“Le cronache di Narnia” di C.S. Lewis: se il seme muore, la vita si rinnova e avanza

1.Il nipote del mago

Le cronache di Narnia di C.S. Lewis
Le cronache di Narnia di C.S. Lewis

All’inizio del primo romanzo, si possono cogliere due citazioni letterarie, la prima è ammucciata: “Forse tuo zio ha una moglie pazza e la tiene rinchiusa lassù” – come capita al protagonista di Jane Eyre. Tre righe sotto, la seconda, è esplicita: “Magari è un vecchio pirata come quello dell’Isola del Tesoro, che si nasconde perché non vuole farsi trovare dai suoi compagni di una volta.” Frequentemente l’autore si rivolge ai lettori con espressioni del tipo: “Come sapete…” etc etc: questo crea un’atmosfera amicale, come quella che c’è fra i coetanei di tutte le età.

I due protagonisti sono due ragazzini Polly e Digory. Questo mi dà da pensare, anche se non so ancora bene cosa. È un mondo poetico e sorgivo, che si sviluppa paragrafo dopo paragrafo, periodo dopo periodo, pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo: in nuce e subito dopo, miracolosamente, in fieri. Pare una creazione (dal nulla) innaturale, come se fosse sempre esistito, ma non ancora reale, un’illusione, uno scherzo, un’allucinazione, un fiat lux ingannevole. Un Eden. Vedremo.

Il solenel sorgere rideva di gioia, e quando i raggi bagnarono la terra di luce i viaggiatori conobbero finalmente il luogo che li ospitava.” Dio mio, si assiste quasi subito a uno scontro di classe: il cavallo si lamenta col cocchiere: “Tu mi legavi davanti a una orribile cosa nera e mi frustavi per farmi correre e ovunque andassi l’orribile cosa nera non mi abbandonava mai

Dovevamo sbarcare il lunario, mio caro – rispose il cocchiere – tutti e due. E se non ci fossero stati il lavoro e le frustate, tu non avresti avuto la stalla, la paglia. Il tuo pastone quotidiano e neppure l’avena. Perché, se ben ricordi, tutte le volte che me lo potevo permettere ti davo l’avena. E questo non tutti lo fanno.”

La risposta dell’equino. variamente argomentata, culmina con un: “In pratica, lavoravo soltanto io.” E la diatriba tra il padrone e l’operaio continua ancora per un bel po’. Il Capo del nuovo mondo, colui che l’aveva ri-creato grazie alla magia del suo canto, il pressoché divino Aslan il Leone, nomina il cocchiere e la moglie re e regina, ma prima chiede al futuro sovrano: “E non farai mai favoritismi, né fra i tuoi figli né fra le altre creature? E non lascerai che qualcuno sia sottomesso a un altro né che venga sfruttato ingiustamente?”

Non ho mai sopportato queste cose, signore. È la verità. E se sorprenderò qualcuno a farle, gli darò io quello che merita.”

Queste due persone semplici (e un po’ illetterate) saranno quindi nominati sovrani del nuovo mondo. E i loro figli? Alcuni regneranno su Narnia, altri in territori limitrofi. Una dinastia di regnanti, in poche parole. Nessuno dei quali potrà mai essere equino. Digory viene mandato da Aslan a compiere una missione: “Al limite estremo del lago c’è un colle verde e ripido, e sulla cima vi è un giardino. Al centro di un giardino c’è un albero. Cogli la mela da quell’albero e portala qui da me.” Alla missione partecipa il cavallo, a cui è stato dato dall’uomo il nome di Fragolino, e che ora riceve dal Leone quello di Piumino. Il creatore del nuovo mondo fa crescere due ali sulle spalle di Piumino. Ai due si aggrega, ben gradita, Polly. Dopo aver sperimentato quanto sia fertile e magica la terra, Digory, pur affamatissimo,ebbe la brillante idea di mangiarne quattro ciascuno e di piantare la nona.” Si parla di caramelle. Nascerà di lì a poco, in quella terra neonata e miracolosa, un albero con dei frutti fantastici al gusto di caramella.

Giunti sul posto stabilito (“Lasciatemi dire che non avevo mai visto un luogo più intimo e riservato in vita mia…”, dice la voce narrante), appare un cartello che intima di non cogliere la frutta per sé; ma solo se è destinata ad altri. Digory scorge la Nemica, la sedicente Regina, in realtà una bellissima quanto ria Strega, che, tutta sola, sta sgranocchiando il frutto proibito e che lo invita a imitarla. È tentatissimo, ma resiste. E finisce per svolgere con onestà la sua missione. Aslan lo ringrazia e gli affida il compito di piantare un albero di quel frutto nel suo vecchio mondo, a cui ora è permesso di tornare.

Sua mamma è da tempo assai malata. Il figlio le fa assaggiare la mela ed essa, miracolosamente, guarisce. Digory seppellisce il torsolo nel giardino di casa. Crescerà una pianta con dei frutti non miracolosi, ma succosi. I più succosi di quel mondo. Allora, dovete sapere (ora tocca a me parlarvi) che i due guaglioncelli erano andati avanti e indietro tra i due mondi, grazie a degli anelli magici, che ora decidono di seppellire per sempre. Quando Digory diventerà un signore di mezza età, utilizzerà parte del legno di quell’albero, che è stato distrutto da una brutta tempesta, per costruire un armadio.

2.Il leone, la strega e l’armadio

Lucy ha un’avventura breve, di quelle che sembrano non finire mai, e che rimangono per sempre e che per anni non si finirà di raccontare ai propri amici, figli, nipoti.

Sono entrata nel guardaroba subito dopo colazione, sono stata via per ore e ore, e bevuto il te e mangiato tante cose buone… me ne sono capitate delle belle, ecco.”

Non fare la stupida, Lucy – ammonì Susan. – Siamo uscite da quella stanza un momento fa e tu eri solo un po’ indietro.”

Nessuno le crede.

Le capita di tornare nuovamente in quel Mondo Altro e stavolta incontra Edmund, uno dei suoi fratelli. Quando tornano, Ed rinnega davanti agli altri due fratelli quello che ha vissuto con lei.

Capita a questi ultimi di parlarne con il Prof più illuminato di tutti i tempi (e che mi fa pensare a qualcuno), il quale dice loro quanto questi non si aspettano: se Lucy normalmente è una persona sincera, probabilmente non ha mentito: o è pazza, o sincera o falsa. Non esiste una quarta possibilità, la seconda è la più probabile e se lei parlava di una porta…: “… se questa porta esiste, dicevo, e Lucy è passata in un mondo diverso dal nostro, non mi sembrava che abbia vissuto in un tempo diverso e tutto suo. Staccato, capite? Puoi stare là delle ore e intanto occupi ‘quel’ tempo e non occupi il ‘nostro’.

I quattro fratelli vengono portati dalla magia, o dal narratore?, in quel mondo… finalmente uniti, ma non solidali. Ed abbandona la schiera e si reca dalla sedicente Regina, tradendo la fiducia dei consanguinei. Non riesce a perdonare loro la disistima che hanno avuto per lui, quando hanno scoperto che aveva mentito su quanto effettivamente era capitato a lui e a lei Polly, in quel mondo fatato. Inoltre aspirava a essere nominato Re dalla Strega, come lei gli aveva promesso. Tutti stanno aspettando Aslan il Leone.

Come non sai chi è Aslan? – Ribatté il signor Castoro, stupito – Ma è il re, il padrone di tutto. Non viene qui spesso, certo, ma è il Signore del bosco.

Il Leone, la Strega e l'Armadio - Le cronache di Narnia film
Il Leone, la Strega e l’Armadio – Le cronache di Narnia film

Se non ci credete, ragazzi: C’è un’antica profezia che dice esattamente così:

‘Il dolore scomparirà, quando Aslan comparirà,

al digrignare dei suoi denti, sfuggon tutti i malviventi;

quando romba il suo ruggito, gelo e inverno è ormai finito;

se lui scuota la criniera, qui ritorna primavera.’

