Jorge Cavelier: quando il pensiero è bellezza e la bellezza è arte

Il maestro Jorge Cavelier nasce a Bogotà, in Colombia, nel dicembre del 1953, terzo dei nove figli di una famiglia agiata e con lontane radici in Normandia. Il padre, un avvocato di spicco, ha scritto trattati di diritto e una decina di romanzi; uno dei nonni è stato console a Chicago, un altro nonno è tra i fondatori della prestigiosa ‘Universidad de los Andes’.

Jorge Cavelier opere Rinnovamento
Jorge Cavelier opere Rinnovamento

Jorge Cavelier non ha ancora compiuto dieci anni, quando i suoi genitori lo portano ad assistere agli spettacoli del Colón di Buenos Aires, un monumento dell’arte teatrale e lirica, uno dei più grandi e celebrati al mondo.

In famiglia circolano molte riviste relative alla cultura americana ed europea; proprio leggendo queste riviste il ragazzo comincia a conoscere l’arte italiana ed è turbato dal dramma della terribile alluvione di Firenze del 1966, che mise tanti capolavori del Rinascimento in pericolo, spesso salvati grazie all’impegno di giovani e generosi volontari.

Tuttavia a fare innamorare Jorge della bellezza e dell’arte è la natura stessa, con l’armonia dei suoi spazi, con il suo mistico respiro che trascende la realtà e lo trasporta in altri mondi tra fantasia e religione, tra scoperta e intuizione.

Giovanissimo comincia a dipingere con passione però, quando si deve iscrivere all’università, decide di studiare architettura, preferendola alla pittura che tanto ama, per avere una maggiore sicurezza economica. La risposta di suo padre, quando gli comunica la decisione, è meravigliosa: “Uno debe hacer lo que quiere” (Bisogna fare quello che si ama).

Il rapporto con l’architettura si rivela spesso spigoloso, perché Jorge non ama studiare regole e normative, così cambia indirizzo e segue per un anno un corso di pittura a New York. Ritorna all’Università Nazionale della Colombia e finalmente realizza il suo sogno di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, superando in italiano esami di ammissione non facili.

Pur se non sempre in linea con le indicazioni dei propri insegnanti, aumenta le proprie conoscenze e perfeziona il proprio stile. Molto importante per la sua formazione è lavorare al restauro di opere di artisti del calibro di Botticelli e Raffaello.

Un fascino profondo ha su di lui l’arte sacra, che lo coinvolge al punto da considerare più volte, anche in periodi successivi, il ritiro in un ordine monastico. La capacità di artisti come il Beato Angelico di comunicare emozioni all’animo umano con i colori, anche se a volte nell’ingenuità della composizione, lo conquistano.

Tornato a Bogotà, insieme al pittore Luis Vargas compagno di studi a Firenze, crea il laboratorio/accademia ‘Trace’, che, come suggerisce il nome, cerca di catturare l’impronta dell’attimo in cui un artista si trasforma in creatore di bellezza. L’accademia diventa una galleria d’arte di grande importanza. Successivamente, però, Jorge Cavelier se ne allontana per dedicarsi esclusivamente alla propria ricerca e alla propria pittura.

Nel 1999, proprio nel periodo in cui con più entusiasmo l’artista cerca la risposta interiore all’inquietudine della propria anima, è vittima di un grave fatto di cronaca. I guerriglieri comunisti delle FARC, le forze armate rivoluzionarie colombiane, fanno irruzione nella sua casa e lo sequestrano insieme alla moglie Margarita, per autofinanziare la propria lotta.

Jorge Cavelier viene tenuto prigioniero per sei mesi durissimi, poi viene rilasciato per ottenere altro denaro, mentre sua moglie resta ancora a lungo nelle mani dei rapitori.

Il ritorno alla vita normale non è facile. Turbato, l’artista sente che al suo sguardo il piacere dei colori si è spento per lasciare spazio a una sensibilità grigia, velata, dove l’uomo è scomparso. La natura, che era una collezione infinita di meraviglie e di superiore spiritualità, adesso si è chiusa in se stessa, difesa da un muro ostile che è difficile valicare.

Il periodo del sequestro ha interrotto bruscamente un periodo di entusiasmo e successo; ricominciare non è facile, però l’artista con la sua nuova produzione conquista critici e galleristi. Si afferma prima negli Stati Uniti, dove si è trasferito dopo il sequestro, e poi nel resto del mondo, ricevendo in particolare grandi apprezzamenti in Cina. La pittura e la religiosità asiatiche hanno una profonda influenza sulle sue nuove opere.

Molto interesse desta in Italia con mostre a Firenze, a Milano e a Venezia, nell’ambito della Biennale del 2019.

A Torino nell’ottobre del 2024, la galleria MIIT nei suoi spazi di corso Cairoli ha ospitato all’interno della mostra ‘Il filo di Turandot’ alcune opere del maestro. In tale occasione è stato affascinante il confronto che veniva immediato proporre tra le due tele recentissime della serie ‘Bosco argentato’, realizzate con la tecnica a guazzo (o ‘gouache’) e punta d’argento su tela.

La prima opera è di un azzurro totale nel quale, in un disegno di grande effetto spirituale, compaiono le linee fragili ed eleganti di piante dal tronco sottile, che salgono verso un cielo appena accennato. Nulla è reale, nulla ha sostanza.

Jorge Cavelier opere Bosco argentato
Jorge Cavelier opere Bosco argentato

Lo sguardo è coinvolto in una meditazione profonda, attratto e sedotto, ma è incapace di proseguire oltre un limite. Le piante non sono una foresta quanto un boschetto incantato dentro cui si nasconde una divinità quasi pagana. Il nostro cuore, la nostra mente, la nostra anima, vorrebbero comunicare con essa, ma avanzare sarebbe una profanazione. Sentimenti pagani, cristiani e buddisti si fondono insieme.

La seconda opera rappresenta una foresta viva, i verdi sono intensi, le piante prepotentemente dinamiche, come potrebbero essere quelle che costeggiano le rive di un fiume amazzonico. La spinta verso l’alto è dominante, più prorompente che nell’opera precedente, uno slancio impetuoso, una lotta di sopravvivenza e sublimazione, eppure questa esplosione trova un confine, una costrizione, in un fregio rosso vivace e irrazionale, che cancella la rappresentazione del soggetto reale per portarci nel campo dell’immaginato, del percepito non con i sensi ma con l’intuizione e il sentimento.

I due acquarelli con foglia dorata, dal titolo ‘Rinnovamento’, riprendono l’idea di questo secondo lavoro, con immagini la cui verosimiglianza viene traslata in una dimensione di meditazione profonda e religiosa, che trascende la nostra razionalità umana.

Per chi vuole conoscere di più su questo autore, consiglio il lungo articolo/confessione/intervista “Busco ser unibersal”: Jorge Cevalier a lui dedicato su “El Espectator” del 29 luglio 2020 (clicca QUI per leggerlo)

All’ultima domanda che gli viene posta, Quale vorresti fosse il tuo epitaffio?”, la risposta del maestro è: “Jorge Cavelier, uomo di pace”.

 

Written by Marco Salvario

Photo by Marco Salvario

 

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