Oscar 2019: L’aria che tira #4 – Riflessioni, pronostici, statistiche e curiosità sulle nomination
Mancano 29 giorni alla 91esima Notte degli Oscar. Le nomination sono state annunciate lo scorso 22 gennaio e anche quest’anno s’è fatta la storia, per diverse ragioni.
Obiettivo del contributo di quest’oggi è anzitutto quello di prevedere i vincitori di ogni categoria basandoci sui pareri degli esperti di AwardsCircuit (che per comodità indicheremo come AC), AwardsWatch (AW), GoldDerby (GD) e dell’Hollywod Reporter (HR).
Prima di entrare nel vivo del discorso, segnaliamo i prossimi appuntamenti da non perdere nelle nostre sale: “Green Book” arriverà il 31 gennaio, “Copia originale” il 28 febbraio, “Border – Creature di confine” il 7 marzo, “Cafarnao” il 18 aprile. Per il 24 febbraio dunque la stragrande maggioranza degli altri titoli si saranno potuti visionare sul grande schermo: un “privilegio” non trascurabile, tenendo a mente i ritardi cui la distribuzione italiana ci ha abituati nel corso degli anni.
Miglior film
Già, ci siamo abbassati di nuovo alla pavida quota di 8 campioni su 10 eleggibili, nonostante vi fossero, per la precisione, ben 347 titoli fra cui scegliere: una condotta, più che inspiegabile (le ragioni saranno anche note, magari), ingiustificabile. Di seguito i fortunati (è proprio il caso di dirlo):
- “Black Panther” (produttore Kevin Feige, alla sua prima candidatura di rilievo in assoluto dopo quella ai PGA; distribuito da Walt Disney Studios);
- “BlacKkKlansman” (produttori Jason Blum, già nominato per “Whiplash” e “Scappa – Get Out”, il regista Spike Lee, novello nella categoria, Raymond Mansfield, alla sua prima candidatura, Sean McKittrick e Jordan Peele, entrambi già nominati per “Scappa – Get Out”, con l’esclusione di Shaun Redick; distribuito da Focus Features) – vincitore secondo AC e AW;
- “Bohemian Rhapsody” (produttore Graham King, già vincitore grazie a “The Departed – Il bene e il male”, membro a differenza di Jim Beach e Robert De Niro della Producers Guild of America; distribuito da 20th Century Fox);
- “La favorita” (produttori Ceci Dempsey, alla sua prima candidatura, Ed Guiney, già nominato per “Room”, il regista Yorgos Lanthimos, novello nella categoria, e Lee Magiday, alla sua prima candidatura; distribuito da Fox Searchlight Pictures);
- “Green Book” (produttori Jim Burke, già nominato per “Paradiso amaro”, Brian Hayes Currie, il regista Peter Farrelly e Nick Vallelonga, tutti e tre novelli nella categoria, e Charles B. Wessler, alla sua prima candidatura; distribuito da Universal Pictures);
- “Roma” (produttori, il regista Alfonso Cuarón, già nominato per “Gravity”, e Gabriela Rodriguez, alla sua prima candidatura, con l’esclusione di Nicolás Celis; distribuito da Netflix) – vincitore secondo GD e HR;
- “A Star Is Born” (produttori il regista Bradley Cooper, già nominato per “American Sniper”, Bill Gerber e Lynette Howell Taylor, entrambi alla loro prima candidatura, membri a differenza di Jon Peters e Todd Phillips della Producers Guild of America; distribuito da Warner Bros.);
- “Vice – L’uomo nell’ombra” (produttori Dede Gardner e Jeremy Kleiner, già vincitori grazie a “12 anni schiavo” e “Moonlight”, il regista Adam McKay, novello nella categoria, e Kevin J. Messick, alla sua prima candidatura di rilievo in assoluto dopo quella ai PGA, con l’esclusione di Will Ferrell e Brad Pitt; distribuito da Annapurna Pictures).