“Lo vedremo anche noi? – chiese Susan.”

“Penso di sì, cara.”

“Aslan è un leone. Anzi, è un gran leone.”

C’è anche chi, una decina d’anni prima, disse: E venne Cristo la tigre.

Occorre stare accorto con tanto felino:

È grande e terribile, ma è buono. È terribile, ma giusto. È il re.”

La Strega è figlia di Lilith, la prima moglie di Adamo; non donna, ma demone del male. Fra gli amici dei buoni non poteva mancare un obeso Babbo Natale, il quale rimarrà nella storia per questa battuta provocatoria: “Le battaglie diventano troppo ignobili, quando combattono anche le donne.”

Difficile argomentare se tale teoria sia scientifica o religiosa, e se rechi onore a chi l’ha pronunciata. La Strega s’inquieta, per miracolo, il ghiaccio sparisce e giunse asperrima per chi è gelido di suo, la Primavera. È sicuramente “opera di Aslan”. Dio mio!

Se pronunci ancora quel nome… – lo interruppe la strega – Se pronunci quel nome ti ammazzo.”

Il leone è splendente, grave, solenne, veramente regale, e fa abbassare lo sguardo a chiunque.

“Aslan scosse la criniera, alzò una zampa (‘Che terribili artigli’ pensò Lucy, ‘tra quei polpastrelli di velluto!’).”

L’io narrante ha una prosa talvolta incerta, ad esempio quando dice: “Forse, certamente anzi…”

Avviene finalmente lo scontro. “Con la grande criniera bionda, Aslan sembrava tutto d’oro, mentre la strega aveva il pallore di un cadavere. Inoltre (il signor Castoro lo notò subito) i suoi occhi evitavano di fissarsi in quelli del grande leone.”

Un certo “Imperatore” (presumibilmente divino) aveva stabilito una Legge all’inizio dei tempi, fra cui un articolo x, comma y, sanciva che un traditore (come lo è stato di fatto Ed) doveva essere consegnato alla Regina-Strega. Aslan e la strega confabulano fra di loro. Al termine di quella trattativa, qualcosa è stato deciso. La Pessima se ne va senza Edmund, si volta e dice:

E come faccio a essere certa che manterrai la promessa?”

Non l’avesse mai detto! Raaauug! – ruggì il leone, e fece l’atto di alzarsi dal trono dove stava seduto.

La strega bianca restò a guardarlo un attimo, sbalordita. Aslan spalancò maggiormente la bocca, lei si raccolse la gonna tra le mani e fuggì a gambe levate.” Sottinteso dell’autore: come una donnetta da poco! Aslan non è un Dio onnisciente, ma una bestia che soffre, un povero cristo anche lui: sembrava immerso in tutt’altri pensieri, quando alzò di scatto la testa, scosse la magnifica criniera e chiese: “Come? Cos’hai detto?” Un Dio al 100% non avrebbe avuto il bisogno di chiederlo, né sarebbe mai stato soprappensiero.

Interessante la pudicizia dell’autore quando non descrive tutti i militi della squadra del male, alcuni troppo orridi: “… altrimenti in casa vi proibirebbero di leggere questo libro.”

Aslan si offre all’olocausto, pochi anni dopo, Altrove, Salvo d’Acquisto. Pare proprio che la Grande Magia sarà rispettata. Dei vili tosano barbaramente il divino martire della criniera. Viene inesorabilmente ucciso. Sai lodata questa Santa e Disgraziata Bestia! Ei fu! Dopo un tempo che non fu lunghissimo, se non per quelle anime in pena, la Bestia sparisce.

Per ricomparire più bella e regale che pria (tra l’altro ci ha messo meno di tre giorni). A chi rimane un po’ basito, “Aslan rispose: Significa che la Strega Bianca conosce la Grande Magia, ma ce n’è un’altra più grande che non conosce. Le sue nozioni risalgono all’alba dei tempi: ma se potesse penetrare nelle tenebre profonde e nell’assoluta immobilità che erano prima del tempo, vedrebbe che c’è una magia più grande, un incantesimo diverso. E saprebbe che, quando al posto di un traditore viene immolata una vittima innocente e volontaria, la Tavola di pietra si spezza e al sorgere del sole la morte stessa torna indietro.”

La Bestia è un essere misericordioso e dice: “Tappatevi le orecchie bambine, perché sento che devo fare un gran ruggito.” … che sconvolgerà la Natura.

La Regina aveva reso come statue tutti i suoi nemici. La Bestia li ha fatti ora risorgere. Compreso un gigante che, caro il mio narratore, tu definisci “un po’ sordo”. Ma non t’è venuto in mente, vecchio mio, che semplicemente le sue orecchie siano un po’ troppo alte rispetto alla bocca di un comune bipede?

Verso la fine del penultimo capitolo del II libro di Narnia, ecco un’immagine simbolica, di cui si potrebbe discutere a lungo (e potrei farlo un giorno, forse…): “Ma la strega era sotto le zampe di Aslan.” Due cenni sulla Bestia Santa (parla il solito signor Castoro): “Va e viene all’improvviso. Un giorno c’è e il giorno dopo non c’è più. Arriva e parte quando meno te l’aspetti. È vero che deve badare anche ad altri paesi, ma il fatto è che non gli piace sentirsi legato a un posto e non bisogna fargli pressione perché resti o perché torni. Vuole sentirsi libero. Non è un leone addomesticato, lui.” Appartiene a una nazione, oppure le rappresenta tutte? Chissà!

Eccezionale il saggissimo Prof: quando i ragazzi gli raccontano la storia, lui crede a ogni particolare (come se l’avesse scritta lui). E consiglia di non tornare al momento in quella Terra Altra. Ora no, in futuro non si può al momento fare previsioni. Una sua battuta m’incuriosisce:

Una volta che si è stati re e regine a Narnia, si è re e regine per sempre.”

Mi viene da pensare che il nome del Prof potrebbe essere Clive. Egli suggerisce non di dimenticare quanto hanno vissuto, ma di non ciarlarne mai, neanche fra di loro (che è inutile: ognuno sa quel che sanno gli altri)… “… a meno che non vi capiti di incontrare quelli che hanno avuto avventure simili alle vostre… Saranno facili da riconoscere? Lo capirete subito, diranno cose strane e il loro aspetto, lo sguardo… insomma, il segreto verrà fuori da solo…

Sì, dev’essere proprio Clive…

3.Il cavallo e il ragazzo

C.S. Lewis
C.S. Lewis

Il narratore continua a rivolgersi ogni tanto a noi lettori:Non dovete pensare che Shasta si sentisse come ci sentiremmo voi e io dopo aver… Pensa e ripensa, Shasta fece esattamente quello che avreste fatto voi se… Forse a voi la sabbia non sembrerà comoda… e se avesse letto tutti i libri sui viaggi nel deserto che avete letto voi… Se foste stati con lui avreste potuto spiegargli…” Nel secondo, non ne ho colti, mi pare, ma forse mi sono sfuggiti.

Shasta è il protagonista del racconto: un povero ragazzo figlio di un altrettanto povero e non troppo affettuoso pescatore, a cui non vuole troppo bene, non troppo ricambiato, che scappa aiutando a sua volta a scappare un cavallo parlante, un tale di nome Bri. Per strada s’imbattono in Uinni, una giumenta anch’essa parlante, anch’essa, ovviamente, originaria di Narnia, montata da una ragazzina impertinente, di nome Aravis, che si dice figlia di un uomo potente e promessa sposa di un vecchio. Per questo anche lei sta scappando. Così, i quattro fuggiaschi si uniscono e cominciano a vivere una caterva e mezza di avventure.

