“Antologia dei poeti contemporanei dei Balcani” a cura di Paolo Maria Rocco ed Emir Sokolović
Un pregevole volume con tanti poeti dei Balcani è quello curato da Paolo Maria Rocco ed Emir Sokolović, Antologia di poeti contemporanei dei Balcani, edito da LietoColle nel 2019.
Alcuni cenni biografici sui due curatori del nutrito volume, che conta quasi trecento pagine, risulta interessante per avvicinarsi in maniera degna al testo. Paolo Maria Rocco è nato a Napoli nel 1957 e vive a Fano (PU). Si è laureato in Lettere Moderne all’Università di Urbino “Carlo Bo” e ha conseguito un Perfezionamento all’Università di Firenze. È stato professore a contratto per l’Università di Urbino ed è giornalista professionista dal 1996. Ha pubblicato poesie in riviste, antologie, plaquettes. In volume ha dato alle stampe I Canti (2016) e Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie (2019), il romanzo Virginia, o: Que puis-je faire? (2015), il libro di racconti (e-book) Divina e altri racconti (2015-2017). Ha ricevuto premi letterari sia in Italia (Premio della Giuria del Premio Casentino di Poppi (AR) e Terzo Premio “Mario Pannunzio” di Torino per la Poesia edita), che in Bosnia (vincitore del Festival di Poesia e Letteratura “La Piuma di Zivodrag Zvkovic” nel 2016). Sue poesie sono state tradotte e pubblicate in Bosnia-Erzegovina, Croazia e Romania.
Emir Sokolović è nato a Zenica (Bosnia) nel 1961, città nella quale vive. Ha pubblicato vari libri di poesia: Gdje i zašto (1983), Apokalipsa (1994), Bio je tada trska (1998), Paris – ili zalud je razapinjati Krista (1999), Oslobađanje (2003), Lako je jurišati na nebo koje ćuti… (2011), Una era canna allora (2013), Poetica Demonica (2014), Ples među podsjenama (2014), Paride – o è inutile crocifiggere Cristo (2015), Ogledi (2016), La Banca (2017) e l’opera bilingue Vjetrovi – I venti (2017). Dal 2012 gestisce il club artistico “Plava Paleta” a Zenica il cui nome in italiano significa “Tavolozza blu”. Organizza annualmente il Festival Letterario Internazionale “Pero Živodraga Zivkovic”; è stato invitato e ospite in vari contesti internazionali, alcune sue opere sono state tradotte in altre lingue oltre all’italiano. Numerosi i premi vinti tra cui quello “alla cultura” in seno al premio di letteratura “Antonia Pozzi – Per troppa vita che ho nel sangue” presieduto dalla poetessa Caterina Silvia Fiore a Pasturo (LC) e il Premio alla carriera “Il Canto di Dafne” ad Aulla (MS).
Ad anticipare i tanti testi selezionati e scelti dai due curatori di un significativo numero di poeti e intellettuali dell’area balcanica, sono due brevi note critiche degli stessi Rocco e Sokolović che forniscono alcuni parametri di lettura del volume per comprendere il tipo di operazione editoriale effettuata. Rocco – in maniera onesta e doverosa verso il pubblico – osserva nelle primissime righe: “Questo libro è un libro di poesia. Non lo abbiamo voluto per scrivere la vicenda della poesia balcanica contemporanea. Non abbiamo pretese storicistiche. I testi che presentiamo non sottendono l’adesione a scuole o movimenti; e neppure rappresentano una raccolta dal “fior fiore””.
Tale progetto editoriale non nasce da un intento catalografico, storicistico, archivistico, vale a dire non si arroga la pretesa di una resa onnicomprensiva, esaustiva e completa dell’universo poetico dei Balcani. Operazione che sarebbe senz’altro complicata, se non addirittura impraticabile, da condurre. Ci si riferisce alla penisola balcanica come area che comprende quelli che oggi, al momento in cui si parla, sono gli stati europei (in ordine alfabetico) dell’Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Grecia, Kossovo, Macedonia, Montenegro, Romania, Serbia, Slovenia e asiatici della Turchia, nella sola porzione della regione della Marmara settentrionale, la zona con capitale Istanbul.