Come già accaduto ai Golden Globe, allo splendido ed elegante “First Man – Il primo uomo” è stato infine preferito il prorompente biopic sui Queen; nessuno poi fra i vari “Eighth Grade”, “A Quiet Place – Un posto tranquillo”, “Il ritorno di Mary Poppins” e “Se la strada potesse parlare” è riuscito a meritarsi l’onore di figurare accanto agli otto titoli prescelti.
Miglior regista
-
“BlacKkKlansman” (Spike Lee, 61 anni, novello anche in questa categoria);
- “Cold War” (Paweł Pawlikowski, 61 anni, alla sua prima candidatura dopo la vittoria di “Ida” come miglior film straniero);
- “La favorita” (Yorgos Lanthimos, 45 anni, novello nella categoria);
- “Roma” (Alfonso Cuarón, 57 anni, già vincitore grazie a “Gravity”) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR;
- “Vice – L’uomo nell’ombra” (Adam McKay, 50 anni, già nominato per “La grande scommessa”).
È proprio il caso di dirlo: siamo nel decennio della riscossa messicana, capitanata da Alejandro G. Iñárritu (“Birdman” e “Revenant – Redivivo”, ma anche “Carne y Arena”), Guillermo del Toro (“La forma dell’acqua”) e, per l’appunto, Alfonso Cuarón (reduce da uno spettacolare e riuscitissimo film a stelle e strisce, “Gravity”).
A dire il vero, se si eccettua il prodigioso e giovanissimo Damien Chazelle di “La La Land”, è dai tempi del britannico Tom Hooper de “Il discorso del re” che non viene eletto un regista anglofono (in mezzo si sono inseriti, lo ricordiamo, Michel Hazanavicius con “The Artist” e Ang Lee con “Vita di Pi”); per di più, qualora la scelta sancisse malauguratamente un ritorno alla nazionalità statunitense, essa comunque cadrebbe su due soli candidati, vale a dire Lee e McKay, in netta minoranza rispetto alla componente straniera proveniente dalla Grecia, dal Messico e dalla Polonia).
La delusione più cocente e inaspettata la prova senz’altro il Bradley Cooper di “A Star Is Born” (sebbene, come avremo modo di vedere, l’attendano altre tre nomination, un record nella sua carriera ventennale); non c’è festa neppure per Ryan Coogler (“Black Panther”), Peter Farrelly (“Green Book”) e, come ormai immaginabile, Damien Chazelle (“First Man – Il primo uomo”). Al contrario, sorprende non poco l’inclusione di Pawlikowski.
Miglior attore protagonista
- “Bohemian Rhapsody” (Rami Malek, 37 anni, alla sua prima candidatura) – vincitore secondo AW;
- “Green Book” (Viggo Mortensen, 60 anni, già nominato per “La promessa dell’assassino” e “Captain Fantastic”);
- “A Star Is Born” (Bradley Cooper, 44 anni, già nominato per “Il lato positivo” e “American Sniper”, oltre che per “American Hustle” come non protagonista);
- “Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità” (Willem Dafoe, 63 anni [Vincent ne aveva 37 quando si è spento a Auvers-sur-Oise], alla sua prima candidatura come protagonista dopo essere stato nominato come non protagonista per “Platoon”, “L’ombra del vampiro” e “Un sogno chiamato Florida”);
- “Vice – L’uomo nell’ombra” (Christian Bale, 44 anni, già nominato per “American Hustle”, oltre che vincitore grazie a “The Fighter” e nominato per “La grande scommessa” come non protagonista) – vincitore secondo AC, GD e HR.
Una sola la vera sorpresa: Dafoe non risultava infatti favorito dalle fonti, che come quinto elemento avrebbero ammesso piuttosto John David Washington (“BlacKkKlansman”) o Ethan Hawke (“First Reformed – La creazione a rischio”).
