“Julieta” film di Pedro Almodóvar: il difficile rapporto tra madre e figlia
“Il film inizia con il primo piano di un tessuto rosso, che ben presto scopriamo avere il battito di un cuore, il battito di Julieta…” ‒ Pedro Almodóvar
Ispirato a tre brevi racconti della scrittrice Alice Munro, condensati in un’unica narrazione, il film Julieta, realizzato dal regista spagnolo Pedro Almodóvar nel 2016, rappresenta simbolicamente un viaggio interiore nella vita della protagonista, Julieta, per l’appunto. Che attraverso una sorta di confessione racconta e si racconta, indagando sul rapporto conflittuale con la propria figlia.
Insegnante di circa cinquant’anni, Julieta (Emma Suarez), in compagnia di Lorenzo suo attuale compagno è prossima a trasferirsi dalla Spagna al Portogallo. A conferma delle sue intenzioni è il disordine presente nella sua abitazione: scatole e scatoloni che ingombrano la sua casa in procinto di essere abbandonata. Abitazione in cui in passato ha vissuto con Antia sua figlia (Priscilla Delgado).
Scomparsa a soli 18 anni prima per raggiungere i Pirenei, Antia ha lasciato un vuoto profondo nella vita e nel cuore di Julieta, che in anni di sofferenza non è riuscita a colmare. Perché forse, si dice la donna, non è stata la madre che la figlia avrebbe desiderato avere.
Perennemente in attesa del ritorno di Antia, come il padre di biblica memoria che ha aspettato a lungo il ritorno del figliol prodigo, Julieta aspetta un segno, una qualsiasi cosa che le annunci il ritorno della giovane. Anche perché la sua assenza pesa su di lei come un macigno.
La causa principale dell’allontanamento di Antia è la morte di Xoan (Daniel Grao), suo padre e marito di Julieta, perito in mare in seguito ad una tempesta. Morte, che ha provocato un forte risentimento nella figlia nei confronti della madre, incolpata del drammatico episodio.
Il film rappresenta un viaggio interiore di Julieta, quasi un viaggio indietro nel tempo, attraverso uno scritto indirizzato alla figlia per cercare di capire lì dove ha sbagliato. Se errori ci sono stati, ovviamente.
Separate dal dolore della perdita, anziché trovarsi unite, le due sono adesso sconosciute. Tuttavia, l’affetto viscerale della madre nutrito per la figlia, non l’ha mai abbandonata, così come non l’ha mai abbandonata la speranza di un suo ritorno.
Sarà un incontro del tutto fortuito con Beatriz (Michelle Jenner), amica di Antia, a determinare una svolta epocale nella vita di Julieta; che dopo aver saputo che la figlia è viva, seppur residente in altro paese, decide di restare a Madrid e abbandonare l’idea del trasferimento in Portogallo.
Decide quindi di scrivere alla figlia, partecipandola delle vicende legate al passato di cui Antia non è mai venuta a conoscenza.
L’incontro di Julieta e Beatriz è dunque quel segnale atteso da tempo, secondo Julieta, un segno del destino, che nella narrazione filmica assume il ruolo anch’esso di soggetto. In quanto la donna si sente vittima del destino, costretta ad espiare una colpa, che per la verità non ha commesso.
Dunque, nessun delitto per Julieta e perciò nessuna espiazione da scontare. Eppure, la donna non può fare a meno di sentirsi in torto anche per un episodio legato al suo passato: non ha evitato che uno sconosciuto incontrato in treno si suicidasse. Colpa di cui, anche in questo caso si sente responsabile, e che inevitabilmente sente su di sé.
Narrazione incentrata sul concetto di colpa, focus su cui si concentra la narrazione, non è sublimata nemmeno dalla presenza di Lorenzo.
Racconto dai toni malinconici, che si alterna fra passato e presente, con una Julieta giovane (Adriana Ugarte) che si alterna alla donna matura (Emma Suarez) vittima di un difficile presente.
Adombrata da colpe che non le permettono di godere delle piccole gioie che la vita le offre attraverso la persona di Lorenzo.
Descritta quindi dal regista come una donna aliena dal suo presente, Julieta si avverte impossibilitata a sfuggire al destino maligno che sembra perseguitarla. In lei sembra essere assente il desiderio di vita, così votata ad aspettare il ritorno della figlia, o almeno ricevere una qualsiasi notizia che le dia la speranza di poterla riabbracciare.
Quello portato davanti alla macchina da presa da Almodóvar è un ritratto femminile senza luce, di una donna che non riesce a perdonare se stessa. In realtà è solo una donna che si può considerare un’eroina della quotidianità, in cui è la presenza della figlia a determinare se essere felice oppure no.
“La seconda immagine è quella di una scultura con la consistenza e il colore della terracotta. Rappresenta un uomo nudo seduto. Julieta colloca la scultura in una scatola di cartone, la avvolge con cura, come un bambino che viene vestito dalla madre…”
Julieta non è un film spettacolare con effetti scenografici grandiosi. Julieta è un film dall’esposizione secca, essenziale, con sequenze scarne che tanto somigliano alla vita vera, crude e nude come spesso è l’esistenza stessa. Non è una pellicola dagli effetti cinematografici straordinari. Semmai la scenografia è scarna, come scarna è la rappresentazione di un Mediterraneo dall’aria spoglia e mesta. Non c’è nulla di sontuoso in Julieta per sublimare il dolore di una madre in cerca di una figlia che ha scelto un altrove, un luogo nuovo e sconosciuto dove poter vivere il suo presente.
Tuttavia, anche le immagini scarne e asciutte talvolta possono essere significative al pari di effetti scenici spettacolari. E in questo caso il risultato è coinvolgente, nonostante il ritmo della pellicola sia piuttosto lento e misurato.
Accompagnato dalle musiche di Alberto Iglesias, il film è stata apprezzato sia dalla critica come dal pubblico con numerosi riconoscimenti.
“Con Julieta sono tornato a esplorare l’universo femminile. Il cast del film è composto principalmente da donne e uno dei rischi che mi sono preso è stato quello di far interpretare Julieta da due diverse attrici…. Mentre altri personaggi rimangono impersonati dalle stesse attrici, come ad esempio Ava, portata in scena da Inma Cuesta.” ‒ Pedro Almodóvar
Written by Carolina Colombi