“Così vicino così lontano” di Claudio Sottocornola: un cammino di liberazione

Fresco reduce da altro saggio di Claudio Sottocornola, sempre edito nel 2023 da Editrice Velar, Fiorire nel deserto, ora tocca a Così vicino così lontano, che conferma il fatto che questo autore mi è tanto vicino quanto lontano, fino al punto che non mi sento di condividere la maggior parte delle sue con-fidenze, ma solo i punti salienti e basilari dei suoi ragiona-menti, così umani e, talvolta, ma lo dico senza voler offendere nessuno, così teisti.

Così vicino così lontano di Claudio Sottocornola
Così vicino così lontano di Claudio Sottocornola

Parla uno che, once upon a time, in quel tempo, credeva in quel Theus, o Dio, o Yahweh o Geova, il cui codice fiscale minimalizzato è YHWH (privo di date) ma, se nel caso che ti trovi, per incanto, nell’antico Egitto, lo puoi chiamare Osiride oppure Allah, quando sei a Roma, o a Canicattì, in una casa dei suoi testimoni, Geova, quando sei in Grecia Zeus, quando sei tra i Navahos Manitù. La cosa che non cambia in Lui non è il codice fiscale (di cui Egli È privo, essendo senza fissa dimora), ma la sua Essenza che non appartiene a nessuno, e tutto questo Mito vale come Realtà solo se Egli È. Se Egli C’È. Due misteri, non so se equivalenti (essendo misteri): C’ (o Ci, ma nulla cambia), ed È. Amen e così sia!, come dice spesso Kit Carson. Il cui pard, Tex Willer, qualche divinità che lo protegge ce la deve pur avere, sennò non si spiega il fatto che a lui (e ai suoi solidali) le pallottole girano attorno senza mai colpirlo se non, raramente, di striscio. Come cantava Enrico Ruggeri: è Mistero…!

Dopo una doverosa Introduzione, il saggio Così vicino così lontano inizia con varie 9 Brevi sezioni, a cui seguono 6 Sviluppi. Una cosa va detta: non colgo differenze nello stile di Claudio Sottocornola fra questo saggio e il precedente. Come definirlo? Ci pensa lui a pagina 168: “Confesso allora che incomincio a provare un po’ di fastidio ogni volta che qualcuno mi consegna una radiografia di Dio, le cui lastre pretendono di riferire esattamente come io debba intendere la sua natura e la sua esistenza, ovviamente già processata e geometricamente risolta da tale analista di Dio, il quale spesso accampa virtù…” – etc etc. poche righe su aveva detto, cioè scritto che lui… che tu, Claudio, avevi detto, cioè scritto: “… mentre è andata maturando in me l’idea joyciana del flusso di coscienza, libera espressione dello scorrere dei pensieri nella mente, come metodologia più attendibile sul piano della verità ontologica ed esistenziale, per me irrinunciabili, quando scrivo.” – lo scrittore, anche in forma lirica e breve (ungarettiana, per intenderci; ma anche leopardesca, foscoliana etc), è un inequivocabilmente controverso e lucidamente confuso piscoanalista di sé.

Nel tuo caso vorrei farti gentilmente notare che, a pagina 80 di Così vicino così lontano, hai scritto 18 righe senza nemmeno un full stop (se non alla fine): sei un tipo che fa talvolta delle soste, ogni tanto, senza puntualizzare granché. Al che ti segnalo Her di Lawrence Ferlinghetti il cui testo si conclude (per chi scrive, non per chi legge) all’ultima pagina (questo capita a tutti) senza alcuna punteggiatura, nemmeno un punto e virgola o tre puntini di sospensione. Sarà il lettore a mettercelo, oppure a continuare per decenni il suo discorso (così sto ancora facendo, dopo circa mezzo secolo).

“… relativa al nostro essere profondo, che cerca la verità…” – dal sanscrito vrtta, accadimento. Mentre il greco aletheia è rendere evidente, svelare da quel velo (di Maya, di sua sorella, di sua cugina, di sua cognata: sempre fimmine sono, creatrici di esseri umani che non si è mai capito se, crescendo, aumentano in sapienza oppure solo in età e ignoranza). La verità ci è consanguinea, come il suo nascondimento, purtroppo. Ce ne faremo una ragione? Direi di sì.

“… occorre trascendere le parole per arrivare alla verità.” – andare oltre quelle, scavalcarle, lasciarle alle spalle?

