Vincitori e finalisti del Contest Letterario “The Mistral Came ‒ seconda edizione”

“Il genio quando nasce,/ nessuno lo riconosce./ Al contrario avviene,/ quando si ricordano i suoi giorni.// Rimane la scomparsa a far comprendere sempre/ ciò che si è perso.” ‒ “Battiato”

Contest The Mistral Came - seconda edizione
Contest The Mistral Came – seconda edizione

Si è conclusa il 9 giugno 2024 a mezzanotte la possibilità di partecipare al Contest letterario di poesia e racconto breve “The Mistral Came ‒ seconda edizione” promosso da Oubliette Magazine, dall’autore Samuel Fernando Pezzolato e dalla casa editrice Edizioni DrawUp.

La giuria del contest (Alessia Mocci, Stefano Pioli, Carolina Colombi, Antonietta Fragnito, Rebecca Mais, Samuel Fernando Pezzolato e Franco Carta) ha decretato i 14 finalisti dai quali sono stati selezionati due vincitori per ognuna delle categorie in gara.

Il premio per ciascuno dei vincitori consiste nell’invio di una copia della seconda edizione della silloge poetica “È giunto il maestrale ‒ The Mistral Came” di Samuel Fernando Pezzolato edito nel 2024 da Edizioni DrawUp.

Oggi, vi presentiamo tutti i finalisti ed i quattro vincitori ex aequo del Contest (due per ogni sezione).

Tutte le opere partecipanti al Contest “The Mistral Came ‒ seconda edizione” possono essere lette cliccando QUI.

FINALISTI “The Mistral Came ‒ seconda edizione”

Sezione A (poesia)

Sandra Ludovici con “Poesia”

Rosella Bucari con “La notte”

Michele Pochiero con “Mistral”

Milena Musu con “Il silenzio”

Daniela Giorgini con “Ho girato e rigirato”

Maria Anna Martino con “Il cacciatore di anime”

Vincenzo Giusepponi con “La Madonnina che prega”

Sezione B (racconto breve)

Marco Leonardi con “Il dono”

Emanuele Quindici con “Zenone e l’arte della guida della motocicletta”

Annalisa Scialpi con “Bagaglio unico”

Pietro Rainero con “Gallerie”

Lucilla Vezzi con “Spiragli”

Piero Pullini con “Non possiamo sfuggire ai nostri peccati”

Chiara Sardelli con “Un libro senza titolo”

 

OPERE VINCITRICI “The Mistral Came ‒ seconda edizione”

Sezione A (poesia)

Milena Musu con “Il silenzio”

Il silenzio,
silenzio bugiardo che infine è urlo.
Il silenzio di Saint-Pé-d’Ardet
disturbato dai corvi imperiali,
dal chiacchierare francese dei vacanzieri di Lourdes.

Poi lontane nuvole cariche di neve,
che sulla Spagna, silenziosamente scende.

Il silenzio degli alberi spogli,
il silenzio dei raggi di sole inclinati d’inverno
e questa terrazza che mi dice:
-Io sono casa tua.
Questo profilo d’orizzonte silente baciato dai rapaci
e da tutti gli azzurri
che hanno il nome del mio mare, mare chiassoso,
non qui.

La voce non rimbalza
dentro queste valli coronate di cime.
Il silenzio è fuori
e con il respiro colmo, diaframma contratto,
spegne frequenze che dentro non sapevo di avere.

E si ascolta questo silenzio gonfio di suoni dolcissimi:
il silenzio di edera rampicante,
il silenzio di tegole scure e case di pietra.

Un silenzio di tronchi e cortecce e rami
e case che schioccano
nei fermi scheletri di legno.
Silenzio di cani da guardia
dietro i cancelli e i muretti,
silenzio dei camini spenti:
presto sarà acceso il fuoco,
il Sole fugge verso la Val d’Aran
e non sarà più giorno.
L’inverno più caldo del mondo
mi abbraccia su questa terrazza.

Silenzio di partenze e arrivi
simultaneamente, silenzio
Silenzio e malinconici arrivederci, silenzio sospeso
tra alberi, campanili e monti.

Questo chiassoso silenzio di valli
assopito fino al ritorno,
esisterà in altre vite
-o sarà solo abbandono-
come saranno le case
alla fine del tempo?

Silenzio in sala,
silenzio del giorno dopo la festa,
silenzio di vino, che è finito,
e di stoviglie già lavate
e chiuse nella credenza di noce.
Silenzio d’après-midi
Cadenzato dalla cloche
Di una chiesa di Saint-Jacques
silenzio di conchiglie blu,
un moto ondoso che mi riporta al mare,
verso Compostela.

Troppo ricco il cuore
Di parole che non osiamo accostare, ed è silenzio.
 

