Amsterdam: il matrimonio della principessa e l’anarchia dei Provos
10 marzo 1966. Amsterdam sta per indossare il vestito della festa per celebrare il matrimonio della ventottenne principessa dei Paesi Bassi Beatrice, figlia della regina Giuliana, che convolerà a nozze con Claus von Amsberg, diplomatico ed ex ufficiale della Wehrmacht. Un evento storico per la città, che non vuole essere da meno dell’eterna rivale Bruxelles, dove sette anni prima si è celebrato il matrimonio fra Re Baldovino e la contessa Fabiola, in una cerimonia rimasta nell’iconografia delle nozze reali del Novecento.
Il conto alla rovescia è iniziato. Fervono i preparativi, le fanfare sono pronte. La Golden Coach, la carrozza reale, è tirata a lucido: il legno teak di cui è rivestita è come nuovo, le foglie d’oro che lo impreziosiscono scintillano, così come i decori dipinti da Nicolaas van der Way; i sei cavalli da trasporto sono stati sellati e coperti da drappi ornamentali. Gli ospiti d’onore e gli invitati famosi si stanno preparando ad assistere al grande evento. La principessa e futura regina indosserà la meravigliosa Württemberg Ornate Pearl Tiara, creata nel 1897 per la Regina Guglielmina con diamanti, 35 perle rotonde e 11 perle a forma di pera. La Westerkerk, la Chiesa Occidentale di culto protestante della città, è pronta ad accogliere gli sposi, dopo che il sindaco Gijs van Hall avrà solennizzato il matrimonio in municipio; il grand’organo a canne, realizzato nel 1682 e decorato con i pannelli dipinti da Gérard de Lairesse, è in attesa di far echeggiare i timbri del suo suono ammaliante.
Fin dal mattino, il quartiere Joordan, dove nel 1631 è stato edificata in stile barocco la più grande chiesa d’Olanda, vicino all’Achterhuis, la casa di Anna Frank, è preso d’assalto da una folla di curiosi.
Nei giorni precedenti non sono mancate le proteste, e non solo da parte delle tre organizzazioni ecclesiastiche ebraiche nei Paesi Bassi, che considerano l’evento un insulto agli ebrei olandesi che furono deportati principalmente da Amsterdam nei campi di concentramento tedeschi durante la guerra. E anche se la casa reale ha preferito il silenzio, facendo proprio il codice di comportamento dei regnanti inglesi “never complain, never explain”, lo stato di allarme serpeggia fra le istituzioni civili, che paventano il timore del fallimento per quello che viene considerato l’evento dell’anno, possibilità che comprometterebbe l’immagine del paese agli occhi del mondo, associando alla casa reale un’attività connessa all’intestino, insomma una figura di merda.
La polizia ha previsto un rigido cordone di protezione, casomai a qualcuno venga in mente di boicottare l’avvenimento, magari quei guastafeste che si sono divertiti a tappezzare la città di manifesti ironici e provocatori, e che vorrebbero far sprofondare nel ridicolo la famiglia reale e tutta l’Olanda, scatenando un cortocircuito capace di bruciare i fusibili che tengono accese le luci di tutto il mondo su Amsterdam.
Una minaccia da prendere sul serio? Chissà. A scanso di equivoci, numerosi agenti a piedi e a cavallo presidiano il quartiere Joordan fin dalle prime ore del mattino, in diretto contatto col sindaco, vedi mai che a quel gruppo di giovanastri che da circa un anno sono apparsi sulle strade della città per risvegliare la coscienza di una società addormentata su posizioni benpensanti e conservatrici, non venga in mente di organizzare qualche brutto scherzo.
Si fanno chiamare Provos (riduzione del francese provocateur), e sono ovviamente un movimento di controcultura. C’è chi li crede ispirati dal situazionismo francese di Guy Debord e dalla sua bibbia laica, “La società dello spettacolo”, che riprende la critica di Feurbach dell’alienazione religiosa applicandola al contesto sociale; c’è chi vede nelle loro intenzioni e nei loro comportamenti echi provenienti dalla critica sessuo-economica esposta da Wilhelm Reich nel suo “La rivoluzione sessuale”; c’è infine chi li associa ai nascenti movimenti universitari, che dalla Berkeley di Mario Savio si stanno propagando in tutto il globo, in attesa di quella che sarà l’ideale rappresentazione plastica del movimento giovanile di protesta, il 68′ parigino.
Certo, la critica alla società dei consumi, col suo culto del benessere materiale e intellettuale, basato sul saccheggio e sull’ingiustizia, come quella all’establishment e all’autorità, istituzionale e genitoriale, sono capisaldi ideali del movimento.
Ma i Provos sono anche qualcosa di differente, una geografia a parte, orbitante intorno al luccicante pianeta della fantasia, dove lo spirito iconoclastico e vagamente surrealista crea livelli di realtà che non si sono mai simulati prima.
