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La casa dei Tarocchi #8: ma quale Giustizia?

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Scrive Giordano Berti nella prefazione a “Vit(amor)te che senza dubbio “nelle arti tutto si rinnova sistematicamente a partire da ciò che preesiste: nella musica, nella danza, nelle arti visive, nella letteratura. Tra gli esempi più mirabili di questo continuo rinnovarsi, il Gioco dei Tarocchi è assolutamente emblematico”, e rimescolando le carte comprendiamo il Gioco della Vita.

La casa dei tarocchi 8 - La Giustizia
La casa dei tarocchi 8 – La Giustizia

Da dove arrivano i 22 passaggi di questa danza immaginale?

Volendo datare un oggetto in una forma ben definitascrive ancora Bertisi può dire con assoluta certezza che i Tarocchi nacquero nell’Italia del Nord nei primi decenni del Quattrocento.

Erano un raffinato gioco di Corte, perché quelle immagini evocavano pensieri lontani dalla gente del popolo. Ben presto divennero un gioco d’azzardo e tuttavia i giuristi lo definivano in modo ambiguo dato che nel gioco dei Tarocchi si può vincere anche con pessime carte… come in guerra”.

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La Legge è uguale per tutti?

Se “tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri”, di certo questi ultimi non sono i suini orwelliani, bensì gli esseri umani. Sulla terra, i cuori degli uomini e delle donne pesano ben più della piuma di Maat, e poiché dell’aldilà non c’è alcuna certezza, ci limitiamo a farci spazio con il nostro modus operandi specie-specifico sin da quando il Tempo ce lo consente. Spadroneggiamo in lungo e in largo. Nell’economia del pianeta siamo quelli da ‘due pesi e due misure’: ciò che vale per noi in termini di possesso ed uso del territorio non vale per le altre specie.

Giuseppe ha perso un agnello per via di quei lupi che i tuoi amici animalisti hanno reintrodottodichiara il prozio Piero, convinto sostenitore della caccia, attività che riguarda lui e i suoi progenitori da due milioni di anni almeno, e del diritto all’allevamento. Il campo è dell’agricoltore, il pascolo è del pastore, il bosco è del cacciatore, la strada è dell’automobilista, la gallina è dello stesso Piero, con tutte le uova d’oro che potrebbe, se solo volesse, produrre.

La Legge della vita e della morte è uguale per tutti, ma per gli esseri umani è certamente un po’ più uguale. Da questo livello in poi, è tutto un gioco di potere e di sgambetti da fare a individui, gruppi sociali, etnie, popoli…

Bilanciamenti

La prima bilancia della mia vita è stata analogica, costruita in legno e ottone. La prima bilancia era quella con la quale mio nonno mi permetteva di giocare la domenica pomeriggio: i pesi allineati in ordine di grandezza erano oggetti magici, elementi preziosi creati dalle sue stesse mani. Negli anni ‘70 gli utensili da cucina erano giochi preziosi ben più di quanto possano essere oggi per i nativi digitali. La bilancia del nonno persiste nella mia mente, s-oggetto di memoria antiquaria proveniente da storie genealogiche. Forse il nonno se l’era portata dietro da Venezia e l’aveva condotta con sé a Milano, perché lui sapeva occuparsi al meglio delle proporzioni, dei pesi e delle misure, dei limiti e dei confini. Claudicante per via della poliomielite che lo aveva colpito da piccolo, era un uomo retto, dritto nell’anima come un fuso ma equilibrista in continuo adattamento tra il Bene e il Male, tra il cristianesimo e l’idea della reincarnazione, tra la terra e il cielo. Rimasto vedovo da giovanotto con cinque figli, si era occupato di loro e della propria madre senza mai risposarsi; aveva accolto in casa la mia bisnonna in qualità di unico figlio sopravvissuto tra i figli di quella ragazza rimasta a sua volta sola con sette pargoli. A volte la Giustizia non muove i piatti con troppa generosità e, se questi traballano, ricerca nella linea del sangue gli stessi identici assestamenti e opera attraverso bizzarre compensazioni.