Rocco scrive nella sua introduzione: “È del 2017 l’Appello firmato a Sarajevo da circa duecento scrittori, accademici, linguisti, a sostenere la necessità di uniformare in una sola lingua i tre idiomi del croato, del bosniaco, del serbo, suscitando interrogativi, perplessità e contestazioni, nel mentre in Montenegro si percorre la strada opposta: quella della creazione di una lingua di cultura identitaria”.
I poeti inseriti nel volume sono Nataša Butinar, George Nina Elian, Alden Idris, Tode Ilievski, Norica Isac, Slobodan Ivanović, Zlatko Kralijć, Marko Kravos, Luljeta Lleshanaku, Borut Petrovič Vernikov, Dušan Pirc, Vid Sagadin Žigon, Fahredin Shehu, Goran Simić, Emir Sokolović, Marin Tudor, Almir Zalihić e Visar Zhiti. I traduttori che hanno lavorato a questo progetto sono: Darja Betocchi, Nataša Butinar, Alessia Doda, Miodrag Mica Golubović, Alden Idris, George Nina Elian, Paolo Maria Rocco, Giacomo Scotti e Rosangela Sportelli. Inoltre Caterina Zuccaro ha provveduto alla revisione delle traduzioni di Visar Zhiti e Ibrahim Hida ha suggerito alcune soluzioni di traduzione dall´albanese all´italiano.
Della Croazia sono antologizzati: Nataša Butinar, nata a Rijeka (la vecchia Fiume di italiano vanto e memoria) nel 1971, ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Sapjane per trasferirsi poi nel 1990 in Veneto dove oggi vive con la sua famiglia, autrice di Elefante bianco edito con la collaborazione della Croatian Writer Association della quale fa parte. Nell’antologia è contenuta la poesia “Autunno” scritta a Opatija nel 1987, la città di Abbazia quando il territorio apparteneva all’Italia; Zlatko Kraljić, nato a Sveti Martin na Muri nel 1962, vive e lavora in Slovenia nella città di Velenje, è autore di numerosi lavori poetici e in prosa; è direttore artistico e fondatore del festival internazionale “Murakon” a Sveti Marti na Muri.
Della Slovenia sono inseriti Marko Kravos, sebbene nato in Italia a Montecalvo Irpino (AV) nel 1943 è naturalizzato sloveno. Ha diretto per venticinque anni la casa editrice triestina ZTT ed è stato docente di lingua e letteratura slovena all’Università di Trieste, è membro della Lega degli scrittori sloveni di Lubiana; ha pubblicato numerosi libri di poesia e i suoi testi sono tradotti e pubblicati in molte lingue; scrive anche prosa per l’infanzia; Borut Petrovič Vernikov, nato a Ptuji nel 1955, critico letterario, che attualmente vive a Lubiana ha pubblicato tre libri di poesie; sue poesie sono state tradotte e pubblicate in altri stati e inserite in antologie; Dušan Pirc, nato a Kraniska Gora nel 1946, laureato in Slavistica, ha pubblicato il suo primo libro di poesie nel 2018, è traduttore dei poeti Karl Destovnik e Tone Pavţek; una sua poesia qui contenuta, “Sarajevo” l’ha dedicata ad Admiral Mahić, noto scrittore serbo-bosniaco nato a Banja Luka nel 1948 e deceduto a Sarajevo nel 2015. Qui si legge, nella chiusa della poesia: “loro non sapevano/ che ogni proiettile sparato/ a se stessi/ come ogni esplosione di granata/ avrebbe distrutto il passato/ e ferito il futuro”; Vid Sagadin Žigon, nato a Celje nel 1972, poeta e critico letterario, traduttore, tra gli altri, di Simone Weil, Arthur C. Danto, Žarko Paić, autore del ciclo di trasmissioni sull’interpretazione letteraria per il 3° programma della Ars radio Slovenija, per la poesia ha pubblicato i libri Drevored e Metamorfosi; attualmente vive a Notranjska Gorica nella zona di Lubiana.
