Leonardo Sciascia: la Sicilia come metafora dei problemi atavici della penisola

“La lettera arrivò con la distribuzione del pomeriggio. Il postino posò prima sul banco, come al solito, il fascio versicolore delle stampe pubblicitarie; poi con precauzione, quasi ci fosse il pericolo di vederla esplodere, la lettera: busta gialla, indirizzo a stampa su un rettangolino bianco incollato alla busta.” da “A ciascuno il suo”

Leonardo Sciascia citazioni
Leonardo Sciascia citazioni

Voce critica della letteratura italiana, Leonardo Sciascia nasce l’8 gennaio 1921 da una famiglia piccolo borghese, in quella Sicilia che sarà il fulcro della sua produzione letteraria. Dopo aver frequentato l’istituto magistrale, il cui corso di italiano è tenuto dallo scrittore Vitaliano Brancati, riferimento importante per la formazione del giovane Sciascia, si dedica all’insegnamento. Professione che sarà per lui fonte di ispirazione narrativa. E occasione, attraverso un attento approccio pedagogico, per esprimere la sua idea circa la necessità di una società più equa; pensiero che lo spinge a realizzare il saggio Cronache scolastiche, poi confluito in La parrocchia di Regalpetra.

Da cui si evince una sorta di ineluttabilità, riassunta nel principio che l’istruzione non può emancipare le classi più povere dalle loro misere condizioni di vita se, dopo le ore trascorse a scuola, gli alunni sono costretti ad andare a lavorare. Abitudine negativa, che secondo l’insegnante inibisce la sua funzione educativa.

Dopo aver sviluppato una coscienza antifascista, Leonardo Sciascia partecipa al dibattito pubblico attraverso interventi sulla stampa, spesso polemici nei confronti delle istituzioni.

A Racalmuto (Agrigento), suo luogo di nascita, grazie al lavoro presso il Consorzio Agrario costruisce un forte legame con la realtà contadina del luogo, che gli sollecita riflessioni e interrogativi.

Il suo esordio letterario è del 1950 con Favole della dittatura, la cui morale politica emerge in modo chiaro ed evidente.

È il 1957 quando si trasferisce a Roma per ricoprire il ruolo di impiegato presso il Ministero della pubblica istruzione. Ma dopo un anno farà ritorno a Palermo per dedicarsi, oltre che all’insegnamento, alla sua attività letteraria.

Con l’arrivo degli anni Settanta prende parte attiva alla discussione politica, entrando nel 1975 nelle fila del Partito Comunista Italiano con la sua elezione presso il Comune di Palermo. Per uscirne però due anni dopo a causa di divergenze e punti di vista differenti.

Dopo un notevole impegno civile e politico, approdato all’attenzione di critica e pubblico come una figura di intellettuale fra i più significativi del Novecento, grazie a una produzione letteraria di considerevole spessore culturale, il 20 novembre 1989 Leonardo Sciascia lascia per sempre questo mondo. Stesso giorno della presentazione di ‘Una storia semplice’, suo ultimo lavoro.

“A un certo punto della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire è l’ultima speranza.” – da “Una storia semplice”

Saggista, drammaturgo e scrittore intuitivo, Leonardo Sciascia sviluppa una produzione letteraria ampia e variegata, che riflette il contesto sociale della sua Sicilia afflitta da mali secolari. Criticità della sua isola, manifestate dallo stesso scrittore, dichiarando che l’isola è descritta sì come luogo reale, ma al contempo è metafora dei problemi atavici della penisola, e più in generale delle contraddizioni che affliggono l’intera umanità. Con descrizioni d’ambiente oggettive, senza mai cadere nell’autobiografismo.

‘Il caso Sicilia’, come lo scrittore definisce le questioni di cui soffre la Sicilia, sono per lui un palcoscenico privilegiato per interpretare alcune tendenze negative della società e della politica italiana, e non soltanto della Sicilia, crocevia di ambiguità e contraddizioni di un territorio dove legalità e illegalità si intrecciano inesorabilmente.