Dice un papa finalmente simpatico (era ora), che è quello attuale!: “Non c’è verità senza amore. L’amore è la prima verità…” – quale amore?, i greci ne dispongono di tanti tipi allocati alcuni in dispensa, altri in frigo, altri nel freezer. Amore deriva dal sanscrito kam’a: passione, come amicizia e kāma sūtra: c’è l’imbarazzo della scelta. V’è ancora la diatriba, che tale è destinata più agli esegeti che ai protagonisti, su quale tipo di amore ci fosse fra Gesù e la sua bella (chiunque sia).

“… l’unica via d’accesso alla verità, quella verità che appunto rende liberi nell’amore…” – il che mi fa pensare, penando, al nazista arbeit macht frei. Chi ha avuto le sue belle, e orride, delusioni sentimentali, non concorda con la tua considerazione. Chi scopre la verità, vede spesso aumentata la sua sofferenza, sentendosi come destinato a ricrearla. Questo lo dicono, purtroppo, le cronache.

Per evitare antipatiche discussioni di appartenenza, oppure non so perché, a pagina 24 consigli non tanto di rinvenire la nostra verità, quanto di cercarla insieme all’Altro. Scrivi, pleonasticamente: “cercarla insieme con lui.” – seguendo il medesimo tragitto, se ho ben capito, ognuno col suo bastone (taoista?) da passeggio, così utile quando risali i sentieri montani siti, sopra il Dolo, a Civago. A tuo parere, ma non solo tuo (c’è un mondo là fuori che lo pensa): “– come prefigurato dal vangelo di Giovanni – la verità si darà ‘tutta intera’.” – al che, provocatoriamente, cito i Litfiba, analogamente a te, quando riprendevi (nel saggio precedente) vari autori di canzoni: Chi vive sperando, muore non si può dire – e se voglio ex-agerare aggiungo che tale morte non è delle più brutte, anzi: a occhio mi pare quasi catartica.

A pagina 26 di Così vicino così lontano citi “Archimede”, per il suo detto “Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo” – lo sai che lo stesso fece Teresa di Lisieux che anche tu citi, assai più avanti (ingelosendomi un po’, ma sto a pazzià!) nei suoi Pensieri, libro che ho testé letto e che sta ancora pulsando dentro di me?

Il tuo stile letterario: sei un narrativo saggio, o un saggio narrante. Sintetizzo: sei uno che esprime concetti complicati in forma discorsiva e libera.

“Allora, la prima parola che ci chiama alla vita e alla sua manifestazione è innanzitutto appello che giunge a noi dall’esperienza, dal susseguirsi dei giorni e delle occasioni di riconoscimento del senso deposto in essa, e ciò avviene solo grazie alla Parola, a quella Parola che nella vita stessa si annuncia, proclama, distende, risuona, agisce…” – aspetta, la mia non è una P- ma una p-arola, anche la tua. La P-arola è (sarebbe) di Lui, il D-io?! La risposta è ! Infatti così dici, poco dopo: “… una Parola ricevuta, che si fa vita, e diviene continua incarnazione, alla luce della speranza che la abita…”ergo, mi ci posso aggrappare anch’io, che faith non ne ho, ma hope sì, tanta. Al che ora ti segnalo, per dispetto, un detto che imparai da un campano: la speranza è l’ultima a morì, prima moriamo noi e poi issa!

Un mio secondo cugino, Daniele Simonazzi, frequentava la messa di Padre Aldo Bergamaschi, contestualmente a me: io, in solitaria, appoggiato a un muretto, lui assiso su un banco, mischiato al resto dell’assemblea. In piedi, durante la Lettura, seduto durante l’Omelia. Bergamaschi m’ha trasformato da ateo in ignorante di Dio (credo sia l’unico suo miracolo riconosciuto). Gli fu tolta la parola dal vescovo, due settimane prima dell’arrivo del papa polacco nella mia città, forse perché aveva detto che il Cristianesimo era scaduto al rango di religione. Daniele diventò don Daniele e operò per anni per i Servi della Chiesa, Istituto fondato a Reggio da don Torreggiani, poi continuato grazie all’opera di tanti sacerdoti e volontari, fra cui Daniele; che si occupavano soprattutto dei disgraziati senza famiglia o con la famiglia dispersa chissà dove. Ora egli è parroco a Pratofontana, a pochi chilometri da casa mia. Io sono rimasto ignorante di Dio. Daniele raccolse le sue omelie nel libro Parola, non solo parole. Io lo lessi e ci reagii con interesse. Daniele, credo, capirebbe il tuo discorso.

