Vincitori e finalisti del Contest letterario “L’inquilino dalla modica follia”
“Ogni forma terrena ha un segno distintivo, una sorta di difetto di fabbrica che serve a separarla dal divino. Ogni creatura però, di contro, ha il dono della spinta evolutiva, di modo che pure l’essere destinato al rasoterra, possa ambire al volo.” ‒ Antonietta Fragnito
Si è conclusa il 16 luglio 2023 a mezzanotte la possibilità di partecipare al Contest letterario “L’inquilino dalla modica follia” promosso da Oubliette Magazine, dall’autrice Antonietta Fragnito e dalla casa editrice Tomarchio Editore.
La giuria del contest (Alessia Mocci, Antonietta Fragnito, Manuela Orrù, Stefano Pioli, Carolina Colombi, Daniela Balestra e Filomena Gagliardi) ha decretato i 14 finalisti dai quali sono stati selezionati due vincitori per ognuna delle categorie in gara.
Il premio per ciascuno dei vincitori consiste nell’invio di una copia del romanzo psicologico “L’inquilino dalla modica follia”.
Oggi, vi presentiamo tutti i finalisti ed i quattro vincitori ex aequo del Contest.
Tutte le opere partecipanti al Contest possono essere lette cliccando QUI.
FINALISTI
SEZ. A
“Io sono Vita” di Grazia Mastromarco
“Ci sono stanze quasi vuote” di Tania Scavolini
“Sveglie come grilli” di Alberto Accorsi
“La mia terra profuma ancora di viole” di Lucia Lo Bianco
“Non m’importa niente” di Serena Pusceddu
“Mani” di Franco Carta
“Gira la giostra (e la scimmietta ha perso la sua coda)” di Massimo Apicella
SEZ. B
“La fiaba dell’albero e dell’uomo” di Fabio Soricone
“Un’ora una storia una vita” di Teresa Stringa
“Eptacaidecafobia condominiale” di Mario Borghi
“L’ascensore” di Pietro Rainero
“Il giovane perseguitato” di Vincenzo Giusepponi
“Sogno” di Franco Carta
“Un immaginario Giudice Accusatore” di Linda Motti
OPERE VINCITRICI
Sezione A
“Io sono Vita” di Grazia Mastromarco
Ad ali spiegate
plano sulla pelle
increspata del mare
e respiro senza tiranti
il profumo inebriante
della Vita.
Io Sono Vita.
Scorre dentro i miei vasi
inarrestabile un potente
inno all’esistenza.
Reazioni a catena
senza sosta procedono
nel loro canto di gioia,
sgranano un rosario
imperterrite dentro
ogni mia cellula.
Un eterno movimento
inebria gli occhi vigili,
un’onda ruba il posto ad un’altra
in un’instancabile staffetta
che grida con potenza
la forza della vita.
La bora lascia il passo alla brezza,
la corsa rallenta in
un placido cammino,
la pelle vellutata vira
a grinze ossute e consunte
la luce decade
nella carezza della notte,
l’ira diviene lieto perdono.
Il cambiamento è l’essenza
del tempo che mi è offerto,
la vita muta forma
e sembianza,
romba suadente
dentro questo vento leggero
dentro la mia penna che scorre,
dentro il mio sangue
che diviene parola,
il mio cibo
che diviene pensiero.
Io sono Vita
e grido la bellezza
inaudita del cosmo,
grata al creatore instancabile
che alita in ogni molecola
di ossigeno che mi tiene in Vita,
nella chioma che mi incornicia il viso
e che offro al vento
che spira impalpabile,
ubriaco di Vita.
“La mia terra profuma ancora di viole” di Lucia Lo Bianco
(Dedicato a Franca Viola*)
Sono venuta qui, dove la terra
sposa la luce trasparente dell’aurora
e caldi abbracci vestono i ricordi
di cielo e mare e corse all’infinito.
Sono venuta qui, come Proserpina
giocando con le onde a primavera,
ignara del destino preparato nella notte,
nel regno buio odiato pure dagli dei.
Sono venuta qui e ho visto metamorfosi
di mani e di violenza cieca e bruta
e donne calarsi nelle vesti senza amore
e giorni rincorrersi nel sangue dell’oblio.
Sono arrivata mentre ogni gesto
perdeva ogni profumo ed innocenza
e mille volti oscuri e sconosciuti
spingevano carezze sulla pelle.
Sono rimasta sola ad aspettare
la fine di una storia non voluta
mentre una sorda ribellione
cresceva nelle vene palpitanti.
E adesso sono cristallo di fanciulla
senza sogni, crisalide che attende
la sua forma, tra odori accecanti
e fiori appassiti nel giardino.
Ma la speranza profuma ancora
di viole delicate tra le erbacce
e la mia terra ha i colori della sera
dentro i miei occhi dischiusi di bambina.
*Franca Viola è stata la prima donna a rifiutare nel 1966 il matrimonio riparatore che avrebbe cancellato il reato di violenza del suo stupratore, contribuendo così a cambiare il Codice. «Io non sono proprietà di nessuno», dice, «l’onore lo perde chi le fa certe cose non chi le subisce».
