Luigi Einaudi: politico ed intellettuale illuminato ed integerrimo
“Sillabo, conformismo, concordia, leggi regressive degli abusi della stampa sono sinonimi ed indice di decadenza civile. Lotte di parte, critica, non conformismo, libertà di stampa preannunciano le epoche di ascensione dei popoli e degli Stati. Gli anni di forzato consenso da cui stiamo faticosamente uscendo hanno fatto nuovamente apprezzare agli italiani il diritto ed il vantaggio della discordia. Essi sentono che la libertà non è semplice strumento ma fine comune dal cui raggiungimento dipendono gli altri fini civili, politici e spirituali della vita. Ma, forse, questo è ancora più un sentimento che una convinzione profonda…” ‒ Luigi Einaudi
A 150 dalla sua nascita, Luigi Einaudi, importante figura di intellettuale, è rimasto nella memoria collettiva quale integerrimo Presidente della Repubblica italiana.
Nato a Carrù (Torino) il 24 marzo 1874, muore a Roma il 30 ottobre 1961. È indice di onestà di pensiero commemorare e ricordare uno statista illuminato.
Esempio di lungimiranza, Luigi Einaudi si laurea presso l’Università di Torino nel 1895 con una tesi su ‘Il principio della libertà economica in agricoltura’, discussione che lo lega al Piemonte, e soprattutto al territorio delle Langhe, suo luogo di nascita. La politica, secondo un modello di politica attenta all’individuo, in stretta connessione con la scienza economica, sono gli interessi verso cui Einaudi indirizza la sua professione.
Impiegato da prima presso la Cassa di risparmio di Torino, si dimette per dedicarsi all’insegnamento, che nel 1902 lo vede assumere l’incarico della cattedra di Scienza delle finanze.
Negli anni a cavallo tra i due secoli Einaudi si afferma anche come giornalista, collaborando con importanti testate giornalistiche; i cui contributi sono volti a un’accesa stigmatizzazione della politica economica di stampo protezionistico, nonché alle stringenti misure statali, da lui considerate dannose per la crescita di un paese.
Come la maggior parte degli intellettuali liberali italiani, sia per i valori patriottici proclamati da Mussolini, sia per il liberismo del suo programma originario, Einaudi guarda con interesse al nascente movimento fascista. Soltanto con il delitto Matteotti, quando la vera natura del regime si presenta in tutta la sua evidenza, denuncia l’ottusità degli industriali che continuano ad appoggiare Mussolini.
Nel 1925 firma il Manifesto degli antifascisti promosso da Benedetto Croce in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile, abbracciando un atteggiamento sempre più severo contro il regime. Presa di posizione che gli costa la sospensione dell’insegnamento universitario e l’abbandono, fra il 1925 e il 1926, della collaborazione presso il Corriere della sera.
Al Senato, in veste di Senatore del Regno, ormai completamente in mano dei fascisti, la sua presenza è alquanto sporadica, ed è fra coloro che si oppongono all’approvazione della nuova legge elettorale a lista unica formata dal Gran consiglio del fascismo. Così come per i Patti lateranensi, 1929, alla cui discussione non partecipa e provvedimento che non vota. Come accade contro l’ordine del giorno per intraprendere la campagna d’Etiopia.
Dopo il 25 luglio (1943), giorno della caduta di Mussolini, Luigi Einaudi è nominato da Pietro Badoglio rettore dell’Università di Torino senza però prenderne possesso in quanto, inseguito dai nazifascisti, espatria in Svizzera con la moglie.
Rientrato in patria alla fine del 1944, nel gennaio 1945 assume la carica di governatore della Banca d’Italia nella Roma appena liberata. Da quel momento diventa un punto di riferimento importante per la ricostruzione del paese. Assume l’incarico di docente presso l’Università di Torino, durante il quale sviluppa teorie economiche che avranno un peso ragguardevole sullo sviluppo socioeconomico dell’Italia, in fase di ripresa dopo gli anni in cui la nazione ha vissuto un conflitto bellico, che non solo l’ha danneggiato, ma ne ha impedito la modernizzazione.