Della Bosnia-Erzegovina abbiamo Alden Idris, nato a Stolac nel 1977 nella regione dell’Erzegovina, la cui vita è stata segnata da conflitto serbo-bosniaco-croato nel 1992 a soli 15 anni. Dal campo di accoglienza profughi dove riparava con la famiglia dopo la guerra, riuscì a fuggire e a raggiungere l’Italia dove oggi vive nella città di Fano, nelle Marche. Di quell’esperienza traumatica parla diffusamente nelle sue poesie: “L’odio color rosso fuoco / […] / L’immagine della paura/ non sparisce chiudendo gli occhi” scrive nella poesia “La casa dell’amico” e, in quella che segue che porta come titolo le coordinate geografiche atte a localizzare la cittadina di Srebrenica – scenario di una delle più crude mattanze degli ultimi tempi – annota con dolore: “Tra le viscere omertose/ della Dea Europa/ che fu implicata/ e che voltò lo sguardo!”; Goran Simić, nato a Vlasenica nel 1952, autore anche di opere teatrali, con pubblicazione di suoi testi sulle maggiori riviste internazionali, vive tra Edmonton, Sarajevo e Toronto. Nell’antologia di Rocco/Sokolović compare la poesia dedicata al ricordo del massacro di Srebrenica: “La strada davanti alla casa ha ingoiato se stessa,/ […]/ La casa è una cara tomba/ […]/ Dio ha saputo come corromperci./ Fuori non c’è nulla da vedere se non gli occhi della follia./ La cosa migliore che puoi fare è soffocare i passi dei miei scarponi da minatore./ […]/ Ho paura che i bambini possano svegliarsi prima per partire e andare a scuola/ dove saranno accolti dall’insegnate di Storia/ crocifisso e inchiodato alla porta d´ingresso”; Almir Zalihić nato a Mostar, capitale dell’Erzegovina, nel 1960, capo-redattore della rivista Mak e membro dell’Associazione degli Scrittori in BiH, vive a Sarajevo; ha pubblicato, dal 1989 ad oggi, numerosi libri di poesia e di narrativa; sue poesie sono state tradotte e pubblicate in Inghilterra, Svezia, Polonia, Macedonia, Germania.
Della Serbia figura Slobodan Ivanović, nato a Paracin nel 1958, noto nel suo paese anche per essere autore di una serie di programmi televisivi per bambini e sulla poesia; dal 2006 ha pubblicato quattro libri di poesia; nel 2018 è risultato vincitore del Festival internazionale di Letteratura “Pero Zivodrag Zivkovic”.
Della Macedonia (per l’esattezza in base all’Accordo di Prespa del 2018 dovremmo parlare di Macedonia del Nord) figura nel volume Tode Ilievski, nato a Mramorec nel 1952, membro dell’Associazione Scrittori della Macedonia, traduttore da e nelle lingue slovene, ha pubblicato nove libri di poesia. Suoi testi poetici sono stati tradotti e pubblicati in Albania, Bosnia, Inghilterra, Giappone, Russia, Serbia, Italia, Ucraina, Polonia, Romania.
Della nazione con l’aquila bicefala, l’Albania, che ha recentemente sofferto un grave terremoto che ha colpito la zona di Durazzo (novembre 2019), sono antologizzati Luljeta Lleshanaku, nata a Elbasan nel 1968, imparentata con famiglie di oppositori politici ha vissuto i rigori dell’emarginazione e della repressione del regime antidemocratico di E. Hoxha. Ha pubblicato otto libri di poesia alcuni dei quali tradotti e pubblicati negli USA e in Gran Bretagna, Austria, Polonia, Italia. Tiene laboratori di scrittura creativa dal titolo “Sabbat”. Con la sua poetica tendente alla prosa ci trasmette pillole di un passato non lontano così carico di dolore come la crudele censura imposta dal regime di Hoxha nei confronti della cultura ben evidenziata nella lirica “Libri gialli” nella quale, con un’apposita nota in chiusura ai suoi versi, ricorda che “sotto il regime comunista i libri gialli erano messi al bando”; Visar Zhiti, nato a Durazzo nel 1952, poeta, giornalista, perseguitato dal regime di Hoxha e detenuto nelle carceri per dieci anni, eletto poi deputato al parlamento albanese, con varie collaborazioni in riviste italiane e straniere. Ha pubblicato numerosi libri di poesia ed è anche narratore, traduttore, saggista, membro del PEN Club Italia; di lui hanno scritto Mario Luzi, Franco Loi e Umberto Eco. In una delle sue sei poesie pubblicate nell’antologia, dal titolo “La fuga”, egli ci parla dell’esilio: “Sempre, quando abbandoni la patria,/ è un giorno di pioggia./ […]/ Ciò che resta/ di un pezzo di pane/ non vuoi consumarlo/ nell’altra patria, ti viene da conservarlo/ per la fame che verrà”.
