“Il fiato lungo delle cose” di Nadia Alberici: la postfazione di Silvano Negretto

“Dicono che fosse lì la vita/ Versando lei passi corti/ Fra le pietre, il fazzoletto legato dietro alla testa/ e la vestaglia a fiori tra polvere e malgasci// […]” ‒ “Tutto in ogni filo” tratto da “Il fiato lungo delle cose”

Il fiato lungo delle cose Nadia Alberici Silvano Negretto
Il fiato lungo delle cose Nadia Alberici Silvano Negretto

“Il fiato lungo delle cose”, edito nel 2024 dalla casa editrice mantovana Negretto Editore, è la quarta raccolta poetica di Nadia Alberici.

L’esordio nel mondo letterario risale al 2015 con “Terre incolte”, pubblicata da Gilgamesh Edizioni, a cui fanno seguito nel 2018 “Mi prende d’amore una forma” in coedizione tra Negretto Editore e Gilgamesh Edizioni e “Cuciture” pubblicata nel 2019 dalla Fondazione Ponchiroli di Viadana in un numero limitato di copie.

Come nelle precedenti pubblicazioni, nelle liriche di Nadia Alberici si coglie la necessità di esplorare l’istante vivo del verso nel suo palesarsi in frammenti, visioni, connessioni.

“Porgimi suoni e voci/ Una peluria di luce mi ha acceso/ oscilla e vibra al vento/ Sgrondo linguaggi che deturpano i visi// […]” ‒ “Il mio becco è vuoto”

Per gentile concessione dell’editore vi presentiamo in anteprima la postfazione di Silvano Negretto intitolata “Il mistero dell’indicibile. Mondo e linguaggio”.

Postfazione del volume “Il fiato lungo delle cose”

“… trasmettere la vita di bocca in bocca,/ difendere l’albero come fosse un uomo/ e difendere l’uomo come fosse un pianeta// (…) e difenderlo con onomatopee,/ con sillabe, parole./ Parole nient’altro, gemiti, lamenti./ Che mestiere, fratello, che impresa.” ‒ Francisca Aguirre

Il poeta non può limitarsi a raccontare o riprodurre i presunti segreti del dato reale, ma deve evidenziarne le tensioni e le contraddizioni. La poesia di Nadia non ha finalità morali, non si cura di lasciare messaggi di tipo etico o politico, vuole solo “dire la verità” (la propria): una verità adeguata alla vita, che diventi uno strumento di conoscenza riproducibile nell’esperienza concreta di tutti noi.

Le immagini suggestive, quasi sempre ineditedi cui Nadia felicemente si avvale, nascono proprio da questo sguardo che cerca l’altrove, e che sperimenta il dolce naufragio – di leopardiana memoria – di ogni parola comune, ovvero del banale ripetitivo ambito della comunicazione intersoggettiva o sociale quotidiana.

Natura e memoria

Qui abbiamo una costante nella poesia di Alberici: con i diversi elementi naturali il poeta scambia pensieri ed emozioni, come in un gioco di specchi e di fusioni o discrete comprensive opposizioni.

La natura è pur sempre compresa in relazioni umane, che risvegliano e consolidano la memoria di lontane esperienze.  (“La vita avidamente”piega e ripiega fasci d’erbe/ carpito l’impossibile/ radice contadina/ di frugare in terra/ e soddisfare/ e impregnare d’acqua e tramonti/ tue nicchie/ e diaframmi/ sfamando ore tra i colori)

“Osmosi” “Non sono scultura/ Eppure ogni momento vengo scolpita/ Come burro/ Uno scegliersi, sciogliersi/ Tra me e la vita”

Poetica

“Il concetto di silenzio si svela come detentore di verità, condizione essenziale per esprimersi, e preparare a un luogo colmo di rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato. […] A seguire, strettamente connesso al silenzio, è il tempo, inteso come momento che scandisce la provvisorietà della vita; a volte, invece, si fa dimensione parallela che scorre accanto a quella reale. […] I temi che la poetessa prende in considerazione paiono interrogativi, non certezze, ma proposte attraverso cui recuperare la percezione dell’io nascosta fra le pieghe delle parole.”

Così scriveva Carolina Colombi, su Oubliette Magazine, in una bella approfondita recensione alla seconda pubblicazione di Nadia Alberici “Mi prende d’amore una forma”.

Dal senso di smarrimento, dalle frequenti inattese esitazioni, l’autrice mostra sempre di riprendersi, lasciando scorrere i suoi fantasmi, i suoi sogni o incubi, o speranze, per far emergere con dolce equilibrio le verità sommerse.

Rispetto alle tre precedenti raccolte pubblicate da due diverse case editrici e da una Fondazione culturale, ora Nadia mi sembra collocarsi ad una più giusta distanza rispetto alle stesse sue parole: sembra contemplarle come oggetti scultorei a lungo elaborati, che si possono perennemente ritoccare o perfezionare, mai sostanzialmente trasformare.