Nel frattempo, Einaudi viene eletto all’Assemblea costituente nella lista dell’Unione democratica nazionale, composta da liberali e da rappresentanti autonomi della lotta partigiana.
Durante la campagna per il referendum per scegliere fra Monarchia o Repubblica, Einaudi non fa mistero della propria scelta a favore della monarchia.
È il maggio 1947 quando è chiamato a far parte del governo formato da Alcide De Gasperi, che gli offre la vicepresidenza del Consiglio e il Ministero del Bilancio, istituito appositamente per lui.
In quell’anno, fu soprattutto grazie alle sue scelte oculate che la lira si stabilizza e l’inflazione, elevatissima, viene ridotta.
Economista rigoroso e pragmatico, Einaudi dà prova delle sue capacità quando viene chiamato, all’indomani delle elezioni politiche del 1948, a ricoprire incarichi importanti quali, il 18 maggio 1948, la carica di Presidente della Repubblica italiana. Periodo durante il quale opera per consolidare la democrazia e promuovere una politica all’insegna della stabilità economica.
Per tornare poi, terminato il mandato, 1955, a occuparsi di giornalismo con nuove collaborazioni presso il Corriere della sera, concentrandosi sulle modalità per migliorare il funzionamento del mercato, come quello dell’istruzione e della libertà dell’insegnamento.
Protagonista della vita politica, giocando un ruolo di primo piano negli anni della ricostruzione, prima della scadenza del suo mandato, 1955, sarà proprio lui a guidare in Italia il vento del cambiamento, portando la nazione verso quella fase di sviluppo economico definita del ‘boom economico’.
“I liberali negano che la libertà dell’uomo derivi dalla libertà economica; che cioè la libertà economica sia la causa e la libertà della persona umana nelle sue manifestazioni morali e spirituali e politiche sia l’effetto.” ‒ Luigi Einaudi
Il cardine su cui si fondano i principi del pensiero di Luigi Einaudi è il liberalismo economico.
Dottrina, intesa da lui come scienza che mette al centro la persona, ed idea che sarà un punto fermo di tutta la sua esistenza e pilastro fondante di una società, secondo il suo lungimirante punto di vista. Dunque, la libertà individuale e il ruolo limitato dello Stato, sono alcuni dei principi che animano il pensiero di Einaudi.
La libertà sollecita l’innovazione e la crescita i cui riverberi trovano riscontro sul principio di libertà politica. Lo Stato, invece, è concepito come un organismo la cui funzione è di garantire i principi del sistema economico, assicurando giustizia, sicurezza e rispetto degli accordi, senza però intervenire con troppa incisività nel sistema economico di un paese.
Sul ruolo dello Stato era esplicito: la sua eccessiva partecipazione non era di alcuna utilità per l’evoluzione di una società, doveva limitarsi a garantire principi costituzionali inalienabili, quali la sicurezza, la difesa, la giustizia e la pubblica istruzione.
Einaudi non credeva nell’economia pianificata ritenuta di alcuna efficacia, oltre che rischiosa per la libertà dell’individuo, come pure una regolamentazione eccessiva che soffoca l’iniziativa privata e genera inefficienza. A proposito della politica, sosteneva che soltanto l’esercizio di un rigore assoluto con i bilanci pubblici equilibrati e una gestione prudente del debito pubblico fossero i fondamenti per evitare crisi finanziarie e sociali.
Il deficit spending (spesa in disavanzo) era per Einaudi uno spettro da cui stare lontani, come pure la stampa di moneta per finanziare la spesa pubblica, considerate pratiche che minacciavano la stabilità economica e un ingiusto peso per le generazioni successive. Il principio del risparmio era un’altra idea su cui si fonda il pensiero di Luigi Einaudi. Inteso come una virtù essenziale da un punto di vista economico, e considerando il risparmio privato fondamentale al finanziamento degli investimenti e strumento utile alla crescita economica di un paese.
