“Chirú” di Michela Murgia: un capolavoro poco conosciuto

“Chirú” non è il romanzo più famoso di Michela Murgia. Ma è il più penetrante. Il più fastidioso. Si insinua nelle ferite, le riporta fuori e ci butta il sale su, in una tensione crescente che culmina nelle ultime pagine.

Chirú di Michela Murgia
Chirú di Michela Murgia

“Chirú” ti fa arrabbiare, ti fa storcere il naso e ti fa imprecare perché è la storia di un potenziale sprecato, di una donna martire di se stessa, vittima della società. Una società che lei ha odiato, ha ribaltato, ha schernito ma alla fine ha mantenuto nel suo più caldo abbraccio.

All’inizio del romanzo si ha l’impressione di parteggiare per la protagonista, con la quale si entra in empatia per il dolore delle solitudini vissute, ma poi con l’andare della narrazione, ci si rende sempre più conto che la posizione presa è al dir poco soffocante.

Non si può parteggiare per Eleonora, perché è un’ipocrita. Ma lei ti entra dentro, quasi come Zeno di Svevo, e ti ferisce nel punto in cui sei più vulnerabile: percorre tutte le leggerezze, le debolezze e le superficialità di un essere umano, ergendosi sopra agli altri ma non avendo il coraggio di seguire davvero l’istinto, di essere davvero se stessa.

Il tema della maschera pirandelliana qui è particolarmente presente e accentuato, soprattutto quando si parla della società della Roma bene, quella delle feste nei palazzi seicenteschi con registi e direttori d’opera. Una società ingabbiata in convenevoli stucchevoli, per cui l’arte non è flusso di coscienza ma strumento per appartenere ad un’élite. E chi fa parte del giro non può concedersi passi falsi, ma deve sempre rimanere fedele alla propria apparenza.

La trama è molto semplice: si basa sul legame tra un’insegnante di recitazione e un suo allievo appena maggiorenne. Viene descritta la nascita, evoluzione e morte del loro rapporto. Lui ha appena diciotto anni, lei ne ha quaranta. Le loro esistenze sembrano distanti e prive di punti di contatto, eppure Eleonora si impone subito come mentore del ragazzo. Per lei non è la prima volta: in passato ha già avuto tre discepoli, due dei quali sono riusciti a raggiungere grande successo.

Eleonora offre a Chirú tutta la sua conoscenza, sia a livello sociale, che culturale e personale. Cerca di ritrovare, attraverso di lui, lo stupore di chi vive tutto per la prima volta. Chirú, nonostante la sua giovane età e la mancanza di innocenza, assorbe ogni insegnamento in modo implacabile. Ma la forza del romanzo non sta nei grandi avvenimenti, che sembrano quasi secondari, quanto nella componente emotiva e psicologica, che si rivela nei dettagli. Michela Murgia traduce i sentimenti in aggettivi specifici o in piccoli gesti. Sono le mani posate sulle tazzine o gli sguardi rivolti al tramonto a dirci ciò che accade davvero.

Il romanzo non è intriso d’azione, scorre placido come un fiume in estate. Quasi si ha l’impressione che le parole fluiscano all’interno della mente senza accorgersene. È un’opera che non fa rumore, che però trafigge, soprattutto quando si affrontano tematiche dure da inghiottire come la mediocrità o l’arrendevolezza alle regole della società. Entrambe hanno un sapore amaro, di sconfitta e consapevolezza di non aver avuto abbastanza coraggio.

“Chirú” narra la storia di un’eccezione e dell’eccezionalità, ma termina nel modo peggiore: assoggettandosi alla normalità.

