Le métier de la critique: Luis Sepúlveda, scrittore dall’ampia visione sociale e umana
“Il sole continuava a picchiare forte. A tratti pensavo al prigioniero che si cuoceva là dentro e subito stornavo i pensieri. Non erano affari miei e non mi piaceva star lì. Maledicevo quella guerra nella quale ero volontariamente coinvolto, quella dannata guerra che si prolungava sempre più di quanto avevamo pensato…” – Incontro d’amore in un paese in guerra, Luis Sepúlveda
Era il 16 aprile 2020 quando lo scrittore cileno Luis Sepúlveda, residente nelle Asturie (Spagna), perdeva la sua battaglia contro il Coronavirus, nemico mortale di gran parte dell’umanità. Una perdita irreversibile, non solo per i suoi affezionati lettori, sgomenti dalla sua scomparsa, ma per l’intero mondo letterario, rimasto privo di una figura di alto spessore intellettuale che, grazie alla sua penna brillante, avrebbe avuto ancora molto da dire e vicende da raccontare.
“La donna si sorprese a fissare, senza vederlo, lo schermo acceso del televisore…” – Incontro d’amore in un paese in guerra, Luis Sepúlveda
Narratore e giornalista, Sepúlveda nasce nel 1949 in provincia di Limarì (Cile), in un ambiente domestico dove respira un’atmosfera intrisa di accese convinzioni politiche, che sarà una spinta per essere votato anche lui alla politica, come i suoi predecessori, e non soltanto alle lettere. Passioni non scindibili, le quali, intrecciate in stretta connessione l’una all’altra, sono condizioni costanti della sua esistenza. Dalla parte giusta però, in difesa della democrazia e in opposizione a ogni tipo di regime totalitario, in un’incompatibilità che segnerà la sua vita e la sua narrativa. Fin da giovanissimo dimostra di essere versato alla scrittura, inclinazione che, terminato il liceo a Santiago, lo porta a studiare produzione teatrale presso l’Università Nazionale.
Leader del Movimento studentesco, nel 1969 ottiene una borsa di studio presso Mosca, a conferma della sua valenza quale intellettuale di prim’ordine.
Ma ben presto l’Unione Sovietica lo espelle, in quanto considerato ospite non gradito per aver intrattenuto rapporti con dissidenti sovietici.
Rientrato in Cile si iscrive al Partito Socialista, e in veste di guardia personale del presidente Salvador Allende segue il suo operato politico.
Della cui amministrazione entrerà a far parte, con un incarico nel dipartimento degli affari culturali, durante il quale mette in atto un’iniziativa importante: dà alle stampe edizioni economiche dei classici, con l’intento di raggiungere un’ampia platea di lettori e diffondere cultura.
Quando, nel 1973, il generale Augusto Pinochet sale al potere, in seguito ad un colpo di stato, Sepúlveda è arrestato e torturato, e detenuto in carcere per oltre 2 anni. Sarà poi rilasciato grazie all’intervento di Amnesty International, con la formula degli arresti domiciliari.
Ma la condizione a cui è costretto non gli consente di esprimere il suo talento letterario, anche perché impossibilitato a entrare in relazione con gli intellettuali del suo tempo, il cui scambio culturale è linfa vitale per la sua produzione.
E, contravvenendo agli obblighi che gli sono stati imposti decide di evadere: unica opzione possibile per vivere una realtà che gli è stata arbitrariamente negata.
Sollecitato dalla sua passione politica, mette in piedi un gruppo di drammaturgia, che sarà il primo centro culturale della Resistenza, in dissenso con il regime militare vigente in Cile.
Arrestato, questa volta viene condannato all’ergastolo con l’accusa di essere un sovversivo. Condanna mutuata poi in 28 anni di prigione, e successivamente in 8 anni di esilio da trascorrere in Svezia, dove gli viene assegnata una cattedra per insegnare letteratura spagnola, grazie ancora all’intervento di Amnesty International, di cui diventa un membro attivo.
Ma la sua vocazione politica, lo porta a eludere la sorveglianza e a non raggiungere la Svezia, ma a rifugiarsi in Uruguay. Ma anche qui, il regime totalitario che governa il paese lo spinge a trasferirsi altrove e a raggiungere San Paulo del Brasile.
Ma la stagione politica di Luis Sepulveda non si ferma qui; successivamente raggiunge il Paraguay e poi l’Ecuador.
“L’auto imboccò la curva a più di novanta, le ruote si lasciarono sfuggire un lamento di gomme e la donna s’aggrappò al sedile senza perdere la sua espressione di tedio…” – Incontro d’amore in un paese in guerra, Luis Sepúlveda
La sua battaglia in difesa dell’ambiente, non marginale, che parallelamente al suo impegno di scrittore segna la sua esistenza, lo porta a partecipare a una spedizione patrocinata dall’UNESCO, sperimentando sul campo la condizione degli indios Shuar, comunità dell’America Latina con cui per un lungo periodo condivide l’esistenza. Al fine di studiare la loro relazione con l’habitat naturale che gli è proprio, oltre che la loro organizzazione sociale. Deducendone infine, che a causa della stretta correlazione con il loro territorio, non è applicabile il modello politico di tipo marxista all’etnia Shuar.
È il 1979 quando, a fianco della brigata Simon Bolivar, raggiunge il Nicaragua per lottare con la comunità nicaraguense e ottenere diritti a essa preclusi.