Del Kosovo, stato a maggioranza albanese indipendente dal 2008 ma ad oggi non riconosciuto dall’intera comunità internazionale, è antologizzato Fahredin Shehu, nato a Orahovac nel 1972, poeta tradotto in più di trenta lingue, organizzatore del Festival Internazionale di Poesia in Kosovo.
Della Romania sono antologizzati Costel Drejoi che figura sotto lo pseudonimo di George Nina Elian, nato a Slatina nel 1964, ha pubblicato, dal 1985, cinque libri di poesia tra cui Toamma, când vine sfârşitul lumii (ovvero Nell’autunno, quando arriva la fine del mondo) edito nel 2016 con la sua poetica peculiare di versi lunghi e contenutisticamente asciutta; è traduttore dall’albanese all’italiano; Gabriela Mihăes, il cui pseudonimo è Norica Isac, nata a Bacău nel 1970, autrice di Cuvintele ca mirare (ovvero La meraviglia delle parole) pubblicato nel 2018; Marin Tudor, nato a Slatina nel 1974, laureato in Filosofia, critico nei confronti di un’ideologia totalitaria e nefanda, quale strascico indecoroso di un passato nazionale da dimenticare.
Data l’interessante trattazione dei poeti dei Balcani, che lo studio di questa antologia di Rocco e Sokolović offre, mi sento anche di aggiungere qualche altro nome di poeta che nel corso degli anni ho letto, conosciuto, analizzato e che, credo, possa essere utile per un ulteriore approfondimento e ampliamento sulla letteratura contemporanea di questa ampia regione: Bogdana Trivak, nata a Zenica (Bosnia) nel 1972, vive con la sua famiglia (i suoi giovanissimi figli Ivan e Ines Obradović sono dei promettenti poeti e scrittori, vincitori già di qualche concorso) a Pola (Croazia), è fondatrice dell’Associazione Ad-Adriaticum di Pescara, si è laureata nella stessa città abruzzese con una tesi di laurea su Foscolo e il viaggio sentimentale di Laurance Sterne; Mirsada Bibić Šabotić, nata a Peje (Kossovo) nel 1966, vive a Rožaje, conosciuta a Pasturo (LC) nel 2018 dove venne premiata come migliore autrice estera in seno alla seconda edizione del Premio di Letteratura “Antonia Pozzi – Per troppa vita che ho nel sangue”. Professoressa di lingua montenegrina, serba, bosniaca, croata e letteratura, attiva nel mondo dell’educazione e della cultura come poetessa, critica letteraria e curatrice di progetti umanitari, collabora con giornali locali, numerose sono le sue opere pubblicate in volume tra poesia, narrativa e opere teatrali. Per la poesia i libri: Ajšina suza (2018) e Žad (2015); per la Romania, invece, il poeta metafisico Dumitru Găleşanu, nato a Tia Mare nel 1955 e residente a Râmnicu Vâlcea, autore di corposi volumi-almanacchi poetici commentati dalla critica non solo rumena ma di vari paesi europei tra cui Tratat pentru nemurire (ovvero Trattato per l’immortalità) edito nel 2016 e Axiomele infinitătii (ovvero Assiomi dell’infinità) edito nel 2017 e la poetessa Liliana Spataru, nata a Bacau nel 1959, autrice di vari libri, membro di varie organizzazioni internazionali di poesia.
