“Estella” di Valerio Varesi: la partigiana Teresa Noce
Estella di Valerio Varesi può diventare il libro della tua vita, oppure uno dei tanti che si è letti. Mai fermarsi alla prima sensazione, ci vuol del tempo a decidere.

A me era un po’ antipatica un’amica di Teresa Noce, la celebre Nilde Iotti, i cui detrattori chiamavano con disprezzo Togliotti, la quale aveva un modo di parlare autorevole e poco empatico (così mi pareva). Ero poco più che ventenne quando, una mattina, mentre camminavo sotto i portici di San Pietro, la vidi passare. Era con una ragazzetta di poco più giovane di me. La riconobbi immediatamente, anche se era la prima volta che la vedevo dal vivo. Apposta volsi lo sguardo verso la sua giovane accompagnatrice (una nipote?) poi lo girai verso Nilde, la quale mi stava osservando, con un gran bel sorriso. Da quel dì Nilde entrò nelle mie simpatie. Un mistero psicologico.
Il giudizio che si ha dell’Altro, checché se ne dica, dipende molto da motivazioni legate al proprio ego, e non dal valore reale della persona. Ardua è sempre l’onestà intellettuale, che ti fa scegliere solo dopo averci pensato su, e non perché una prima impressione ti stava dirigendo in un senso o nell’altro.
“Brutta, povera e comunista.” – così era definita Teresa dai suoceri, genitori di quel Luigi Longo che poi divenne il leader del PCI. Di Luigi non voglio parlare tanto, a meno che non sia necessario. È questo il senso della scrittura: scegliere l’argomento e i protagonisti del discorso. Chi scrive è un infame qualora ricorra al metodo stalinista, che eliminava fisicamente un oppositore e poi, con dei fotomontaggi, lo cancellava anche dalle varie foto in cui era ritratto anche lui.
Ogni scrittore, almeno un po’, lo è, infame, ingiusto. Quello troppo onesto intellettualmente potrebbe essere considerato un mostro. La finzione lo rende leggermente più accettabile.
La finzione Estella di Valerio Varesi prevede che l’io narrante sia lei, Teresa. Valerio si è autocancellato al punto che, leggendo questo suo libro, non penso mai che l’autore sia lui, ma Estella: il nome da partigiana di Teresa Noce, che dà il titolo al romanzo.
M’è venuto voglia di leggere almeno un suo libro, fra i quattro indicati on line: quello che più m’interessa è Le avventure di Layka, la cui sorte ignoravo prima di leggere Estella. Poi ve ne sono altri tre, che leggerò, se mi capiterà di trovarli. Infine ci sono quelli da lei scritti con lo pseudonimo Tea Scerone (anagramma di Teresa Noce). Chissà se riuscirò mai a rintracciare delle loro copie.
La dedica che l’autore (Valerio Varesi in questo caso) ha scritto con la biro nella prima pagina (e che fa ora parte integrante dell’opera) è: “Ad Anna sperando che Estella sia un esempio di donna. Grazie!” Anna è mia figlia. Anch’io spero che Teresa Noce sia un esempio per lei.
Teresa è una donna non facile, ma semplice. Se fossero tutti come lei il mondo sarebbe trasparente, più che bianco (e rosso, ovviamente). Ogni cosa detta sarebbe motivata dalla ragione, a meno che non ci sia una rabbia che faccia vaneggiare. Questo può capitare a tutti. Non tutti sono sinceri. Teresa sì, fin troppo. E questo è stato il suo guaio.
Dopo l’esperienza del lager di Ravensbrück, la vita di Teresa pareva quasi distrutta. Essendo ora in piazza Duomo a Milano, lei scrive: “Gli abbracci mi avevano guarito ogni ferita. Per quelle più profonde occorreva una lunga convalescenza fatta di gesti più che di parole.”: deduco che ci sono ferite e ferite, e delle amputazioni psicologiche, per cui si necessita dell’impianto di un che di artificiale. Teresa tutto questo lo sa, più di tanti altri.
“… cominciava a evaporare l’euforia della Liberazione per lasciare il posto a un’ostile quotidianità che sfidava la nostra audacia.” – è come se si desse un’utilitaria a metano a un corridore di Formula Uno. Per lui sarebbe un problema non superare i 90 km/h. Ma deve riuscirci, se non vuol farsi revocare la patente.
“Il clima era cambiato e la storia in divisa americana si apprestava a presentarci il conto.” – giova ricordare che alleato deriva da alligare, legare stretto, costringere.
“La politica non ha sesso, ma la sensibilità politica può essere diversa. E lo è se il mondo è osservato da una donna.” – la quale riesce ad aggiungere e non desidera togliere, a meno che non sia il Male, e questo solo se è onesta, come lo sei tu, Teresa.
