“Tanto poco” di Marco Lodoli: si può impazzire per amore?
“Tanto poco” di Marco Lodoli (Einaudi, 2024) è un romanzo interessante, inusuale, di piacevole lettura.
Cuore della narrazione di “Tanto poco” è l’innamoramento di una bidella per un giovane professore. La donna ha una vita grama, apparentemente semplice e vive in un minuscolo appartamento quasi socialmente isolata.
Sul posto di lavoro è efficiente e disponibile, svolge le sue mansioni con accuratezza e, durante le pause, si nutre di riflesso della cultura circolante nella scuola: legge i libri della biblioteca, si sofferma sui passi e i versi che più la colpiscono.
“… Ho letto le composizioni di Arthur Rimbaud… mi piaceva che avesse scritto tutte le sue opere prima dei vent’anni e che poi non avesse scritto più nulla, per non rovinare quella bellezza.”
Leggere dunque è un modo per colmare i vuoti culturali, il suo bisogno di abbreviare le distanze conoscitive che la separano dal personale docente. La protagonista pare senta la spinta a superarsi in ogni cosa, a valicare i propri limiti in un continuo propendere alla sfera della bellezza ideale. In tale quadro psicologico, ben si colloca la sua passione per il giovane professore che ha ammantato di aura, ma che quasi non si accorge di lei.
L’epica della narrazione di “Tanto poco” non è rivolta comunque solo alla dinamica dell’impazzimento d’amore della bidella, ma a tutto un contesto logistico e umano: lo scrittore ben delinea le atmosfere dell’ambiente scolastico, l’agire di un corpo docente non sempre al passo coi tempi, la rigidità di certi ruoli, le piccole invidie, le sopraffazioni. Sul tutto però colpisce la sua capacità di coniugare il romanticismo insito nella trama alla graduale rivelazione di sfaccettature inquietanti della protagonista, quali l’impermeabilità emotiva, la rabbia metodica foriera di violenze imprevedibili, le sue convinzioni pessimistiche sul genere umano.
“… le persone sono meschine, dominate dagli istinti peggiori, vogliono solo imporsi, urlare, calpestare ogni cosa…”
Poco a poco nel racconto compaiono le sue infime imprese: ad un certo punto uccide un gatto per motivi futili e fa dar fuoco alla macchina di un presunto nemico del suo amato professore.
“… La macchina da bruciare è questa, ho detto, e dalla borsa grande ho tirato fuori una bottiglia del latte piena di benzina…”
In questo libro lo scrittore vuole sottintendere che ogni eccesso è lo specchio di qualcos’altro, e al contempo esporre vite fittizie che sembrano di cartapesta.
In “Tanto poco” la realtà viene inquadrata come usurante e le conquiste di alcuni personaggi recedono quasi sempre in una combustione inarrestabile.
Nelle pagine sfilano figure senza spessore umano, come il ragazzo complice della protagonista nelle azioni violente e la sua amica avventuriera Mirella. Ma il più labile di tutti rimane l’amato professore che scrive romanzi, insegna, si sposa, ha figli, ma fallisce sempre. Sulle disfatte esistenziali dei personaggi evidenziati, l’unico a sussistere sembrerebbe il sentimento d’amore assoluto della bidella. Lei si vince, si sacrifica, sale su aerei, gira per luoghi sconosciuti per inseguire come un segugio il suo oggetto d’amore. La narrazione si snoda in lungo braccio di ferro della donna con se stessa per non lasciare svanire quest’uomo che le è così necessario.
Ma è l’amica maga Mirella che nel leggere la mano della bidella riconosce il nichilismo che governa quel suo sentimento malato e vuoto.
Così sentenzia:
“… Non vedo niente… non c’è nessuna vita nel tuo palmo… non hai vissuto niente… un deserto, come mai?”
“… Non è vero le ho risposto, lasciami andare, io ho sempre amato, sempre…”
“… Nessuno può dirmi che non è così, che ho vissuto invano…”
“Tanto poco”, il cui contenuto onora il titolo per il suo realismo e per alcune sue specificità, può connetterci a personaggi che è possibile incrociare ai giorni nostri. Le valenze implicite del narrato sembrano voler mettere in scena il bisogno ricorrente e diffuso di inventare o ricercare situazioni esaltanti come antidoto all’inquietudine esistenziale che pervade tanti vissuti.
Written by Antonietta Fragnito