Dopo quest’esperienza raggiunge l’Europa dove può esercitare la professione di giornalista senza troppe restrizioni. Il suo amore per la letteratura tedesca lo porta in Germania: è l’occasione per approfondire Novalis e Hölderlin, autori da lui già amati e parte del suo bagaglio culturale.
Si sposta poi, in veste di reporter, in Africa e in America Latina dove ha modo di avvicinarsi a realtà raccontate con perizia e che toccano la sua sensibilità.
Approdato già da tempo alla questione ecologica, il suo impegno a difesa dell’ambiente si esplicita nel 1982 con l’adesione a Greenpeace. Da prima in veste di membro dell’equipaggio, e poi come coordinatore dell’organizzazione.
Tornato nel 1989 in Cile, successivamente raggiunge la Spagna dove ha vissuto fino al 2020, anno della sua scomparsa.
“Ricordò, guardando i ciuffi di iris dolcemente cullati dal vento, che quella sera si era fermato nello stesso parco a fumare una sigaretta e a reprimere l’euforia che lo travolgeva…” – Incontro d’amore in un paese in guerra, Luis Sepúlveda
La visione di Luis Sepúlveda, come uomo e come intellettuale, è permeata da una grande libertà di pensiero che lo distingue da altri a lui coevi. Lontano da vincoli letterari già conosciuti, la sua narrativa riflette la sua sensibilità.
È una produzione letteraria ampia, la sua, che si esplicita con una connotazione ben precisa. Che è quella di attraversare argomenti e approfondimenti fra i più svariati. Sempre, però, con uno sguardo attento rivolto a problematiche di carattere sociale, le quali riflettono le sue esperienze esistenziali, che in alcuni casi diventano quinta scenografica dei suoi libri.
L’ambiente, in primis, che si esprime con la denuncia delle brutali attività che l’uomo ha messo in atto nei confronti della natura. Nello specifico, è spesso è il Sud del mondo a essere protagonista del suo universo letterario, dove l’intervento umano ha danneggiato l’ecosistema del luogo. Quasi al limite dell’irreversibilità.
Nei suoi scritti, inoltre, si possono rintracciare riflessioni di carattere politico inserite in un contesto avventuroso dove, a temi quali l’amicizia o il rispetto delle diversità, anche ambientali, si accompagna un grido di denuncia. Il tutto, affinché l’uomo arresti la sua corsa e provveda immediatamente a riparare i danni che ha procurato al pianeta.
Espressioni narrative, quelle di Sepúlveda, che si possono considerare emblematiche e altamente significative, che talvolta evocano un registro linguistico crudo e realistico, rude e audace, mentre in altre occasioni il suo stile diventa raffinato, toccante, grazie al sapiente intreccio di parole e frasi che fa delle sue opere un unicum narrativo che arriva a colpire il cuore del lettore.
È la fine degli anni ‘80 quando Sepúlveda dà alle stampe il suo primo romanzo: Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, il cui protagonista, Antonio José Bolivar, vive in povertà ai confini della foresta amazzonica. I suoi unici beni sono una fotografia della moglie e dei romanzi d’amore che legge ripetutamente per sconfiggere la sua solitudine. Che però avverte perché custodisce in sé un ricordo inalienabile, ovvero il periodo in cui ha vissuto a stretto contatto con gli Shuar, di cui ha conosciuto e amato la natura con la sua forza primordiale.
Del 1995 si ricorda Patagonia express, che raccoglie riflessioni e racconti di un viaggio in Patagonia e nella Terra del fuoco, durante i quali l’avventura accompagnata da aspetti misteriosi e ignoti rappresenta una forma di vita autentica. Ed è grazie all’abilità vivida e descrittiva dell’autore che viene rappresentata la geografia di quell’angolo del continente americano che trova posto nel Sud del mondo.
Nel 1996 Luis Sepúlveda raggiunge un successo mondiale nel 1996 con Storia di una gabbianella e un gatto che le insegnò a volare. Racconto altamente significativo, quasi un’allegoria da cui si evince che la massima qualità di un essere è l’aiuto da dare agli altri nei momenti di difficoltà.
Ancora una storia di animali in Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico. Pubblicato nel 2012 si racconta della simbiosi che si è creata fra un gatto e un topo. Anche in questo caso una storia di amicizia capace di oltrepassare i limiti, molte volte imposti da pregiudizi assurdi.
Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa è romanzo del 2018 in cui l’autore fa uso di una metafora per denunciare i danni che gli uomini mettono in atto nei confronti del mare, un bene prezioso che andrebbe tutelato ad ogni costo.
“Con gli sbirri non si deve discutere, tanto meno quando si presentano in squadra e con i ferri puntati. Muovendomi lentamente infilai una mano nella tasca interna della giacca ed estrassi il passaporto prendendolo con due dita…” – Un nome da torero, di Luis Sepúlveda
È certo che, seppur Luis Sepúlveda ha perso la sua più importante battaglia, quella della vita contro la morte, il suo pensiero non sarà mai vanificato, grazie al rapporto empatico che lo scrittore cileno ha imbastito con i suoi lettori, che continueranno ad amare e apprezzare il suo universo narrativo, unico e inimitabile, realizzato con il suo particolare modo di raccontare.
“È finita, pensai, supponendo che fossero membri di uno squadrone della morte a cui, per qualche ragione, avevano fatto omaggio del mio nome…” – Un nome da torero, di Luis Sepúlveda
Written by Carolina Colombi