“Verso Nazareth” di Mark Twain: la disillusione muta in un riverente scetticismo

“Capisco solo ora che se davvero intendo imparare qualcosa da questo viaggio e arrivare a una corretta comprensione delle questioni più importanti relative a questa esperienza, è bene che mi dimentichi radicalmente moltissime delle cose che, in un modo o nell’altro, ho assimilato […]” – Mark Twain

Verso Nazareth di Mark Twain
Verso Nazareth di Mark Twain

Verso Nazareth” è il quarto ed ultimo volume che la casa editrice Mattioli 1885 propone nella collana “Gli Innocenti all’estero” di Mark Twain, edita in quattro volumi (Finalmente Parigi, In questa Italia che non capisco, Ritorno a Costantinopoli, Verso Nazareth).

Ripartito da Smirne, il piroscafo Quaker City giunge nel porto di Beirut, dove “i pellegrini”, come li definisce Twain sbarcano per dividersi in diverse piccole comitive. Una parte di essi, tra cui lo stesso Twain, attraverserà a cavallo il Libano, la Siria, la Palestina sino a giungere a Gerusalemme, per poi reimbarcarsi a Giaffa a bordo della Quaker City. Al loro servizio, una intera carovana dotata di cammelli, asini, cavalli, tende, e ogni genere di conforto degno di un principe d’Arabia sotto la guida del dragomanno[1] Abrahm.

“Al nostro servizio avevamo diciannove uomini e ventisei muli carichi di fagotti […] tendoni che, all’interno rilucevano di blu, d’oro e di color cremisi, e di splendide decorazioni d’ogni tipo! Sono rimasto senza parole. Un autentico gioiello, semplicemente meraviglioso. E questo lo chiamano campeggio all’aperto!”

Twain a differenza degli altri pellegrini è un rude uomo del west americano, abituato si al bivacco, ma a quello più essenziale, dal quale le ricche tende beduine ben si discostavano. Al seguito di questa carovana, Twain si ritrova ad attraversare un territorio dal clima rovente, e dai paesaggi aridi e desolati che mettono a dura prova tutto il gruppo, tranne le loro guide locali. All’epoca tutto il territorio attraversato dalla carovana era in mano all’Impero Ottomano, il quale nonostante si fosse appena conclusa su quei territori una sanguinosa guerra civile, vessava di tasse la popolazione. Come se non bastasse, l’intera area stava subendo anche una gravissima crisi economica dovuta al crollo del mercato del cotone. Miseria, malattie e desolazione regnavano ovunque. I pellegrini ad ogni villaggio, monumento o città venivano accerchiati da mendicanti e sedicenti guide al grido di “bakshees! Bakshees!”

Varcati i confini della Palestina in groppa a un ronzino che morirà durante il viaggio, Mark Twain rimane colpito dalla desolazione del paesaggio, dall’arretratezza culturale e architettonica, dal profondo disagio della popolazione, e dal forte contrasto tra le rovine di antiche civiltà che in quelle terre fiorirono.

Il secondo contrasto è dato dalle aspettative che Twain aveva dopo lo studio della Bibbia e dei Vangeli, e dalla lettura delle guide e resoconti di viaggio di William C. Prime in particolare, su cui più volte Twain si scaglierà a causa dell’inattendibilità e inutile sentimentalismo contenuto nei suoi libri:

L’immaginazione funziona assai meglio a grande distanza.” commenta Twain.

“Mi piacerebbe proprio che in futuro mi risparmiassero tutte quelle lodi […] è solo una frode, un volgare inganno”.

Tra le prime grandi delusioni Twain trova il Mare di Galilea, che immaginava immenso, e si domanda come fosse possibile che “davanti a simili pozzanghere, individui che hanno familiarità con l’Hudson, coi Grandi Laghi, col Mississippi, s’abbandonino in autentici deliri d’ammirazione ed esauriscano tutte le facoltà compositive per mettere per iscritto quell’esaltazione di lodi? […] Dunque è questo il genere di brodaglia che, per secoli, è stata servita da chi è stato in Palestina. Mi diverte moltissimo citare i brani di Grimes[2], perché è così melodrammatico e romantico. E anche perché sembra che gli importi davvero poco se quello che scrive è vero o no, mentre ama moltissimo sbigottire il lettore, spaventarlo, ispirargli invidia o ammirazione.”

Osservando poi i suoi compagni di viaggio, di estrazione religiosa eterogenea (si intuiscono nel gruppo degli ebrei, dei presbiteriani, dei cattolici, dei protestanti), Twain osserva come ognuno potesse trovare la Palestina che cercava: “[…] i presbiteriani una Palestina presbiteriana, i battisti una battista. I cattolici, i metodisti, gli episcopali, a loro volta […]” trovavano in essa le caratteristiche che volevano vedere in quella terra. Continua TwainPer quanto potessero essere oneste le loro intenzioni, erano tutti pieni di parzialità e di pregiudizi, e sono giunti in questa terra con il loro verdetto già stabilito, per cui […]” non erano più in grado di osservare e scrivere in modo imparziale. E questo è bene osservabile nei tre “pellegrini” anziani che viaggiano con lui, i quali non mancano ad ogni sito di snocciolare a memoria le loro prediche e i passi della Bibbia, finendo per litigare non solo col resto del gruppo, ma anche tra loro stessi, rivelando così la propria disumanità ed assenza di ogni autentico valore religioso.

