“La musica in testa” di Giovanni Allevi: cogliere l’eterna danza che ci circonda
Ecco perché Giovanni Allevi ha i capelli così arruffati: ha La musica in testa!
Io che non capisco nulla, o forse quasi?: lo ignoro, di musica, in particolare quella classica, ho sempre provato una stramba forma di affetto per questo smilzo, scapigliato e frenetico energumeno musicale.
Sto concludendo la lettura del tuo libro La musica in testa, Giovanni. Lo sai qual è stato l’insegnamento più importante che ho ricevuto? Che la musica è libertà, la mia, non la prima che s’incontra e che andrà sempre bene. È la storia di quella libertà, che io vivo insieme a Lei, la Musica, giorno per giorno. È la musica che si ha in testa covata sotto il tuo casco ricciuto e la mia mezza calvizie.
Scrivi: “È il 9 aprile 1991, giorno del mio ventiduesimo compleanno.” – e qualcosa, che vai narrando, ti è accaduto. Per cui affermi: “In questo preciso istante capisco che la musica è la mia vita!”
Quel giorno “quelle cinque persone” ti fanno (tu per lo più usi l’indicativo presente, al massimo il passato prossimo, solo talvolta il futuro: non penso sia un caso) ti fanno amare l’uomo che c’è in te e fuori di te, ti estraggono dalla solitudine, ti fanno sentire (finalmente!) vivo. Quindici anni dopo incontri una di quelle cinque anime, che non cesserai mai di amare (questo lo intuisco io, ma non mi esce l’ernia nel farlo).
Ai capitoli biografici de La musica in testa in cui narri delle tue vicende, ogni tanto ne segue uno teoretico (che sorpresa!, scopro che sei laureato in Filosofia). Scrivi: “Noi dobbiamo trasformare le nostre mani, avambracci e dita, in acqua.”: liquidi siamo, soprattutto, fluidi che scorrono di qua e di là.
“… se impariamo a fare silenzio, saremo in grado di cogliere l’eterna danza che ci circonda.” – e su questo ci devo pensarci su: un po’ sì e un po’ no, m’andrebbe meglio.
“La musica per me è un valore assoluto, un fine e non un mezzo.” – ognuno, mio caro, ha i fini che si merita e i mezzi che si ritrova!
Dici, a una platea ormai assorta chissà in quali accadimenti: “Grazie amici! Forse vi ricorderete di me, di quel mio piccolo concerto nel buio. Io vi porterò sempre nel mio cuore, perché mi avete ascoltato, e non giudicato.” – a Reggio Emilia siamo terribili, maliziosi come pochi. Di uno come te c’è chi direbbe: a n l ē mia al piò nurmêl a cà sùa! Infatti, normale tu non sei, tu sei super!
“Io voglio scrivere la mia musica, devo scrivere la mia musica, altrimenti non respiro!” – e ho l’immagine alfieriana di te avvinghiato alla sedia vicino al pianoforte. E quando finisci, poi saltelli!
“Non bisogna mai aver paura di rompere le regole, se è il nostro cuore a chiederlo.” – frase da pigliare con le molle, ma è vera da appendere all’anima.
“L’abbandono invece è partecipazione alla pienezza, una forma di consapevolezza.” – traduco (tradisco?) per un Jiddu Krishnamurti (lo conosci?) miracolosamente in ascolto: la partecipazione alla pienezza è l’abbandono alla consapevolezza. Il non lasciarsi distrarre da quello che non c’è.
“… la Musica è una vera e propria entità, davanti alla quale la mia possibilità di scelta è davvero minima.” – questo mi spaventa. Che te ne pare, Søren Kierkegaard? Enten-Eller può essere necessariamente musicale? Tu, Giovanni, dici di rispettare la musica. Lei rispetta te? O è una domanda idiota, questa che ti faccio?
“E per questo porto sempre con me qualche foglietto pentagrammato, per non farmi trovare impreparato alle sue carezze.” – anche a me succede, e anch’io, come te, ricorro ora alla memoria artificiale. Panta rhei! Il fine giustifica la memoria di massa! It’s a soft, necessarily hard, world!
