“Sul silenzio – Fuggire dal rumore del mondo” di David Le Breton: le differenti declinazioni del rapporto silenzio/parola
Il libro Du Silence fu pubblicato a Parigi nel 1997 e in Italia nel 2018 da Raffaello Cortina nella Collana Scienze e Idee, diretta da Giulio Giorello, nella traduzione di Paola Merlin Baretter.
L’autore, David Le Breton, nato a Le Mans nel 1953, sociologo e antropologo, è docente di Sociologia all’Università di Strasburgo e membro dell’Institut Universitaire de France. Molte delle sue opere sono state tradotte e pubblicate in Italia da vari editori, quali Raffaello Cortina, Feltrinelli, Meltemi e Mimesis.
David Le Breton mira qui a mettere in luce le ambivalenze riguardanti tanto la parola quanto il silenzio, nel loro rincorrersi, alternarsi, darsi senso reciprocamente.
La modernità è trionfo del rumore, innumerevoli sono le fonti sonore onnipresenti, l’udito è più vulnerabile.
Ovunque, specie nelle città, il rumore è presenza incessante, respiro delle città. Il rumore è disturbo, è esercizio di potere sull’altro, tanto che il benessere acustico è divenuto un lusso.
È, questa che viviamo, l’epoca della parola senza presenza, dell’emorragia del discorso e del silenzio percepito come nemico, in un’infinita parola senza possibilità di replica e senza incontro, senza presenza.
Da un lato una sorta di fobia del silenzio, del vuoto, dell’incapacità di riempirlo.
Ma l’eccesso di rumore, di disturbo, il soffocamento degli spazi intimi per la riflessione, per riguadagnare capacità decisionale circa tempi e modi del suono e delle sue pause, tutto questo ingenera malessere, nostalgia del silenzio visto come “catarsi”, per citare Kierkegaard, tra le innumerevoli citazioni di cui Le Breton dissemina il suo saggio quasi a rafforzare l’idea della centralità del senso della parola e, dunque, del silenzio nella storia del pensiero umano: “La saturazione della parola produce la fascinazione del silenzio.”
Ma ecco che qui, subito, l’Autore rileva l’ambivalenza del silenzio, come possibilità, come pace e accordo, bisogno di parole oppure come dimostrazione d’indifferenza o ancora come modo offensivo di tacere opponendo mutismo alle altrui parole. Silenzio imposto, poi, come privazione della libertà.
Nell’alternarsi di silenzio e parola si svolge la comunicazione, dove il silenzio è ascolto, comprensione, riflessione, eco e risonanza.
“Il silenzio è respiro tra le parole.”
Un’opera ampia, densa, fitta di esempi concreti e richiami a uno stuolo di autori a sostegno, se mai vi fosse bisogno, della già solida struttura di questo saggio, che si scandisce attraverso le trattazioni tematiche de Le forme del silenzio nella conversazione; Politiche del silenzio; Discipline del silenzio; Spiritualità del silenzio; Il silenzio e la morte; Aspirare al silenzio; Ouverture, la chiusa, che si apre citando Shakespeare – Il resto è silenzio – .
A riportare l’attenzione del lettore sul punto nodale del suo discorso, ovvero la ciclicità e il connubio inscindibile silenzio-parola, Le Breton avverte di come sia importante mantenere i sensi sempre attenti al mormorio del mondo, nell’ambiguità sempre possibile sottesa al silenzio, il quale ha sempre l’ultima parola.
Frase emblematica che lungi dall’avere valore conclusivo e una sola chiara e distinguibile chiave di lettura, apre la mente a nuove strade: non chiusura, non fine, ma anello di una catena forse infinita.
Written by Katia Debora Melis