La bisnonna Carlotta era piccola e snella, una fanciulla piena di mocciosi intorno e sotto le gonne ampie, costretta a cedere una parte del proprio pane, il latte e le uova ai soldati impegnati sulla linea del Piave.

Pesi o fardelli, carichi, zavorre

Nel 1916 Carlotta rincorreva i giovani fanti lungo la riva del fiume gridando “fioi d’un can!” – così narrava lei stessa, ridendo, a 106 anni, poco prima di lasciarsi andare oltre un’esistenza davvero lunga e, negli anni della vecchiaia, piuttosto serena. I ragazzi la prendevano in giro e spruzzavano acqua di qua e di là, divertendosi un mondo, credendo di scandalizzare quella bella vedova italiana con la loro prorompente nudità.

Mi piaceva l’idea di mettere ogni peso al proprio posto, come i tasselli di un puzzle nella storia di famiglia e, sopra i piatti di ottone levigato, liscio come gli stessi pesi, andare a calcolare il punto di un ipotetico equilibrio perfetto. Ce n’era uno piccolo piccolo, minuscolo gioiello, un peso di poco più grande dell’unghia che abbelliva il mio mignolo di bambina. Immaginavo di essere leggera come quel peso, una fatina dalle ali candide, sottile abbastanza da passare nella cruna dell’ago e guadagnarmi un Paradiso di vita. Non posso lamentarmi di Dike, questo è certo: nel suo equilibrare i momenti piacevoli e costruttivi alle Torri in rovina, è stata fino ad ora decisamente generosa. O, forse, è stata giusta per me. Vedremo il seguito, poiché sono disposta a rimettermi molto a lungo al suo sapiente giudizio.

La giustizia - Tarocchi Visconti Forza
La Giustizia – Tarocchi Visconti Forza

Chissà che fine ha fatto quella bilancia vintage nella ridistribuzione dei beni quando il nonno ci ha lasciati? Probabilmente un cugino alla lontana o una zia si sono presi cura di lei ma nella mia memoria di adulta persiste l’azione del pesare, del mettere e togliere piccoli oggetti dai piatti per valutarne la corporeità.

Non sono state tutte rose e fiori, le narrazioni della bilancia. In effetti, non mi è possibile trascurare l’episodio delle tartarughe.

Era tutto pronto per la partenza, in quell’agosto dei miei 5 anni: destinazione Puglia. Mi aspettava uno di quei meravigliosi viaggi sul sedile posteriore dell’automobile, avvolta nella copertina di lana intrecciata: i tragitti tipici dei figli degli anni ‘70. Di certo non era possibile condurre con noi Tina e Lisa, le tartarughe d’acqua delle quali mi prendevo cura da un anno. Completamente digiuno in materia di allevamento dei Cheloni, il nonno si era offerto di accudirle. Spiegatogli per filo e per segno quel che doveva fare, partimmo in allegria.

Forse lui eccedette, o fu troppo parco nella quantità di cibo; forse l’acqua di Milano in estate subì qualche strana variazione che non piacque alle testuggini o forse i pesi e le misure degli eventi lasciarono che la Senza Nome facesse il suo corso.

Al mio ritorno trovai Tina e Lina decisamente ‘cambiate’. Non mi sembravano davvero le stesse. Convinta delle mie sensazioni, mi rivolsi subito al nonno con l’indice accusatore: “N-o-n-s-o-n-o-l-o-r-o!”.

Ancora oggi mia madre non si spiega come io abbia fatto. Con il calibro il nonno aveva misurato i carapaci, con la bilancia le aveva accuratamente pesate, valutando (quasi) alla perfezione ogni aspetto. Eppure, il giudizio del cuore è senza guscio e vale più della precisione della Libra. Ritrovatosi con i due animaletti defunti, l’uomo aveva creduto di ingannarmi a fin di bene, ma il sentimento ha regole che gli strumenti umani non conoscono.