Maria Anna Martino con “Il cacciatore di anime”

Lento e schivo rimane il tuo sguardo a scalfire
la tenera carne.
Celano le lame di ghiaccio dei tuoi occhi il fremente, impulsivo desiderio
di serrare il groviglio di fili del mio essere fragile,
pronto a succhiare ogni goccia pulsante
che irrefrenabile sgorga dalle mie emozioni.
Lucido, maniacale,
proteso a guidare anime perse nel tuo
covo di serpi e lussuria.
Premuroso padrone di casa,
impeccabile oste nella tana del lupo,
ambulacro senza più ritorno,
ricettacolo per donne stolte o forse
solo smarrite.
Maestro di gesti amorevoli e finti ideali.
Carnefice sotterraneo delle mie aurorali velleità.
Con l’eleganza della lince fiuti l’afrore dell’ingenuità e della paura.
Nascosto sotto umide foglie
intrise di menzogna e perbenismo
attendi cauto, paziente
di affondare con uno scatto gli aguzzi canini
su illusorie verità,
ormai ebbro della mia pudica innocenza
e velata sensualità.
La tua indole bieca e blasfema
opera millimetrica
pennellando carezze sul viso con una mano mentre l’altra
brandisce il pugnale e lo affonda nel petto
cesellando un disegno premeditato.
Predatore per scelta,
mai sazio abbastanza,
segui il sentiero che conduce alla fonte
che disseta dominio e possesso
su menti appannate da indomabili desideri.
Tieni ben ferma la preda,
compiaciuto, per brevi istanti satollo
lasciando che l’illusione di fuggire
possa condurre il gioco,
avvinghiando i tuoi abbracci in una morsa letale
su un corpo vivo di eterea purezza.
Vivo eppure inerme,
disarmato da un cieco inconsapevole fidare.
E con mani di velluto e artigli affilati
estirpi
da un cuore profuso di inganno
l’anima che vi alberga.

 

Sezione B (racconto breve)

Emanuele Quindici con “Zenone e l’arte della guida della motocicletta”

Un ottobre che sembrava già dicembre. Il sole che si scollava a fatica dall’orizzonte verso le dieci, dieci e quaranta, e spesso non erano le tre che già si incatramava dentro il profilo urbano della periferia. E quella settimana, poi, saranno stati cinque giorni che era sempre lunedì. Con queste premesse, Achille si era alzato, si era esaminato il volto macilento, poi aveva svuotato la moka, con lo zucchero che non si scioglieva, perché il caffè era quello freddo avanzato dal giorno prima. E con la lingua patinata del sentore di cicoria tostata del caffè vecchio si preparava a uscire di casa, e al diavolo la rasatura, si farà al primo martedì.

“Il fumo invecchia la pelle” – legge – ma cos’è mai la vecchiezza della pelle rispetto alla morte per cancro ai polmoni che gli si prospettava con il pacchetto di ieri.

Sulla Triumph Thunderbird 900 nera si sistema Achille. Dunque via, e la prima nuvola di combustione si spande fuori e dentro ai suoi occhi liquidi da lunedì. I cilindri cantano fondi il basso ostinato dentro il garage, frusciano brillanti nel cortile del retro-palazzina, poi arpeggiano sul viale a sei corsie, ad ogni sorpasso, ad ogni semaforo verde. Sotto l’ombra ancora virtuale della tangenziale i cornicioni grondano l’umore notturno della loro esistenza suburbana.

Dalla periferia la città finisce in due minuti. La Triumph canta il suo vibrato, quando cento metri avanti ha svoltato una FIAT 600 autentica, nocciola e ruggine. Ha luogo una leggera rotazione della manopola destra. Ronzio. La convessità dell’universo si specchia intera dentro al parafango cromato anteriore della Triumph.

L’obiettivo è l’incrocio con la strada secondaria da dove è sbucata la vecchia 600. La provinciale srotola il suo tappeto grigio sotto le gomme della motocicletta. La Triumph raggiunge l’incrocio, ma frattanto la 600 è avanzata, con dinamica da auto a quattro marce quando si è appena inserita la terza. Si trova a venti metri, davanti al cartellone pubblicitario delle Cucine Italiane S.p.A.; passandoci sotto Achille sente chiaro sul casco lo sguardo benedicente della bionda soubrette, regina scintillante in mezzo alla sua cucina nuova. E intanto la 600 ha percorso qualche metro ancora. Una frazione di secondo, e finalmente Achille l’ha davanti a sé. Ma non sorpassa, rallenta. Ha visto qualcosa sul parabrezza posteriore. Un adesivo scolorito che resiste alle intemperie da vent’anni almeno: “Campeggio Tortuga”. Tortuga?

