fino al momento in cui non abbandoneremo la condizione del Cammello (sempre per dirla con le parole di Nietzsche), non lo sapremo mai. La bestia da soma, il cammello, vive di valori presi in prestito.
Naturalmente, con la parola “Verità” non intendo far rientrare dalla porta sul retro ciò che Nietzsche fece uscire dalla porta principale. La Verità a cui alludo è nient’altro che la Vita.
Ma riconoscere la Vita quando i vecchi valori tradizionali non sono ancora stati dissolti, è un’impresa pressoché impossibile.
Perché usare una parola che Nietzsche ha già ampiamente demolito?
Per caricarla di nuovi significati e connotazioni, che sono i significati stessi della Vita.
Nietzsche fu uno di quei rari esempi di filosofo che visse in prima persona, che sperimentò quanto diceva. Egli non fu mai speculativo, bensì esistenziale. Questo suo approccio ricorda molto da vicino “l’invasamento” di certi poeti che potremmo definire “Orfici”.
Il percorso di Nietzsche fu più un cammino verso l’iniziazione che una mera indagine intellettuale.
Quando assistetti ad una conferenza dello studioso di antroposofia Pietro Archiati, fui molto colpito dalle sue parole: “Una Verità oggettiva esiste”.
È lecito affermare che l’umanità abbia creato una verità per nascondere la Verità.
“La verità è una coperta che ti lascia scoperti i piedi” dice un giovanissimo Ethan Hawke ne “L’attimo fuggente”.
Il vero carnevale, le vere maschere, sono quelle che indossiamo ogni giorno.
Ma cosa intende Pietro Archiati con l’espressione “Verità oggettiva”?
Di certo non ciò che vorrebbero i positivisti. Si tratta, infatti, di una dimensione prettamente interiore, intrinseca, una nuova Gestalt.
La Verità autentica non è deterministica e non è esclusiva bensì inclusiva, fino al punto di includere il paradosso, la contraddizione, l’ossimoro. L’unilateralità e la policromia dovrebbero coesistere. La ragione e la follia sono una il complemento dell’altra.
“Ciò che si oppone converge, e dai discordanti bellissima armonia”[3] si legge ne “Dell’origine” di Eraclito.
È possibile oltrepassare questo dualismo solo con una “fioritura” e non con la pretesa che nasce da uno sforzo intellettuale.
La vita è una dimensione dialettica ed implica, come ne “Così parlò Zarathustra”, una totale accettazione di tutti gli aspetti della stessa. In questo grandissimo libro di Nietzsche i vari personaggi iniziano a “guarire” solo quando Zarathustra li sente ridere tra di loro. Questa è accettazione. Non ascetica perfezione, bensì integralità. Perché soltanto dopo aver vissuto ogni aspetto dell’esistenza, allora un’altra dimensione diviene accessibile.
La Vita stessa diviene accessibile. E questo Nietzsche lo sapeva bene. E pagò le conseguenze di questa sua radicalità.
Perché come disse Dostoevskij “Chi desidera la Verità è sempre straordinariamente forte”.[4] Ma anche infinitamente solo. Come un alpinista che s’appressa alla vetta. In ogni caso, il senso del suo passaggio sulla Terra è stato, è, e sarà ereditato, in un continuum senza fine.
“Chiedete e vi sarà dato. Bussate e vi sarà aperto”[5] è una delle massime più celebri di Gesù.

Esistono innumere Vie. Ogni essere umano, uomo o donna che sia, è depositario di una nuova, originale, espressione della Verità.
“Siamo tutti diversi!”[6] scrive la grande monaca benedettina Teresa Forcades.
Non si tratta di essere credenti o atei. Non è questo il punto. L’obiettivo è che affiori la poesia nascosta nel cuore e nell’anima di ogni creatura. Perché c’è una verità nemica della Verità.
Una delle soluzioni nietzschiane, affinché questo non venga tollerato, consiste nella capacità di distruggere tutti i valori per crearne di nuovi.
“Amo colui che non sa vivere se non tramontando” leggiamo ancora ne “Così parlò Zarathustra”.
Tramontare è il più grande atto di consapevolezza concepibile. Consiste nel riconoscere l’intera impalcatura di falsi valori che sembra sostenerci e lasciare che crolli.
È questa l’unica preghiera che possa sovvertire la vita umana sulla Terra. Ed è anche l’unico miracolo.
Written by Fabio Soricone
Note
[1] Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, introduzione di Lorenzo Chiuchiù, Giunti-Barbera, 2021
[2] Ibidem
[3] Eraclito, Dell’Origine, curato da Angelo Tonelli, Feltrinelli, 2017, p.54
[4] Fëdor Dostoevskij, Diario di uno scrittore, Bompiani, 2007
[5] Luca 11, 5-13
[6] Teresa Forcades, Siamo tutti diversi, curato da Cristina Guarnieri e Roberta Trucco, Castelvecchi, 2016
Info
Rubrica Nichilismo e dintorni – verità nemica
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