“N’ Dèrr’ la Lanze” di Roberto Moscardin: vai direttamente a pagina 188
La traduzione dall’idioma barese di “N’ Dèrr’ la Lanze” è rinvenibile a pagina 7: “… sono scesi dalle loro barche, dalle loro ‘lanze’ e buttano il pesce n’ derr’ per terra, per esser venduto…”: è il destino dello scrittore, dell’uomo d’arte che, dopo aver estratto il materiale dalla propria, quotidiana e avventurosa profondità, dopo averlo espresso, adattato, lavorato, polito, lo deve comunicare, cedere, consegnare agli Altri, altrimenti la pesca delle parole, la scrittura, cessa il suo senso.
![N’ Dèrr’ la Lanze di Roberto Moscardin N’ Dèrr’ la Lanze di Roberto Moscardin](https://oubliettemagazine.com/wp-content/uploads/N-Derr-la-Lanze-di-Roberto-Moscardin-300x212.jpg)
Non credo esista uno scrittore che intenda creare la propria opera pensando esclusivamente a se stesso. Soprattutto a sé, certo, ma non solo… perché sarebbe assolutamente assurdo, solipsistico, vano. Uno scrittore non è mai solo sul cuor della terra, ma, pur se è trafitto da un raggio di sole, allorché è sera, può finalmente riposarsi nei sogni suoi.
In una lezione su Gianni Celati, lo scrittore Ermanno Cavazzoni ricorda la definizione che l’autore nativo di Sondrio, trasferito dopo pochi mesi con la famiglia a Trapani, poi, nella vita, girovago come pochi, diede del sonetto (ma credo che il concetto valga per ogni forma di poesia, di scrittura e d’arte): uno stuzzicadenti in mezzo al deserto. A me viene anche da dire: un guizzo di pesce volante nell’immoto mare; un bagliore nella tetra notte; una minuzia che sbuca dall’immane cosmo.
Se è vero che ogni scrittore è principalmente egomirato, rivolto al sé, è pur vero che, nel fissare la propria anima, egli compie un giro di 360 gradi e, nel farlo, la sua visione panoramica gli consente d’inglobare l’universo.
Si narra di sé perché si è l’ente che si conosce di più, che meglio permette di comunicare cogli Altri.
Conosco bene Roberto Moscardin autore de N’ Dèrr’ la Lanze, uomo che è vissuto in luoghi, città, regioni diverse. Nato in Veneto, transitato da giovane in Lombardia, ora si trova in Puglia. Ovunque s’è recato, s’è collegato col suo prossimo, senza mai negare l’approccio ad alcuno, a meno che… quello non fosse distruttivo… essendo il rischio che ogni volta si corre allorché ci s’imbatte in chi si sente Sé e nulla più. Quel che atterrisce l’anima della gente è che chi proviene da altre lande del mondo abbia in sé l’anima dell’invasore, la volontà d’appropriazione del territorio e delle risorse. Tale timore è utilizzato da chi si proclama intransigente difensore della patria e dei connazionali, a prescindere da ogni umanità, esaltando le differenze culturali a scapito delle somiglianze.
“… l’8 agosto del 1991…” – una data apparentemente casuale, un giorno come tanti… ma non ne esistono di giorni uguali ai precedenti. Ogni dì e ogni notte si differenziano dai precedenti e dai successivi… e, vivendo e sognando, si manifestano nuove immagini di sé e s’incontrano nuove e diverse anime, per cui basta uscire e camminare e ci s’imbatte in altre eventualità.
A pagina 9 de N’ Dèrr’ la Lanze Roberto inizia a descrivere un “poeta albanese” – il quale “parlava bene la nostra lingua” – “Il quale diventa un amico…” – e non mi stancherò mai di ripetere che amico, come amore, deriva dal sanscrito kam’a, che vuol dire passione… Ci s’intreccia all’altrui destino, in un entanglement, un groviglio di specie amorosa, per cui l’Altro diventa una parte di noi: come succede alle stelle doppie, che co-esistono in un mutuo scambio di energie e di informazioni. Quel poeta non sarà l’unico uomo pescato a mare, presto Roberto consocerà altri due albanesi, come anche il sottoscritto, parecchi anni dopo, per Caso e Necessità, come direbbe Jacques Monod, perché la vita è Singolarità attrattiva e Kaos entropico.