Sì, Tortuga… vent’anni fa, un’estate che era sempre domenica. Un volto sfumato, la pelle di una ragazza scorre sotto la memoria tattile dei polpastrelli inguantati di Achille. Ma il suo nome non vuole emergere dalla palude dei ricordi stagionali, stratificati agosto dopo agosto. Scorre un elenco mentale, Francesca, Paola, Astrid, Paola, Mery, Lorena, Milly, Paola ancora… Ma nessun nome è giusto. Ringhia il carapace della 600 sollecitato a cinquemila giri al minuto, finalmente entra la quarta, si distanzia di due metri. La Triumph è lì dietro, quasi la tocca, vorrebbe sorpassare ma Achille tiene gli occhi inchiodati all’adesivo del Campeggio Tortuga, perché forse, guardandoci bene, con la luce appannata del sole che finalmente riempie la strada, forse si può leggere mentalmente quel benedetto nome…

Zoom, fuori. Tra gli incolti non si vede altro che una Triumph Thunderbird 900 nera affannarsi ai sessanta all’ora dietro una 600 nocciola, sotto il primo sole avaro di quel lunedì d’autunno.

Pochi secondi ancora. Poi finalmente: “Susy”! Achille scala, il motore riprende e sorpassa d’un soffio la 600 imballata. “Susy…”. Zenone non aveva mai guidato una Triumph! – pensa Achille, con soddisfazione, facendo entrare finalmente la quinta.

(Ispirato al paradosso di Zenone su Achille e la tartaruga)

 

Annalisa Scialpi con “Bagaglio unico”

E così partì. Nella notte. Sola con la sua valigia. Verso destinazione sconosciuta. “Così è partire” disse. Guardò fuori dal treno. Gocce di pioggia rigavano il finestrino, alcune tornavano indietro, creavano nodi improbabili, pronti a disfarsi al minimo soffio di vento. La luce nei vagoni che puzzavano di velluto rancido era un magro conforto sulle sue ossa tenute per non cedere, nel cappotto nero che la vestiva come un accappatoio. La pioggia l’aveva rovinato. Troppe piogge. Le era restato solo mantenersi il cappello sulla testa. E andare avanti, donna e bambina. Più bambina, che donna.

“Posso?”.

Un giovane profumato, con un cappotto blu e una valigetta grigia le si sedette di fronte, facendo di tutto per attirare l’attenzione.

“Piove eh!”.

“Già” gli rispose.

Sapeva di fumo, ma le piaceva. Il taglio all’indietro, coi capelli un po’ lunghi, metteva in risalto il bell’incarnato. Gli occhi erano verdi, le ciglia curate, una barba sottile metteva in mostra il bel viso.

“Va a Roma? Io sono un attore e…”.

Si udii il fischio del treno. La notte si mosse in esso.

“Cos’è che rende Roma tanto bella?” disse lei, d’un fiato.

“Non so. Forse è una città bella, perché non si aspetta niente”.

Lui le piantò gli occhi dentro.

Gli piaceva. Decisamente.

Per questo è la città degli artisti. E dei samurai”

Lei gli lanciò un’occhiata interrogativa. Cambiò di nuovo la posizione delle gambe.

“Il samurai vive nell’attimo. Lì è la sua vittoria”

Ancora silenzio.

“La sua vittoria sulla vita e sulla morte”.

Le luci si spensero. La gamba dell’uomo toccò il suo ginocchio. Si spinse più dentro. Era un sogno. Lei non sapeva dove stava andando. Lei e l’attore. E fu nel buio, nell’odore di uomo che le stava accanto che la vide, Nostra Signora Solitudine. Stava disegnando a carboncino. Ed era felice. E quello che disegnava non significava assolutamente niente. Per questo era bello. Il suo disegno non si aspettava niente. E lei era un legno non levigato. Poteva essere Pinocchio. O meno di un burattino. Poteva essere l’uomo che aveva di fronte, che la prese lì e nessuno può mai sapere quale magia incastrò i loro corpi in quell’amplesso incredibile.

Tornò la notte. E per la prima volta lei ne udì la luce. E in essa mille voci. Il regno degli spiriti si riversava, come una marea, nel suo cuore. Si poteva impazzire, con tanta gioia nel cuore!

Non si salutarono mai. Forse non si erano mai incontrati, quell’uomo e quella donna. Solo lei disse al capostazione, guardandolo negli occhi, una volta scesa a Termini:

“Sa perché Roma è così bella?”.

E quella domanda divenne il suo unico bagaglio.

 

***

I vincitori della silloge “The Mistral Came ‒ seconda edizione” saranno contattati via e-mail per l’invio del premio.

Complimenti ai vincitori, finalisti e partecipanti del Contest “The Mistral Came ‒ seconda edizione”

 

Info

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4 pensieri su “Vincitori e finalisti del Contest Letterario “The Mistral Came ‒ seconda edizione”

  1. Vabbè, non ho vinto. Il problema è il tanzillo: continua a piangere e versa lacrime corrosive, mi sta rovinando il parquet! (comunque complimenti sinceri ai vincitori)

    1. Maria Carmela ti ringraziamo per il tuo commento. Partecipare con un proprio elaborato e leggere gli altri partecipanti è fare parte del cosmo letterario. Certamente veder la propria opera come vincitrice porta soddisfazione ma è bene provar soddisfazione anche dall’atto partecipativo in sé.
      Domani pubblicheremo il nuovo contest di poesia e racconto breve!

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