“Morgana. L’uomo ricco sono io” di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri: biografia di dieci donne celebri
Morgana ‒ L’uomo ricco sono io è una silloge di dieci racconti di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri imperniati sulla biografia di dieci donne celebri nel loro paese e nel mondo.

Mi secca ammetterlo (perciò m’affretto a dirlo): fino a poco prima di completare la lettura avevo (quasi) deciso di non scrivere nemmeno mezza reazione letteraria a essa. Le mie motivazioni erano tante e abbastanza dubbie.
Non amo granché le opere scritte a più mani, in quanto m’è difficile, per non dire impossibile accostarmi all’anima degli autori, o delle autrici, in questo caso. A volte ce l’ho fatta, quando i singoli capitoli erano attribuiti all’uno o all’altro autore/autrice.
Qualcosa del testo Morgana – L’uomo ricco sono io non è risultato di mio gradimento, anche se la narrazione è per lo più accattivante. Essendo un lettore di sesso maschile mi sono sentito a disagio per talune affermazioni.
Poi mi viene in mente un precedente: Ragazze con i numeri di Roberta Vulci e Vichi De Marchi, per cui mi decido a iniziare a scrivere, anche se non sono ancora certo che arriverò alla fine. Nel frattempo canticchio un celebre motivetto di Doris Day: “Whatever will be will be” (Que sera, sera; in arşân sarebbe Vâga cum la vâga).
Già nel primo pezzo, dedicato alla storia di Oprah Winfrey, celebre anchor woman americana, di cui ignoravo l’esistenza, m’imbatto in quel caratterino che tanto m’inquieta: lo ə (schwa), per cui le autrici (al femminile, ché sono entrambe donne) scrivono “nessun’altra” – anche se poi, talvolta, per esempio a pagina 27, leggo “con i loro figli” – che forse sono tutti maschi. Nella medesima pagina c’è scritto “Quelle ragazze”.
Lo schwa mi disturba non poco, essendo abituato alla diversificazione dei generi di sostantivi e aggettivi. È un fastidio che sono riuscito a superare gradualmente. Ormai sono idoneo ad affrontare un nuovo libro che lo adoperi. Non è che non veda l’ora di leggerlo, o leggerla, se intesa come opera, ma c’è di peggio nella vita, tipo vivere in un paese ormai allo sbando.
Lungi da me l’intenzione di fare un’esegesi di ogni profilo di donna esaminato, perché basta leggere questo bel tomo e si capisce (quasi) tutto. Le autrici sono chiare ed espressive, non c’è che dire.
Morgana era una fata che, nel tempo, è diventata il simbolo della capacità di autodeterminazione della donna. Mi chiedo se sia possibile immaginare, anche un Morgano o una Morgana trans. Non credo vi possa essere una domanda più oziosa (stavo per scrivere sciocca). Sull’argomento si può dire e negare di tutto, ma è saggio cessare di farlo a un certo punto, e poi, esaurita la giusta dose di spirito, cambiare argomento.
Ho sempre ammirato Nadia Comaneci, che pure non aveva la simpatia di un’Olga Korbut, eppure era (quasi) perfetta, una che si meritava il 10 (infatti ne ha presi tanti): io le avrei dato pure la lode. Ma quel suo pensiero in finale di racconto mi fa quasi male: “Piangere non serve, serve non mollare la presa” – specie se sei aggrappata a una parallela asimmetrica.
Faccio una proposta al CIO (qui non uso lo schwa perché non sono riuscito a rinvenirlo al maiuscolo e la forma femminile mi turba abbastanza): concediamo alle ginnaste di cimentarsi nella specialità degli anelli? La ginnastica ritmica, inizialmente solo femminile, ora coinvolge entrambi i sessi.
M’inquieta sapere che il personaggio di Severus Piton, inventato dalla Rowling per la serie di “Harry Potter” sia stato ispirato, come scrive la stessa scrittrice, dalla “mia insegnante, Signora Morgan” – non l’avrei mai detto; e la Rowling scrive ancora: “mi spaventava a morte” – quando vidi i film di quella magica serie, ero già un trentenne adulto e vaccinato, nonché padre di un bimbetto, eppure quel tetro professore mi diede non poco da pensare. Brrrr!
Anche secondo mia figlia, il personaggio più orrendo della sagra non è tanto il malvagio ma tutto sommato prevedibile Lord Voldemort, quanto la viscida e infida Dolores Umbridge.
Stimolata dalla lettura di ‘sto racconto, essendo venuto a conoscenza dell’amore per Jane Austen che la Rowling condivideva col primo marito, mi sono deciso a leggere varie opere della stessa, che già avevo tanto apprezzato per Orgoglio e pregiudizio.