Nel Capitolo 5, Shasta s’imbatte in un ragazzo che gli assomiglia tantissimo, anzi è lui sputato. Subito mi pare una citazione de Il principe e il povero, ma la situazione si evolve in tutt’altra direzione che nel capolavoro di Twain. Nel capitolo 11, c’è una sorta di rivelazione. Tornando indietro nella storia, ci fu un momento che un gruppo di leoni aveva assalito i quattro fuggiaschi e uno di loro aveva ferito la ragazzina.

Ora una Cosacamminava al suo fianco” E respirava profondamente. Forse è meglio lasciare loro la parola: “Non credi che sia stato una sfortuna incontrare tutti quei leoni?”

“Era uno solo – rispose la voce.”

“Ma cosa dici? Ti ho appena raccontato che la prima notte ce n’erano due, e poi…”

“Ce n’era uno solo, però velocissimo.”

“Come fai a saperlo?”

“Quel leone ero io.”

“… dalle storie che si raccontavano a bassa voce sul terribile demone di Narnia che appariva sotto forma di leone. Ignorava tutto delle storie di Aslan, il grande leone figlio dell’Imperatore d’Oltremare, la regalità suprema che sovrastava qualunque autorità del mondo di Narnia.”

Shastaignorava tutto della storia di Aslan…, il Grande Leone figlio dell’Imperatore d’OltremareMah!

Il terzo racconto è finora quello che meno mi è piaciuto, non perché privo di albionici, ma perché la sua narrazione culmina con una battaglia, e a me le pugne mi hanno sempre dato da fare.

Nel capitolo 13 l’autore fa una telecronaca che ricorda un po’ Nicolò Carosio, ma forse anche Nando Martellini e Bruno Pizzul:Ecco, si sono scontrati. I giganti sulla destra dello schieramento di Narnia fanno un ottimo lavoro… adesso uno è a terra, colpito dritto all’occhio, mi pare. Al centro c’è una confusione spaventosa. Vedo meglio sulla sinistra. Ecco di nuovo i due ragazzi. Per il leone! Uno è il principe Corin, e l’altro… l’altro è uguale a lui come due gocce d’acqua. È Shasta, il vostro amico…” In realtà la telecronaca è fatta da un buon eremita che tanto ha aiutato quei ragazzi ad arrivare fin lì. Non so perché, ma a me è parso di cogliere che sotto le vesti un po’ disadorne di quel tipo si ammucci, per l’ennesima volta, l’autore.

Secondo Bri, Aslan, che sconfisse la strega e vinse l’inverno non è un leone. Cosa sia non lo sa neanche lui, la sua storia gli fu raccontata che era ancora un puledro e non l’aveva proprio capita.

La scena finale in cui Aslan il Leone ridicolizza la figura del caratteriale numero uno della storia, lo sconfitto Rabadash, conferisce quella dose di allegria a una storia che fino ad ora non mi ha divertito, ma interessato, questo sì.

Se qualcuno vuole saperne di più, può consultare un buon manuale di storia di Calormen (magari ce n’è uno nella biblioteca del vostro quartiere) alla voce di Rabadash il Ridicolo.”

Il terzo romanzo si differenzia perché è tutto girato all’interno del mondo di Narnia, senza alcuna presenza di extra-narniani.

4.“Il principe Caspian”

Rispuntano i quattro fratellini del secondo libro! Un po’ come capiterà qualche decennio dopo a Harry Potter, si trovano a bighellonare in una stazione, perché sono cominciate le scuole. Anche questa è una stazione con degli output magici. Infatti, poco dopo l’allegra combriccola si ritrova colà, sulla strada di Narnia. Harry Potter, seguendo precise istruzioni, decenni dopo si butterà volontariamente contro un muretto, penetrando in tal modo in un altro mondo, quello che sorge dal Binario Nove e tre quarti. Questi ex sovrani di Marnia si sentono attratti inconsapevolmente da una forza oscura, o troppo luminosa?, sicuramente misteriosa. In ogni caso si ritrovano all’improvviso Altrove, che si rivela essere un bosco, anzi, “una foresta, così fitta, che era quasi impossibile farsi largo tra i rami.”

I fratellini si ricordano tutte le passate epiche gesta in cui loro ricoprivano il ruolo di regnanti: “Sembra di essere tornati indietro nel tempo… – esclama Lucy.” Ora è Edmund a parlare: “Quando siamo tornati attraverso l’armadio, l’ultima volta, eravamo certi di aver trascorso a Narnia una vita intera, mentre a casa sembrava che il tempo non fosse mai passato, è così?

Vai avanti – lo pregò Susan – Comincio a capire.”

Questo significa – proseguì Edmund – che una volta fuori da Narnia, non abbiamo la più pallida idea di come trascorra il tempo quaggiù. Vuoi spiegarmi perché centinaia di anni a Narnia non potrebbero tradursi in un anno appena passato in Inghilterra?”

S’imbattono in un nano (che per il suo stato razziale, assicura l’autore, potrebbe essere cattivo, ma non dissennato), che racconta loro una storia molto coinvolgente. Poi si scoprirà che egli è per metà nano e per metà umano, motivo per cui è giudicato un diverso da entrambe le tribù. L’autore si rivolge sempre, come sua costumanza, ai lettori, dicendo loro che andrà per sintesi “perché ci vorrebbe troppo tempo e fareste una gran confusione”.

Anch’io lo farò per voi. Il tipo, che di nome fa Cornelius, è il precettore di un ragazzo, Caspian, principe ereditario dopo la morte del padre. Il perfido “zio Miraz, il re” trama che, alla propria morte, gli succeda il figlio e per questo mira a sbarazzarsi del nipote, come fece a suo tempo col padre. I problemi di Cornelius nascono quando si viene a scoprire che aveva informato il ragazzo dell’esistenza di Narnia, “la terra di Aslan, degli alberi viventi e delle naiadi visibili, dei fauni e dei satiri, dei nani e dei giganti…”, etc… etc…

Il ragazzo viene edotto cheil castello attuale è recente, opera del vostro bis-bisnonno. Ma quando i figli di Adamo e le figlie di Eva furono incoronati re e regine di Narnia da Aslan in persona, si trasferirono nel castello di Cair Paravel. Nessun uomo ancora in vita ha visto quel luogo sacro e benedetto, e forse persino le sue rovine sono scomparse.” Chissà se esiste ancora quel luogo magico! A chi gli chiede chi oggi come oggi crede ancora nel mito di Aslan, Caspian risponde: “Io sì.”

Il principe Caspian - Le cronache di Narnia - film
Il principe Caspian – Le cronache di Narnia – film

Un convinto animalista s’arrabbierebbe (come una bestia) a leggere questo romanzo, dove si distingue fra l’animale che parla e che quello che è invece aferensis. Quest’ultimo può essere ucciso, anche volontariamente e in seguito fornire del proprio corpo (e anima?) cibo per i parlanti. Per questo Susan si dispiace di aver ammazzato (quasi) involontariamente un orso e si chiede, tutta compunta: “Povero orso, credi che parlasse?” Quando il nano di turno gli dice di no (poiché aveva udito un suo confuso ringhio), la giovinetta trae un sospiro di sollievo: non è più un’assassina.

Una cosa è certa: i quattro giovani erano stati in quella terra secoli o “forse migliaia di anni fa.”

Ad un tratto, la più piccola, Lucy, vede qualcuno: “Il leone, Aslan in persona, non vedete?Solo lei lo può vedere, per cui gli altri, come già successe nel tempo che fu, non le credono.

“Ti sembra di averlo visto? Dove?”

“Ehi, non palare come gli adulti – protestò Lucy, puntando i piedi. – Non mi sembra di averlo visto, l’ho visto!”

Edmund fa un’osservazione interessante: Quando abbiamo scoperto Narnia, un anno o migliaia di anni fa, non ha importanza, è stata Lucy a trovarla per prima. Se ben ricordate, nessuno le credeva eppure aveva ragione. Perché non dovremmo crederle anche stavolta? Io sono d’accordo con lei.”

“… un anno o migliaia di anni fa…” è l’osservazione più significativa di tutto il discorso.