Nel 2017 con l’Associazione Culturale Euterpe di Jesi (AN) che presiedo abbiano organizzato un’antologia a scopo benefico (i ricavi andarono a sostenere le iniziative dell’Istituto Oncologico Marchigiano) con la volontà di avvicinare le due sponde del nostro amato Mar Adriatico. Al volume, dal titolo Adriatico: emozioni tra parole d’onde e sentimenti, curato dal sottoscritto insieme a Stefano Vignaroli e Bogdana Trivak con il patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica d’Albania in Italia oltre che di numerose amministrazioni locali nazionali e croate, parteciparono un centinaio di autori compresi vari poeti e scrittori dei Balcani. Mi pregio segnalare per l’Albania: Valbona Jakova, nata a Tirana nel 1953, presente in Italia dal 1991 dove vive a Ghedi (BS), mediatrice linguistica e culturale, autrice di testi bilingue di fiabe albanesi scritte con Sokol Jakova, ha tradotto in albanese vari autori tra cui Ungaretti, Neruda e Kerouac; Gentiana Minga, nata a Durazzo nel 1971, insegnante di lingua e letteratura albanese, dal 2000 vive a Bolzano; per la poesia ha pubblicato Zonja e Shkodrës (ovvero La signora di Scutari) nel 2003; Shpend Sollaku Noé, nato a Lushnjë nel 1957, scrittore, poeta e politico che vive in Italia come rifugiato politico dal 1992. Numerose i libri pubblicati tra cui quelli d’inchiesta come La Colombia balcanica (1994) e Il secolo breve dei Balcani (1994); la sua opera – tanto in poesia che in prosa – è innervata su un forte richiamo e impegno civile; Mardena Kelmendi, nata a Berat nel 1963, discendente del letterato Kostandin Kristoforidhi (1827-1859) e nipote del professore dissidente Kostaq Stefa, vittima della dittatura comunista, è emigrata in Italia nel 1900 approdando alla città di Trieste; è presidente dell’Associazione Italo-Albanese “Camminiamo insieme”; alcune sue poesie sono presenti nel volume Kadare europeo e la cultura albanese oggi a cura di Giuseppina Turano edito nel 2011; Irma Kurti[1], nata a Tirana nel 1966, vive a Bergamo da anni. Poetessa e giornalista, libri di poesia e di racconti, tanto in albanese che in italiano, tra i più recenti vanno segnalati: Non è questo il mare (2014) e Senza patria (2016); per la Croazia: Melita Richter, nata a Zagabria nel 1947, ha vissuto a Trieste dal 1979, città dove è deceduta pochi mesi fa (marzo 2019). Sociologa, saggista, autrice di vari libri, studiosa del femminismo e dei movimenti migratori è stata docente di Letteratura serba e croata all’Università di Trieste, socia della Compagnia delle Poete fondata da Mia Lecomte a Roma nel 2009; Milica Lojdl, nata a Vukovar nel 1958, si è trasferita poi sull’isola di Issa dove attualmente vive; ha pubblicato raccolte di poesie tra cui Sjene i opsjene (ovvero Ombre e penombre), per la Bosnia: il poeta Božidar Stanišić, nato a Visoko nel 1956, ha vissuto fino al 1992 a Maglaj, una località a nord di Sarajevo, lavorando come professore di lingua serbo-croata e letteratura. Da anni vive a Rugliano (UD) ospite del centro accoglienza “Ernesto Balducci”, numerose le sue opere letterarie tra cui Non poesie (1996), Metamorfosi di finestre (1998) e vari testi in antologie italiane e straniere sul tema della migrazione tra cui Ai confini del verso (2007) a cura di Mia Lecomte; per il Montenegro: Ervina Dabižinović, nata a Kotor nel 1963, attivista femminista e pacifista si è laureata a Sarajevo in Psicologia nel 1986, ha fondato l’Associazione per la società civile “Anima” di Kotor con la quale si occupa di studi di genere; Jovanka Uljarević, nata anch’ella a Kotor nel 1979, autrice di varie antologie tra cui Maskenbal proteza (ovvero Ballo in maschera delle protesi) edito nel 2003; Desanka Jauković, nata a Niksic nel 1994, laureata in Filosofia, ha ricevuto un riconoscimento in Italia nel Concorso Poetico Internazionale “Nosside” nel 2014; Dubravka Velašević, nata a Titograd (odierna Podgorica) nel 1956, laureata in Medicina a Belgrado. Dal 1992 vive a Londra; nelle sue opere poetiche centrale figurano i temi dell’esilio e quello dell’identità; per la Macedonia: Borče Panov, nato a Radovish nel 1961, ha pubblicato vari libri di poesia in lingua inglese, si è dedicato anche alla stesura di testi per sceneggiatura in chiave sperimentale. Sue opere sono pubblicate in numerose lingue; per la Grecia il prolifico poeta Sotirios Pastakas, nato a Larissa (Tessaglia) nel 1954, inventore