Miglior attrice protagonista
-
“Copia originale” (Melissa McCarthy, 48 anni, già nominata per “Le amiche della sposa” come non protagonista);
- “La favorita” (Olivia Colman, 44 anni, alla sua prima candidatura);
- “Roma” (Yalitza Aparicio, 25 anni, alla sua prima candidatura);
- “A Star Is Born” (Lady Gaga, 32 anni, novella nella categoria);
- “The Wife – Vivere nell’ombra” (Glenn Close, 71 anni, giunta alla settima nomination in totale dopo le occasioni mancate costituite da “Attrazione fatale”, “Le relazioni pericolose” e “Albert Nobbs” e, come non protagonista, da “Il mondo secondo Garp”, “Il grande freddo” e “Il migliore”) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR.
Avendola spuntata la debuttante messicana, resta a mani vuote l’elegante Emily Blunt de “Il ritorno di Mary Poppins”, la quale non è riuscita a emulare il plauso guadagnato dal proprio modello naturale, Julie Andrews (premiata con l’Oscar nel lontano 1965).
Miglior attore non protagonista
- “BlacKkKlansman” (Adam Driver, 35 anni, alla sua prima candidatura);
- “Copia originale” (Richard E. Grant, 61 anni, alla sua prima candidatura);
- “Green Book” (Mahershala Ali, 44 anni, già vincitore grazie a “Moonlight”) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR;
- “A Star Is Born” (Sam Elliott, 74 anni, alla sua prima candidatura);
- “Vice – L’uomo nell’ombra” (Sam Rockwell, 50 anni, già vincitore grazie a “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”).
A questo segno costituiscono l’unico abbaglio le aspettative che interessavano Timothée Chalamet (“Beautiful Boy”), cui alla fine è stato preferito l’interprete di George W. Bush.
Miglior attrice non protagonista
- “La favorita” (Emma Stone, 30 anni, già nominata per “Birdman”, oltre che vincitrice grazie a “La La Land” come protagonista);
- “La favorita” (Rachel Weisz, 48 anni, già vincitrice grazie a “The Constant Gardener”);
- “Roma” (Marina de Tavira, 44 anni, alla sua prima candidatura di rilievo in assoluto);
- “Se la strada potesse parlare” (Regina King, 48 anni, alla sua prima candidatura) – vincitore secondo AC, AW e GD;
- “Vice – L’uomo nell’ombra” (Amy Adams, 44 anni, giunta alla sesta nomination in totale dopo le occasioni mancate costituite da “Junebug”, “Il dubbio”, “The Fighter” e “The Master” e, come protagonista, da “American Hustle”) – vincitore secondo HR.
Dal momento che la Adams ha per così dire rimediato alla mancata nomination per “Arrival” e la messicana è riuscita a impressionare realmente, fra tutti, unicamente i membri Academy, oltre al fatto che questi ultimi abbiano potuto ammettere sia la Colman che l’altrettanto protagonista Stone all’edizione odierna (entrambe comunque ineccepibili) “abbassando” la categoria della seconda, ne hanno pagato lo scotto la vigorosa Claire Foy di “First Man – Il primo uomo”, Margot Robbie (“Maria regina di Scozia”), Emily Blunt (“A Quiet Place – Un posto tranquillo”) e Thomasin McKenzie (“Senza lasciare traccia”).
Miglior sceneggiatura originale
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“La favorita” (Deborah Davis e Tony McNamara, entrambi alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AC, AW e GD;
- “First Reformed – La creazione a rischio” (Paul Schrader, incredibilmente alla sua prima candidatura);
- “Green Book” (Brian Hayes Currie, Peter Farrelly e Nick Vallelonga, tutti e tre novelli nella categoria) – vincitore secondo HR;
- “Roma” (Alfonso Cuarón, già nominato per “Y tu mamá también” e, adattando P.D. James, per “I figli degli uomini”);
- “Vice – L’uomo nell’ombra” (Adam McKay, novello nella categoria ma già vincitore, adattando Michael Lewis, grazie a “La grande scommessa”).
È quindi rimasto escluso Bo Burnham (“Eighth Grade”), diversamente da quanto aveva pronosticato più d’una fonte.