“Esiste un legame tra la libertà economica da un lato e la libertà in genere e la libertà politica in particolare dall’altro canto; ma è legame assai più sottile di quel che sia dichiarato nella comune letteratura propagandistica.” ‒ Luigi Einaudi
L’educazione, altro punto fermo del pensiero di Einaudi, da lui considerata una questione essenziale per una società libera e tesa alla prosperità. E ciò grazie anche a un’eventuale formazione economica dei cittadini, al fine di comprendere meglio le dinamiche del mercato, e prendere di conseguenza decisioni maggiormente consapevoli. In merito alla questione sono numerosi i saggi e i libri realizzati, al fine di diffondere non solo le sue idee, ma con lo scopo di avvicinare il pubblico alla scienza economica.
Intellettuale di sicura innovazione, a tutt’oggi è considerato addirittura un rivoluzionario per la modernità del suo pensiero. Che lo porta a immaginare un’Europa unita e ai suoi sviluppi futuri.
Convinto sostenitore dell’integrazione europea, Einaudi credeva che l’unione economica e politica dei suoi stati membri fosse un antidoto ai conflitti del Novecento appena terminati, i quali nei secoli avevano devastato l’Europa. Le sue idee furono fonte d’ispirazione per i successivi movimenti che avrebbero dato via al Mercato economico europeo. Anche la sua carriera politica fu segnata dall’idea dominante della liberalizzazione economica affiancata alla diminuzione del controllo statale alla riduzione delle tasse su imprese e sui cittadini. Idee che anticiparono i moderni dibattiti sulla sostenibilità del debito pubblico e sulla necessità di politiche fiscali responsabili.
Critico nei confronti del protezionismo economico sosteneva che le barriere commerciali danneggiassero l’economia interna e ostacolassero la crescita di un paese. Motivo per cui promosse il libero scambio come mezzo per aumentare la competitività e la prosperità economica, credendo che il libero commercio portasse vantaggi ai paesi sviluppati come in quelli meno sviluppati.
“L’uomo moralmente libero, la società composta di uomini i quali sentano profondamente la dignità nella persona umana, crea simili a sé le istituzioni economiche. La macchina non domina, non riduce a schiavi, a prolungamenti di se stessa se non quegli uomini i quali consentono di essere ridotti in schiavitù.” ‒ Luigi Einaudi
Inevitabili sono le celebrazioni per ricordare, a 150 anni dalla sua nascita, una figura istituzionale di alto profilo quale è stato Luigi Einaudi. Che si svolgeranno in diverse città italiane con una serie di eventi speciali quali conferenze e seminari presso i principali centri universitari e di ricerca dedicati agli studi economici e politici.
Occasione per approfondire il pensiero e le sue teorie economiche di sostenitore delle istituzioni democratiche e del libero mercato.
Sono inoltre previste mostre fotografiche e documentari sulla vita e le sue opere manoscritti per illustrare il suo contributo alla storia d’Italia. Insieme a pubblicazioni di nuovi libri e ristampe delle sue opere con commenti per contestualizzare il suo lavoro in epoca contemporanea. Attività educative e progetti didattici mirati a educare le nuove generazioni, e a far conoscere il suo contributo alla società. Senza trascurare le celebrazioni ufficiali di rappresentanti delle istituzioni, l’attuale presidente Mattarella in primis, che al Quirinale ne ha sottolineato l’importanza e il ruolo ricoperto come Presidente della Repubblica.
“Non poter più partecipare ai dibattiti, dai quali soltanto nasce la volontà comune; e di non poter più sentire la gioia, una delle più pure che un cuore umano possa provare, la gioia di essere costretti a poco a poco dalle argomentazioni altrui, a confessare a se stessi di avere, in tutto o in parte torto, ed accedere, facendola propria, l’opinione di uomini più saggi di noi.” ‒ Luigi Einaudi
Figura di importanza notevole nella storia italiana anche come intellettuale, e non solo come figura istituzionale che ha difeso libertà, giustizia e responsabilità individuale, le sue idee sul libero mercato, il rigore fiscale da lui promulgato e l’importanza dell’educazione hanno lasciato un segno notevole nel pensiero economico moderno.
“Da lui massimamente, e metto lui prima di Pareto, sia perché egli venne prima nell’arringo teorico, sia perché egli, tuttoché si professasse minore e quasi allievo dell’altro grande, era in verità il maestro di tutti, fu dimostrato che la scienza economica altro non è che una logica…” ‒ Luigi Einaudi
Written by Carolina Colombi