“È solo la preghiera dunque – come forma di rapporto più adeguato alla trascendenza che ci abita – a garantire che la nostra parola sia totalmente trasparente al suo significato intrinseco, e a farne così una autentica esperienza di salvezza.”sarà che il poeta che ho più interiorizzato è il nebuloso Arthur Rimbaud, col suo riso orrendo dell’idiota (l’affreux rire de l’idiot), io ci terrei a mentenere un po’ di vaghezza umbratile. Mia mamma, ironica come e più di me, quando inciampavo un po’ nei miei ragionamenti, mi diceva: veh, va’ al Marro! – che era un istituto che accoglieva i bimbi un po’ bipolari. Sento di aver preso molto da lei. Se talvolta pare che ex-ageri, è per colpa e merito suo.

“Rinfrancati da questa prospettiva di condivisione e dialogo, che è poi un’esperienza di fraternità, secondo il più schietto spirito evangelico, procederemo così…”ma lo prendereste tra voi un mal-dicente come me?

Nel capitolo Fede e cultura di Così vicino così lontano, scrivi: “Mi sono volutamente soffermato su alcuni fra gli aspetti più controversi della Storia della Chiesa e del Cristianesimo.” – citi quel “Paolo” che Pier Paolo Pasolini poco apprezzava, e ho usato un eufemismo, diciamo che lo riteneva responsabile dello sfacelo secolare (secolarizzato!) del cristianesimo. Un autore che non citi, e che se ti manca io non so se ti vorrò poi assolvere è proprio quel Padre Aldo Bergamaschi che, forse, ma non posso dirlo con certezza, fu solidale con PPP, nel dire, in più di un’omelia, come già dissi (sed repetita iuvant), che il cristianesimo è scaduto al rango di religione!

Nel capitolo successivo, che dà il titolo al saggio Così vicino così lontano, parli dei miracoli eclatanti (talvolta oggetto di trasmissioni televisive). Sappi che anni fa vidi alcune puntate di La strada dei Miracoli, quando ancora guardavo quella scatolona tremenda e rettangolare, fatta di fili, metallo, plastica e imbrogli. Al che ti racconto un fatto accaduto a mia madre. Una volta era andata in un luogo di culto, ricco di ex voti, dove lei e sua cugina avevano promesso di recare un pensierino. La consanguinea, che era più anziana, salì su per una scala di legno e, mentre sistemava il dono (mi pare una busta con dei soldi) presso l’immagine sacra, perse l’equilibrio e cadde, con conseguente rischio di spezzarsi l’osso del collo. Mia mamma, contadina soda e robusta, la pigliò al volo. Dopo di cui entrambe corsero dal prete gridando al miracolo! Ne ho un’altra. Mia mamma e varie altre giovanissime parrocchiane di Gavâsa City andarono in pullman col loro parroco a trovare un certo Padre Pio, che aveva già avuto da tempo le stigmate (ma che forse non si fece mai medicare da Padre Agostino Gemelli: dicono così, ma attendo conferma). Per tutto il viaggio la più borsosa (un giorno poi ti spiego l’etimologia di questo termine, ma per avere un’idea pensa alla Mondaini e al suo che barba che borsa!) di quelle signorine continuamente bullizzò una giovane che era stata abbandonata dal marito. Sentirai che ti dirà Padre Pio! – e questo gliel’avrà ripetuto una trentina di volte, tanto era lungo il tragito che portava da Gavassa a San Giovanni Rotondo. Quando vi arrivarono, il Padre recitò una messa, dopo di cui, a quelle giovani fedeli, disse parole dolci e autorevoli insieme. Alla fine si rivolse alla borsosa, dicendole: Tu…! Devi pensare ai tuoi peccati, che a quelli degli altri ci pensano loro! Fu vero miracolo? I posteri possono sentenziare che questo è possibile, come lo è il fatto che quel prete di Gavâsa City potesse aver fatto lo spoiler a Padre Pio, ora San Pio.

Un altro Pio (X) spiega al popolo di Dio cheDobbiamo amare il prossimo per amor di Dio che ce lo comanda…” – per amor di Dio è un’espressione sentita spesso. Ma è sicuro che Egli ci ami? Che direbbe a proposito Epicuro, a prescindere dal suo noto paradosso?