Sezione B
“Eptacaidecafobia condominiale” di Mario Borghi
Egregio signor amministratore,
questa mattina, a causa del forte vento, un vasetto di fiori dell’inquilino dell’interno 8, il solito che lascia oggetti incustoditi sul terrazzo, sempre lui, ha mandato in frantumi il vetro della finestra del bagno nell’appartamento in cui abito, in affitto, situato al terzo piano, interno 9.
Per farla riparare, ho chiamato immediatamente un falegname-vetraio mio amico il quale, però, non riusciva a smontarla perché c’era il lavandino di mezzo – lei sa quant’è piccolo il mio bagno – allora ho dovuto chiamare un idraulico – mio fidato conoscente – affinché rimuovesse anche il lavandino. Visto che non era stato preventivamente chiuso il rubinetto principale dell’acqua, a un certo punto il bagno ha iniziato ad allagarsi. L’idraulico così è scivolato e ha sbattuto la testa sul pavimento, dov’è rimasto privo di sensi, abbracciato al lavandino che stava smontando. Io allora sono corso subito giù nell’atrio a chiudere quel rubinetto, ma ho dimenticato le chiavi di casa e un’improvvida corrente d’aria ha fatto sbattere la porta d’ingresso, chiudendomi fuori; dopo avere suonato per mezz’ora il campanello, visto che nessuno mi apriva, senza pensarci due, volte ho chiesto al vicino dell’interno 8 un’ascia e sono finalmente rientrato nell’appartamento. Comunque, poiché l’idraulico continuava a giacere immobile, però respirava e gli batteva il cuore, sempre abbracciato al lavandino, sul pavimento del bagno, bloccando il falegname-vetraio, che stava iniziando a dare segni d’impazienza perché non riusciva più a muoversi e aveva un sacco di cose da fare, ho chiamato un’ambulanza. L’unico modo per tirare fuori entrambi, e soprattutto per caricare quanto prima l’idraulico sull’ambulanza prontamente arrivata (e sulla quale è stato infilato ancora abbracciato al lavandino), è stato quello di abbattere la sottile parete che separa il bagno dalla cucina e passare da lì. Siccome sono muratore, non ho avuto problemi. Avrei, sì, potuto far uscire tutti dalla porta del bagno, però lei sa quant’è stretto il mio corridoio, oltretutto è a “L”, quindi avremmo avuto difficoltà nello svoltare con l’idraulico abbracciato al lavandino, sicuramente ci saremmo incastrati, così abbiamo preferito non rischiare. Tenga quindi presente che le sbeccature, e i segnacci, presenti lungo le pareti del vano scala sono dovuti al passaggio delle persone di cui sopra, che sono dovute scendere a piedi – lei sa quant’è piccolo l’ascensore.
Le scrivo dunque questa mail, gentilissimo geometra, anzitutto affinché voglia provvedere con cortese sollecitudine – preferibilmente entro oggi venerdì 17, ma non per superstizione – a informare il padrone di casa di quanto le ho appena scritto, non lo faccio io in quanto abbiamo litigato per via di una vecchia storia di tapparelle. Poi le sarei grato se vorrà procurarmi un lavandino provvisorio per il bagno e alcune tavole per chiudere l‘apertura lasciata dalla finestra. Le assicuro che provvederò a sistemare tutto nel minor tempo possibile, compresa la parete sottile che separa(va) il bagno dalla cucina.
Infine, consiglierei di far controllare i tubi condominiali del gas, perché sento un fastidioso odore provenire dalla parete che ho abbattuto e vorrei che venissero scongiurate eventuali espl
“Il giovane perseguitato” di Vincenzo Giusepponi
Conobbi una storia triste, ma interessantissima.
Viveva in un Paesino sperduto tra i monti un giovanotto un po’ matto che veniva da una famiglia proletaria in cui c’erano stati altri casi di mezza pazzia.
Questa famiglia era rispettata come onesta da tante altre famiglie e persone, ma alcune famiglie e persone invece odiavano tutti i componenti di quella famiglia perché dicevano che erano pazzi criminali, stupidi, trasandati e gente da carcere, o da ricovero.
Questo giovane era sempre deriso e insultato dagli alcuni giovani del Paesetto e aveva preso anche il complesso di inferiorità, l’incertezza psicologica e la fobia di passare davanti al bar di piazza quando c’erano i giovani più scalmanati e viveva della bassa pensione di invalidità che aveva, nonostante alcune famiglie che odiavano la sua lo avessero ostacolato quando fece la domanda di pensione all’INPS, perché non volevano che si sapesse che era insultato e ricattato da diverse persone cattive in Paese, che erano i soliti prepotenti che comandano in ogni quartiere, o Paesetto ed erano uomini adulti e anche giovanotti, oltre ad alcune delle loro mogli che non erano migliori di loro.
