“Medea” tragedia di Euripide: cronaca di una modernità annunciata

La persistenza dell’antico nel moderno si espleta mediante alcuniTòpoi” classici che pur conservando delle caratteristiche originarie, hanno attraversato le varie epoche, rinnovandosi continuamente di modo da rappresentare le istanze di ogni tempo.

Euripide
Euripide

Figura esemplare in questi termini è quella di Medea trattata da Euripide nella omonima tragedia del 431 a.C., che dopo la messinscena del tragediografo ha riscosso un importante successo.

Il mito della donna straniera, ampiamente radicato in un mondo primitivo e al contempo denso di fascino, ha prodotto innumerevoli riconfigurazioni e ri-semantizzazioni nel corso del tempo.

La Medea di Euripide, ambientata nel momento successivo alla spedizione degli Argonauti, si configura come una tragedia che pone in primo piano il dramma dell’identità e dell’alterità, le problematiche connaturate alla condizione femminile e quelle legate agli ostili e travagliati processi di integrazione in terra straniera. La pregnanza delle tematiche sollevate la rende di una sconcertante attualità.

Lo scenario narrativo del mito in questione sembrerebbe alquanto ricorrente e noto: un marito abbandona i figli e la moglie per una donna più giovane e ben vista. La donna abbandonata è Medea, maga, principessa straniera, barbara: “xenos” (estranea), “barbaros” (colei che non parla il greco), “agrios” (selvaggia), “apolis” (senza città), ma in primis una donna priva di qualsiasi diritto.

Medea reagisce ai torti subiti e la sua “virilità” prorompe violentemente: con totale consapevolezza di sé attiva la vendetta, macchiandosi di figlicidio.

Ed ecco allora che il suo dramma, in Euripide, si innalza a disamina politica e sociale, caricandosi di un portato dalla disarmante attualità, divenendo veicolo attraverso cui esplorare la realtà. Se Medea è stata infatti raccontata da tutti, lo è stata in quanto figura che allude e rimanda all’identità ed ai problemi di tutti coloro che a lei si accostano polarizzando, di fatto, una vasta gamma di tematiche antropologiche.

Il carattere poliedrico di Medea la pone in primo piano nel ventesimo secolo, sublimando questo mito a mito della contemporaneità e prospettando l’antico come modello per il futuro.

Essa si erge a simbolo rivoluzionario, ricoprendo di fatto il ruolo di “guerriera della libertà”.

Medea - Painting by Anthony Frederick Augustus Sandys - 1866-1868
Medea – Painting by Anthony Frederick Augustus Sandys – 1866-1868

La sua storia altri non è che quella di una donna sfruttata che reagisce all’apparente ineluttabilità delle cose esemplificando non tanto una storia di conquista di potere, né tantomeno il mero racconto di una donna rinnegata, bensì una tragedia che allude ad una serie di significati: è il dramma di una subalterna, di una donna straniera senza patria e senza rifugio.

È questa l’evoluzione di un personaggio secondo un modulo espressivo più vicino alla sensibilità moderna. La complessità di questo dramma si offre come chiaro esempio di quanto il mito e la tragedia possano risultare vicini e accumunare noi moderni.

Legittimo è dunque il contatto con l’opera antica: Medea non si riduce alla monolitica fissità significativa e totalizzante bensì protende a condensare livelli semantici eterogenei anelando a diventare il corrispettivo simbolico per gli antichi ma anche per noi moderni, una sans papiers.

Rimane infatti una “senza-patria” sempre, comunque e ovunque.

Medea appare come una delle donne più autentiche e complesse dell’intero corpus mitologico: è una straniera in un frame culturale greco, aliena in una società ostile.

Ella è due volte outsider: donna in una società patriarcale e barbara in una Grecia civilizzata.

Medea si erge come estranea al mondo, diversa con una triplice valenza: donna in una società prettamente androcratica, straniera giacché barbara rispetto all’autoctono ed infine maga in una società predisposta a valorizzare il pensiero logico-concettuale.

Nella compagine del mondo greco antico Medea si erge a presenza scandalosa che sconvolge i limiti e confini che disciplinano la polis.

La stessa sessualità da agente discriminatorio diviene in Medea atto di ribellione: lo sconvolgente figlicidio si afferma con prepotenza come evento eversivo che interrompe il fino ad allora immutabile ed indiscusso ordine sociale sancendo una frattura che mette in discussione il consueto.

Jason and Medea - Painting by John William Waterhouse - 1907
Jason and Medea – Painting by John William Waterhouse – 1907

Opponendosi a questa logica androcratica rivendica la gestione ed il possesso del proprio corpo e dei figli.

Ed il gesto per quanto aberrante attesta e sancisce la sua libertà con un deciso slancio destrutturante. Medea attua tutto ciò uscendo dallo spazio domestico in cui era confinata e protendendo ed agendo nello spazio Altro fino ad allora appannaggio degli eroi maschili.

In questo senso Medea ha potuto essere vista come un’icona femminista che impersonifica una forza disarticolante, un’autentica metafora vivente.

Dunque la storia di Medea non è la mera storia di una rabbiosa vendetta bensì una tragedia che esprime la quintessenza dell’alterità. Medea siamo noi, la sua estraneità ci appartiene, il suo mondo lontano e incomprensibile è in noi.

 

Written by Manuela Muscetta

 

 

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