Per cui: Grazie a voi tutte! Anche se m’avete leggermente inguaiato…
A pagina 95, le autrici si chiedono “cosa abbia di Morgana questa signora per bene” – la quale si chiama Joanne. Quelle misteriose iniziali servirono (lo imparo solo ora) per dissimularne il sesso, in quanto un’autrice donna poteva risultare poco gradita al pubblico. Di lei ho letto anche alcuni romanzi della serie Cormoran Strike, in cui lo pseudonimo adottato è del tutto maschile: Robert Galbraith.
“La differenza tra un’opera artistica e chi l’ha creata dovrebbe infatti restare sempre netta perché, quando non accade, può finire che le storie stronchino la vita di chi le ha scritte o che, inversamente, siano esse a pagare il pegno dell’incoerenza di chi le ha raccontate.” – questo è poco ma sicuro, si dice dalle mie parti. In realtà lo è tanto.
Il lettore,che s’immedesima in un personaggio, sappia che è stato almeno il secondo a farlo. Il primo è stato chi l’ha inventato. Se poi il suo carattere non è stato delineato con sufficiente bravura, la colpa principale è del suo nume scrivente. Lo stesso, per chi è credente, vale per gli umani e per il l’ipotetico loro creatore.
Sorvolo sulla questione, che già conoscevo, dell’opinione che la Rowling ha espresso su “Le persone trans” – non perché non m’interessi, ma in quanto io stesso non ho le idee chiare a proposito e questa non è la sede per sviscerare tale importante argomento.
Il racconto sulla Rowling m’ha molto appassionato. Non so se si è notato.
Il discorso sulla bellezza, all’inizio del racconto su Helena Rubinstein, mi lascia perplesso. Non dirò altro se non che è vecchio quanto l’uomo (e la donna). A proposito c’è un detto arşân che calza a pennello: pôvra brutâia se a n gh fós mia piaşâia, povera bruttezza se non ci fosse il fatto che possa intrigare (è stata per anni la mia speranza).
Michela Murgia non era bella da fare impazzire, ma proprio oggi m’è capitato di vedere sul web una sua immagine in cui ella indossa una tunica fiorita, con un cappellino così birichino, ed è così beatamente sorridente, che s’è aperto il mio cuore. Per un attimo ho pensato che fosse ancora qui tra noi. Sigh!
A thing of sympathy is a joy for ever (Keats revisited).
Il finale del racconta su Angela Merkel è: “… ha mostrato che si può raggiungere qualunque vetta offrendo come unico spettacolo la propria ostinata normalità.” – per questa statista avevo una simpatia pari a meno tre, ma dopo aver letto il racconto della sua vita sto riaggiustando i calcoli.
Nel racconto su Beyoncé, c’è una frase che mi disturba: “I mariti si cambiano, I padri purtroppo no.” – il che è verissimo, per quanto la verità in genere duole. Forse qui un paio di schwa non sarebbero stati fuor di luogo.
È di Beyoncé la frase che fa da sottotitolo a quest’opera, essendo stata detta da lei alla propria madre, che la invitava a sposare un uomo con un sacco di soldi.
La chiusa del racconto è cinica: “… gli uomini possono rivelarsi inaffidabili, il denaro non lo è mai.” – non condivido in assoluto tale doxa, che però ha un suo senso relativo.
Mi chiedevo quali siano state le fonti a cui le due autrici hanno attinto. È un pensiero che mi pongo nel leggere a pagina 260 alcune notizie intime su Asia Argento.
Questo è un riporto da uno scritto di Asia: “Mia madre mi massacrava ma era stata a sua volta massacrata da sua madre, è la maledizione che si tramandavano le donne della mia famiglia.” – che Asia è riuscita miracolosamente, e dolorosamente, a spezzare. Complimenti!

Nella famiglia italiana di una volta il padre rappresentava il potere esecutivo, la madre quello legislativo e giudiziario. I figli erano i succubi sudditi. Ora non è più (quasi mai) così, per fortuna. Quello che ho appena riportato è il punto che m’ha fatto decidere di provare a buttar giù questa mia temeraria reazione scritta. Ero quasi certo che non sarei riuscito che a balbettare poche e stentate righe. Sono già alla seconda pagina e fra poco conto di concludere.
L’ultimo riporto dal racconto di Asia lo è anche della silloge stessa: “In queste frasi Asia, senza neppure saperlo, ha condensato l’intento con cui, tre anni fa, è nato il progetto delle nostre Morgane.” – e qui l’eventuale lettore del vostro lettore dovrà leggere l’intero libro per saperlo. Se invece farà come chi, coi gialli della Christie, corre a leggere le ultime due pagine, si sappia che la cosa, pur possibile, non è affatto bella e giusta.
Sono contento che nel capitoletto finale intitolato Sulle illustrazioni, scritto da Luca Fontò, sia stato debitamente inserito, en passant, qualche schwa. Forse anche in noi maschietti non è tutto da buttare. Ma da amare. Speròm dai!
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, Morgana – L’uomo ricco sono io, Mondadori, 2023