La mia è un’illazione, per cui la scrivo quasi fosse un oblungo sonetto, pur non rispettando le regole metriche: il gravitone, pur esistendo, non lo si rintraccia ma, se non esiste, è un sogno, il che vale per quel che ci dirige verso il Kaos cosmico, e il perché ciò accada resta un mistero, come lo è l’energia oscura, che rappresenta il 75% degli ingredienti di quella frittata cosmica in cui gli enti esistono e che iniziò come un minuscolo brodino, che poi s’allungò e si dilatò sempre di più, divenendo, tra l’altro, Roberto Moscardin, Stefano Pioli e i loro compagni di pesca, e poi, mi raccomando, sia riposta N’ derr la lanze!
A pagina 16 de N’ Dèrr’ la Lanze iniziano a scorrere (Panta Rhei) i primi aforismi. Ho cercato d’individuare quello che mi pare il più prezioso, ma non è possibile, ché tutti lo sono, ognuno a modo suo, senza che sia possibile fare una graduatoria. Ne pesco uno a caso: “Ricordati di tua madre e di tuo padre nella tua giovinezza, pregali (qualche volta) e se puoi nella tua vecchiaia.”
Come in altre opere, Roberto utilizza la punteggiatura a sentimento, non badando alla comune consuetudine. Il suo è un agire jazzistico, improvvisato, seppur meditato, e non un’assurdità codificata, per cui occorre provare rispetto per le sue scelte, come delle proprie.
“La virgola e il punto non sono mai di troppo…” – sono quando ti capitano fra le mani, nel respiro: cessando d’essere onda, allorché tu, lettore, li attesti quali particelle del discorso.
La giustificazione a destra non deve assurgere a dogma, né lo sporgere a sinistra, e nemmeno la negazione delle due scelte. L’unico dogma buono è quello morto: la libertà, se non ferisce l’Altro, è salvifica per entrambi: autore e lettore.
“Quando viene rievocato un ricordo non si riesce a ricordarlo interamente. Nasce così un senso di frustrazione per il colore, la forma e il colore dimenticato.” – confermo… e ti suggerisco un farmaco: l’accettazione della propria minimità nei confronti dell’immensità del Creato.
“Pirla, (è una parola) ‒ prova a cercarla in un’altra lingua…” – prilîn, un quid che prilla su se stesso, come una trottola, senza mai recarsi in alcun luogo noto. Carlo Rovelli lo definisce loop.
Non voglio nemmeno provare a discutere intorno a queste sconosciute “eterotopie” – non riuscendo a collegarmi al momento, in alcun modo, a loro. In caso di novità, ti dirò.
“Noi siamo un autoinganno, ci impedisce di sapere chi siamo.” – io mi sento una parte di te, Roberto. Leggendo la mia reazione forse ti sembrerà d’essere un’ilare parte di me.
Intorno a pagina 39 de N’ Dèrr’ la Lanze gli aforismi si rimpiccioliscono.
Taccio, per discrezione, ogni commento circa l’“Acatalessia”.
“C’era una volta… allora ritorna, risponde mia nipote Lavinia…” – che s’è pappato un puntino, però son riuscito, credo, a capirla.
Tocca ora agli Sforzi quotidiani – più prolungati, faticosi. Ne sanno qualcosa sia “Il polpo” che “Il polipo” – che s’illudono d’essere mezzi parenti e, invece lo sono!
“Per me scrivere è tirare fuori l’anima dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo.” – hai ragione, occorre renderla “più malleabile come un polpo…” – che sia forse passata Lavinia?
“Il tempo è la distanza più lunga tra due luoghi.” – il luogo è la distanza più lunga fra due tempi.
Colgo, a pagina 55 de N’ Dèrr’ la Lanze: “Obbligare il lettore che, deve essere sottoposto a ginnastica gioiosa ‒ e crudele, se vuole tentare di comprendere i testi di un discorso…” – e a farsi comprendere: uterque capere. L’importante è… catturarsi reciprocamente nella Beata Amicizia.
Poche righe sotto scrivi: “Vai a pagina 110 e poi alla 124.” – disobbedisco! Ci andrò a tempo (a me) debito. Come (da te) previsto… A volte inserisci tra parentesi, al termine dell’aforisma, la fonte autoriale, tipo: “(interpretato da Sofocle)”.
Ammiro la “Deplezióne” che esponi a pagina 65 de N’ Dèrr’ la Lanze – congegnata “per un messaggio tutto moscardiniano”.