L’altro giorno il mio amico cristiano Onorio mi ha ricordato la frase di Giona (1,12):Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia.” – grande Giona… tipo Salvo D’Acquisto e Padre Kolbe! Onorio me l’ha detto com’è scritto nell’Oratorio di Giacomo Carissimi: Tollite me et mittite in mare et cessabit tempestas ista! Che aveva fatto di male quel pover’uomo? Aveva solo schivato un ordine divino e se ne stava fuendo fuendo, scappando dal suo esigente Datore di Vita… Ma come gli voglio bene! Più a lui che al suo Aguzzino! Ho appena bestemmiato? È che non capisco come si possa amare il proprio carnefice.

“… realizzare la nostra vocazione profonda alla relazione con Dio e col prossimo, andando oltre noi stessi…” – e io non sono buono a farlo! Espressione stile arşâno per dire che non sono capace. Non sono micca (due c) buono io! La mamma non vuole micca che io dico micca perché se dico micca offendo Pietro Micca! – una filastrocca della mia infanzia – così son messo: micca c’ho la fede io!

“San Francesco aveva intuito la straordinaria ricchezza dell’esistente…” – del film di Zeffirelli che citi ricordo che, a un confratello a cui piaceva troppo la solita (un giorno ti dico esattamente cos’è, ma forse l’hai intuito da solo), egli disse, all’incirca: Torna pure nel mondo normaleVa’ pure con una di loro, se ti piace tanto! E non temere… – però, era sottinteso, sii un brav’uomo… Non ricordo le esatte parole, perciò le ho re-inventate!

A pagina 56 di Così vicino così lontano ti accorgi che più o meno tuttisiamo lontani (o ci siamo allontanati!) da quel rispetto, da quella venerazione, da quella meraviglia che il Santo di Assisi provava di fronte alla natura…” – e qui i puntini sono stati sospesi da te – “Ebbene, recuperiamo l’anima…” – pensa che non trovo più le chiavi di casa, il dizionario greco, una vecchia macchinetta fotografica elettronica etc etc – e secondo me sono celati, în lughêdi, tutte quante nel medesimo ed entropico Nulla. Oppure nel medesimo Tutto? Che caotico (nel senso di abissale) casino è ‘sto ordinatissimo Kósmos!

Per fortuna ora cominciano gli Sviluppi. Mia mamma ogni tanto, quando mostravo tutta la mia genuina ingenuità, mi diceva: Svilópet – sviluppati – oppure: Scântet!Esci dall’incanto! Non è facile, ne sa qualcosa Baudelaire e lo stesso San Francesco.

Dai ragione a Vito Mancuso (persona che tanto apprezzo, non solo per il suo acume filosofico, ma anche per la sua tenera gentilezza), quando si lamenta che “la frequentazione del ‘tempio esteriore’, con i suoi limiti e contraddizioni, è motivo di sofferenza…” – e quando c’invita “all’ascolto delle nostre domande interiori e all’armonia dell’anima, vero tempio indistruttibile.” – Onorio, di fronte alle mie perplessità, si chiedeva quanto c’era di vero in quelle antiche storie, ma m’è parso convinto, dentro di sé, che esse covassero una verità filosofica (ontologica). Gli parlai di Mormon, dei Nefiti e dei Lamaniti, e che se avessi incontrato quell’angelo avrei forse tentennato, non nel ricevere le sue auree tavolette, quanto nel non restituirle. Si sappia che Onorio e io siamo due collezionisti seri, e che ognuno di noi chiama l’altro al getunêr, il gettonaro, in quanto collezioniamo gli antichi, si fa per dire, gettoni telefonici. I tuoi nonni usavano, per telefonare, gli Stipel. Lo sapevi? Anche questa è cultura (come tutte le culture è cosa sacra, a modo nostro).

“… è la Storia più che il Testo il vero luogo della manifestazione del Dio o, meglio, il Testo è Rivelazione in quanto presa di coscienza del senso storico vissuto, esperito e divenuto pienamente consapevole a se stesso.” – mi vengono in mente le scuse che Papa Giovanni Paolo chiese, in nome della Chiesa, a proposito di quanto capitò a Galileo. Spero per lui che, prima di morire, abbia provato vergogna per l’offesa che recò ai martiri cileni, mostrandosi in balcone insieme a Pinochet. Ricordo a proposito uno splendido e necrofilo articolo su Famiglia Cristiana, rivista a cui per mezzo secolo la mia famiglia è stata abbonata.

