Campionato mondiale di calcio femminile: maschilismo e razzismo italiano non fermano le Azzurre
“Devo molto ai maschi della mia vita: mio padre, mio nonno e il mio fidanzato Cristian” − Laura Giuliani, portiere della Nazionale italiana di calcio
La prima partita giocata dalle Azzurre ai Mondiali di calcio femminile, disputata in Francia, è stata domenica 9 giugno alle 13, un orario infelice: infatti ero a pranzo da mia zia e ho potuto vedere poco, solo la parte finale, della gara. L’Italia ha vinto. E la notizia ha fatto il giro del mondo.
Anche se, a voler essere oneste, la vera notizia è stata la qualificazione stessa della Nazionale italiana ai Mondiali femminili, cosa che non avveniva da vent’anni.
E, più in generale, il movimento di ri-nascita che il calcio femminile ha avuto in questo ultimi mesi.
Avevo iniziato il mio anno Oubliette scrivendo della possibilità delle donne di andare allo stadio, per la prima volta, in Arabia Saudita (E potete trovare quel mio articolo QUI.)
Focalizzandomi sul suolo italico devo subito confessare e denunciare la presenza di un fastidioso e diffuso maschilismo che spesso non concepisce il fatto che le donne possano parlare di calcio; figuriamoci poi che possano giocarlo. E invece sì possono, e sono anche piuttosto brave.
Non vorrei portare questo articolo sui soliti luoghi comuni del confronto tra calcio femminile e calcio maschile ma, di fronte a certe uscite infelici apparse sui social e capaci di unire in un sol colpo maschilismo e razzismo, mi viene istintivo rivendicare che le Azzurre sono arrivate ai Mondiali a differenza dei loro colleghi maschi che lo scorso anno sono rimasti a casa a guardare… e anche quest’anno se vogliono possono guardare, possibilmente senza rosicare.
E lo posso dire a buon diritto dopo la seconda partita, quella disputata venerdì 14 giugno dalle italiane contro le giamaicane.
Le ragazze splendono di luce propria, per l’eleganza con cui si presentano in campo, per l’affiatamento con cui cantano l’inno (e si sente forte e chiaro alla tele), per i capelli che portano legati o corti conciliando così esigenze sportive e femminilità.
E poi, a dispetto di chi ripete ancora la litania che il professionismo comporta per loro l’acquisizione di un corpo mascolino, tipo le gambe storte o muscolose, devo dire che queste ragazze sono bellissime e certamente toniche, senza problemi di cellulite o rilassamento cutaneo.
E comunque in ogni sport portato avanti a livello agonistico le donne sanno che il loro corpo si modificherà. Per gli uomini non è mai un problema; perché dovrebbe esserlo per le donne? Artefice di questo gruppo l’allenatrice Milena Bertolini, donna sobria e riservata ma con un gran cuore.
E che dire dell’arbitraggio femminile? Ineccepibile. A inizio partita le avversarie commettono un fallo da rigore, che viene puntualmente assegnato.
La nostra bomber Girelli tira, ma il gol è parato; tuttavia si va al Var perché sembrano esserci delle irregolarità, poi confermate. Si ripete il rigore e stavolta la nostra attaccante non sbaglia. Anzi si scatena perché segna altri due gol, il primo su assist in corner della Giugliano; il pallone, deviato di tacco dalla Bonasea (protagonista della partita d’esordio), finisce sulla coscia della Girelli ed entra in porta, ma si sa la fortuna aiuta gli audaci. Dopo una traversa della Sabatino e un salvataggio della capitana Gama, si ripete la combinazione assist su corner di Giugliano e gol della Girelli, ma stavolta con la variante del colpo di testa.
A quel punto la partita è chiusa. E devo ammettere che, in quanto donna, ovvero soggetto con mille cose da fare, mi sono un po’ allontanata dalla televisione.
