La casa dei Tarocchi #24: “Esoteric Tarot” di Ronald Decker
Dalle città del Rinascimento i Tarocchi arrivano a noi, uomini e donne del Terzo Millennio, insieme a tante storie affascinanti, reali e immaginarie, che li riguardano.

Alcune narrazioni sono leggende che, dal Quattrocento in poi, si sono articolate, sempre più suggestive, per approdare nei testi degli esoteristi. La privilegiata è senza dubbio quella che racconta la nascita dei Tarocchi dal pensiero di Thoth, il dio dell’antico Egitto che ha a che fare, tra gli altri argomenti, con i numeri, con la geometria, con l’astronomia e anche con il gioco.
“Tutta questa conoscenza occulta si trova compresa all’interno di una teosofia detta Ermetismo, che fonda la filosofia greca con la teologia egizia” scrive Ronald Decker.
Il mito ermetico delle carte arcane le rappresenta in quel “là e allora” esotico che fa di Thoth/Ermes il fondatore dell’Ermetismo, connesso a Ermete Trismegisto – il tre volte grande – che sta alle origini dell’alchimia, ma la concretezza dei Trionfi, proprio come sono concreti i geroglifici, inventa e dà, a ben guardare, effettivamente vita a un nuovo linguaggio, a un alfabeto ricchissimo di elementi sacri e profani. Ed è quest’ultimo aspetto a offrire, secondo l’autore di Esoteric Tarot (trad. italiana di Mariavittoria Spina, revisione di Giovanni Picozza, Edizioni Spazio Interiore) una chiave per trovare la mediazione tra i punti di vista.
“Alcuni moderni tarologi hanno variamente sostenuto l’egittomania e lo pseudokabbalismo. Ai magi egizi e ai mistici ebraici viene tutt’ora chiesto di spartirsi i meriti delle origini dei Tarocchi con i maestri sufi, samaritani, rosacroce, indù, antichi massoni, ierofanti eleusini, adoratori di Madre Terra, baccanti dionisiaci, caldei, saggi celti e sacerdoti babilonesi. Nessuno di questi gruppi, compresi i sacerdoti egizi e i rabbini ebrei, ha mai affermato di aver inventato i Tarocchi, ma i tarologi produssero imperterriti teorie su teorie riguardo all’origine dei Tarocchi, sfidando tutti i dati storici.”
Decker non liquida il nucleo originale della teoria egittomane; piuttosto, lo amplifica mantenendo il focus sul linguaggio.
“Le mie interpretazioni dei geroglifici dei Tarocchi ci porteranno ad approfondire il misticismo pitagorico, la magia dei talismani e le funzioni astrologiche dette lotti della sorte o parti. Inoltre, ho identificato nel Bagatto la figura del Genio, di colui che dispensa i lotti della sorte. Sarebbe davvero geniale se la sua carta fosse stata la prima di una sequenza di 22 lotti della sorte! Con queste premesse, l’uso rinascimentale dei Tarocchi come strumenti divinatori diventa plausibile e perfino probabile. Tuttavia, le prove di cui disponiamo attualmente sembrano sottolineare la pratica di un tipo di divinazione intesa come analisi caratteriale e non tanto come esplicita previsione della fortuna. Per la cartomanzia vera e propria dovremo aspettare di raggiungere con la nostra ricerca il XVIII° secolo.”
Così scrive l’autore, mentre esplora approfonditamente il Mondo delle carte e cita, tra gli altri innumerevoli autori, letterati e storici, Girolamo Bargagli (1537-1586), accademico senese.
Nel suo Dialogo dei Giuochi, il Bargagli afferma: “Ho anche visto giocare al gioco dei Tarocchi, e a ogni partecipante venne dato il nome di una carta. Poi vennero declamate ad alta voce le ragioni per cui a ciascuno era stato assegnato proprio quel Tarocco.”
Questo è decisamente un utilizzo creativo che io stessa conosco molto bene e pratico abitualmente, nell’intreccio tra Psicodramma e Tarot Art, cinquecento anni dopo il Dialogo del Bargagli, che accende un modus operandi ludico, quello stesso sguardo che lo storico Johan Huizinga ci indica come culturale. Il fare cultura giocando. Non posso che sottoscrivere, nel “qui e ora” del Mondo.
E il Nilo? E la simbologia che offre la mitologia egizia sopra un piatto d’argento? Gli dei del Mar Rosso e del Mediterraneo fanno capolino dalle immagini degli arcani maggiori a partire dalla revisione operata dagli esoteristi francesi, così come appaiono e si radicano nei secoli tanti altri elementi simbolici, gli stessi che Carl Gustav Jung ci offre come abitanti immaginali di un ricco “inconscio collettivo”.