Nel capitolo 5 de Estella scopro che sei una delle ideatrici del Treno dei bambini di cui parla il film del 2024 diretto da Cristina Comencini. E ne sei giustamente fiera. Per farti sorridere ti dico che la nonna della mia amica Nunzia, allora guagliona giovanissima, per gran parte del suo viaggio pianse perché voleva tornare dalla mamma e dal fratellino che errano rimasti a Napoli. Poi un po’ d’angoscia le passò, ma non del tutto. A certe cose noi adulti non siamo più abituati. Se ci pensiamo su ridiventiamo bambini e iniziamo a gemere.
Non avrei tanta voglia di commentare il tragico caso delle lasagne – che hai narrato nel capitolo 3 e che fu come la metafora di quanto patisti in quegli anni. La filosofia secondo cui “il partito veniva prima di ogni cosa” per me è un’assurdità. Prima di tutto dovrebbe esserci la persona umana, in tutti i suoi aspetti. La tua colpa fu di aver gradito un piatto prelibato, dopo aver rischiato di morire di fame in un lager nazista. Pochi hanno compreso il tuo spirito e quei pochi non furono compresi a loro volta dai vertici del partito. È il Potere che fa la forza, non la saggezza.
“Ho sempre avuto rispetto per le fedi, quella comunista e quella cristiana. Quando erano sincere avevano lo stesso scopo: stare dalla parte degli ultimi.” – diminuendo la distanza sociale da loro. Pier Paolo Pasolini, che tu citi, diceva che l’unica anarchia possibile è quella del potere. Il potere che consente di decidere la sorte degli Altri. Se nessuno è sopra di te, come accadde a Stalin, tu sei un assoluto anarchico. In ogni struttura organizzata il pericolo è che, nel piccolo, accada la stessa cosa. Il mio amico Giorgio Campanini diceva che anche chi decide in nome di tutti dev’essere controllato. Il che mi pare un paradosso, come far quadrare il cerchio…
In Comunione e liberazione – interviste a Luigi Giussani, lessi che quel prete che fondò Gioventù studentesca non accettava il fatto che tanti ragazzi seguissero gli ideali comunisti mentre quelli cristiani si recavano a messa la domenica e poi, per il resto della settimana, restavano a casa a pensare ai fatti loro. Cercò quindi d’instillare in loro l’idealismo della partecipazione. Questo era la sua idea. Poi tutti i buoni intenti si trasformano ed entropizzano…
Adalgisa è un personaggio che ti accompagna in tutto il romanzo. È molto, forse troppo, individuata: è se stessa, senza (quasi) mai variazioni. Ci si può imbattere in umani simili anche nella vita, ma a volte esse fingono. Adalgisa raramente la vedo dubbiosa. Non riesco a capire se a determinare il suo comportamento sia lei o chi la va descrivendo. Lei mostra a te, Teresa, la parte del tuo viso più arcigna. Siamo tutti dei Giani bifronti, chi più chi meno. Tu sei una persona tollerante, a meno che non ti scappi la pazienza, il che accade sovente e allora inizi a dire qualche parola in più o fuori posto. Non sei insincera, in questi casi, ma intransigente… Sei davvero un bel caratterino! Adalgisa è più di così. Non è mai contenta, ed è sempre pronta a criticare, a rifiutare. Poverina, ha patito troppo!
Conseguenza: “Con Adalgisa mi trasformavo in una persona pacata. Mi risultava strano ma era così. Inconsciamente rinunciavo alla mia irruenza. Forse perché avevo di fronte una donna che si portava dietro ferite che non guarivano. Come le mie.” – tanto che a te avevano appioppato il soprannome “Madonna tempesta”. Adalgisa è lo specchio in cui è riflessa l’immagine deformata dalla tua anima. Ti va bene questa sfilza di metafore?
A pagina 61 de Estella descrivi un punto cruciale allorché si doveva promulgare un fatto importante, per cui dici: “Il giorno della votazione non cambiai idea” – qualcun altro “pronunciò il suo ‘sì’ obtorto collo” – mentre chi era ambizioso e perciò ipocrita “si adeguò militarmente come quasi tutti gli altri.” – e tu invece ti astenesti. La tua volontà è da rispettare, come pure quella degli altri. Ogni scelta dipinge però chi la compie.
M’ha colpito un tuo giudizio che colgo a pagina 81: “Si trattava della promessa di un politico, dunque meno credibile di quella di un piazzista.” – in politica tutto scorre e muta, tranne il valore che si attribuisce all’ipocrisia.