Anche in questo quarto libro, l’autore eccede un po’ in frasi rivolte ai lettori:credetemi… potete star certi…Allora lo imito un po’: vi ricordate, esimi, di quando un leone, che sembravano tanti leoni, Aslan, deviò il cammino di qualcuno per poterlo condurre dove voleva lui? Ora “un nugolo di orribili insetti” e di frecce che sibilano pericolosamente, fanno la stessa cosa. Se tanto mi dà tanto…

Prima a Lucy (a cui dice che ogni anno che passa e che diventa più grande, anche lui aumenta la sua stazza, ragionamento curioso e poco chiaro) e, gradatamente, anima dopo anima, agli altri, Aslan appare. Frasi significative del primo incontro fra il Leone e la bambina:  “Cosa vuoi sapere, bambina mia? Quello che sarebbe accaduto se…? No, a nessuno è mai dato scoprirlo.

E anche: “… piccola mia, è difficile per te, ma devi renderti conto che le stesse cose non accadono due volte. È stata dura per noi, qui a Narnia.”

Quando qualcuno rievoca la figura della Strega Bianca, che sconfisse e uccise Aslan, qualcuno (il saggio tasso) dice: “Sì, ma si dice anche che Aslan sia risorto.” Caspian aggiunge: “Egli nominò i re e le regine.”

Rimane assai poco di significativo da narrare, la solita terribile battaglia e un noiosissimo duello (oggetto anch’esso di telecronaca) fra Peter e Miraz, la morte di quest’ultimo, la nomina di re con cui Aslan incorona il giovanissimo e ancora molto ingenuo Caspian. Aslan compie il solito, stavolta fin quasi banale, miracolo, facendo rinascere la coda, che era stata amputata durante il conflitto, all’irascibile topolino guerriero, che Ripicí fa di nome (guerriero ammirevole anziché no!).

Un’ennesima frase interessante pronunciata da Aslan: “Tu sei nato dal signore Adamo e donna Eva – disse Aslan – una discendenza che è al tempo stesso un grande onore e una vergogna. In virtù di essa, il più povero dei mendicanti potrà alzare la testa con orgoglio e il più grande imperatore dovrà abbassarla per costrizione; in ogni caso, devi esserne fiero.” Non male come frase pseudo-umanistica! Peter comunica a Lucy ed Edmund che solo loro due torneranno un giorno a Narnia.  Per quanto riguarda sé e Susan, ahimè, “siamo troppo grandi.” Con questa novità un po’ inquietante e misteriosa, di fatto si chiude la storia.

5.Il viaggio del veliero

Di frequente i due fratelli non ancora sufficientemente cresciuti “parlavano di Narnia, il loro mondo privato e segreto.” Con loro è il rompiballe che più rompiballe non si può, l’arcigno e indisponente cugino Eustachio Scrubb (chissà se parente, o solo affine, di Ebenezer Scrooge), quando tutti quanti fissano un quadro e “le cose ritratte nel quadro cominciano a muoversi…E si ritrovano tutti e tre a Narnia…

L’autore si rivolge sempre a chi legge:Dovere sapere che a Narnia il tempo scorre in modo bizzarro: se uno si trattiene per un centinaio di anni laggiù, quando torna nel nostro mondo scopre di trovarsi nello stesso momento dello stesso giorno della partenza. E se, dopo una settimana qui da noi, decidesse di tornare a Narnia, scoprirebbe che in quel regno possono essere trascorsi mille anni, un solo giorno o un secondo. Non si può mai esserne certi, bisogna vederlo con i propri occhi.”

Sogno o son desto?

Fantasy o realtà? 

Nell’immaginazione del medesimo autore non appare impossibile che per quanto riguarda Re Artù, “prima o poi quel glorioso sovrano ritornerà…

Una minima incongruenza, nel capitolo 3: dapprima l’autore dice che “la moneta di Calormen, la mezzaluna, è la più diffusa da quelle parti e vale circa un terzo di sterlina.”. Poco più sotto, Eustachio chiede a chi gli è accanto se, da una qualche parte “c’è anche il Consolato inglese”. Tutti lo guardano come se avesse parlato arabo.

Un altro finto problema, collegato al precedente, è la lingua parlata a Narnia: l’inglese, ovviamente. O no?

Il viaggio del veliero - Le cronache di Narnia film
Il viaggio del veliero – Le cronache di Narnia film

I tre cugini s’imbattono in Caspian e con loro decidono di partire alla ricerca dei Lord alleati del padre di quest’ultimo, che il perfido suo zio aveva mandato lontano per poter meglio mettere le mani sul regno destinato al nipote.

Dal diario di Eustachio, del 3 settembre:Primo giorno, dopo anni, in cui riesco a scrivere…”; l’ultima pagina dl diario è datata 7 agosto. Si tratta ovviamente di un’esagerazione da parte dello scorbutico infante. Eustachio scappa e, nelle sue peregrinazioni, assiste al decesso di un drago evidentemente malato o anzianissimo. Trova il suo tesoro, lo tocca, se ne appropria di una parte, infila un bracciale e… si dragonizza anche lui. Strana metamorfosi psicologica: dapprima l’evento lo rasserena, ora è lui a far paura, e a non temere nessuno. Ma presto ha raccapriccio di sé e della sua sorte e si chiede se sia mai stato “il bravo ragazzo che aveva sempre creduto di essere”. Nel mentre si pone simili interrogativi, scopre di avere molta fame e di non disdegnare, anzi!, la carne del suo predecessore!: “Questo spiega perché sia praticamente impossibile trovarne più di uno nella stessa storia.”

Ho amato molto questa quinta storia, che tanto ricorda i viaggi di Ulisse o di Arthur Gordon Pym, per certe immagini che vengono disegnate dall’autore in modo mirabile e pittoresco: “… quando li ebbe davanti, anziché alzarsi e sputare lingue di fuoco, il bestione si ritirò intimorito; anzi sarebbe meglio dire che sculettò come un’anatra verso l’inizio della baia, dove l’acqua era bassa.” Più di una volta l’autore si diverte a dire o forse dice senza divertirsi che Eustachio è un ragazzo impreparato: “… avendo letto i libri sbagliati non aveva la più pallida idea di come si raccontasse una storia in modo semplice…” A quest’handicap l’autore accenna tre volte.

Ora egli ha scoperto, per via di quell’accidente, l’esistenza dell’Altro. Anche prima ne era a conoscenza, ma in modalità negativa. Ora:Il piacere di essere amato, che prima gli era sconosciuto, e ancora più importante quello di amare gli altri, era quello che impediva a Eustachio di farsi prendere dallo sconforto.Anche lui, un po’ come Lucy, comincia a sentire una voce: “… c’era qualcosa dentro di me che mi diceva di ascoltarlo. Allora mi sono alzato e l’ho seguito. Mi ha portato lontano, fra le montagne. Ovunque andassimo, c’era sempre una luce che lo circondava.”

Si trattava di un leone, del Solito Leone che, quando gli parla, ora non si capisce più se abbia usato parole o che altro; e che, con le zampe o non si sa con cosa, lo aiuta a togliersi la pelle di drago: “… un po’ come togliersi la crosta che è cresciuta su una brutta ferita. Fa un male cane, però è fantastico vederla cadere.”

Una specie di rinascita: “A quel punto il leone mi ha afferrato e mi ha gettato in acqua: la cosa non mi è piaciuta per niente, perché, senza tutta quella pellaccia, ero abbastanza gracilino. Per un attimo, ma solo un attimo, ho sentito un dolore spaventoso, poi ho provato una sensazione incantevole.”

Dopo questo battesimo alla vita, “Eustachio diventò un altro, ma in realtà è più giusto affermare che cominciò a diventare un altro.” In realtà… È sempre quella, la realtà della pratica, a riuscire difficile. E il bracciale? Caspian lo gettò in aria per festeggiare e, questo, dopo aver librato per aria, ricadde “dritto su uno spuntone di roccia, a cui rimase appeso.” Per quel che ne sa l’autore, è rimasto sempre là.