“Considero l’ispirazione l’incontro mistico con le note…” – il magico luogo, direbbe Mircea Eliade, dove l’umano si unisce al sacro…
“La Musica… – dici – … non vuole avere padroni. Lei è.” – e tu sei con lei!
“È così da sempre, sono posseduto, non ho scampo. E ho rischiato tanto.” – non voglio riportare i tuoi conati avventurosi, ché basta leggerli: io li rovinerei tentando di narrarli.
“È capricciosa, la mia Strega!” – e tu ogni tanto falle dei minimi dispetti, così impara da te!
“Non si raggiungono mai grandi risultati se non si soffre un po’.” – no pain no gain, dice Arnold Schwarzenegger.
“Sono le persone, che con la loro presenza emotiva, rendono viva la musica…” – anche le bestioline, credo. Tu ti rapporti agli Altri, a Tutti, soprattutto grazie a Lei.
“Ma il segreto è non pensare…” – e poi spieghi meglio: “… anche non pensare”. È quell’anche che mi consente di capirti un po’.
“Il non pensare è legato a ogni tipo di ritualità, alla ripetizione di gesti o parole che aiutano…” – a sentirsi entangled, correlato con gli Altri, anche se sei, in quell’attimo, unico (ma non solo). Siamo tutti delle particelle, più o meno estese e durevoli, che bramano un’estrema condivisione.
“Passo ore e ore dei miei giorni a New York a trasformare qualunque cosa veda in musica.” – questo è il compito di tutti gli artisti-dentro a prescindere dal loro mezzo espressivo.
“Non sento più un Giovanni arrovellato e aggrovigliato su se stesso…” – c’è ancora, ma più non lo odi, né lo odii. Si tratta di due note differenti, eh!
“‘Fai il bravo’ bisbiglio accarezzando i tasti.” – bisogna voler bene agli amici, anche a quelli lignei.
“Un’idea…” – che è colei che ci insegue mentre noi le corriamo incontro – “…deve essere chiara e limpida, anche se apparentemente folle.” – come tu sei per Lei, la Tua Signora.
“Il Giovanni esecutore deve rendere conto al Giovanni compositore…” – siete in parecchi, vero?
“E pensare che non ho neanche la macchina!” – ti capisce il ventenne che è sempre in me e che deve aspettare il sé trentenne per capire che essa serve per andare da qui a là.
Per cui, un giorno, decide di adeguarsi alla bisogna.
“Mentre si suona, accade che il tempo sembri dilatarsi e rallentare…” – come accade a ogni ente, con la differenza che tu, musicista, hai l’orecchio fine a riguardo.
L’episodio che narri a pagina 155 de La musica in testa mi fa quasi tremare… Tirem innanz!
“Si ha paura del giudizio…” – è così, gran parte della scuola e della vita sono fondate su di esso più che sulla saggezza.
“Quando poi sento che il pubblico è lì non per giudicare ma per emozionarsi…” – che fortunato che sei! Ci pensi mai?
“Il giorno in cui ti accorgi che non sei tu che suoni il pianoforte ma è lui che suona attraverso di te, devi rivedere il concetto di errore.” – e chissà se non è stato un errore dirlo così, coram populo… sei un tipo ingenuo: mi piaci. Forse…
La Musica è una prigione, che ti dona la libertà.
La Musica è una libertà, che ti sa imprigionare.
Questa però la dovrò studiare per alcuni eoni: “Il panico è un dono.” – anche se ho capito che pensi a quel Dio a cui senz’altro s’ispirò J. M. Barrie col suo Peter Pan.
Una tua frase mi atterrisce: “Ma io, per la prima volta, finalmente, ho giudicato l’America” – statte accorto, guaglio’… Potrebbe essere un tranello!
“Credo che per me sia importante riuscire a farmi vuoto e trovare rifugio in esso, prima di ogni esecuzione.” – ancora quel verbo, pregare, da cui è arduo svincolarsi.
“Adoro il pianoforte: perché sublima la mia imperfezione.”: il discontinuo anelito che, in ogni attimo, ti reca innanzi.
Nelle ultime righe parli della tua Fede. Per me è importante quella degli Altri (essendo la mia ridotta a Speranza). Ti ringrazio, caro: d’ora in poi con-fiderò in te!
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Giovanni Allevi, La musica in testa, Rizzoli, 2008