Il ragazzo a 18 anni prese la patente di guida dell’auto e la famiglia glie ne comprò un’utilitaria di seconda mano. Quando in Paese si seppe della patente i soliti malvagi maldicenti si scatenarono contro il povero giovanotto e lo insultavano di più dicendogli che era un criminale a guidare l’auto con la pazzia che aveva e invece aveva il certificato medico psichiatrico e il permesso della scuola guida.
Ne lui, né la sua famiglia avevano mai avuto guai con la legge e quindi poteva avere la patente di guida.
Dopo avuta la patente questo giovane portava con sé i suoi in auto per andare nei Paesi vicini a fare la spesa, per una gita di un giorno un po’ più lontano e qualche volta per andare a passeggio nella città vicina.
I malvagi caporali che lo odiavano avevano fatto tanta maldicenza cattiva contro di lui che le ragazze avevano paura di accettare la sua corte e così non aveva mai filato con nessuna, né in Paese, né nei comuni vicini.
Quando passava con la sua piccola utilitaria per il Paese spesso qualcuno dei cattivi prepotenti lo perseguitava insultandolo frequentemente e per questo preferiva guidare verso i Comuni vicini, dove conosceva poca gente e i prepotenti che lo odiavano erano pochi.
Però questi continui insulti avevano fatto peggiorare molto la sua stabilità mentale, già compromessa fin dalla nascita per ereditarietà e lo psichiatra gli aumentò le medicine per stare tranquillo.
Un brutto giorno guidava molto agitato dopo essere stato insultato per l’ennesima volta dai caporali locali e per malaugurato errore travolse e uccise una donna del Paese.
Il verbale dei Carabinieri fu preciso e gli tolsero la patente per due anni, ma era stato un delitto colposo.
I soliti maldicenti del Paese dicevano sempre in giro che era stato invece un criminale e non era solo un errore, perché i mezzi matti non devono guidare, ma tacevano sempre che erano stati loro a farlo sbagliare alla guida quel maledetto giorno di primavera.
Quindi il giovane andò in depressione e le cure psichiatriche furono più frequenti, ma sempre con la mutua. La sua famiglia già soffriva per gli insulti che i maldicenti del Paese facevano sempre contro il giovane e anche contro di loro, suoi parenti stretti, quasi come fossero gli scemi del villaggio.
Quando la cura antidepressiva dette i sui frutti ed era passato qualche mese dal funerale della povera donna travolta il giovane non si ricordò di non passare a piedi davanti il solito bar centrale di piazza del Paesetto antico e ovviamente i giovanotti lo insultarono come sempre con mezze parole e anche con parolacce intere.
Stavolta però, dopo tanto tempo che era chiuso in casa, speravano di averlo allontanato dalla vita civile del Paese e si arrabbiarono molto vedendolo passare per piazza come fosse un ergastolano pericoloso e mezzo matto evaso dal carcere di massima sicurezza.
Così due o tre giovinastri lo avvicinarono e a spintoni lo minacciarono di rinchiudersi in quella fogna che era la sua tana-casa, insieme con i suoi familiari brutti, cattivi e mezzi matti.
Allora il giovane perse le staffe e dette uno schiaffo a uno dei giovani prepotenti che lo spintonavano. Non lo avesse mai fatto. I giovani teppisti cominciarono a picchiarlo selvaggiamente e senza pietà e la vittima cadde a terra cercando di ripararsi dalle percosse. Uno dei picchiatori gli diede un calcio sulla testa mentre era a terra dolorante e lo uccise sul colpo.
I giovani picchiatori scapparono e qualcuno chiamò un Medico e i Carabinieri, ma il giovane perseguitato era già morto.
La famiglia della vittima pianse molto e fu aiutata un po’ di più da alcune famiglie buone del Paese.
Al processo i giovani furono quasi tutti condannati a pochi mesi ed essendo incensurati con la condizionale uscirono subito di prigione, meno che il ragazzotto che aveva sferrato il calcio mortale che fu condannato per omicidio preterintenzionale e con le attenuanti andò per quindici anni in prigione, ma per buona condotta uscì dopo solo 10 anni e si diceva in Paese che era stato raccomandato da persone ricche e potenti, come anche gli altri picchiatori scarcerati subito, anche se erano tutti e quattro solo operai e di famiglie proletarie come quella del semi pazzo perseguitato e poi ucciso in atto di rabbia in una colluttazione.
MORALE DEL RACCONTINO:
Ora io direi che questi malvagi persecutori dovrebbero essere controllati meglio, possibilmente prima che commettano danni irreparabili, o comunque gravi, ma so che non è affatto facile lottare per un mondo migliore.
I vincitori saranno contattati via e-mail per l’invio del premio.
Complimenti ai vincitori, finalisti e partecipanti!
Davvero complimenti ai vincitori!
Grazie Marco, anche la tua opera è molto bella, però capita talvolta di non essere selezionati, non perché non sia interessante la partecipazione ma perché semplicemente capita che sia così nei contest.
Grazie! L’importante è divertirsi e partecipare, come disse la volpe all’uva! ;)
Il giudizio dei giurati è insindacabile, ma discutibile. A mio parere, vi erano altre opere più meritevoli (sarebbe bello, in futuro, conoscere le motivazioni dei giurati)