Un serpente marino attacca la nave. Di tutto l’episodio, voglio ricordare questa frase dell’autore: “Lucy sostenne di avere visto un’aria di beata e sciocca soddisfazione sul volto del mostro”. Non molto tempo appresso Lucy scorge un leone grande come un elefante. I ragazzi “sapevano che si trattava di Aslan”.

Lucy deve affrontare un mago misterioso e invisibile. Ha paura. Sente che starsene lì, all’interno di una porta spalancata era “una tortura”. L’autore confessa che, al suo posto, avrebbe pensato la stessa cosa. Lucy legge in un libro delle parole magiche che solo lei conosce (anche l’autore le sa, “ma niente e nessuno mi convincerà mai a rivelarvele!”).

Lucy incontra Aslan e… quando si congeda da lei, le dice: “…ci incontreremo presto!”

“Aslan, aspetta – disse Lucy – Cosa significa presto?

È sempre presto – sentenziò Aslan e di punto in bianco svanì nell’aria, lasciando Lucy sola con il mago.” I virtuosi avventurieri proseguono il viaggio, finché giungono in un luogo dove avvengono i sogni notturni, non quelli a mente sveglia. Quelli che sfuggono alla nostra volontà, i nostri peggiori incubi. Da questa terra immonda e infetta, salvano uno dei Lord e riescono a fuggire a malapena. Qualche pia donna direbbe per opera e per virtù dello Spirito Santo. Improvviso un raggio di sole (leggi una miriade di fotoni divini) colpì la nave. Qualcosa si muove all’interno di quel raggio: un albatro.

“Drinian, al timone, guidò la nave sulle sue tracce, sicuro che l’albatro fosse apparso per indicare loro la via.”

Una cosa Lucy sapeva: “il grande uccello, volteggiando intorno all’albero, le aveva sussurrato: ‘Coraggio, piccola mia’. La voce, ne era certa, era quella di Aslan. Come parlò, una fragranza deliziosa le sfiorò il viso.” Il solito miracolo? Già. Proprio il medesimo.

“Nessuno si rese conto che l’albatro, a un certo punto, era sparito.”

Il viaggio continua ancora, ma per poco. L’allegra comitiva s’imbatte in un vecchio, che era una stella che non ce la faceva proprio più a brillare: “una stella in pensione”. Poveretto? Niente affatto: “… ogni mattina un uccello mi porta un chicco di fuoco”, grazie al quale prima o poi riacquisterà l’antica gioventù e tornerà a brillare in cielo: Quando sarò diventato giovane come un bambino nato ieri, sarò in grado di sorgere ancora. Qui siamo ancora nel margine orientale del mondo, da dove ancora una volta ballerò la grande danza.”

La sua sorte mi ricorda quella di una particella quantistica che, raggiunto un livello preciso d’energia, d’un tratto sorge alla realtà: la sua non esistenza era solo una questione di carburante.

Presto esaurirà il suo compito e tornare ad aspettare una rinascita. Poco dopo accade un fatto che capitò anche al navigatore Robert Walton, il primo io narrante di Frankestein, che viveva per il sogno di giungere, primo uomo, al Polo Nord: un mezzo ammutinamento dell’equipaggio, ormai sazio di avventure e reso esausto dalle fatiche ad esse connesse. Qui, fortunatamente l’ipotetica rivolta rientra, e ormai nulla sembra impedire a protagonisti di giungere fin dove l’uomo può: la quasi fine del Mondo, all’entrata probabile del Regno di Aslan.

Un altro aspetto che non mi dispiace dell’autore: coinvolge sempre voi (anzi: noi) lettori, esprimendo le sue perplessità o reminiscenze (come quando ripresa un vocabolo che era in voga quando era giovane, tradotto in italiano con arruffianarseli), facendo paragoni inusitati, come quando raffronta il nocchiero Drinian “a vostra madre quando volete attraversare la strada e rischiate a finire sotto una macchina, si arrabbia con voi perché è una mamma, ecco tutto.

Seguendo una traccia bianca fantomatica e lasciandosi trasportare da una provvidenziale corrente (che non esce l’ernia a capire che si tratta dei soliti aiuti fotonici di Aslan), raggiungono “un gran muro verde, tremulo e brillante”.

Una serie di immagini ineguagliabili:A est, dietro la palla infuocata, vi era una catena di montagne così alte da non riuscire a scorgerne le cime…” Ora un mistero orografico: “… qualsiasi montagna alta una ventesima parte di esse sarebbe stata coperta di ghiacci e nevi perenne; quelle, al contrario erano scaldate dal sole e coperte di verde, ricche di foreste e cascate fino alla vetta.” (alta quindi una quarantina di miglia). Per compiere l’ultimo miracolo (quale?, basta leggere il racconto fin qui), occorre uno che si sacrifichi. E chi più del più valoroso membro dell’equipaggio può adempiere a quell’estrema missione?

Vi lascio, cari miei, con qualche stralcio del dialogo: “Troverete la strada per il regno di Aslan nel vostro mondo.”

“Cosa? – esclamò Edmund – Anche nel nostro mondo c’è una strada che porta ad Aslan?”

“In ogni mondo esiste una via che conduce al mio regno – disse l’agnello.”

“Sappi che bisogna attraversare un fiume, ma non temere: io sono colui che costruisce il ponte.”

“Siete… siete anche nel nostro mondo, Signore? – chiese Edmund.”

“Sì – spiegò Aslan – solo che laggiù ho un altro nome e dovrete imparare a conoscermi con quello.”

Lucy è triste, non meno di Edmund: Aslan ha detto loro che, essendo ormai cresciuti, non rivedranno mai più Narnia. Io ancora non ho l’età, e in quella magica terra ci tornerò fra poco.

6.La sedia d’argento

Scrubb “(avrete sicuramente notato che allo Sperimentale gli alunni si chiamano per cognome e non per nome)”, parentesi autoriale, cioè Eustachio, sta frequentando una scuola dove una sorta di bullismo blasonato, sostanzialmente consentito dalla dirigenza, rovina l’esistenza di chi si rende difforme dagli altri. Dopo l’esperienza trascorsa a Narnia, il ragazzo è tornato molto cambiato e, resosi più buono e sensibile, è soggetto alle persecuzioni dei coetanei.

Insieme a Jill Pole, una ragazzina un po’ smorfiosa, ma per bene, Eustachio sente il desiderio di evadere dalla fastidiosa vita dell’istituto scolastico. Le confida grosso modo cosa c’è, Altrove, a Narnia, e le accenna all’esistenza di Aslan (definito “qualcuno”) e, proprio mentre sono lì lì per cadere nelle mani di quei verminosi e piccoli prepotenti, non si sa come, svaniscono per ritrovarsi in un luogo selvaggio. Sotto qualcosa terrorizza Eustachio: “Nessun dirupo del nostro mondo può essere paragonato a quello”. Lei non ha affatto paura, lui cerca di trarla in salvo, lei si oppone, liberandosi della sua stretta e facendolo inopinatamente (una delle parole più brutte e angosciose del nostro vocabolario) precipitare nel vuoto.

Anche in questo sesto libro, l’autore chiama in causa i lettori: “anche voi gli avreste creduto… meglio che ve lo descriva subito… vi assicuro che ne vale la pena… se non avete mai camminato in un luogo selvaggio… non potete immaginare come…”

Una scioccatissima Jill incontra Aslan (ah, nel frattempo ho scoperto che in turco significa leone), che le affida un compito che si basa su dei segni che dovrà riconoscere man mano che li incontra. – Volerai sul mio respiro – disse il leone – Ti soffierò a ovest del mondo, come ho fatto con Eustachio. Quando Jill arriva, “a pochi metri da lei c’era Eustachio”. Eustachio vede partire una nave e comprende che l’anzianissimo re che vi sta salendo non è altri che il quasi coetaneo Caspian. E s’intristisce a vedere quanto sia terribilmente invecchiato.