A filo di spada, con azioni e linguaggio

Le dee della Giustizia hanno sempre esercitato un certo fascino su di me, ed è per questo che oggi ne parlo tirando in ballo episodi di vita vissuta e non riferimenti letterari, perché gli elementi che associo a Temi, a Dike, a Maat potranno un giorno essere soppesati da quest’ultima per decidere la direzione del mio viaggio oltre la morte.

Che sia spada oppure bilancia, ogni dote delle divinità femminili che indossano i panni dell’arcano numero VIII mi piace – sarà per via del mio ascendente o per il ricordo dei giochi infantili.

A mia madre aveva detto: “ha un senso autonomo e profondo di Giustizia”, il Professor Camatarri, il defunto docente di Filosofia del Liceo. Non male, per una quindicenne, calcolando che è dai cinque anni in poi che nel bambino si va sviluppando un senso delle regole e della morale che non sia meramente imposto per socializzazione verticale.

Non è una questione di norme sociali, la voce di Dike che risuona dentro l’anima. Non è una legge umana quella dell’equilibrio tra i piatti della bilancia. D’altronde, ero una adolescente sufficientemente trasgressiva per decidere a filo di spada quali parole usare per dire e per dare la mia assoluzione o la giusta punizione ai nemici e agli amici, agli innamorati e ai ribelli nelle questioni affettive.

La Giustizia è di questo e dell’altro mondo – il Mondo del mito. L’Arcangelo Michele e le dee dell’antichità sanno valutare l’incontro tra noi umani e le questioni celesti, sanno metterci in riga con i fatti della vita quotidiana, compensando, aumentando il peso, diminuendo la portata delle faccende, rimescolando le carte.

Se il Karma è l’emblema della Giustizia divina che ti porta a rivivere le stesse sofferenze che hai creato ad altri – se sei Pària, povero, reietto, scarafaggio, vuol dire che te lo meriti – la possibilità di cambiare il destino con una decisione dell’Io è possibile spezzando una lancia a favore di Dike, figlia di Zeus e di Temi. A volte la dea è bendata, come la Fortuna, ma il suo essere connessa con le stagioni e le Ore scandisce un tempo che lascia pensare alla possibilità di riscatto, alla nostra stessa capacità di rialzarsi dalla caduta. Ci sottrae al disordine, al caos, all’arbitrio ma ci lascia certamente liberi di compiere le nostre scelte.

E che fatica che fa questa dea tra gli umani! Ne possiamo disquisire tutti osservando i telegiornali, ascoltando le parole dei nostri politici, seguendo la trama degli avvenimenti di ieri e di oggi. Quante ne avrebbe da dire, poverina, questa sapiente virtù, se potesse gridare con voce diffusa dagli altoparlanti, dalle nubi e dalle onde: Dike e le sue sorelle Ore – la pacifica Irene, la buona governante Eunomia – indicherebbero con gioia agli uomini un livello più alto di esistenza. Purtroppo, la loro eco si confonde nel vociferare dei nostri governanti, nelle aule dei tribunali, nelle piazze delle città.

Non è importante se è giusto o è sbagliato per la morale o per la legge” ripeteva il mio primo analista quando mi incuneavo nell’analisi di un sogno fuori dagli schemi, racchiudendo in un barattolo le arti di Afrodite, il grido di Pan, le velleità di Hermes. L’inconscio ragiona per paradossi, si muove libero di essere: per conoscerlo, non occorre chiamare subito al telefono il proprio avvocato.

Non c’è giusto o sbagliato che conti in un sogno, nell’incubo, nella fiaba. Per lo meno, non durante lo svolgimento della creazione, non quando il daimon parla e chiede il massimo della nostra attenzione cosciente, e domanda rispetto.