Mark Twain
Mark Twain

Giunti poi a Nazareth e a Gerusalemme, la disillusione di Twain muta in un riverente scetticismo. Conscio di trovarsi realmente nelle località in cui nacque, predicò e morì Gesù, Twain ben presto perde interesse nei monumenti mostrati dalle guide, palesemente falsi e collocati ad hoc dai monaci e da tutta una comunità che era dedita a ricavar denari dai pellegrini. Ogni cosa era presente, georeferenziata e visitabile dopo il pagamento di un bakshees:

“Questi talentuosi monaci latini non fanno mai nulla a metà. Se mostrassero il serpente di bronzo che fu innalzato nel deserto, si può esser sicuri che avrebbero lì a portata di mano anche il palo sul quale fu innalzato, e persino il foro nel terreno in cui piantarono il palo. Qui (a Nazareth) dispongono della “grotta” dell’Annunciazione; e, proprio come la bocca comunica con la gola, hanno lì accanto anche la cucina della Vergine, e persino il soggiorno dove diciotto secoli fa […]. Beh, tutta questa faccenda delle grotte non è che un’impostura, per la quale, però, l’umanità deve esser grata ai cattolici […] per aver scavato nella roccia tutte queste grotte false, tutte sotto lo stesso tetto.”

Luoghi sacri e reliquie abbondano in ogni dove, e vengono commerciati senza alcun pudore.

“Le reliquie sono dei beni di prima qualità. I viaggiatori sono tenuti a pagare per ammirarle, e lo fanno pure volentieri!”

Il culmine giunge al Santo Sepolcro: un immenso monastero che racchiude oltre alla tomba del Salvatore anche innumerevoli altri “luoghi” fisici legati alla storia di Gesù, dalla “grotta dell’invenzione della croce” alle tre croci stesse, al luogo della crocefissione, insomma un vero condensato di cristianità:

“Quando si arriva nell’angusta tomba del Salvatore si diventa gravi e pensosi – e non potrebbe essere diversamente in un luogo simile – ma non c’è verso… Non è possibile credere che il Signore sia stato davvero sepolto lì dentro, e questa riflessione sciupa ogni interesse che si prova per quel luogo. In altre parti della chiesa, si possono vedere i punti dove stavano Maria, Giovanni, e persino Maria Maddalena; il luogo in cui la folla derise il Signore, o dove sedette l’angelo, o dove furono ritrovate la corona di spine e la vera croce, o dove riapparve il Salvatore risorto. Insomma, tutti questi luoghi uno li osserva con interesse, si, ma con la stessa convinzione che ha già provato per quanto riguarda il sepolcro, e cioè che, a proposito di tutte queste cose, non ci sia nulla di vero, e che si tratti soltanto di luoghi sacri del tutto immaginari creati dai monaci.

Entrando nel santuario, superata la consueta folla di mendicanti, Twain è colpito dalla presenza delle guardie ottomane, necessarie poiché[…] persino in questo luogo santo, i cristiani delle diverse confessioni non si limitano a litigare tra loro, ma arrivano a darsele di santa ragione, se solo ne hanno la possibilità”.

Le visite al santuario sono per tanto ben scandite in orari e confessioni precise, e ogni gruppo non doveva assolutamente incontrarsi durante la visita:

“Tranne i protestanti, tutte le confessioni cristiane hanno una loro cappella sotto il tetto della Chiesa del Santo Sepolcro, e ciascuna setta deve stare per proprio conto e non può avventurarsi a invadere il suolo altrui. È stato dimostrato in modo definitivo che non sono in grado di pregare insieme in modo pacifico attorno alla tomba del Salvatore”.

Quello che emerge nel libro non è più il Mark Twain tranchant dei tre volumi precedenti. Saziato di disillusione e di realtà, spossato da un duro viaggio a cavallo nei torridi territori di Libano, Palestina, Siria, troviamo un uomo ormai pacificamente rassegnato alla realtà dei fatti, osservatore critico, ma che finalmente comprende che tutto questo viaggio porta coi suoi risvolti positivi e negativi a un’esperienza di cui far tesoro a vita: fuggire la menzogna annullando i preconcetti e i pregiudizi dati dal solo studio teorico, concludendo un percorso di formazione data dall’esperienza diretta di luoghi e comunità diverse, che hanno portato Twain alla volontà di narrare la realtà in un’opera di cui la lettura è sicuramente consigliata.

Un consiglio per il lettore? Tenere a portata di mano le Sacre Scritture e i Vangeli Apocrifi. Gli spunti di riflessione e confronto saranno moltissimi per via delle numerose citazioni contenute nel testo.

Mattioli 1885
Mattioli 1885

Un libro, quello dell’Editrice Mattioli 1885 che in più si adatta anche fisicamente al lettore moderno e al viaggiatore: la stampa e la rilegatura sono molto ben curate, il volume è compatto e leggero con gli angoli di pagina volutamente arrotondati e una copertina morbida ma resistente all’acqua e agli strappi, in una edizione che ben si presta a essere portata in borsa mentre si va al lavoro, in aereo o a bordo di una barca a vela senza timore di esser strapazzato.

“Comunque sia, una cosa ci conforta. Le esperienze che abbiamo fatto in Europa ci hanno insegnato che, con il tempo, ci dimenticheremo di tutta questa fatica; ci dimenticheremo del caldo, della sete, della persecutoria loquacità della guida, delle persecuzioni dei mendicanti – e allora rimarranno solo i piacevoli ricordi di Gerusalemme.” – Mark Twain

 

Note

[1] La guida locale.

[2] William C. Prime, volutamente storpiato da Twain in Grimes, che significa “lerciume”.

 

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