Un sedicente e fantomatico “parlamento dei gufi”, ovviamente parlanti, attraverso il suo portavoce Mastro Pennalucida, informa che il patutissimo re è partito alla ricerca del figlio scomparso da anni, che attualmente il reggente è un nano che Eustachio ben conosce per le pregresse avventure in quei lidi (il severissimo Briscola, anche lui anziano e un po’ arterio, che è meglio by-passare ed evitare di discuterci, tanto non capirebbe).

Mastro Pennalucida, mezzo addormito aveva tra l’altro domandato loro: “Figlio di Adamo e figlia di Eva, dico bene?” Richiesta fuor di luogo, perché “gli alunni dello Sperimentale non avevano mai sentito parlare di Adamo ed Eva, così Jill ed Eustachio non poterono rispondere a quest’ultima domanda.” Mi sa tanto che questa scuola Sperimentale sia un tantino atea e materialista.

Nel Capitolo 9 una scena raccapricciante: i fanciulli si accorgono che la carne che avevano appena gradito, essendo tanto affamati, apparteneva a un cervo di quelli parlanti! Dovete sapere, cari miei lettori, che dopo variegate e gradevolissime avventure i due giovani, insieme a un paludrone di nome Pozzanghera (cosa sia esattamente lo si può capire a metà leggendo il libro), si ritrovano ora in mezzo a dei giganti che è meglio perdere che trovare, che non vedono l’ora di cibarsi dei loro corpi. I tre scappano, precipitando nel Mondodisotto, dove regna una bellissima Regina, un poco infida. Così, a occhio: una specie di fotocopia della precedente, ma molto più infida. S’imbattono in un principe incatenato, che risulta essere Rilian, figlio di re Caspian. Dopo alterne e paurose vicende, i tre lo liberano e, insieme a lui, uccidono la malvagia Regina, che si era subito trasformata in un enorme serpente e che, sotto tale sinuosa veste, tant’anni prima aveva procurato la morte della mamma del Principe.

Mi soffermo su una frase del libro: Jill “si sentì mancare quando vide sul volto dell’amico una luce nuova, diversa. Non era più il buon vecchio Eustachio Scrubb, suo compagno allo Sperimentale, ma somigliava al principe come una goccia d’acqua. Perché Eustachio pensava alle meravigliose avventure del passato, quando era salpato per il mare ignoto in compagnia di re Caspian.” È una sorta di trasfigurazione che ciascuno di noi ha provato, specie da ragazzo, quando si sogna di essere un Eroe o soltanto un grande campione dello Sport.

Ricordo quel pomeriggio in cui, al primo round, con un unico e micidiale pugno misi knock out George Foreman l’Invincibile; e quell’altro, in cui segnai una fantastica rete, con un tiro al volo, al primissimo minuto di gioco, nella mia partita di esordio in serie A, ovviamente sontuosamente smarcato da Gianni Rivera (l’avverbio appartiene a Bruno Pizzul).

Il capitolo finale, il sedicesimo, che s’intitola infatti: “Tutto è bene quel che finisce bene”, mi rimane impresso per due frasi scritte a poche righe l’una dall’altra: “… sul monte di Aslan nessuno mostrava l’età che aveva…”

“… nella terra di Aslan nessuno mostrava l’età che aveva…”

Oh, se lo vogliamo capire…!

A un resuscitato re Caspian che, nel frattempo, (m’ero dimenticato di dirlo) era morto per raggiunti limiti di età, e tale rimane anche dopo che è risorto, Aslan concede di visitare per cinque minuti il mondo di qua, per lui che era di là. Giusto in tempo per rovinare la giornata a quei bulli di cui si disse e la carriera alla preside che li proteggeva. E anche quest’avventura, davvero splendida, ma stancante, è finita.

Prima di lasciarvi, amici lettori, vi trasmetto alcune perle per cui merita di essere letto questo sesto cant…, sesto episodio della sagra narniana (a proposito, ci riusciamo ad andare a Narni questa terribile estate?): “Dimmi un po’ – balbettò. È tutto magnifico, ma tu non sei… Insomma, non eri…”

“Oh, Eustachio, possibile che tu non capisca – fece Caspian.” 

“Ma… – balbettò il ragazzo, stavolta rivolto ad Aslan. – Ma lui non era… morto?”

“Sì – rispose il leone in tono pacato e sereno (questo almeno sembrò a Jill) – Lui è morto, molti sono coloro che muoiono. Anch’io sono morto. Pochi sono coloro che non sono morti.”

(In effetti si dice il mondo dei più per indicare i morti, non del tutto morti, quindi?)

“Adesso capisco cosa ti turba – esclamò Caspian. – Pensi che io sia un fantasma o qualcosa del genere, vero? Non vedi? Lo sarei se vi fossi apparso a Narnia, perché non appartengo più a quella terra. Ma non si è fantasmi nelle terre che ci appartengono. Se apparissi nel tuo mondo, sarei uno spettro, forse, non so; ma a ben rifletterci probabilmente non è nemmeno il vostro. Perché adesso siete qui.” Tutto questo fu detto prima che Caspian venisse per quei famosi cinque minuti da noi. Come uno spettro? Lo sa solo Lui, Aslan.

Ne deduco, caro autore, che i tuoi personaggi di qua non possono morire di là, e viceversa.

Arthur Rimbaud in una foto di Étienne Carjat - dicembre 1871
Arthur Rimbaud in una foto di Étienne Carjat – dicembre 1871

Perché forse morire, disperdersi, entropizzarsi, sono concetti che necessitano della funzione del tempo: di quello del tuo proprio mondo, però, non di quelli dell’Altro: in accordo col primo principio della termodinamica, forse. A volte mi chiedo se quando uno muore sia Altrove oppure no. Forse sono l’unico umano che si è posta seriamente questa domanda impertinente. Mi viene da fare una risata, l’affreux rire de l’idiot, direbbe quel Veggente.

Sepolto il papà,Rilian fu un re buono e saggio e a Narnia tutti vissero in pace…” L’ultima frase significativa spetta a Pozzanghera, il quale “continuò a far notare che a una bella mattina di sole segue sempre un pomeriggio di pioggia, e che nessuno può sperare che le cose belle durino in eterno.”

“Tot à fîn” – la dgîva mé mêdra!

Ma la poesia no! E anche stavolta sono riuscita a infilare quel portentoso verso di John Keats: A thing of beauty is a joy for ever!

7.L’ultima battaglia

L’aggettivo ultima mi fa pensare al termine di un ciclo di studi o di un’esperienza esistenziale come poteva essere, per me, nel lontano 1979, la naja. Come la vissi, se non con un senso di attesa che ero convinto che a nulla portava, se non al superamento di una prova, che non era quella definitiva, ma una delle tante? Mi mancherà questa saga, composta da 7 romanzi (al pari di quella di Harry Potter, ma assai più breve come numero di pagine), questa Narnia di cui sentirò parlare per anni nei ricordi miei e in quelli di mia figlia, che mi ha spinto a conoscerla, o di qualche altro bipede parlante, pennuto o no, che l’abbia conosciuta? Andrò a cercare di vedere i film che ne sono stati ricavati? Cercherò qualche altro libro dell’Autore? Domande senza riposta, al momento. L’importante è chiedere, non ottenere. Oppure, ottenere senza chiedere.

Il primo capitolo è obbrobrioso e scritto in modo esemplare: odio la sopraffazione psicologica più ancora di quella fisica. Lo scimmione Cambio sta turlupinando l’asino Enigma, cercando di manipolarne vigliaccamente l’anima: “Lo sai che non sei in grado di capire certe cose, che può saperne un asino dei segni?