Con Gesù, scrivi a pagina 65 di Così vicino così lontano,per la prima volta e in modo assolutamente radicale l’umanità conquista piena consapevolezza della propria unione col divino.” – una consapevolezza che va e viene? Non sto parlando di quel mitico e ignoro quanto storico Cristo, ma della Chiesa, dell’umanità, sua attuale manifestazione (o non lo è per nulla?).

Usi due volte il termine “Se…” – che se le due condizioni sono soddisfatte, allora (e questo mi ricorda il comando del linguaggio basic: ifthen…) “… la totale, originaria, indefettibile adesione di Yeshua ben Yoseph alla carità divina ne sancisce e ratifica il suo divenire ad essa completamente trasparente…” – ma non diafana, speróm, dai!, finendo per configurarsi “… come integralmente umana eppure assolutamente divina.” – lo sai che in prima battuta avevo messo in corsivo i due avverbi di modo anziché i due aggettivi? Che strano!

Non cito le ultime righe di pagina 69 di Così vicino così lontano, perché voglio che il lettore del tuo lettore le legga in modo verginale, senza spoiler. Attestano una tua tendenza ungarettiana (quel Giuseppe è uno dei tuoi poeti preferiti, mi sa), assai lirica, che abbellisce le tue inevitabili gravità dialettiche.

Questa faccenduola della “Trinità”, a me mi dà da fare. Non bastava un dio? O un Dio, a dir si voglia. Il Figlio Unigenito (chissà in che spirituale senso tale) Cristo andava bene come uomo innamorato del suo Signore, un Profeta (tale è ritenuto da altri, divergenti teisti). E anche quella specie di demiurgo che è la volatile colombella detta anche lo Spirito Santo, magari intesa come azione di Dio, non in modo personale, autonomo. Più ci penso e più, come accadeva a quel saggio che cogitava in riva al mare, non ci vengo fuori: farei prima a contare gli enti del Kósmos, e il numero dei multiversi. A contare i granellini di sabbia sono tutti buoni! Anche perché se ne stanno relativamente fermi! Basta usare una Santa Pazienza, è ovvio!

Meravigliosa è la notizia che doni al lettore a pagina 71: “… entro tale scenario, come singoli non siamo soli e, anzi, siamo accompagnati da miliardi altre essenze singolari, a loro volta dialoganti col Padre…” – chissà che modem ADSL utilizza per il wifi!

Interessante è il paragone che fai tra “la molteplicità dei sistemi” filosofici e quella “delle dottrine esistenti” – ognuno delle quali produce la sua passione (sempre sia kam’a!) che a volte può essere distruttiva, statte accorto, guagliò!… e veramente bella (e non ho aggettivo più adatto per descriverla; essendo un derivato da bonus) la tua dichiarazione che colgo a pagina 87 di Così vicino così lontano: “Rispettiamo sempre il cammino di liberazione degli altri”. Anche il mio! E qui ci metterei l’emoticon!

Secondo Papa Benedetto XVI e San Tommaso (me li stai rendendo quasi simpatici) “filosofia e teologia” sono compatibili, poiché “entrambe provengono dall’unica sorgente di ogni verità, il Logos divino, che opera sia nell’ambito della creazione, sia in quellod ella redenzione…” – speróm, dai! Fra quell’OMONE (che io chiamavo nella mia infanzia Dione) e noi “esiste un’analogia…” che ci permette di ciarlare (ma tu usi il verbo “parlare”) – “con parole umane su Dio.”

Secondo Kant, e qui forse sintetizzo troppo, ma solo per dar un’idea lo faccio: l’uomo tende al “male”, quanto Cristo lo tira verso di , il “bene” – e ‘sto miracolo può essere allocato ovunque… nell’arte, per esempio… anche in quella del citato Arthur, l’Epoix infernal. Verso la fine di quel libro di Teresa di Lisieux, il curatore cita, per usare un’espressione che gira molto, i cattivi maestri, che dimostra di conoscere bene, più di me, e giunge a scrivere che il mio amato Rimbaud, sul letto di morte, si è convertito! Mi pare che l’intera faccenda sia dubbia (pur bella che è).