di riviste e produttore radiofonico, ospite di festival poetici e letterari in tutto il mondo il cui primo libro in italiano, Corpo a corpo, è stato pubblicato nel 2016. Importanti nomi presenti in detta antologia anche per quanto concerne la narrativa con Zija Çela, nato a Scutari (Albania) nel 1946, e Jasmina Tesanović, nata a Belgrado nel 1954, attivista femminista e politica, autrice di “Diary of a Political Idiot”, tradotto in dodici lingue in tutto il mondo, un diario di guerra scritto durante il conflitto del 1999 in Kossovo. Del mondo poetico di lingua albanese, per il quale abbiamo fatto vari nomi, non va di certo dimenticato il poeta Gëzim Hajdari, nato a Lushnjë nel 1957, poeta, traduttore naturalizzato italiano, impegnato anche nella vita politica del suo paese (nel 1991 è tra i fondatori del partito democratico e repubblicano della sua città, forze politiche all’opposizione); in qualità di giornalista di opposizione mai si è risparmiato a denunciare i crimini e gli inganni del regime comunista di Hoxha, attività che lo ha esposto a minacce che gli hanno costretto di abbandonare il paese nel 1992, giungendo in Italia. Numerose le opere in albanese e bilingui tra cui Ombra di cane/ Hije qeni (1993), Sassi controvento/ Gurë kundërerës, (1995), Spine Nere/ Gjëmba të zinj (2004), Poema dell’esilio/ Poema e mërgimit (2005), le autoantologie Poesie scelte 1990-2007 (2008), Poesie scelte 1990-2015 (2015), Delta del tuo fiume / Grykë e lumit tënd (2015). Sulla sua produzione nel nostro paese esiste una buona produzione critica e monografica. Approfondimenti e letture della sua opera possono trovarsi sulle riviste Sagarana, El Ghibli e La macchina sognante.
La proliferazione dei poeti negli stati dei Balcani, complici le rinate condizioni di libertà e uguaglianza (laddove essi non siano espatriati e abbiano trovato un nazione che li abbia accolti dove hanno potuto esprimersi liberamente) che hanno fatto seguito a dittature, eccidi e violenze intestine, sono esemplificative della grande mappatura di esperienze, nelle varie lingue nazionali, in campo poetico e letterario che il poeta albanese Visar Zhiti ben descrive nella lirica “Così vicini e spezzettati”, pubblicata nell’antologia curata da Rocco/ Sokolović, sintomo di un’eterogeneità che è ancora – purtroppo – frammentazione e distanza e non chiave di ricchezza: “I bardi dei Balcani…/ l’uno all’altro così vicini. Come tombe? Come culle/ nei mercati medievali, sulla testiera archi d’arcobaleno/ recisi dal futuro.// Nei nostri cimiteri fioriscono elegie/ che non sanno morire./ Così tanto simili/ a ninne-nanne. Ma quanta realtà/ nell’irrealtà dei Balcani”. I poeti dei Balcani, “così l’uno all’altro vicini, così spezzettati/ come le loro contrade…”.
I motivi geopolitici, le dominazioni, la difesa dei confini, il nazionalismo esasperato, la bieca violenza religiosa, il dissidio razziale, l’ideologia comunista, la guerra, la fuga e l’esilio, la disperazione della vita da esuli mentre parte della famiglia e le proprie radici rimangono dall’altra parte dell’Adriatico, nell’incertezza di governi ombra che si vestono di democrazia sono solo alcuni dei contenuti che si trovano in queste liriche, dei motivi che le originano, dei drammi esistenziali, familiari, di intere comunità, dilaniate dalle gravi guerre jugoslave la cui distruzione del ponte di Mostar (1993)[2], simbolo di comunione di religioni e nazionalità è forse l’episodio più eclatante assieme al massacro di Srebrenica (1995) e di altri villaggi, senza dimenticare il dramma precedente delle foibe, sotto Tito, che costrinse una fetta rimarchevole della popolazione dell’Istria e della Dalmazia alla fuga. In ciascun contesto nazionale c’è tanto altro, come il regime spietato di Hoxha in Albania e di Ceauşescu in Romania, i crimini di guerra dei militari serbo-bosniaci (in testa l’efferato Ratko Mladić al servizio di Slobodan Milosević, nomi spaventosi solo da rimembrare), e sarebbe utile e importante conoscere ancor meglio la storia recente di queste nazioni sorelle all’Italia, che non sono così distanti da noi e che vivono, negli eredi o nei sopravvissuti, ancora i traumi di quei profondi dissidi, violenze, censure, stupri, sevizie, negazioni della propria identità personale e nazionale, che tanto ha fomentato, in termini di odio e di desiderio di vendetta, nei confronti dei popoli limitrofi.