“Chirú” è un romanzo sulla scelta. T’insegna che ogni singolo assenso o dissenso porta il treno su cui stai viaggiando su un binario diverso. E la cosa peggiore è che non si può più cambiare direzione, perché ciò che è perduto, lo è per sempre. Ma questa è anche la cosa migliore, perché implica che si è vivi, che la vita sta andando, che il destino è uno. E allora “Chirú” ti insegna a non voltarti indietro, al massimo ti concede di poter sbirciare. Ma rivela anche il peso dell’influenza che le persone incontrate hanno sul tuo destino. Ognuna di loro, in un modo flebile o graffiante, prende una parte di te e non te la restituisce più. E quelli a rimanere in piedi non sono i ricordi, bensì i riti. Sono i riti infatti il vero collante tra due anime: “Un rito è un segnale di riconoscimento reciproco. Serve a dire: tu sei mio, io sono tuo e il modo in cui lo siamo è unico al mondo.”[1]

Così la Murgia ci svela il segreto dei legami più profondi e lo trova nei dettagli, in quello che gli altri avrebbero giudicato come “sciocchezze” o “superficialità”. I rapporti non esistono solo per etichette o sentimenti, ma vivono soprattutto per le abitudini correlate. L’amore in questo romanzo viene visto sotto due punti di vista differenti, opposti ma complementari: da un lato come una componente banale della vita, ennesima tappa di un percorso obbligato; dall’altra viene descritto come un cancro, capace di rincorrerti, raggiungerti, entrarti dentro e invaderti, nonché ragione per cui mettere in dubbio improvvisamente ogni cosa.

In realtà i due amori non sono neanche opposti ma conseguenti: l’uno o l’altro si susseguono, non importa in che ordine, ma sono presenti e vividi nel percorso di vita di tutti. L’amore muove le cose ma le immobilizza anche, rendendo l’esistenza quieta o movimentata a seconda della sua tipologia. Un legame fuori dal comune implica un amore pazzesco e magico; un legame ordinario implica un amore maturo, mediocre ma serenamente rassicurante. Entrambi presentano dei riti, come garanzia assoluta di sentimento e unione.

Ed è proprio un rito che regala il nome al romanzo. Infatti il protagonista non si chiama “Chirú” ma è un soprannome che Eleonora attribuisce al suo allievo. Il significato in sardo è “maledetto ragazzino”, ed è proprio questo modo particolare di chiamarlo che sancisce il legame fra i due.

Chirú è un protagonista un po’ anomalo poiché non prende mai la parola, ma ci viene sempre raccontato attraverso gli occhi e i pregiudizi della narratrice, in modo passivo. Tutto ciò che sappiamo di lui è filtrato, al punto da sembrare quasi un personaggio secondario del romanzo. L’intera narrazione, difatti, si concentra sui pensieri e sui traumi di Eleonora, che è irresistibilmente attratta da Chirú ma che lotta con tutta se stessa per non esserlo. Così il ragazzo appare quasi come un nemico, o, a tratti, come una pena da scontare per un misfatto accaduto in passato.

Michela Murgia citazioni
Michela Murgia citazioni

Poi, con lo scorrere della storia, Chirú prende sempre più il sopravvento. Il completo ribaltamento avviene al culmine del romanzo, quando la passività di Chirú diventa attività. Il ragazzo domina persino sull’interiorità di Eleonora, la quale viene disturbata dal cambiamento del giovane, al punto da mettere in dubbio nuovamente le sue scelte. L’apparenza tanto perseguita dall’attrice e tanto criticata dall’allievo, diventa territorio di combattimento per le ambizioni di lui. La sua vendetta è compiuta: si è trasformato in tutto ciò che lei gli ha sempre insegnato senza poterlo più possedere né controllare.

La verità è che, forse, non è stata mai lei a scegliere lui, bensì il contrario. Chirú ha manipolato ardentemente la psiche di Eleonora, trascinandola in un punto di non ritorno, cambiando completamente le sorti di entrambi.

La Murgia con Chirú scrive un capolavoro poco conosciuto, che affronta tematiche scomode, difficili da ammettere persino a se stessi. Scava nei meandri di un animo ferito e riporta alla luce la fame di vita, la fame di entusiasmo. Riaccende la vitalità, ripercorre le tappe infime della manipolazione, riscrive i traumi, getta sale sulle ferite e si immedesima nei sorrisi di un giovane 18enne, neofita della vita.

 

Written by Ilenia Sicignano

 

Note

[1] Michela Murgia, Chirú, Torino, Einaudi, 2015, p.44

 

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