Solo dopo ho realizzato che avrei potuto seguire il resto alla radio, mentre facevo altro, come del resto amo fare in genere, ma sono comunque stata allontanata dai media da alcune telefonate di persone a me care… e alla fine che bello vedere il 5-0 maturato, nel frattempo, da una doppietta di Galli che potrete facilmente recuperare anche senza la mia descrizione.
Che dire? A livello pratico la vittoria di venerdì ha condotto le Azzurre alla qualificazione matematica agli ottavi; poi potranno migliorare nella prossima gara di domani (alle 21:00) con le brasiliane, infatti anche solo pareggiando diventerebbero prime nel loro girone.
A livello mediatico è stato un rimpallo tra telegiornali, radiogiornali, post sui social di messaggi volti ad enfatizzare questo successo: una bella dose di orgoglio e autostima per tutte noi donne spesso messe in ombra in questa società.
Del resto le stesse Azzurre con le loro storie sono testimonianza di ciò. Queste ragazze, infatti chi sono?
Sono donne che fin da bambine amavano giocare a pallone, come può essere successo a tutte noi. Tuttavia ad un certo momento si sono rese conto di amare visceralmente il calcio e di volerlo giocare sul serio, come i loro compagni maschi.
In alcuni casi sono state appoggiate subito, in altri no e hanno dovuto insistere per imporsi. Spesso sono andare all’estero per imparare in Paesi dove era più consolidata la tradizione del calcio femminile, e ora militano nelle squadre italiane di serie A.
Pur essendo arrivate al livello più alto, non sono riconosciute come professioniste a differenza dei loro colleghi uomini e sono pagate meno di questi ultimi. Per questo sono costrette a fare un altro lavoro.
Raccontate così le loro storie non sono la metafora di quello che accade in ogni altro settore della società italiana?
Mi auguro che, al di là di come andrà alla fine questa competizione, la loro storia possa essere l’inizio di un’altra metafora, quella che stravolge completamente (in positivo) gli equilibri della nostra società ancora profondamente maschilista.
Certo, tutto è relativo. Le giamaicane hanno certamente sofferto di più per arrivare al loro Mondiale perché vengono da un contesto sociale in cui le donne hanno meno diritti delle italiane.
Ma poiché ogni movimento è globale (vedi il #metoo), se le calciatrici italiane otterranno di più, questo provocherà, alla lunga, un effetto domino di cui non si potrà non tener conto.
E se la legislazione è sempre lenta rispetto alla realtà, da ieri sono i fatti stessi ad esigere il riconoscimento alle calciatrici dello stato di professioniste. Perché, de facto, lo sono già. E in verità non da ieri, ma da anni.
Buon calcio a tutte e a tutti!
Ad maior
Written by Filomena Gagliardi
Le donne inglesi si sono legate e hanno digiunato per aver diritto al voto. Piano piano il mondo sta cambiando.
Gli uomini non ci sarebbero neanche se non avessero avuto una Mamma,che per nove mesi li ha accuditi, voluto bene e fatto qualsiasi cosa pur di fargli nascere, magari in un mondo che era molto meglio di adesso.
Però la speranza è dura a morire, specialmente nelle cuore delle DONNE.
Spero tanto che le future generazione, se ci saranno (perché ho il dubbio vista la situazione mondiale adesso) vivranno in un mondo dov’è ci sarà l’uguaglianza e la PACE!
Uomini e donne e tutte le combinazioni possibili di due persone che si AMANO – neri, rossi, gialli, bianchi e tutti gli altri, IMPARERANNO A VOLERSI BENE.
AUGURONI MONDO!!!
malgrado la grancassa mediatica, guidata da interessi economici e da spinte ideologiche, il calcio femminile non interessa molto né al pubblico femminile e meno che mai a quello maschile. sessismo maschilismo e meno che mai razzismo non ci azzeccano nulla. È un dato oggettivo come il disinteresse in Italia per il rugby o per la caccia alla volpe. le femministe in servizio permanente effettivo dovrebbero farsene una ragione.