“Siamo qui per liberare le nostre anime, e le più diverse occasioni che la vita ci offre sono il dono perché abbiamo un giorno a spiccare il volo.”perché ho letto Rimbaud e Sottocornola e perché, per entrambi gli autori, ho poi reagito per iscritto? Gide direbbe che il mio è un acte gratuit.

Parli di tua “madre” e di “Maria” (madre di quel crocefisso e umano nostro collega) in modo così poeticamente filosofico che ormai penso quasi che siano state la medesima persona. Secondo me queste tizie hanno qualcosa che a noi tizi manca! Speriamo che sia un fatto reciproco.

Parli un po’ difficile a pagina 107 di Così vicino così lontano, però qualcosa ho capito. Non è una bambinata parlare della propria mamma, anche se a qualcuno la cosa può parere tale. Significa che si è cresciuti!

“Quello di Maria – lo ribadiamo – è proprio il mistero dell’ascolto e della ricezione, o accoglienza, dell’essere…” – un po’ di amore per il mistero serve per rendere sopportabile la nostra ignoranza.

Qualcosa che scrivi a pagina 119, mi fa venire in mente una piolata (poi ti spiego cosa intendo dire con questo). Se Dio è Singolarità, e Messer Belzebù è il sovrano del buio entropico, della confusione definitiva e immota, forse Qualcun Altro, che è mezzo e mezzo, è la Luce che insegue ogni ente, anche se stessa, essendo anch’essa un corpuscolo seppur privo di massa, senza cadere definitivamente nei due estremi. Lo sai che, in ambito locale le due opposte tendenze (gravitazione ed effetti del secondo principio della termodinamica) collaborano per mantenerci nello statu quo?

“Maria insomma chiede di riorientare l’essere e l’agire umano al suo fine, chiede cioè una conversione che si esprime in un risveglio morale conseguente alla riscoperta di Dio e, dunque, al riappropriarsi del senso della propria vita.”questo diceva il mio Aldo, che non cesserò mai di consigliarti di leggere (sappi anche che le sue omelie sono registrate da qualche parte, e che servirono a far sospendere quel Padre dalla messa, a cui poi fu riammesso poco prima che morisse); secondo lui la conversione è un cambiare rotta, non una semplice e formale adesione a una fede, per poi andare ognuno dove gli pare. È un capire dove andare. Totò e Peppino dovevano andare in un posto, ma quel vigile non intese aiutarli, e lo stesso fanno, mi sa, tanti cari dottrinari

“… l’amore non è un plus che si aggiunga all’essere, ma è il pieno sviluppo e la piena consapevolezza che tale essere ha di sé.” – e qui cito un cugino di mia mamma e di Aldo, l’abbastanza libero pensatore Jiddu Krishnamurti che nella ricerca della consapevolezza condusse il suo umano errare.

Se Dostoevskij preferiva la “verità” che è “in Cristo” a un’eventuale sua falsificazione, io penso che lui stesso non pensasse del tutto di pensare ciò. Ho troppa stima di lui, oltre che in Karl Popper. La sua affermazione era sorretta da una speranza, e va capita, amata anche, ma mai del tutto condivisa.

Ogni affermazione umana è sorretta da postulati, assiomi, dogmi: e se uno di questi è fallace, addio!, siamo fritti. E forse lo siamo veramente. Nulla è non indecidibile, diceva (un po’ forzato da me) Kurt Godel, neanche 1 +1 = 2 lo è. Ricordati che se dio (o Dio) esistesse esisterebbe. Se fosse buono lo sarebbe. Questa è la mia Speranza. Non la mia Fede. E, se Cristo è la domanda, noi e solo noi siamo la tangibile risposta. Mi chiedo perché, a queste due donzelle, ci abbiano azzeccato la Carità. Dando all’Altro il superfluo, che trabocca, che eccede, ci si identifica con lui, e con Lui?

Claudio Sottocornola citazioni
Claudio Sottocornola citazioni

A pagina 153 di Così vicino così lontano scopro perché se tutto fosse come dovrebbe essere: io sarò salvato! Li feci, quando ancora capivo qualcosa, tutti e “nove” quei “venerdì”… Grazie “Margherita”! Che Dio o Chi Per Lui sia con te!