Miglior sceneggiatura non originale
- “La ballata di Buster Scruggs” (Ethan e Joel Coen, già vincitori grazie a “Non è un paese per vecchi” e nominati per “Fratello, dove sei?” e “Il Grinta”, oltre che vincitori per “Fargo” e nominati per “A Serious Man” e “Il ponte delle spie”);
- “BlacKkKlansman” (Spike Lee, novello nella categoria ma già nominato per “Fa’ la cosa giusta”, David Rabinowitz, Charlie Wachtel e Kevin Willmott, tutti e tre alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR;
- “Copia originale” (Nicole Holofcener e Jeff Whitty, entrambi alla loro prima candidatura);
- “Se la strada potesse parlare” (Barry Jenkins, già vincitore grazie a “Moonlight”);
- “A Star Is Born” (Bradley Cooper, novello nella categoria, Will Fetters, alla sua prima candidatura, ed Eric Roth, già vincitore per “Forrest Gump” e nominato per “Insider – Dietro la verità”, “Munich” e “Il curioso caso di Benjamin Button”).
Una sola la variazione rispetto alle previsioni, completamente insospettata: il 18esimo film dei Coen, di cui s’è parlato davvero poco in questi ultimi mesi, ha preso il posto dell’acclamato “Black Panther” adattato da Joe Robert Cole e Ryan Coogler, i quali parevano ormai destinati ad entrare in cinquina. Nulla da fare anche per Debra Granik e Anne Rosellini (“Senza lasciare traccia”), né per Josh Singer (“First Man – Il primo uomo”).
Miglior film d’animazione
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“Gli Incredibili 2” (regista Brad Bird, già vincitore grazie a “Gli Incredibili” e “Ratatouille”, produttori Nicole Paradis Grindle, novella nella categoria, e John Walker, alla sua prima candidatura; Pixar);
- “L’isola dei cani” (regista Wes Anderson, già nominato per “Fantastic Mr. Fox”, produttori Jeremy Dawson, Steven Rales e Scott Rudin, tutti e tre novelli nella categoria; 20th Century Fox Animation);
- “Mirai” (regista Mamoru Hosoda, produttore Yûichirô Saitô, entrambi alla loro prima candidatura; Studio Chizu);
- “Ralph Spacca Internet” (registi Phil Johnston e Rich Moore, l’uno alla sua prima candidatura, l’altro già vincitore grazie a “Zootropolis” e nominato per “Ralph Spaccatutto”, produttore Clark Spencer, già vincitore grazie a “Zootropolis”; Disney);
- “Spider-Man – Un nuovo universo” (registi Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman, produttori Phil Lord e Christopher Miller, tutti e cinque alla loro prima candidatura; Sony Pictures Animation) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR.
Nulla da eccepire in merito a tale categoria: non potevamo che aspettarci questi cinque concorrenti. Con l’avvento del nuovo capitolo supereroistico, la Pixar, che ha finora perso la sfida agli Oscar solamente con “Monsters & Co.” e “Cars”, si è rapidamente trovata in discredito presso i membri Academy.
Potremmo rilevare che quest’anno si ripresenta una circostanza simile a quella della prima edizione in cui fosse prevista la statuetta al miglior film d’animazione: “Monsters & Co.” era un titolo raffinatissimo, uno dei soggetti più squisiti e meglio sceneggiati che lo Studio abbia mai concepito, ma l’esuberanza dissacrante e rivoluzionaria di “Shrek” hanno finito per prevalere.
Allo stesso modo, “Gli Incredibili 2” prosegue con dignità e compattezza narrativa le avventure di una famiglia dalle mille risorse (non solo sul piano dei superpoteri, ma anche su quello di fabula e intreccio), volgendo uno sguardo critico sempre attuale alle ripercussioni dovute a uno sviluppo tecnologico incontrollato, mentre il settimo “Spider-Man” della saga sovverte positivamente il cinema d’animazione introducendo una nuova categoria di storytelling, disinvolta e ammiccante come un tipico prodotto Marvel, cui corrisponde un universo visivamente ricchissimo e impressionante anche perché non allineato con altri canoni di rappresentazione assai diffusi (distintivi della Disney-Pixar, della DreamWorks, della Illumination…).