E il loro senso assai distante da quello comune è ben personificato in Roel van Duyn e Robert Jaspers Grootveld, studente di scienze politiche che combatte per il rovesciamento delle istituzioni il primo, flâneur un po’ artista, un po’ sciamano hippy il secondo, rispettivamente braccio operativo e mente ispiratrice del movimento.
Due personalità eccentriche, insufflate da uno spirito anticonvenzionale, che organizzano i loro seguitissimi happening in piazza Spui, dopo che il loro precedente ritrovo, il Tempio K, un ex garage dietro il Leidseplein, è stato distrutto da un incendio.
Lotta al tabagismo, ecologismo, antimilitarismo, liberalizzazione delle droghe leggere, maggiore attenzione ai diritti degli omosessuali, sono solo alcuni del loro obiettivi, quasi un messaggio nella bottiglia inviato nel futuro a tutti i successivi movimenti no global che verranno.
Dal loro centro nevralgico di piazza Spui, attraverso sit-in, provocazioni e azioni dimostrative, i Provos sono riusciti ad attirare l’attenzione di tutta la nazione e, soprattutto, dei coetanei francesi, tedeschi e inglesi; ma anche italiani, se è vero che l’anno dopo, durante la breve ma seminale stagione del beat milanese, il gruppo più consistente fra i capelloni milanesi sarà proprio quello dei provos del collettivo Onda Verde di Andrea Valcarenghi, primo obiettore di coscienza del nostro paese e futuro fondatore insieme a Michele Straniero della mitica rivista di controcultura Re Nudo, giornale underground che faceva propri i desideri e le speranze di una generazione cresciuta negli anni Sessanta.
In un clima in cui il divertimento dà la destra all’irriverenza, le provocazioni dei Provos esplodono nei loro manifesti programmatici, i “Piani Bianchi”, ispirati alle opere dell’architetto e pittore ribelle Constant Nieuwenhuis, l’autore di New Babilon, un po’ Utopia di Thomas Moore un po’ Città del sole di Tommaso Campanella, un modello di comunità naturale e filosofica per nomadi della vita, organizzata su principi ludici e su uno stile di vita sabarita. E allora dalle biciclette rigorosamente bianche, per risolvere il problema del traffico, con chiusura immediata del centro storico, al progetto “donne bianche”, con aborto gratuito a chi ne fa richiesta, all’alloggio bianco, con concessione di alloggi gratuiti ai bisognosi, è un crescendo di proposte riformiste e innovative, che si muovono sul piano inclinato della speranza.
Gli happening del sabato sera in piazza Stui, spessi conclusi con l’irruzione della polizia, fanno assurgere Amsterdam a capitale della controcultura, prima della San Francisco di Haight-Hashbury e della Summer of love, e prima della Parigi del 1° maggio 1968 e della Swinging London successiva. Ma come ci si può permettere di schiaffeggiare la società con nuovi guanti di sfida?
Con l’ironia, no? Con quell’umorismo sfuggente e lunare che porta i Provos a offrire ceste di mele ai passanti, a chiedere alle forze dell’ordine di deporre le armi di ordinanza per sostituirle con cibo da donare ai poveri, e magari attraverso il giocoso Marihu Project, una catena di sant’ Antonio sui generis, che è riuscito nell’intento di distribuire gratuitamente pacchetti di canne di marijuana preconfezionate. Può durare a lungo durare un movimento così? Difficile.
E infatti, dopo essersi presentato alle elezioni comunali di Amsterdam del 1967, con vari slogan creativi, fra cui il famoso “Vota Provo e fatti una risata!”, e dopo aver ottenuto più di 13000 voti e un seggio nel consiglio comunale, il movimento considererà esaurito il suo compito.
Nell’ottobre di quell’anno, i due leader abbandoneranno il progetto, timorosi che una contaminazione conformistica potesse guastare lo spirito anarchico e spontaneistico del movimento. Ma l’Olanda democratica, liberal e multiculturale che conosceremo, germinerà proprio dal seme lanciato da quei mattacchioni, perché poi i sogni qualche volta sono i semi delle azioni. O no?
A proposito, quel 10 marzo del 1966, il matrimonio della principessa con l’ex ufficiale di Hitler riuscì poi a celebrarsi senza eccessivi danni.
La polizia manganellò a tutto spiano e la cerimonia fu salva.
Non furono fatte ingerire pastiglie di LSD ai cavalli della Golden Coach, così come non fu buttato gas esilarante nelle canne dell’organo in Chiesa; e neppure vennero liberati leoni durante la parata, come avevano minacciato quei due burloni anarchici di Roel van Duijn e Robert Jasper Grootveld.
Vabbè, solo un innocuo fumogeno contro la Golden Coach. Una roba poco seria, dài.
Appunto, viva i Provos e facciamoci una risata!
Written by Maurizio Fierro