Ti dicevano: “Sei settaria e poco femminile…” – come se una donna non potesse avere una fede a cui dedicare la propria esistenza. Ci si può ragionare, ma certe parole fanno male; per cui dici: “… confesso che provai un po’ di dolore…” – Le parole sono pietre è il detto siculo che Carlo Levi utilizzò per intitolare il libro che dedicò a quella grande isola: con le pietre si possono costruire un edificio oppure possono essere usate per lapidare, e per seppellire poi la coscienza.
Tutti, non solo “le donne” devono “imparare a dire di no” – anche i bambini, anche gli anziani? Forse in questo senso: perché diversamente si è schiavi. È un punto dolente, perché è negativo. Però quando un no ci vuole, ci vuole.
Bella è la correlazione fra te e quel tuo solidale: “Un mio urlo era riconosciuto da Di Vittorio come suo e viceversa.” – eravate compagni. Avendo tu vissuto anche in Emilia, saprai che da noi cunpâgn (con la n, mi raccomando!: non uniformarti pedissequamente alla lingua italiana!) significa uguale preciso: fatta eccezione per le necessarie diversità, ben inteso. Tu e Di Vittorio eravate veri compagni! Simili e spesso confusi in accese diatribe fra di voi!
Incredibile: a pagina 98 scoppi a piangere, poiché ti senti entangled con “La Pira” – un avversario politico, un democristiano, dei più onesti. Fossero stati tutti come lui, eh?!
Leggo a pagina 122: “Ci salveranno le cooperative…” – anche qui ci sarebbe tanto da dire, ma il tacere è bello.

Rispetto al tuo consorte, che “Era ferratissimo in fatto di strategie…” – tu, dici: “… preferivo i classici, da Maupassant a Balzac, da Hugo a Verne, ma non disdegnavo i romanzi d’amore e i gialli.” – anch’io (più o meno), che da anni posseggo i due citati volumi di “Von Clausewitz” – tanto amati dal tuo consorte – che, quando passo loro accanto, paiono guardarmi con un vago cipiglio, mentre io me ne vo altrove fischiettando.
Obietto, Vostro Onore!, a una frase che leggo in fondo a pagina 153 de Estella: “Si era capito che il fascista è un archetipo umano immutabile e non una categoria politica.”: nulla e nessuno può esentarsi dalla consueta regola cosmica che panta rhei, tutto scorre (seguendo la legge dell’entropia).
Se oggi ti svegliassi dalla tua Dorata Eternità, che penseresti dell’odierna situazione politica italiana? Diceva Agatha Christie che l’uomo è uguale dappertutto, nel senso che è cunpâgn, cioè identico agli altri con qualche differenza spazio-politico-temporale.
Qualcosa in te desta scandalo. Tu scegli la schiettezza, la verità. Senti il dovere di difendere i tuoi principi. E non esiti a gettare una macchia che (un po’) infanga lo schieramento a cui appartieni.
Questa tua onestà intellettuale non ti verrà mai perdonata.
Esci di scena. Non sei più un rappresentante di quel partito.
“… ero presbite. Vedevo bene lontano, ma inciampavo nelle cose più vicine e immediate. In definitiva, nel mio presente. Dopotutto era sempre stato così.” – eri e sarai sempre, ai miei di occhi, un’idealista.
“Inconsciamente, non parlavo più col ‘noi’ ma con l’io’.” – la disillusione rende sempre egoisti.
Cosa c’è da salvare di te? Il tuo cuore, innanzitutto, che inizia a dar segni di debolezza. Eppure è la rettitudine di quel muscolo che difetta negli altri. In te batte troppo!
Ipocrita è chi intende fingere, sostenendo una parte fittizia, e non chi vuole scrivere la Storia vera.
Questo è l’amaro destino di chi confida in una Novità Esistenziale, nella Buona Novella.
A un certo punto devi scegliere quale dovrà essere il suo comportamento. Farsi da parte è a volte l’unica scelta ammissibile. Altri invece, più astutamente, mutano quella Novità, adattandola alla propria necessità, stravolgendola.
Erratamente si dice che sono Quelli a fare la Nuova Storia. Macché. Essi si limitano a ricrearla uguale a prima. Per essere uno di loro, occorre essere falsi e traditori. Non è cosa tua. Proprio no.
La foto che tanto spiacque al tuo partito, e che io invece amo (quella che rievocava il tuo matrimonio), mi dà da pensare.
Cosa manca all’uomo per essere felice? La normalità? Eppure è verso essa che occorre far convergere le forze di tutti. Una normalità che sia colma di rispetto per tutti.
Per me tu sei e sarai sempre un’eroina umana e normale. E, di una come te, io forse m’innamorerei.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Valerio Varesi, Estella, Neri Pozza, 2024