Ti chiedi, a pagina 67: “Chi è Roer Mc Andrios?” – lo conosco: è colui di cui non intendo privarmi. Ora mi pare di udire gli echi di Storie e Suoni musicali dell’altro mondo.
Dice Colui che: “Per farli vivere meglio, agli uomini e alle donne ho immesso sulla terra lo spazio e il tempo…”: e così cominciò a strombazzare il Kaosino…
Mi casca in capo una fronda di pagina 110: “Estemporaneità! Improvvisati Leopardi. Poi torna a pagina 71.” – lo farò, sì, ma in altra vita!
“La mia parola deve scuoterti, farti provare emozioni, e ancora. Ancora ti emozioni.” – è vero!
“Chi crede in lui si tranquillizza, chi non crede diventa lo psicologo di se stesso.” – e poi c’è chi, ignorante di quasi tutto, non ce la fa a superare l’esame, nemmeno l’autoesame.
Nell’elenco di “Sei” voci, la tua “6. Sette” – la falsifico dandole un 6. Sei d’accordo?
“Ti sei perso?” – no, solo smarrito, come un marrjan… o un mahram… grrr…
“Nessun fiume può tornare indietro. E adesso non chiedermi di te. Chiedimi se sto bene.” – come stai? un pochino meglio?
Ho vaghi ricordi circa quel “racconto di Stefano Pioli, 2019”: non so quasi nulla di quell’autore.
Che sia uno dei “cinque lettori” a cui dedichi il libro?
Pagina 186: “Vai direttamente a pagina 188.” – … a suo tempo. M’intriga questo: “La punteggiatura, le virgole e i punti, i momenti sospesi, finalmente contribuiscono a portare il silenzio tra le parole.” – il Silenzioso Nulla crea la discontinuità. Chiamalo, se vuoi, spazio-tempo di Planck, per cui quasi ni-ente di quel che appare fa più valere il suo senso.
“La realtà è più ampia del mondo.” – essendo illimitata.
![Roberto Moscardin citazioni Roberto Moscardin citazioni](https://oubliettemagazine.com/wp-content/uploads/Roberto-Moscardin-citazioni-1-300x212.jpg)
“La filosofia è un bel modo di osservare, guardare e, spiare dal buco della serratura.” – l’ambiente in cui crediamo d’esistere poiché paghiamo con matta regolarità le spese condominiali.
“Sogno da tanto tempo, d’accompagnare qualcuno nel suo passato.” – nel mio ritroverai te stesso (9 luglio 2020), ove spero d’incontrare un bel dì la comune amica: “Anna Maria Tocchetto”.
“Sarebbe meglio non avere determinati pregiudizi.” – sì, solo quelli essenziali, tipo: prima di attraversar la strada, anche se sei sulle strisce pedonali, dai un’occhiata ai veicoli che transitano.
Mi spieghi ora quei frequenti “%” che poni a fine pagina?
“Quasi come se la mano ‒ pensiero svelasse e manifestasse ciò che è velato, viò che è oscuro e, lo rende visibile, palpabile.” – siamo tutti dei gran figli di Maya-lina, grr grr grr…
A pagina 207 mi concedi di “tornare alla pagina 194.” – e qui urge ringraziare il tetro Heidegger!
Scrivi: “Compro verità, vendo verità di altro.” – quasi fossero dei croccanti teleostei!
“Se si utilizzassero Verità usate, spenderemmo meno. Compro e vendo verità usate, compro anche quelle di scarto.” – che ora sono in salvo, grazie a te!
Proposta: salviamoci a vicenda e, se vuoi, a Vicenza, grande città palladiana (nonché ferina)!
E salutami tanto i due “Autori di questo libro.”: Roberto Moscardin, bella foto, che ben conosco.
E Nicola Virgilio – un gran bel sorriso… che è stato, immagino, il tuo consigliere: complimenti!
Pagina 229: “Lui mi ha guardato e mi ha detto: adesso che hai finito di leggere torna a pagina 46.” – oh no! Il popolo dei polpi e dei polipi no! Sono però così tentacolari che mi tentano!
Pagina 230: “ritornate a pagina 14 e ri-leggetela, poi gettate il libro.” – no e poi no!
È come se ramazzassi via l’intero mio spazio-tempo. E anche il tuo. Non sia mai…
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Roberto Moscardin, N’ Dèrr’ la Lanze, Amazon, 2024