La giustizia - Tarocchi di Valeria Bianchi Mian
La giustizia – Tarocchi di Valeria Bianchi Mian

Mi piace soprattutto Maat, ed è lei che ho disegnato sulla mia carta: c’è un cuore aperto sopra uno dei piatti. Non è un mezzo cuore ma proprio un organo spalancato a far vedere al proprio interno il reticolo di intrecci affettivi, affinché lo strumento possa dare la somma di ciò che è stato compiuto, compensando oppure no i crimini di una lunga guerra sentimentale dall’incoscienza della giovinezza alla maturità. Sopra il secondo piatto ho posizionato una piuma che mi ricorda il sogno più importante della mia infanzia. Nel giardino di fronte al palazzo milanese in cui ho abitato da bambina, un angelo o forse un extraterrestre, o un insieme tra i due, giunge dal cielo a consegnarmi una splendida piuma azzurra. La piuma è grande e lucente: “Non sei ancora pronta” dichiara la creatura “ma io tornerò a tempo debito.”

A tempo debito. A tempo credito. Mi dice tornerò.

Anche il tempo, d’altronde, può essere quello giusto, può aprire la brecciaKayros, occasione da cogliere al volo, quello in cui gli dèi possono agire.

Quella piuma azzurra è arrivata negli anni a farmi compagnia; tra le dita si è infilata per portarmi a scrivere libri, racconti, poesie. Era giusto il tempo, corretto il momento.

La Giustizia sa difendersi e lo fa con una spada ben salda nella propria mano, arma dritta, colonna vertebrale, possibilità d’azione.

Quando ci siamo sposati, mio marito ed io abbiamo chiamato in causa i nostri maestri di scherma medievale, una coppia che per noi ha indossato il ruolo di funzionari officianti in un piccolo comune fuori città. Sopra il tavolo, un mazzo di rose e una spada – “simbolo di alta e bassa Giustizia” – brillavano a rappresentare l’impresa appena avviata, la cura e la protezione del focolare. Incorniciata sopra il letto matrimoniale, una pergamena racconta l’arte della saggia difesa di un giardino prezioso.

I semi di Spade ci parlano anche attraverso gli arcani minori. Impugnate verso l’alto a incoronare il cielo, quando occorre richiamano la nostra attenzione sulle battaglie del vivere quotidiano. Ce lo portiamo dentro, il concetto di Spada, quando prendiamo una decisione, quando seguiamo il filo della rettitudine, anche se certe volte vorremmo giocare sporco. Se cadiamo, in ogni caso, possiamo sempre appoggiarci all’elsa. Nessuno è perfetto, d’altronde.

Chi è in grado di difendersi dagli attacchi del mondo, chi gareggia nelle competizioni della vita, provoca spesso sconcerto, soprattutto se si tratta di una donna; ancora oggi la dea della Giustizia passa per quella che non sta al proprio posto, come se lo scranno dovesse essere restituito ogni giorno al giudizio popolare – soprattutto al giudizio nei social network. Se non gireremo la carta, se non saremo timorosi, se non ci vergogneremo di lei e l’accoglieremo come un dono, Giustizia si mostrerà chiara e salda tra le altre ventuno Lame, e manterrà l’impegno, la parola data, la promessa. Oppure, se riterrà sciolto un voto, un vincolo, dichiarerà senza remore la propria posizione, avendo soppesato i pro e i contro in ogni scelta importante.

Il cinema e la letteratura sono pieni di film che tirano in ballo la dea Giustizia in tutte le sue sfaccettature; ri-equilibrio e nemesi, vendetta, la dea che fa i conti, il riscatto… ed io mi sono divertita a scrivere un romanzo che le comprendesse quasi tutte, queste sfumature arcane.

Occorre fare i conti con la forma di Giustizia sottesa al nostro operare, riconoscendola tra divinità che sono tra loro leggermente differenti, pur stando a indicare le sfumature molteplici all’interno di un unico concettodice il Signor Olmi a Riccardo, protagonista del mio romanzo noir “Non è colpa mia” (Golem Edizioni).

 

Written by Valeria Bianchi Mian

 

Bibliografia
Carl Gustav Jung, Mysterium Coniunctionis
Alejandro Jodorowsky, La via dei Tarocchi
Riccardo Mondo e Rossella Jannello, Sogno Arcano. Per un ascolto immaginativo della vita onirica
Claudio Widmann, Gli arcani della vita

 

Info

Rubrica La casa dei tarocchi

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