“Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello: la fragilità individuale nella modernità
Il fu Mattia Pascal, pubblicato a puntate dal 16 aprile al 16 giugno 1904, è indubbiamente l’opera che consacra Luigi Pirandello al successo internazionale.
Al fine di dichiarare inequivocabilmente l’identità letteraria dell’opera è possibile individuare delle caratteristiche tematiche peculiari come l’autorappresentazione ironica e paradossale del narratore in prima persona che già dall’incipit palesa il carattere atipico della sua vicenda (egli è morto per ben due volte) che rivela come nucleo tematico il dissidio che intercorre tra nome ed identità personale;
Seconda tematica peculiare è lo stile riflessivo della sua prosa: Mattia Pascal non s’interroga tanto sul registro linguistico consono a narrare la sua vicenda, quando piuttosto sulla possibilità stessa di narrare qualcosa.
L’atto narrativo tradizionalmente presupponeva la centralità dell’individuo ed una consequenzialità lineare da un punto di vista casuale e temporale. Ora la scoperta del relativismo e la consapevolezza dell’infinita insignificanza dell’uomo inficiano la fattualità di qualsiasi atto creativo.
“Non mi par più tempo, questo, di scriver libri, neppure per ischerzo. In considerazione anche della letteratura, come per tutto il resto, io debbo ripetere il mio solito ritornello: Maledetto sia Copernico”.
La componente tradizionale non viene tuttavia soppiantata: Pirandello con estrema abilità riesce a far collimare lo sperimentalismo con il riuso di stilemi della grande narrativa ottocentesca definendo il Fu Mattia Pascal come romanzo molto più tradizionale di quanto potrebbe apparire;
Il connubio tra comico e tragico raggiunto tramite la non fossilizzazione di aspetti patetici anche in situazioni potenzialmente drammatiche. La messa in evidenza di aspetti particolari e grotteschi traslano scene eccessivamente seriose in una sapiente orchestrazione comica.
Inoltre il gioco linguistico, con estrema abilità, fa sì che la vis comica si riveli in battute taglienti e ironiche: la messa in rilievo di dettagli e la scomposizione grottesca dei ritratti;
“Scivolava tutto: gli scivolavano nel lungo faccione, di qua e di là, le sopracciglia e gli occhi; gli scivolava il naso sui baffi melensi e sul pizzo; gli scivolavano dall’attaccatura del collo le spalle; gli scivolava il pancione languido, enorme, quasi fino a terra, perché, data l’imminenza di esso sulle gambette tozze, il sarto, per vestirgli quelle gambette, era costretto a tagliargli quanto mai agiati i calzoni, cosicché da lontano, pareva che indossasse invece, bassa bassa, una veste, e che la pancia gli arrivasse fino a terra”.
La centralità della dimensione riflessiva che si manifesta in continui inserti metanarrativi.
“Ah, un paio d’ali! Come mi sentivo leggero! Il sentimento che le passate vicende mi avevano dato della vita non doveva avere più per me, ormai, ragione d’essere. Io dovevo acquistare un nuovo sentimento della vita, senza avvalermi neppure minimamente della sciagurata esperienza del fu Mattia pascal. Stava a me. Potevo e dovevo esser l’artefice del mio nuovo destino, nella misura che la Fortuna aveva voluto concedermi”.
La vicenda del fu Mattia Pascal assurge a storia esemplare della fragilità individuale nella modernità: venuta meno l’individualità eroica ed integra che si definisce nei contrassegni sociali che la determinano, a sopravvivere è l’individuo ormai fragile, inconsistente, che scopre a sue spese il vincolo delle consuetudini e delle norme sociali.
Ogni individuo, per essere tale, non può prescindere da una identità riconosciuta e conclamata, senza di essa infatti non godrebbe né di diritti né di tutele.
Written by Manuela Muscetta
Bibliografia
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal, Einaudi