Alcune note, in chiusura, sulle poesie di Paolo Maria Rocco che nel 2019 ha pubblicato per i tipi di Ensemble Edizioni di Roma il volume Bosnia. Appunti di un viaggio e altre poesie. Le poesie di Rocco ci raccontano di viaggi dalle Marche alla Croazia come nel caso del testo che apre il volume: “Dalla Croazia mi separa/ un ultimo ruggito di motori/ […]/ l’iperbole adeguata del mistero/ dei Balcani mentre il traghetto mi partorisce/ dalla stiva insieme all’auto. Sono a Spalato” (8). Sono componimenti che annotano con dovizia di particolari, compresi toponimi e riferimenti dei vari tessuti urbani, le peculiarità delle tappe del viaggio, gli incontri avuti, i momenti felicemente trascorsi in terra straniera, vagliati da un animo riflessivo, predisposto a considerare ogni aspetto di queste peregrinazioni con la “propensione dell’esploratore” (10). Ci sono versi ed interi componimenti dedicati al ricordo di villaggi come Pocitelj, antica città fortificata facente parte della zona dell’Erzegovina che venne definita “città di pietra” dallo scrittore Ivo Andrić (1892-1975), Premio Nobel per la Letteratura nel 1961, seriamente colpita durante la guerra nel periodo 1992-1995 e alla più celebre Mostar, la città delle due culture, la città del noto ponte, lo Stari Most, che sovrasta il Neretva distrutto nel 1993 e ricostruito nel 2004. Della Bosnia riferimenti anche al monte Križevac, ulteriore meta per pellegrini religiosi in visita al santuario mariano di Međugorje, a Zenica, la città inquinata attraversata dal Bosna, dove vive Sokolović e c’è “la nube/, nel tempo che ora viene, dilaniata nel cielo che avvelena/ questa terra, la fame atavica del lupo brado dei monti/ e dell’inconciliabile diversità dell’etnia sterminata” (22). In “Lettera a Dragana” Rocco fornisce alcune immagini dolenti di una guerra fratricida che non risparmia nessuno: “Qui vicino una diga/ vedo di corpi sulla Drina, e dei Rom a Skočić/ l’ortica assedia ora le case, il tempo frena/ la sua corsa, anche a Sjeverin sta come una mina/ in guardia all’incrocio col Danubio. Non t’inquietare/ se a te il fardello rubo del silenzio e della meditazione ma quasi ovunque, sai, oggi, la Messa è militarizzata” (48). Poesie che si fanno brani di storia. Frammenti che testimoniano l’attitudine malevola e il comportamento spietato dell’uomo contro se stesso, che l’ha portato, in virtù di un’idea da difendere, a uccidere fratelli. Pagine di una storia recente dalle quali sgorga sangue, ma che non hanno da essere dimenticate perché l’odio non possa tornare ad abitare quelle terre. Vivo permane il trauma in chi ha sofferto la guerra con le sue tragiche derivazioni e l’esilio, come si evince da alcuni testi citati tratti da alcuni autori antologizzati nell’opera di Rocco e Sokolović.
Written by Lorenzo Spurio
Note
[1] Per un approfondimento sulla poetessa rimando al saggio: Lorenzo Spurio, Quando si spegne una storia: la poetica di Irma Kurti, Academia.edu, 2018
[2] Il poeta e scrittore romagnolo Davide Argnani ha dedicato un intero libro di poesie a questo episodio, Stari Most. Il ponte vecchio di Mostar (Campanotto, 1998) con versioni in lingua croata, tedesco, inglese e una prefazione di Maurizio Pallante e una preziosa testimonianza di Predrag Matvejević. Cito alcuni versi dal volume: “La foto color seppia/ ricorda al centro la pietra/ arcuata, gonfia e liscia/ vellutata come la pelle/ delle ragazze/ che ridevano alle carezze/ di turchi serbi e croati/ greci albanesi austriaci/ ungheresi cattolici ortodossi/ musulmani e dalmati/ i seni impilati/ sopra il parapetto/ sventolando le mani/ perché l’infinito serpente/ non colpisse/ i giovani truffatori// il ponte è crollato/ martedì nove novembre/ di mattina// era una bella giornata di sole/ e tirava vento salmastro/ dall’adriatico azzurro” (47); “ogni donna/ ogni bambino/ ogni vecchio/ al lento suono dello schianto/ il ponte vecchio/ che crolla/ che crolla e che si/ sbriciola/ sulle schiene dei ragazzi/ immersi fino al collo/ nell’acqua verde del fiume” (55).