Ed è grazie alla sua voce, e alla denuncia sul degrado sociale e politico, se per la prima volta entra nel dibattito pubblico la questione mafia. A cui segue nel 1963 l’avvio della Prima Commissione parlamentare sul tema.

Nei suoi romanzi, Sciascia si confronta con la spinosa questione, mettendo in luce l’ipocrisia e la connivenza che si stabiliscono tramite le relazioni tra le istituzioni e il potere criminale.

I protagonisti dei suoi romanzi sono spesso individui divisi fra la sottomissione al potere malavitoso e la denuncia di soprusi, anche a rischio di mettere in pericolo la propria vita.

L’analisi critica messa in campo dallo scrittore, sostenuta da intuizioni che si riveleranno profetiche, avranno un’influenza importante sulle strategie investigative adottate in seguito dalla magistratura, focalizzate sui capitali bancari in mano alle attività criminali.

I mali della Sicilia, si diceva. È attraverso le sue opere che Leonardo Sciascia indaga a fondo i malumori della sua isola, rifiutando il concetto di una Sicilia passiva.

I personaggi da lui descritti sono inseriti in un reale contesto ambientale e sociale difficile, che si origina da un sistema che favorisce pochi privilegiati, a livello locale e nazionale, a discapito della gente comune. Durante il quale affronta temi con un tono dolente che rispecchia la sua tensione morale. La corruzione politica, ad esempio, la manipolazione dei media, questioni che gli costano la definizione di autore disincantato, ma la cui penna rivela il desiderio di verità e un alto senso della giustizia.

Secondo il suo pensiero i mali della Sicilia risalgono a un tempo lontano. Affondando addirittura le loro radici nel movimento risorgimentale, che ha deluso le aspettative del popolo desideroso di un riscatto mai avvenuto. Oltre che essere stato defraudato da quel bene prezioso rappresentato dalla terra, il popolo è stato privato anche della speranza di un futuro migliore in cui riporre fiducia.

A differenza di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con cui l’autore si confronta, la cui visione fatalista della Sicilia viene rifiutata da Leonardo Sciascia.

Sono i primi anni Sessanta del Novecento quando il letterato definisce la propria identità di scrittore inaugurando due filoni principali: il poliziesco di ambientazione contemporanea e brevi racconti-inchiesta fondati su documenti ufficiali che affondano nella storia, quale campo di indagine in cui identificare le cause degli atavici problemi siciliani.

Le inchieste di Sciascia sono caratterizzate da una struttura narrativa originale, dove il piano romanzesco e quello saggistico si intrecciano in un unicum davvero coinvolgente. Anche se lui non discerne fra i due generi, senza attribuire ad essi un confine preciso.

Una speculazione su cui si sofferma è l’Inquisizione, per esempio, che si configura come una sistematica oppressione dei forti sui più deboli lungo il corso della storia dell’umanità. Che trova un suo riscontro nell’opera Morte dell’Inquisitore (1964).

Sciascia manifesta inoltre una visione della storia come sopraffazione del più forte sul più debole con la riscrittura del Lupo e l’agnello, la ben nota favola di Fedro, non esente da riferimenti della violenza messa in atto del fascismo, da cui l’Italia si è da poco emancipata. Ma la morale del racconto investe una visione più ampia e pessimistica dell’umanità, da cui si evince con chiarezza un messaggio importante: il male è più forte e vince sul bene.

“È una cosa talmente semplice fare all’amore… È come aver sete e bere. Non c’è niente di più semplice che aver sete e bere; essere soddisfatti nel bere e nell’aver bevuto; non aver più sete. Semplicissimo.” ‒ da “Todo modo”

La sua formazione culturale, che lo ascrive come uno dei più grandi intellettuali del Novecento italiano, lo porta verso un’idea di letteratura quale strumento di educazione etica e civile.

