“Tutte le poesie” di Stéphane Mallarmé: ho amato un sogno?
Lessi la raccolta completa de “Tutte le poesie” di Étienne detto Stéphane Mallarmé poco dopo de Le fleurs du Mal di Charles Baudelaire, e subito prima la raccolta parziale delle Poesie di Paul Verlaine e quella complessiva di Arthur Rimbaud.
Non capii e non apprezzai a sufficienza nessuno dei quattro tomi. Avevo appena compiuto diciassette anni, essendo coetaneo e compagno di studi e di pensieri del mio amico Arthur. Charles mi parve ripetitivo e pesante, anche a causa della traduzione geniale e problematica di Luigi De Nardis; Étienne detto Stéphane era, davvero!, troppo leggero e poco significante; Paul, era sì assai fine ma un po’ deboluccio. Che beata ignoranza, la mia!
Arthur mi cambiò la vita, mi mutò gli indumenti, ma non riuscì a maturarmi. Eravamo entrambi troppo giovincelli. Fu un cattivo maestro, uno di quelli che ti incitano a bigiare la scuola. Intanto andavo ripetendomi, più volte al dì, il seguente, infernale mantra: Assez vu… Assez connu… Assez eu…! Qualche anno più tardi integrai la prece col fantomatico grido: Je est un autre!
Meno di mezzo secolo dopo lessi per la prima volta il testo in francese delle quattro opere. Toccò prima ad Arthur, poi a Charles, poi a Paul e ora al (da me) più che negletto Stéphane Mallarmé. Dopo un paio di migliaia di libri letti, non so quanto, qualcosa in più capii… Cosa? Boh! A circa trent’anni sollevai (fu un’unica ripetizione) 120 chiletti di bilanciere in panca piana. Ora mi alleno con 60 chili (6-8 ripetizioni, a volte 5-6). L’uomo cresce e decresce a seconda di come tira il vento, la sclerosi e l’acido lattico. E tutto il Kósmos annesso.
Morale della fandonia: mi sono sempre più infervorato per lo Sposo infernale (Rimbaud), ma anche per la Vergine folle (Paul), ma pure per lo Spleenizzato Charles, e, altresì e testé, per il Lievissimo Stéphane Mallarmé.
Mentre lo stavo rileggendo mi atterrivo al pensiero di che cosa ne avrei scritto, sapendo il mio proponimento, che sto mantenendo da circa sei anni, di scrivere una reazione a tutto quanto vado ingoiando letteralmente. Questo è il motivo per cui tardo a leggere un libro di Bruno Vespa e due di Emilio Fede che stazionano da oltre un decennio in garage.
Attualmente sto leggendo anche Zorba il greco di Nikos Kazantzakis. E che c’entra questo? Quel savio artrosico di Zorba mi sta salvando la vita, la quale è la prima, esistenzialissima funzione di un libro. Cioè, o te la salva o t’accide ‘a salute, facendoti fuori. A pagina 163 di quel greco tomo lessi ieri che l’io narrante era tornato a rileggere Étienne detto Stéphane, che gli fa dire: “Per la prima volta in vita mia, quelle pagine mi sembravano esangui…” continuando poi la sua reazione che dura svariate righe, che non ci penso per nulla a riportare. No… Non va bene. Devo ricominciare…
Avevo l’età del poeta Rimbaud quando scoprii l’esistenza dei poeti simbolisti francesi. Lessi prima Arthur, poi Paul Verlaine e infine, simplex ac complex in fundo, Étienne detto Stéphane Mallarmé, e le sue strambe e strombate poesie. O fu il contrario: prima Étienne detto Stéphane, poi Arthur, poi Paul? Chi si ricorda! Allora non c’era mica excell!
Il commento, scritto da me a matita a pagina 3, fu, a quel tempo, così sintetizzato:letto male. E capito pegio (questa seconda parte la tenni per me). Lo sposo infernale Arthur mi scombussolò. Il vergine folle Paul lo lessi per tentare di capire almeno un po’ il suo con-sorte. Ma che ci faceva il baffuto e quieto Stéphane Mallarmé in mezzo a quei due loschi figuri?
E la domanda diventa cogente: oggi, come sono messo?
In un file di excell memorizzo da anni i libri letti. Rivengo in esso quello di Arthur e quello di Paul. In un quaderno scassato dagli anni e dalle mie interperanze, avevo scritto i titoli letti fino a una certa data. Rinvengo (nel 1975) sia il libro di Arthur che quello di Paul. In entrambi manca quello di Étienne detto Stéphane. Eppure giuro che lo lessi, tanto che poi mi sentii sollevato quando arrivai all’ultima, assurda poesia su quel colpo di dadi che non abolirà, a detta di Étienne detto Stéphane, il caso.
Controllo su zio Google la voce dedicata al poeta più simbolista che c’è mai stato. Sì, è lui! Ricordo la sua faccia buonina, il suo vispo pizzetto e i suoi sonori baffoni. M’era stato simpatico da subito, ricordo, ben più di quei due ribaldi, nonché di Charles, che avevo letto un mesetto prima. Ma dove la vidi, quella ghigna? Allora non c’erano zii telematici! Mistero su mistero…
“O faunes ivres dans la mousse” – “o fauni ebbri nel muschio”, leggo in Soleil d’hiver, Sole d’inverno.
Sottolineo, non ricordo ora perché, per otto volte, alcuni versi.
La nona volta tocca a: “Exclus-en si tu commences/ Le réel parce que vil/ Le sens trop précis rature/ Ta vague littérature.” – “escludine se cominci/ il reale perché vile,/ il senso troppo preciso snatura/ la tua vaga letteratura.”
