“La stanza dei coralli” di Valeria Munari: la memoria è l’unica nostra salvezza

Quando nacque mio figlio fui sorpreso nel sentire l’augurio di una certa Angelina, insegnante d’italiano a Praiano, che quando parlava al di fuori dell’ambito scolastico prediligeva utilizzare il vernacolo imparata nella sua prima giovinezza, confidando nella sua maggiore espressività. Nell’accarezzare il pargolo di pochi mesi disse: da ‘nu poco ‘e schifezza nasce a criatura.

La stanza dei coralli di Valeria Munari
La stanza dei coralli di Valeria Munari

L’insegnamento che ne trassi è che tutto nasce da qualcosa d’informe e a volte maleodorante. Sortisce, trasformando qualcosa in qualcos’altro. E siamo tutti composti di quella materia informe e bruta, che nasconde e protegge la parte migliore, che si può definire la nostra essenza.

Muore Dario e si crea una storia. Se fosse sopravvissuto al suo male incurabile, un’altra storia sarebbe scaturita, o un’altra ancora.

I processi sono illimitati, imprevedibili e quasi tutti immaginari.

Dario scrive una lettera al padre e la imbuca nell’incerta cassetta del futuro. Si sa che una particella emessa prima o poi arriva da qualche parte, costi quel che costi.

In essa Dario chiede al papà, che da tempo aveva cessato di svolgere la mansione di genitore, un estremo favore: “Vorrei che le ceneri fossero sparse in tre luoghi immensamente importanti per me, che Christian conosce benissimo.Christian è l’uomo di Dario.

Il padre, Pozzi Villani, ha trascurato la famiglia, tanto da perderla del tutto, per seguire la sua carriera di avvocato. Ora pare che nella vita non gli resti che seguire le sue pratiche legali.

Il figlio, da vivo, era come morto per lui.

Da morto, ora sta resuscitando nella sua anima, per cui, contrariamente a ogni aspettativa, egli accetta l’incarico ricevuto dal figlio.

Durante il viaggio Christian cerca di attaccar bottone con Pozzi Villani, il suo anomalo suocero, che non ha mai accettato l’omosessualità del figlio. Che però interrompe il discorso del mancato genero dicendo che, anche se ha “accettato di seguirla per rispettare le ultime volontà di un defunto”, non per questo è disposto “a fare conversazione sulla vostra, come dire, situazione. Mi faccia la cortesia e si astenga.”

I due arrivano anche ad alzare la voce l’uno contro l’altro e questo, paradossalmente, consente l’instaurarsi fra loro di un abbozzo d’intimità.

Da un lato c’è un artista arredatore, alto, atletico, bello, giovane, dall’altro c’è un avvocato anziano e di bassa statura, incurvato dalla vita, che si arrossa facilmente stando al sole.

I due si fronteggiano, privi di simpatia reciproca, con in comune solo quella persona di nome Dario, amato da ognuno dei due a modo suo, in entrambi i casi in modo egoistico.

Dario ora è l’inevitabile diagonale che unisce questi due opposti.

Christian e Pozzi Villani iniziano a dialogare, ma è una vera fatica per entrambi.

Il giovane vedovo narra un aneddoto. Dario si butta all’improvviso dalla barca ed emerge dall’acqua con “un urlo disperato di dolore”.

Christian lo tira sulla barca a fatica e nota che è pieno di meduse che lo stanno ustionando.

Lo porta all’ospedale e lì, Dario, “non era che un bambino ferito, con gli occhi azzurri arrossati dal pianto” che riesce a fatica a dire all’amico “che sapeva di aver commesso un’idiozia, ma lui era così che si sentiva. Una medusa. Un essere venefico che provoca dolore in tutti coloro che si avvicinano, ferendo anche quelli che ama e costringendoli a stargli lontano. Da quel giorno Christian decise che Dario era l’uomo più meritevole di amore che avesse mai incontrato.” E lo amerà, con trasporto e simpatia, in un rapporto come tanti, costellato ogni tanto da piccoli egoismi.