La Storia insegna che ciascuno difende i suoi amati cari e i suoi ancor più amati interessi, mischiando le due cose, passa quindi dall’amore all’egoismo, quasi senza accorgersene. Durante qualunque battaglia i buoni e i cattivi diventano egualmente feroci. Non bisogna odiare lo studio di questi fatti, né quei fatti. Occorre solo acquisirne la consapevolezza. Ogni nazione cosiddetta libera è fondata sull’ignominia, sulla somma (che fa il totale, diceva Totò) di tutte le ignominie passate.

Il valoroso re Tirian e il suo fido unicorno Diamante vendicano le offese recate a un suo animale parlante, decapitando e trafiggendo il nemico, questo conosciuto. Si assiste all’imposizione di una nuova religione sulla vecchia, trasformando il dio Aslan in Taslan, unificandolo cioè con Tash, il dio dei Calormeniani. Si tratta dello stesso dio, dicono, ma quei ribaldi stanno miseramente fingendo. Per procacciarsi difensori della nuova fede, si promette l’essenziale: Sarete pagati e avrete un buon salario…” interessante la diatriba fra chi fonda la nuova religione e il pregresso devoto: “Vogliamo essere liberi e vogliamo sentire Aslan in persona.”

“Ancora con questa storia, proprio non lo sopporto. Io sono un uomo, tu sei un grasso e stupido orso: che ne sai di libertà? Pensi che essere liberi significhi fare quello che ti pare, vero? Be’, ti sbagli. Libertà consiste nel fare quello che sta bene a me!”

“Tash è Aslan, Aslan è Tash.”

Nella storia quante assimilazioni: Giove è Zeus, Zeus è Giove. Mussolini è Hitler, Hitler è Mussolini. Trump è Washington, Washington è Trump.

No! La verità è soltanto questa: Trump è a Washington.

Di là, cioè di qua, Polly, Lucy, Digory, diventato un po’ canuto e detto ormai il Professore, Peter, Edmund, Eustachio e Jill si ritrovano sullo stesso treno (l’unica a salvarsi è Susan, che è Altrove), quando “fummo investiti da una spinta fortissima e ci siamo trovati qui a Narnia, di fronte a Vostra Maestà legata a un albero.”

Dall’ultima avventura, di qua, cioè di là, è passato un anno, a Narnia svariati secoli. I Nostri catturano (forse è meglio dire che liberano) Enigma che ammette l’atroce verità: si camuffava da Aslan indossando la pelle di un leone:Facevo sempre quello che mi ordinava” lo scimmione e “gli ho dato retta perché in fondo non sono intelligente come lui”. Un terrorismo psicologico da anni assoggetta il povero ciuco all’immondo antropomorfo. Lui ogni tanto vorrebbe anche ragliare un po’, e non solo parlare, e la cosa non piace al suo capo, quel miserabile primato superiore.

Ha ragione l’autore quando dice, per bocca dell’unicorno, che “i libri parlano solo di guerre e di invasioni”. La pace è noiosa: una specie di pandemia del nulla, che nessuno ricorda volentieri.

Ora in città esistono tre tribù: i buoni (seguaci di re Tirian), i cattivi (i Calormeniani e i loro alleati) e i Nani, che odiano tutti e che non vogliono sentir parlare né di Aslan né di Tash, né del nuovo arrivato: Tashlan.

Qualcuno ripete l’affermazione di mia mamma: “ogni cosa ha una sua fine”, e il fatto che lo dica un Morente non significa che sia giusto o sbagliato, ma acquista eroico valore. E che lo stesso, prima di esalare l’ultimo fiato abbia la forza, ma soprattutto la necessità d’aggiungere: “che una nobile morte è un tesoro, su cui chiunque, anche il più povero può contare”, beh, è una frase che lascia perplessi.

Verso la fine del Capitolo 9, scopro che chi dice Aslan e non Tashlan è un idiota. La religione è sempre destinata a diventare un fatto nominalistico. I nani, un miscuglio fra materialisti e dei piccoli San Tommaso vogliono “vedere per credere”. Altrimenti mica ci credono a ‘sto Tashlan.

Ci vuole tutta la cattiveria e la perizia di chi sta gestendo la religione per dissuaderli. Ma devono utilizzare la minaccia fisica, perché questi sono tetragoni nel loro negarsi agli Altri.

Forza ragazzi – disse Griffo. – Tutti insieme. Non vogliamo né invasori né scimmie, né leoni o re. I nani per i nani.”

Simpatici e al contempo antipatici questi felloni senzadio: non si sa come giudicarli. Non è che abbiano del tutto torto, ma neanche una completa ragione. Hanno una loro ragione tortuosa.

Quando se la vede brutta, un credente ha sempre la sua speranza segreta: “No, amica mia – rispose Diamante, sfiorandole gentilmente il viso con il muso. – Forse attraverseremo la soglia del regno di Aslan e stanotte mangeremo alla sua mensa.”

Jill si era appena lamentata piangendo che sarebbe occorsa presto una strage e si domandava se non ci si potesse fare niente. Sono fisime e timori di una ragazzina ancora ingenua.

E se uno non avesse ancora fame (di quel sacro cibo)? Ci si trova tutti, tranne Susan, che “non è più amica di Narnia”, che da quando è grande “non fa che cercare di fermare il tempo” e che giudica la sua avventura a Narnia, un ricordo dell’infanzia e nulla più.A lei interessano solo vestiti, creme, rossetti e gran feste”. Lasciamola perdere: “ôgni cajòun gh’à la so passioun”.

Interessante un particolare gastronomico: i fedeli di re Tirian e gli abitanti di qua e di là, a dir si voglia, i nostri eroi insomma, gustano il cibo offerto loro da chissà chi (ma un sospetto già ce l’ho).

I nani materialisti, quando l’ospite (voi sapete chi: l’Ospite) offre loro ogni ben di dio, “credevano di mangiare e di bere quello che di solito si trova in una stalla”. Che ignoranti buzzurri! Anche il vino Divino, più dolce del nettare, pare loro “acqua sporca e fetida”.

“Avete visto? – chiese Aslan – Non si lasciano aiutare.”

Me mêdra la dgîva sèimper: “I góst în 111”. Beh, forse ce ne sono anche di più, di gusti. Forse quasi 8.000.000.000 (e ogni giorno mutano e aumentano).

Ora arriva il Tempo, gigante come nessun altro. La porta si spalancò”. La storia di Narnia finisce in poche battute. Fra cui quella storica di Digory: “Io l’ho vista nascere…”. E ora: “Non pensavo che sarei vissuto per vederla morire.” “Tot à fîn”. Si può continuare a parlarne però.

Ma ora silenzio che parla Aslan! “Figliolo, tutto quello che hai fatto per Tash lo hai fatto per me!”

“Tutto quello che facciamo di buono lo facciamo in nome di Aslan, anche quando non lo sappiamo, mentre tutto quello che facciamo di cattivo lo facciamo in nome di Tash.”

“Mio diletto – disse l’Essere Sublime – se non mi avessi desiderato con tanta intensità, non avresti potuto vedermi. Tutti trovano solo quello che cercano veramente.” Tutti tranne me, mannaggia!

Digory ha le idee chiare:Non era la vera Narnia: aveva un inizio e una fine, era l’ombra della Narnia autentica.

Uh! Perché continuo ad amare tanto le finzioni?!?

“Anche il nostro mondo, l’Inghilterra, e tutto il resto, è solo l’ombra, la copia parziale del Regno di Aslan.”

Ecco perché mi piace tanto riposare all’ombra! Il sole è bello, ma presto stufa (non andate a dirglielo, per carità di Dio, ma anche questo Aslan comincia a rom…).

“È normale che ci sembri tutto così diverso: è la stessa differenza che passa tra una cosa vera e la sua ombra, tra la veglia e il sonno.”

Poi aggiunse: “È come ha detto Platone, è tutto come diceva Platone.” Ma non solo lui, anche quel mio amico, quell’altro, quell’altra ancora! e compagnia bella! Tutta una gran bella tribù di Amici Platonici! Speriamo che non sia bellicosa!

