“La mia band” dei Lo-Fi Poetry: esplorando anime e sfaccettature dell’underground e non della nostra Penisola
Nella mia continua e mai sazia ricerca musicale che ruota, per la maggiore, attorno l’underground italiano, ecco arrivare da Vicenza una band eclettica, capace di esplorare le diverse anime e sfaccettature della musica contemporanea della nostra Penisola, vi presento quindi i “Lo-Fi Poetry”.
La traccia che dà il titolo all’EP, “La Mia Band” è una riflessione ironica sul mondo dei gruppi underground e sugli stereotipi che spesso e volentieri si incontrano…
C’è chi è troppo convinto delle potenzialità della propria musica (citazione: “Ragazzi, qui ci vogliono i clap, I clap sono troppo indie/ La mia band fa rock alternativo tendente all’indie/ Ma con i piatti della batteria che devono suonare molto jazz… La mia band ha un contratto discografico con un’etichetta indipendente…/ Io e la mia band abbiamo registrato un EP/ La mia band ha un’agente di booking in zona Milano/ Ma che ha contatti in tutta la Lombardia”).
E chi lo è troppo poco (ulteriore citazione: “la mia band è un po’ sfatta/ Non abbiamo concentrazione/ Ci manca il focus sull’obiettivo/ D’altra parte ci manca il singolone”).
Il brano è scanzonato quanto basta per potere piacere anche a chi segue le proposte Itpop del momento, secondo quella linea tracciata da gruppi come “Lo Stato Sociale” o “Thegiornalisti”.
Non tutto l’Ep però viaggia in questa direzione e, la seconda traccia, ci mostra invece un’anima più alternative rock interpretato dalla voce di Federico Specht, ruvida e punk, alla maniera di gruppi come “Prozac +” che ci rivela un’ottima capacità di songwriting e di produzione, un bel mix, in pratica il dono della sintesi, senza elementi superflui come spesso capita nei lavori autoprodotti.
Il gruppo di Vicenza spinge poi sull’acceleratore ne “Lo Spettacolo” con basso distorto in stile noise, e il cantato/ recitato di Massimo Milan che ricorda molto di più proposte come Uochi Tochi con la loro elettronica che non i Massimo Volume anche se, nella successiva “Non Svegliarmi Questa Mattina”, li evoca. Così come la tematica rimanda al monologo iniziale di “Trainspotting”, a suo modo, “generazionale”.
Chiude il disco “Quello Che Rimane”, incrocio tra elettronica ed indie rock (inteso nell’accezione che si dava al termine fino a 10 anni fa), dove prevalgono le strutture di quest’ultimo, e tra i brani è forse quello meno coinvolgente del disco.
Un piccolo calo di tensione che non fa comunque perdere valore al lavoro, e ci fa segnare i Lo-Fi Poetry tra le nuove realtà da tenere sotto osservazione per il 2019 e, possibilmente, oltre!
Written by Luca Dainese