A quel punto del racconto di Christian, “il vecchio trasalì”, al ricordo che in quell’ormai lontana primavera, Dario gli aveva comunicato la propria omosessualità.

Anche il padre di Dario si sente una medusa. Per una sua sbadataggine, aveva causato la morte di Linda, la moglie, la madre di Dario, e da allora la sua vita pareva non essere cambiata in nulla all’esterno, ma dentro lo sapeva solo lui come si sentiva.

Le meduse mantengonole distanze ustionando e lasciando cicatrici.”

Tutti noi moriremmo nell’angoscia, se non fosse per lei: “la memoria è puttana ma salvifica.”

Pozzi Villani amava sia Linda che Dario, “nonostante tutto…”. Ma era appassionato a quel tutto, nonostante loro.

I due inaspettati solidali compiono il tragitto previsto in tre tappe da Dario, in cui Pozzi Villani incontra tante persone che, parlando del suo figlio perduto, destano la sua umanità, da troppi anni seppellita da tonnellate di scartoffie e da impegni stringenti che valevano più della vita delle persone che lo amavano e che lui amava a modo suo.

Christian e lui stanno ora condividendo queste esperienze. Sono insieme, ma non sono ancora granché intimi, e non lo saranno forse mai. I loro lati sono però ora adiacenti. E si lambiscono anche senza il tramite del loro amato e benevolo spettro.

I corallisono antichi, almeno quanto il mondo”, scrive in un tema un ragazzino. “Lo sanno di essere belli, anche se sono tutti diversi.

Valeria Munari
Valeria Munari

Sulle terre emerse chi è diverso è scandaloso, e c’è sempre qualcuno che lo fa sentire colpevole. Di che cosa? Di essere “un non si sa cosa”, in continua evoluzione, sempre distante dalla media, difforme dalla regola comune, deprecabile errore di sistema, colpevole inciampo nel percorso evolutivo dell’umanità.

Anch’io, come quel ragazzino, amo la mia diversità e, anche se la mia specialità non so quale sia, quel che conta è che sia mia e che sia pronta a donarsi all’Altro.

A me è piaciuta questa storia che difende il concetto di un amore fatto di consapevolezza che, per entrare nel circolo, necessita di tappe.

Non serve una conversione immediata, perché l’amore è un processo che segue un percorso segnato. Si può arrivare al paradosso secondo cui un amore dura di più se lo si raggiunge al termine di un tragitto lungo e accidentato. Un amore che non lascia ferite, che non ustiona, non permette di raggiungere quella cognizione che ti fa dire: solo ora che non c’è più capisco quant’era essenziale per me.

Occorre diffidare di quelle conoscenze che ti vengono regalate dalla vita, senza che tu compia un sacrificio, che non comportino un dolore, anche un’umiliazione a volte o una perdita che pare irrimediabile.

Forse non c’è nulla di più vero.

La vita è un perenne travaso di energia, che non prevede né vuoti né pieni, ma scambi continui di risorse.

Non esiste il Nulla, e nemmeno il Tutto. Ma è dalla mancanza di omogeneità, dalla differenza di potenziale, che si crea, nel bene e nel male, la tensione esistenziale.

È sempre attuale la storia di Orfeo e Euridice, di Tristano e Isotta: una presenza non sarà mai significativa quanto un’assenza. Entrambe servono per proseguire quell’arcano viaggio spazio-temporale che si chiama esistenza.

Le realtà presto cessano, si deteriorano e si trasformano. Tutto deve accrescersi e diminuirsi, variare il proprio stato, annullarsi e riformularsi, in un perenne e mai esausto E = mc2.

Le idealità virtuali hanno una loro vita quasi eterna.

Se la morte di un corpo è inevitabile, lo dovrà essere anche una sua resurrezione.

È bene ricordarsene e provare una riconoscenza imperitura a quella santa e strabenedetta meretrice, a cui accennai poc’anzi.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Valeria Munari, La stanza dei coralli, 2015

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

OUBLIETTE MAGAZINE
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.