Miglior film straniero
- “Un affare di famiglia” (di Hirokazu Kore’eda, Giappone, Paese che ha ottenuto la vittoria nel 2009 grazie a “Departures” di Yôjirô Takita e, quando ancora la categoria non era qualificata come competitiva, nel 1956 grazie a “Miyamoto Musashi” di Hiroshi Inagaki, nel 1955 grazie a “La via dell’inferno” di Teinosuke Kinugasa e nel 1952 grazie all’intramontabile “Rashomon” di Akira Kurosawa);
- “Cafarnao” (di Nadine Labaki, Libano, Paese che torna subito in gara dopo lo splendido “L’insulto” di Ziad Doueiri, dell’anno passato);
- “Cold War” (di Paweł Pawlikowski, Polonia, Paese che nel 2015 ha ottenuto la prima vittoria, grazie al magistrale “Ida” dello stesso Pawlikowski);
- “Opera senza autore” (di Florian Henckel von Donnersmarck, Germania, Paese che ha ottenuto la vittoria nel 2007 grazie al magnifico “Le vite degli altri” dello stesso Donnersmarck, nel 2003 grazie a “Nowhere in Africa” di Caroline Link e nel 1980 grazie a “Il tamburo di latta” di Volker Schlöndorff);
- “Roma” (di Alfonso Cuarón, Messico, Paese mai risultato vincitore, in concorso per la nona volta) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR.
L’esclusione più importante, comunque non difficile da ipotizzare, pare essere quella di “Burning” (di Lee Chang-dong), primo film della Corea del Sud (che propone titoli dal 1963) ad entrare nella shortlist; seguono un destino comune “Ayka” (di Sergey Dvortsevoy, Kazakistan), “Birds of Passage” (di Cristina Gallego e Ciro Guerra, Colombia) e “The Guilty” (di Gustav Möller, Danimarca).
Miglior film documentario
-
“Free Solo” (registi Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi, produttori Shannon Dill e Evan Hayes, tutti e quattro alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AC e GD;
- “Hale County This Morning, This Evening” (regista RaMell Ross, alla sua prima candidatura, produttori Joslyn Barnes, già nominata per “Strong Island”, e Su Kim, alla sua prima candidatura);
- “Minding the Gap” (regista Bing Liu, produttrice Diane Moy Quon, entrambi alla loro prima candidatura);
- “Of Fathers and Sons” (orig. Kinder des Kalifats”, regista Talal Derki, produttori Ansgar Frerich, Eva Kemme e Tobias N. Siebert, tutti e quattro alla loro prima candidatura);
- “RBG” (registe Julie Cohen e Betsy West, anche produttrici, entrambe alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AW e HR.
Tra i principali favoriti, superati dai film di Ross e Derki, non l’hanno spuntata “Shirkers” (di Sandi Tan), “Three Identical Strangers” (di Tim Wardle) e “Won’t You Be My Neighbor?” (di Morgan Neville); medesimo destino li accomuna a “Charm City” (di Marilyn Ness), “Communion” (orig. “Komunia”, di Anna Zamecka), “Crime + Punishment” (di Stephen Maing), “Dark Money” (di Kimberly Reed), “The Distant Barking of Dogs” (di Simon Lereng Wilmont), “The Silence of Others” (di Robert Bahar e Almudena Carracedo) e “Sulle sue spalle” (di Alexandria Bombach).
Miglior colonna sonora
- “Black Panther” (Ludwig Göransson, alla sua prima candidatura) – vincitore secondo HR;
- “BlacKkKlansman” (Terence Blanchard, alla sua prima candidatura);
- “L’isola dei cani” (Alexandre Desplat, già vincitore grazie a “Grand Budapest Hotel” e “La forma dell’acqua”, nominato precedentemente altre 7 volte);
- “Il ritorno di Mary Poppins” (Marc Shaiman, già nominato per “Il presidente – Una storia d’amore”, “Il club delle prime mogli” e “Patch Adams”);
- “Se la strada potesse parlare” (Nicholas Britell, già nominato per “Moonlight”) – vincitore secondo AC, AW e GD.