La “questione del filioque che divide cattolicesimo e ortodossia” è quanto di più inutile ci sia se il fine è di salvare la vita di un bimbo che sta morendo di fame! Su questo si dovrebbe parlare, anche se Aldo, il giorno delle missioni, non chiedeva di dare o di non dare contributi in denaro, ma diceva che lui era certo che essi avrebbero contribuito a ri-creare colà le nostre dolorose contraddizioni.

In Suggestioni per un tentativo di approccio transconfessionale trapela il tuo anelito di comunione dell’uomo con l’uomo, a prescindere dalla tessera che ha in tasca. Ti ricordo la divisione delle etiche raccomandata da Aldo: che si mangi la carne, di qualsiasi animale, in qualsiasi giorno della settimana, in qualsiasi periodo dell’anno, che ci si vesta in un modo o nell’altro, che si creda in un Dio o in un altro, l’importante è che l’uomo rispetti e ami il suo prossimo. Punto e a capo.

“Non il mio, non il tuo, ma quel Dio che dobbiamo inseguire perché, proprio come una palla nel gioco, ci fugge continuamente…”come la Verità di Heidegger: compare Turiddu e sparisce Turiddu! “… e, nel cercarlo…” – quel Turiddu – “… sperimentiamo la nostra gioia” – il nostro Tao? Forse è la nostra, comune, Erta!

Citi ora la (nostra, ormai) vispa Teresina “che scriveva ‘Io sono la Pallina di Gesù Bambino; se vuole rompere il suo giocattolo, è libero di farlo; sì, io voglio davvero tutto ciò che Egli vuole.” – e questo differenzia lei e me e, mi pare, te e me, ma resta bello il fatto che noi siamo tre gioconde palline! Il quarto potrebbe essere quell’Arthur che cantava: Je est un autre!

“Ciò è stato possibile perché ci siamo mantenuti aperti, un qualche misura, alla vita.” – 7 giorni su 7, 24 h al dì. Anche per questo io ripeto il mio personal mantra: Speròm, dai!

Ti sei accorto, caro Claudio, della mia finale conversione?

Per anni avevo scritto speróm, dai!, con la o chiusa, ed è stato leggendo il tuo saggio che ho avuto l’ispirazione: E se mi fossi sempre sbagliato? Al che ho whatsappato al mio Magister Linguæ Denis Ferretti, il più grande grammatico d’arşân dal tèinp ‘d Carlo Cotica (che altri non è che Carlo Magno), che mi ha detto l’indicibile: si scrive speròm, dai!, con la o magicamente aperta: ò e micca ó! Non è un piccolo, meraviglioso, miracolo? Ricordati, prima di rispondermi, dell’imperituro detto: chi si contenta gode, nonché di quello mammesco: piotôst che gnînto, l ē mej piotôst! Piuttosto che niente è meglio piuttosto. E anche: mej un ôs che in dal fôs! Un fosso magari eterno e surriscaldato, e senza manco un osso da sgranocchiare! Mia mamma era molto credente e, al sabato mattina, con un’amica andava a spazzare e a pulire la chiesa della parrocchia di Santa Croce. Eppure non riusciva a esimersi dal pronunciare, ogni tanto, il detto: che ciavêda ciàpen i frê s’an gh ē mia al paradîş! E io ho preso da lei, come humour… Sono certo che il francescano padre Aldo ne avrebbe riso a crepapelle. Lo sai che quel bistrattato teologo, in una sua omelia, reiterava, gridando con tutta la sua vis, la risposta che gli aveva dato un uomo poco istruito ma verace, quando lui gli aveva chiesto: Lei cosa ne pensa di Dio? E quello gli aveva urlato, con tutta la sua ira: Al drōven! Al drōven! Al drōven! Con la o così atrocemente chiusa e lunga! Lo adoperano!

E quello è il rischio che corre chiunque idealizzi in modo eccessivo alcunché, fosse anche Lui, Dio! Per cui è bello sì, pensare, ma è proficuo agire secondo un pensiero etico (ed estetico) senza però privilegiarlo in modo assoluto rispetto alla nostra quotidiana esistenza. Non esiste nulla di assoluto (a parte la velocità della luce nel vuoto: gran bel mistero!) in questo mi(se)rabile Kósmos! Tutto è relativo, così diceva Albert Einstein. Ancora e sempre: Amen e così sia!, che è sola la preghiera che m’ha insegnato quel Kit Carson.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Claudio Sottocornola, Così vicino così lontano, Editrice Velar, 2023

 

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