Sul femminicidio, un male non ancora estirpato: una riflessione doverosa per la Giornata internazionale della donna
“La violenza contro le donne è una delle più vergognose violazioni dei diritti umani” – Kofi Annan

Il triste fenomeno del femminicidio sembra non subire alcuna battuta d’arresto. Oggi, 8 marzo 2020, è necessario e doveroso, in nome delle vittime, i cui nomi sono sepolti dall’oblio e dal numero di donne uccise, fare il punto della situazione.
Non c’è alcuna battuta d’arresto, dunque, di quella che è diventata una vera e propria piaga sociale.
Semmai, sembra essere un fenomeno in continua crescita.
La diffusione degli episodi non è riconducibile a un’area geografica specifica, ma è trasversale: da nord a sud senza alcuna distinzione.
Le modalità per annientare una donna possono avvenire coi mezzi più disparati; dalle armi da taglio a quelle da fuoco, anche se di queste l’utilizzo avviene in misura minore, o con acido per deturparne l’aspetto o ancora, benzina per dar loro fuoco con la voglia di cancellarle per sempre dalla faccia della terra. Alcune volte, non così rare, addirittura a mani nude.
Insomma, ogni mezzo va bene per distruggere la volontà di riscatto di mogli, fidanzate o compagne di percorso che siano.
“La violenza su una donna è l’atto più codardo che un essere umano compia…”
Il termine femminicidio, come è noto, è stato coniato dall’antropologa Marcela Lagarde, e indica un omicidio determinato esclusivamente da una forte componente misogina.
Ma, per parlare di femminicidio la vittima deve essere legata al suo carnefice da un rapporto di parentela o di stretta familiarità.
“Ci sono casi in cui il nemico dorme nel nostro letto. Non esiste una difesa se non culturale insieme alla consapevolezza delle donne stesse”. – Myrta Merlino

La violenza perpetrata a danno delle donne ha radici lontane nel tempo, e non è facilmente riconoscibile e neppure catalogabile. Motivazioni di carattere psicologico si intrecciano a quelle di ordine sociale, o economiche e culturali. Caratteristiche strettamente connesse fra loro, tanto che anche la più semplice delle identificazioni risulta problematica.
Oggi, indagini statistiche e resoconti, seguiti a studi scientifici compiuti da organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, non sono ancora a conoscenza delle motivazioni che spingono alcuni uomini a mettere in atto gesti violenti, estremi in certi casi, fino alla morte, nei confronti delle donne.
Alla base di comportamenti ‘sconvenienti’ c’è comunque una mentalità obsoleta, per usare un eufemismo, che considera le donne esseri ‘inferiori’.
Soprattutto perché considerate dai loro uomini ‘oggetti’ di proprietà, e perciò sottomesse al loro volere, e non dotate di autonomia propria. Non riconoscendo loro maggiori qualità, in molti casi, rispetto agli uomini.
Una discriminazione che arriva da un remoto passato, dunque, e segue canoni predefiniti, dove la donna deve incarnare il modello precostituito di custode del focolare domestico. Ruolo che oggi la donna non è più disposta ad accettare.
Ma, alla luce dei tanti femminicidi che riempiono la cronaca di quotidiani e TV, occorre domandarsi, come si può interrompere un fenomeno diventato un circolo vizioso, e adoperarsi per cambiare le cose?
Potrebbe venire in aiuto la legge, per esempio. Quella con la L maiuscola.
Una legge giusta che stabilisca innanzitutto la parità tra uomini e donne, attraverso una legislazione che determini una concreta equiparazione, e non fosse soltanto il risultato di vuote parole.
Comunque, pur essendo una misura che può essere d’aiuto per risolvere tale questione, quest’ultima non è sufficiente ad arginare la violenza di genere.
Un’azione ugualmente, o forse più importante, per fermare la carneficina di donne uccise, è un inasprimento delle pene detentive per coloro che commettono reati gravissimi come quello dell’omicidio, o anche soltanto provare a mettere in atto un tale proposito.
Infine, un altro rimedio, indispensabile per frenare il fenomeno, è l’educazione, fin dalla primissima infanzia, alla parità fra maschi e femmine. Un modello di relazione da stabilirsi tra i sessi, che si deve proporre sia ai fanciulli come alle fanciulle, per evitare che queste si facciano assoggettare al volere dei maschi.

Soluzione questa che, però, prevede tempi lunghi, se non lunghissimi, dove nel frattempo le donne continuano a morire per mano di uomini, i quali conoscono solo metodi violenti per far prevalere una presupposta superiorità che non esiste, se non nelle menti malate di insano narcisismo e preda di un male difficile da estirpare.
Occorre uscire da questo tipo di stereotipi di genere proposti da sempre, cambiare la percezione tradizionale del ruolo che uomini e donne ricoprono all’interno della società, educare i giovani alla relazione fra i sessi incentivando soprattutto il rispetto fra le persone, al fine di sradicare una mentalità che affonda le proprie radici in una mancata educazione culturale.
A essere responsabile, anche se in parte, del fenomeno sono anche i modelli proposti dai messaggi pubblicitari, i quali prospettano una realtà ‘virtuale’, se così la si può definire, che non corrisponde agli schemi della vita reale.
Immagini omologate, in certi casi troppo tradizionali, di donne interessate solo al buon andamento domestico, e perciò relegate a un ruolo che oggi è obsoleto. Donne felicissime di lavare i pavimenti, di cucinare e interessate a mostrarsi belle non per sé stesse, ma per compiacere il proprio uomo.
E ciò, a consolidare l’immagine della donna-oggetto che hanno molti uomini.
Oppure, scenari di donne sexy dalla femminilità volgarizzata, e modello concepito solo come stimolo da elargire all’immaginario maschile.
Fra i modelli proposti e la violenza scatenante insita in molti uomini esiste una relazione. Relazione che si esplicita in una voglia di sopraffazione che, determinata anche da tali messaggi sessisti è una pubblicità che offende la dignità delle donne e non è certo mezzo per arginare il triste fenomeno del femminicidio.
“L’assassinio è l’ultima risorsa dei vigliacchi”.
In Italia, le leggi e la Costituzione sanciscono sulla carta la parità tra donne e uomini, assicurando gli stessi diritti in campo economico, familiare e politico.
Nella pratica le cose vanno diversamente; in quanto certi principi non vengono rispettati, e la cui diretta conseguenza è il diffuso incremento della violenza, verbale o fisica, che molte donne subiscono.
Il nostro paese è, infatti, fra gli stati dell’Unione Europea quello che conta il più alto numero di vittime. Esiste, dunque, un netto distacco tra leggi scritte e realtà?

Certamente sì. Alimentato dalla già citata discriminazione, che seppur cancellata in via teorica e legislativa non è di così concreta attuazione nei confronti delle donne che, in via di emancipazione, spesso sono preda di uomini che non vogliono accettare questo stato di cose.
Forse ingelositi dal fatto che le donne sono in grado di organizzare la loro vita ricoprendo svariati ruoli: madri e mogli, e in alcuni casi partecipi di professioni importanti all’interno di una società che, piaccia o non piaccia, è in continua evoluzione.
“C’è un momento in cui devi decidere: o sei la principessa che aspetta di essere salvata o sei la guerriera che si salva da sé… io credo di aver già scelto… mi sono salvata da sola” – Marilyn Monroe
Written by Carolina Colombi