Bella questa metafora (anche se mi sa di qualcosa di rimasticato): tu vedi un paesaggio riflesso in uno specchio: è stupendo! Ti giri verso l’esterno e vedi l’originale: è tutt’un’altra cosa!: “In un certo senso il mare o la valle che vedrete allo specchio saranno uguali a quelli veri, ma al tempo stesso avranno qualcosa di diverso: vi sembreranno più profondi, colorati e meravigliosi, come sono i luoghi descritti in un racconto.”

Per essere bravo l’autore è bravo, ma secondo me si sta montando un po’ la testa, pur fingendo un’assai dubbia modestia: “Insomma non riesco a descrivere questa sensazione come vorrei: ma se un giorno vi troverete a passare da quelle parti capirete cosa volevo dire.”

Al che controllo se ho qualche monetina all’interno più intimo della mia tasca destra delle braghe e, pur non trovandola, me la sfrego.

Qualcuno dei nostri eroi si domanda perché sono tornati a Narnia, quando era stato loro detto che non sarebbe mai più occorso in vita loro.

Tumnus il fauno dà il suo contributo di fesserie meravigliose, fors’anche vere: “Più entri nel cuore delle cose e più grandi diventano.E aggiunge: “… più grandi sono gli universi che scopri.” Lo diceva sempre Ernest (Rutherford). Egli mi sorprende per la sua acutissima sagacia, quando dice: “… in questo momento state guardando l’Inghilterra che è dentro l’Inghilterra, quella vera, proprio come questa è la vera Narnia.”

Occorre qui registrare un intervento che oserei definire anodino da parte di Aslan, che avverte i simpatici albionici, i cui “cuori battevano all’impazzata, animati da una debole speranza”: “C’è stato un grave incidente ferroviario – disse Aslan con voce pacata – Voi e i vostri genitori, come dite nella Terra delle ombre, siete morti. La lunga notte è finita: inizia il nuovo giorno. Il sogno è terminato e questo è il momento del grande Risveglio.”

Chissà che ne pensa l’autore di un Altro raccontino: “Il Bardo Tödröl Chemno”. Beh… Lasciamoli discutere fra loro, quei sapientoni che furono. L’ultima frase storica (della nuova Storia): “Ora, finalmente, cominciava il Primo Capitolo di un libro fantastico che sulla terra nessuno ha mai letto. Il Libro che narra la Storia Eterna e che, di pagina in pagina, si fa sempre più avvincente e straordinario”

Quest’ultima sublimità chiude il ciclo dei sette romanzi.

Sapete, cari lettori, che cosa avrebbero risposto i perfidi Nani Neri (di quel non colore li ammantò l’autore)? “Non sa che fare, non sa che fare, non sa che fa-a-re!”

Interessante la chiosa scritta dall’autore in persona che spiega che il suo modo di scrivere favole, a differenza di quello usato da Carroll, Grahame e Tolkien, che si rivolgono a dei ragazzi, è il suo, poiché egli scrive principalmente a se stesso.

Alcuni passi significativi: “La fiaba, come genere, ti consente di lasciar fuori le cose che vuoi lasciare fuori, mentre ti costringe a trasfondere tutta la forza del racconto in ciò che viene fatto e detto.”

“Dobbiamo rivolgerci ai bambini come a nostri pari.”

“Dobbiamo parlargli da uomo a uomo.”

Grazie di tutto, Clive Staples (molto meglio abbreviarti in C.S.).

Ora tocca a me.

Ascolta un po’ quello che il tuo bimbo-uomo ti restituisce.

La teoria dei multi-mondi ha preso seriamente piede nella fisica moderna. Non te ne accenno nemmeno in parte, perché nulla ha a che fare col tuo ciclo di romanzi. Ti comunico altre minutaglie.

Padre Aldo Bergamaschi
Padre Aldo Bergamaschi

Padre Aldo Bergamaschi, platonico come te, di cui ero fervente credente (in lui, non in Lui) diceva che il cristianesimo era scaduto al rango di religione. Inoltre affermava (e questo nessun nipotino di padre Bresciani glielo perdonava) che l’unico miracolo di Cristo era la Resurrezione, che non era una rianimazione di un cadavere, ma qualcosa di più. Per queste sue idee fu quasi accusato di eresia e sospeso non a divinis, ma il vescovo reggiano gli vietò di officiare la messa in pubblico: tanto era commiserevole.

Mi domando cosa sia stata la resurrezione di Aslan dopo che fu distrutto dalla Strega Bianca.

Aslan compie un numero impressionante di prodigi, assai più di Cristo e di Mago Silvan. Gesù, diceva Aldino, non aveva moltiplicato i pani e i pesci: li aveva semplicemente con-divisi.

Lilith era, secondo la tradizione pre-biblica, la prima moglie di Adamo. Nel XX secolo è diventata un simbolo delle suffragette. A tali simpaticissime megere non piacerebbe che sul suo cadavere danzasse il buon Leoncino, come si dice che fece la Madonna con Satana. Grave errore di interpretazione biblica secondo l’attuale papa, il quale non può essere che maschio e lui non può mica fallire ‘ncoppa a ste cose. In genere il calpestare è segno di poco rispetto per ciò che esiste. È un comportarsi da vili e da ignoranti. Il papa, dice che non è stato la femminea Madonna, ma il virilissimo Cristo, l’eroico figlio della stirpe che proviene da lei, a pestare l’ofide, e di questo si assume le Sue Santissime responsabilità. A ognuno le proprie. Lilith inaugura con bieco disprezzo l’espressione: figli di Adamo e figli di Eva, intendendo una suddivisione fra maschi e femmine. Essa servirà sempre a qualcuno.

Nel 1920, Thomas Stearn Eliot, in una splendida poesia chiamò Cristo la Tigre. La somiglianza fra questi due felini è tanta. Ognuno è Dio, ma viene dopo qualcun Altro. Nel caso di Aslan si tratta di un fantomatico Imperatore d’oltremare (o d’oltreterra?), che non ho il dispiacere di conoscere (e di cui tu stesso non dici quasi nulla). Aslan, non meno di Cristo, è il fotone che sparisce e poi appare, magicamente, spostando in tal modo l’elettrone di livello e creando in tal modo l’interazione elettromagnetica (che, come sottoprodotto, ha la Luce), per cui il vuoto pare pieno (ma resta quasi vuoto), per cui un pugno ben tirato fa sanguinare il naso. Una precisione necessaria: per il fotone, che è privo di massa, il tempo è nullo. Mistero della fede!

Una differenza fra i due carnivori: Cristo dice che bisogna dare a Cesare quel che è suo, e a Dio quel che è Suo. Aslan crea re e a loro occorre obbedire, sennò… sono guai!

Lo sai che Bell e Bohm hanno stabilito una non località della materia? E che quel che è qui si sente anche là, contemporaneamente? Perché ti dico questo? E che un certo Plotino parlava di Uno. Al vivere pare sia essenziale quell’Unità. Perché mi è venuto in mente? C’è chi crede nella resurrezione dei corpi, che avviene continuamente anche ora: in quale essere fra migliaia di anni mi trasfigurerò? Sarò sempre io o sarà un Altro?

Je est un autre!

Non riesco a capire perché ho sentito il bisogno di dirlo.

Tutto il mondo si ricicla spontaneamente, anche senza il bisogno dell’uomo che, partecipando, dona ogni volta al mondo l’idiota sua imperfezione. Samsara! Karma! Rinascere senza più dimenticare. La Storia rimane. Nulla più.

I sogni dei fanciulli sono fortemente voluti e cambieranno in modo sempiterno il mondo. Lì è il germe che induce a credere nel Futuro. Finché dura! Solo se il seme muore, la vita si rinnova e avanza.

Questo è il messaggio finale (ora ci sono arrivato) che mi hai regalato, caro il mio sperduto amico!

Tranquillo: sei qui con me ora.

Unito a me. Per sempre.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

C.S. Lewis, Le cronache di Narnia, Mondadori

 

 

 

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