Elemento fondante della sua scrittura sono i testi dell’Illuminismo. Corrente letteraria e filosofica di cui apprezza i principi razionalistici che gli permettono di sfuggire dall’irrazionalità e alla tendenza al sogno proprie dei suoi concittadini.

Il suo stile efficace riferisce le molteplici sfaccettature della realtà che gli si offre come spunto di riflessione sulla eterna dicotomia tra verità e menzogna, tra giustizia e ingiustizia.

Differenziandosi da altri autori per una fusione tra narrazione e impegno civile, tra indagine psicologica e critica sociale.

Anche Alessandro Manzoni è per Sciascia un importante riferimento storico, oltre che fonte di studio. Così come Luigi Pirandello, suo conterraneo, in cui rintraccia l’essenza della mentalità siciliana, la cosiddetta ‘sicilitudine’, neologismo coniato dallo stesso Sciascia.

Rinomato per l’uso di un registro di scrittura semplice, lo scrittore denota grande abilità nell’affrontare tematiche complesse di rilievo sociale in maniera lucida e diretta. In cui la narrazione è intesa come strumento per sviluppare un’idea complessa e renderla di più facile fruizione; elaborata con un tono realistico, l’esposizione è asciutta e assume talora il registro tipico della cronaca.

“Io divido l’umanità in cinque categorie: ci sono gli uomini veri, i mezzi uomini, gli ominicchi, poi — mi scusi — i ruffiani e in ultimo, come se non ci fossero, i quaquaraquà. Sono pochissimi gli uomini, i mezzi uomini pochi, già molti di più gli ominicchi: sono come bambini che si credono grandi. Quanto ai ruffiani, stanno diventando un vero esercito! E infine i quaquaraquà, il branco di oche.” da “Il giorno della Civetta”

Autore prolifico, è grazie al suo spirito anticonformista se Sciascia si schiera apertamente denunciando le condizioni delle classi più disagiate, che trovano spazio nelle sue opere.

In merito alla sua produzione, è d’obbligo ribadire che è attraversata da un grande senso di giustizia sociale, teso a cercare una verità che vada oltre a quella proposta quotidianamente dalla cronaca giornalistica.

Solo per citare qualche titolo delle sue opere, esemplificativo per conoscere e apprezzare un grande della letteratura italiana del Novecento, è dovere menzionare Il giorno della civetta (1961), il cui spunto è tratto dall’omicidio di un sindacalista ucciso dalla mafia nel 1947.  Todo modo (1974), A ciascuno il suo (1966), da cui è stato tratto un film. La scomparsa di Majorana e L’affaire Moro sono due opere in cui l’occhio indagatore di Sciascia si sofferma su inchieste di vicende reali dai contorni oscuri.

“La stupidità va d’accordo con la malizia sempre.” ‒ da “Il mare colore del vino”

Leonardo Sciascia - citazioni
Leonardo Sciascia – citazioni

L’influenza di Sciascia, testimone di una tradizione di critica sociale che va oltre il suo tempo, ha avuto un impatto importante sulla letteratura italiana; tanto che nelle sue opere, a tutt’oggi di stretta attualità, si possono rintracciare alcune situazioni presenti nella odierna società italiana.

La sua scomparsa ha rappresentato un vuoto culturale enorme per il mondo della cultura.  Tuttavia, le sue opere, lette e apprezzate e parte di programmi didattici in scuole di diversi ordine e grado, sono un invito quindi a non dimenticare uno scrittore che continua a essere un faro e un esempio di impegno intellettuale di rara rettitudine. Confermando che la letteratura può essere strumento di riflessione e di denuncia e capace di scuotere le coscienze.

Noi siamo quel che facciamo. Le intenzioni, specialmente se buone, e i rimorsi, specialmente se giusti, ognuno, dentro di sé, può giocarseli come vuole, fino alla disintegrazione, alla follia. Ma un fatto è un fatto: non ha contraddizioni, non ha ambiguità, non contiene il diverso e il contrario.” ‒ da “Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia”

 

Written by Carolina Colombi

 

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