Dove va essa vagando? Se comincio a far che? Qual è il senso che svilisce la natura?
Quando è attestato l’evento, la circostanza, per cui occorre scrivere Vers de circostance?, Versi di circostanza? Che ne direbbe a proposito il fisico Niels Bohr?
“Lettre, va, le plus tôt c’est/ Le mieux sans que l’on t’égare” – “Lettera, va, più presto che puoi/ senza farti sviare” – manco dal ricordo dell’apostrofo appeso all’appendiabiti, né da altro, né da altri. Io feci il postino da lì a quattro anni. Fu un caso?
Se ne possono scrivere anche CXXXI di ‘ste mirabili e scintillanti poesiuole. E di centinaia e centinaia (di migliaia) d’altre.
Serve solo cambiare il titolo della raccolta: Les loisirs de la poste, Gli ozi della posta; Eventails, Ventagli, che assurgono a eventi; Offrandes à divers du Faune, Offerte a diversi del Fauno; Photographies, Fotografie; Dons de fruits glacés au nouvel an, Doni di frutti canditi per il nuovo anno; Autres dons de nouvel an, Atri doni del nuovo anno; Oeufs de Paques, forse con la â?, Uova di Pasqua; Fétes et anniversaires, Feste e anniversari; Albums, Album; Dédicaces, autographes, envois divers, Dediche, autografi, invii diversi; Théâtre de Valvins, Teatro di Valvins; e… di tutto e di più!
“Sans autre souhait de perruche/ Tiens, pour ta fête cette ruche.” – “Senza altro augurio da pappagallo/ tieni, per la tua festa quest’arnia.” – che ti potrebbe andare a fagiuolo un bel dì.
Come spesso accade, nelle traduzioni cascano le maiuscole sul pavimento.
Caro il mio Stéphane detto in prima battuta Étienne, tutte ‘ste Dedicaces, Autographes, envois divers – Dediche, autografi, inviti diversi – non interessano alcuno se non colui che offre la propria anima al loro suono: me, oggi più che ieri, e spero meno di domani.
“Amusez vous de Conte Arabe/ Moi, me voici devenu crabe” – “Divertitevi col Racconto Arabo/ io, eccomi divenuto buffone.”
Nella vita ci vuol poco perché, come la scienza. anch’essa paia gaia (e vibrante!).
“Alice Lavigne, ô grappe folle! est la vigne/ Qui nos fait oublier Casimir Delavigne.” – “Alice Lavigne, o grappolo folle! è la vigna/ che ci fa dimenticare Casimiro Delavigne.”
Ed è un po’ che non lo vedo in giro, in verità!
“J’ai mal à la dent/ D’être décadent!” – “Mi fa male al dente/ essere decadente!” – e non c’è odontoiatra che tenga, in ‘sti casi!
Lo sai, Stéphane Étienne, cosa penso di te? Tu sei un gran… “Laniquolacheur” – uno “sbeffeggiatore” – comunque ti chiami o ti rigiri il nome!
Per cui af-fermi (la particella, nell’attestarla): “Tant mieux si la mer affame/ la parfaite bonne femme.” – “Tanto meglio se il mare affama/ la perfetta buona dama.” – che, tanto, ogni volta galleggia… anzi: gallineggia!
Un coup de dés jamais n’abolira le hasard – Un colpo di dadi non abolirà mai il caso.
Né leverà di mezzo il traduttore, l’aggraziato e disgraziato Massimo Grillandi, che ogn’ora ti scompaginerà la poesia, rivoltandola continuamente, deviandone il corso, ex-agerandola oltre le più ardite golene, sconvolgendola facendosi coinvolgere, riempiendone i vuoti, svuotandone i pieni, ritardandoti e anticipandoti gli appuntamenti, alla ricerca di quel proustiano tempo che tenta d’ordinare l’abissale Kaos, d’entropizzare il lindo Kósmos, d’attrarre gli sdegnati opposti, d’allontanare i lievi afflati, di dare il ritmo al silenzio, di tacitare il frastuono, di cogliere l’incoglibile, di gettare nell’immondo mucchio l’essenziale, di salutare chi è per sempre disperso, di salvare chi è irrimediabilmente perduto.
E il poeta non lo è mai, smarrito da sé, né chi lo legge, semmai è in sé inabissato, sommerso, nonché convinto dell’altrui immortalità che svicola tenendola a braccetto con la propria.
E Herodiade, Erodiade?
E L’apres-midi d’un faune, Pomeriggio di un fauno?
Ma tu mi vuoi vedere scomparso oppure sopravvissuto a tanta casta e incastonata bellezza, quest’erotico afrore, a ‘sto selvaggio servaggio, così colmo di ingrigiti colori, d’assordanti quieti, di frenetiche pause, di taciti rumori?
In una delle prossime due vite, te ne dirò fin troppo! Finché non mi verrai a tacitar con ‘na mazza!
“Elle a chanté, parfois incohérente, signe/ Lamentable!…” – “Ella ha cantato, a volte incoerente, segno/lamentevole!…”.
E io non potevo che tendere l’orecchio, annullato da tant’ignoto disperarsi.
“… Aimai-je un reve?” – “… Ho amato un sogno?” – e chi lo sa più, ora che è occorso?
La particella è tornata alla sua funzione d’onda, d’ombra…
Questo m’è ora rimasto… che, senza scordarlo, son riuscito, pur con greve fatica, a dimenticarlo!
Ma sempre ti rimembrerò, Stéphane Mallarmé!
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Stéphane Mallarmé, Tutte le poesie, Newton Compton Editore, 1974