Sensibilità femminile

La separazione tra il maschile e il femminile ‒ anche se può essere rifiutata in letteratura- ha senso se le parole sono strumenti del tutto speciali, che ‒ da sempre, fino ad ora- sono servite per esprimere un solo punto di vista, quello dell’uomo e non della donna. Questo tema è secondario, ma compare con evidenza in alcune liriche: Rifacevo” “… Vedi? Rifacevo/ Come si fa il pane con lenta lievitazione/ L’origine il mio punto di riferimento/ E tu volevi che io fossi la guglia/ che stava nei tuoi pensieri.”

“Disumano”: Sappiamo quali sono le prime avvisaglie: gli uomini forti/ Le teste imbottite di idee maleodoranti! La difesa del potere”

Il linguaggio è sempre misurato, e tuttavia ricercato (in senso positivo, come frutto di una prolungato paziente studio e dialogo con grandi autori contemporanei molto amati, quali A. Rosselli, M. Gualtieri, S. Raimondi, P. Hruska…)

Si ascolti il verso di Montale: “un niente che è tutto” …  Una poesia vera è sintesi di parole meditate, di sapiente uso del lingaggio: un articolo (“un” invece di “il”) lascia spazio all’immaginazione di un lettore giustamente esigente. Un testo privo di queste componenti non può che annoiarci.

Stile

Quella di Nadia è una voce insolita, come deve essere la poesia: unica o diversa, in oscillante sicuro equilibrio tra le sempre nuove vicende dell’esperienza spesso crudeli ma sempre stupende. Una poesia che continua a crescere, non smette di ramificarsi nella ricerca paziente delle infinite trame del mondo e della vita, per fluire poi inarrestabile e dare al lettore la sensazione che la salvezza non sia irraggiungibile.

Le piante e gli animali non scrivono poesie, non ne hanno bisogno. Gli esseri umani a volte sì, devono. Queste liriche nascono dalla profondità della passione e dal bisogno di Nadia di stupirsi, di fronte a se stessa in quanto essere-nel-mondo.

Il mondo di Nadia è nelle parole, che ‒ come lei stessa dice ‒ nascono da un bisogno interiore di lunga data. Mondo e linguaggio coincidono: il lettore avveduto lo avverte, se prova seriamente ad entrare nella varietà e molteplicità dei toni, a volte sommessi, a volte allegri o anche gridati, mai banalmente.

Poesia e filosofia  

Nadia Alberici citazioni il fiato
Nadia Alberici citazioni il fiato

“Buco questa tela, che era alla base di tutte le arti, ed ecco che ho creato una dimensione infinita… Un buco che per me è la base di tutta l’arte contemporanea” (Lucio Fontana): questa emblematica definizione della pittura vale ‒ io credo ‒ anche per la poesia contemporanea.

Anche i versi di Nadia Alberici ‒ come i tagli sulla tela di Fontana ‒ aprono ad uno spazio nero, sondano l’origine e il destino del cosmo, il vuoto e la materia, il nulla e l’infinito: uno spazio psicologico e filosofico allo stesso tempo.

Il percorso di riflessione e di studio è pluridecennale; e in questi ultimi anni si è concentrata sul linguaggio, che si presenta ora asciutto, vario e originale, concedendo pochissimo spazio a esperienze autobiografiche.

L’uso di figure retoriche non è didascalico né forzato: l’Autrice riesce a raggiungere quella sintesi di esperienza vissuta e di controllo della razionalità cosciente, che i filosofi dell’arte poetica – da Aristotele a Kant – individuarono come condizione necessaria di una poesia che ambisca ad essere “universale”.

Lo sguardo del poeta è del tutto interiore, e la suggestione dei suoi versi sta nell’allusione a un “altrove” che solo nel silenzio – fuori da quel mondo comunicativo “commerciale” che Heidegger chiamava “la chiacchiera” – può cominciare a svelarsi come Verità.

“Riflessi”: “… La fretta di adeguarci ai dettati/ e cancellare/ quello che ancora non siamo diventati”

Per grandi pensatori come Heidegger e Lévinas, è il mistero dell’indicibile che costituisce l’obiettivo proprio della filosofia come della poesia: e il silenzio vissuto in solitudine ‒ se questa non è isolamento ‒ è la condizione necessaria per un cammin letterario convincente. Se mancasse il silenzio, la poesia si ridurrebbe a un divertente quanto inutile gioco.

In conclusione, riprendo volentieri le parole che la citata Carolina Colombi aveva usato nel 2018:

Capace di sciogliere in versi il proprio universo emotivo con particolari costrutti e virtuosismi, la poetessa Nadia Alberici confeziona con voce sincera un prodotto di elevata qualità culturale. Il tutto, espressione di una penna raffinata che si consuma in un’apoteosi poetica di ingente caratura.”

 

Info

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Leggi la recensione di Carolina Colombi

 

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