“Il sanatorio” di Sarah Pearse: l’errato paragone con Shining di Stephen King
Il romanzo “Il sanatorio” di Sarah Pearse è stato paragonato a “Shining” di Stephen King, ma vi tolgo subito l’illusione: al di là del fatto che si tratti di un hotel dove delle persone restano bloccate da una tempesta di neve, non troviamo nessun’altra somiglianza.

La trama mi pareva avvincente, perché partiva dal presupposto di un vecchio sanatorio posto sulle Alpi svizzere, trasformato in un hotel di lusso. Dove qualcuno, col viso coperto da una vecchia maschera per la respirazione usata nei casi di tubercolosi lì curati, uccide gli ospiti bloccati dalla tormenta.
“È come se il tempo si fosse preso l’anima dell’edificio, lasciando dietro di sé i segni marci della malattia”.
Elin è una poliziotta inglese sospesa dopo un brutto caso che l’ha particolarmente scossa, soffre di attacchi di panico e non sa più cosa farà nella sua vita, se continuare nella propria professione, oppure no.
Così spiega il suo malessere: “Elin non ha mai sopportato le cose strette. Retaggio dell’asma. È strano, pensa, che la sua claustrofobia non sia rivolta solo al di fuori, ma anche dentro di sé. Quell’orribile sensazione di essere intrappolata all’interno del suo corpo”.
Lei e il fidanzato vengono invitati nell’hotel dal fratello di lei, Isaac, per la sua festa di fidanzamento con Laure.
Elin ha dei conti in sospeso col fratello, delle asperità che forse sarebbe ora di appianare.
Appena arrivati la strada viene bloccata da una frana e cominciano le sparizioni di alcuni membri del personale.
L’hotel è un posto inquietante che ricorda il sanatorio che è stato in passato, e non solo. Elin comincia ad indagare, supportata dalla polizia svizzera per telefono, dal momento che non possono intervenire fisicamente dato le condizioni climatiche avverse.
Scopre che lì delle donne venivano trasferite da una clinica psichiatrica tedesca, dove venivano usate come cavie per degli orribili esperimenti.
Elin è piuttosto approssimativa come detective, si muove decisamente male in questa indagine: “Tante persone che le raccontano solo metà della storia… È rimasta un passo indietro per tutto il tempo”.
Leggendo non si comprende subito chi possa essere il colpevole, ora si è indirizzati verso un nome, subito dopo verso un altro.
La seconda parte diventa più scorrevole e adrenalinica, anche se non del tutto brillante.
La scrittrice non scrive male, ha anche delle frasi piuttosto ben riuscite: “Si era dimenticata di come ci si sente quando non si lascia che la vita semplicemente accada, ma se ne diventa parte. Cosa si prova quando si cambia il corso degli eventi, quando si decide di agire”.
Però è tutto l’insieme: la famiglia di Elin e il passato irrisolto, la storia del sanatorio, i protagonisti, il loro muoversi non incisivo.

Tutto messo nello stesso calderone con alti e bassi che non giovano alla trama.
C’è poi l’errore dell’incontro nella tempesta di neve con una marmotta, impossibile! Sono animali che vanno in letargo!
Un romanzo che avrebbe potuto essere decisamente migliore, perché aveva tutte le basi per esserlo; discreto, ma non ottimo.
© 2022 Newton Compton Editori
ISBN 978-88-227-6628-1
Pag. 381
€ 3,90
Written by Miriam Ballerini