Lo storico dell’arte Ronald Decker non è uno psicologo, bensì un coltissimo specialista in antiche carte da gioco; è stato curatore di carte antiche presso la US Playing Card Company. Nel suo saggio ci guida alla riscoperta delle fonti dei Tarocchi, e lo fa sulla base di documenti, quali ad esempio la Collezione Bertarelli del Castello Sforzesco di Milano, o gli Atti Memorie delle Reali Deputazioni di Storia Patria per le province Modenesi e Parmensi in G. Campori, e indaga il tema con scrupolo, nonché con evidente passione.
Che i ventidue archetipi colorati chiamati Tarot, Tarocchi, arcani maggiori, Lame, Trionfi, uniti sin dagli albori al mazzo di semi minori, siano un gioco iniziatico che offre decine di possibilità di utilizzo creativo, è un concetto che oggi viene riconosciuto da tarologi e accademici; questo punto di vista può creare dialogo tra gli intellettuali e gli appassionati di simbologia operanti a più livelli, anche se l’accordo corale, il Mondo vivo, esiste già quando ci si immagina dare senso al viaggio che dal Matto porta alla realizzazione del seme del Sé. Un’esperienza che non incontra scenari divinatori fino al 1700, fino alla figura emblematica di Etteilla, indovino della città di Parigi.
“Etteilla cercò l’influenza kabbalistica anche nelle carte dei Trionfi” cambiando soggetti e tematiche, rimescolando agli arcani maggiori le carte da gioco nei semi francesi (Quadri, Cuori, Picche, Fiori). Insinuò nei Tarocchi elementi simbolici egizi, inventò, immaginò. Nonostante tutti i cartomanti che seguirono le sue orme e che ancora nascono e crescono all’ombra delle mantiche, nonostante Court de Gébelin e il Conte de Mellet, i Tarocchi restano uno strumento ludico, un impianto narrativo, un’impresa psicologica che racconta la storia individuativa di ogni errante “Io”.
Come terapeuta mi interessa più che altro il piano del Tarot-Telling, mi preme l’area artistica, creativa, dei Tarocchi, che vivo e pratico attraverso il mio metodo, il Tarotdramma®. Eppure, forse perché il mistero è accattivante per l’anima avventurosa che vive in me, la storia dell’esoterismo legato alle carte, nel modo denso di riferimenti puntuali e di numerosi schemi grazie alla ricerca così ben sviluppata da Ronald Decker in questo saggio, mi ha letteralmente inchiodata alla sedia.
Gli archetipi astrali, le decadi pitagoriche, i lotti di Marco Manilio, le “porte” di Gikatilla: mi sono addentrata nei meandri del possibile con fare da Matto, mi sono persa e ritrovata in un labirinto che dura da secoli.
Meraviglia, ho scoperto tante nuove tracce!
Ma di che gioco iniziatico si tratta? Esoteric Tarot illustra un mondo ricco di bellezza tra l’Umanesimo e il Rinascimento, soffermandosi principalmente sulle icone dei Tarocchi di Marsiglia. Una buona parte del testo è dedicata alla trattazione dei temi cabalistici, alchemici, astrologici. Lo sguardo dell’autore è quello di chi ha costruito negli anni una conoscenza tanto analitica quanto estesa, una consapevolezza del tema che offre a noi lettori l’idea viva di un alfabeto arcano che, perché no, in un certo senso è davvero simbolicamente ‘egizio’, così come suggerisce il prefatore Emanuele Mocarelli, rispetto a questa “miniera enciclopedica”, riportando un estratto dal libro – “Secondo la presente teoria, i Trionfi dei Tarocchi sono esempi precoci dell’entusiasmo rinascimentale per la creazione di nuovi geroglifici.”. (p.137).
I Tarocchi, secondo la definizione tipica dei dizionari comuni, sono “una serie di carte raffiguranti certe allegorie che costituisce un mazzo a divinazione o da gioco”.

Ronald Decker narra storie di “egittomania”, una tendenza in voga a partire dal Rinascimento italiano. Di certo, suggerisce, l’inventore delle carte dei Tarocchi era un grande appassionato ammiratore dell’Egitto. Nel paese del Nilo, la scrittura geroglifica era quasi magica, secondo i neoplatonici. Ma certamente era riservata agli scribi, ai privilegiati, perché ci voleva un rango elevato per accedervi. Anche per i cristiani fu messa in luce la tendenza neoplatonica del cercare significati multipli all’interno di immagini particolari e livelli di significato.
“I Trionfi dei Tarocchi non sono le vestigia di un Libro di Thoth sopravvissuto dall’antichità. Tuttavia essi sono geroglifici.”
E si tratta di geroglifici rinascimentali progettati con riguardo per le invenzioni attribuite a Thoth, la cui reputazione si estese oltre l’Egitto. Gli umanisti del Rinascimento lo avrebbero conosciuto attraverso la riscoperta degli antichi manoscritti.
La Virtù sta nel mezzo, e in ogni leggenda troviamo davvero un po’ di verità… dell’anima. Questo è il messaggio, filo rosso che resta acceso dalla lettura del saggio di Decker.
Written by Valeria Bianchi Mian
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