Anche in questo caso, un solo nome non era atteso: quello di Blanchard, che a sorpresa è andato a prendere il posto di Justin Hurwitz, autore delle entusiasmanti musiche di “First Man – Il primo uomo”.
Miglior canzone
- “La ballata di Buster Scruggs” (“When a Cowboy Trades His Spurs for Wings”, musica e testo di David Rawlings e Gillian Welch, entrambi alla loro prima candidatura);
- “Black Panther” (“All the Stars”, musica di Kendrick Lamar, Mark Spears aka Sounwave e Anthony Tiffith, testo di Kendrick Lamar, Solana Rowe aka SZA e Anthony Tiffith, tutti e quattro alla loro prima candidatura);
- “RBG” (“I’ll Fight”, musica e testo di Diane Warren, giunta alla decima nomination senza aver conseguito alcuna vittoria);
- “Il ritorno di Mary Poppins” (“The Place Where Lost Things Go”, musica di Marc Shaiman, già candidato per “A Wink and a Smile”, inclusa in “Insonnia d’amore”, e “Blame Canada”, inclusa in “South Park – Il film: Più grosso, più lungo & tutto intero”, testo di Marc Shaiman e Scott Wittman, alla sua prima candidatura);
- “A Star Is Born” (“Shallow”, musica e testo di Mark Ronson, alla sua prima candidatura, Lady Gaga, già nominata per “Til It Happens to You”, inclusa in “The Hunting Ground”, Anthony Rossomando e Andrew Wyatt, entrambi alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR.
La sorpresa più grande è costituita dalla presenza della canzone scritta per il film dei Coen, che ha interrotto la corsa anzitutto di “Girl in the Movies” (da “Dumplin’”), “Trip a Little Light Fantastic” (da “Il ritorno di Mary Poppins”) e “Revelation” (da “Boy Erased – Vite cancellate”), quindi di “Treasure” (da “Beautiful Boy”), “We Won’t Move” (da “Il coraggio della verità”), “Keep Reachin’” (da “Quincy”), “A Place Called Slaughter Race” (da “Ralph Spacca Internet”), “OYAHYTT” (da “Sorry to Bother You”), “Suspirium” (da “Suspiria”) e “The Big Unknown” (da “Widows – Eredità criminale”).
Migliori effetti speciali
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“Avengers: Infinity War” (Dan DeLeeuw, già nominato una volta, Russell Earl, già nominato altre tre volte, Kelly Port, alla sua prima candidatura, e Daniel Sudick, giunto alla nona nomination) – vincitore secondo AC, AW e GD;
- “Vi presento Christopher Robin” (Chris Corbould, già vincitore grazie a “Inception”, Michael Eames, alla sua prima candidatura e Theo Jones, entrambi alla loro prima candidatura, e Christopher Lawrence, già vincitore grazie a “Gravity”);
- “First Man – Il primo uomo” (Ian Hunter, già vincitore grazie a “Interstellar”, Paul Lambert, già vincitore grazie a “Blade Runner 2049”, Tristan Myles e J.D. Schwalm, entrambi alla loro prima candidatura) – vincitore secondo HR;
- “Ready Player One” (Matthew E. Butler, già nominato una volta, Grady Cofer, alla sua prima candidatura, Roger Guyett, già nominato altre quattro volte, e David Shirk, già vincitore grazie a “Gravity”);
- “Solo: A Star Wars Story” (Rob Bredow, alla sua prima candidatura, Neal Scanlan, già vincitore grazie a “Babe, maialino coraggioso”, Patrick Tubach, già nominato altre due volte, e Dominic Tuohy, alla sua prima candidatura).
Non era facilmente ipotizzabile l’esclusione di “Black Panther” e “Il ritorno di Mary Poppins”, così come l’inclusione invece di “Vi presento Christopher Robin”; gli altri titoli rimasti in shortlist risultano quindi “Ant-Man and the Wasp”, “Benvenuti a Marwen” e “Jurassic World – Il regno distrutto”.
Miglior montaggio
- “BlacKkKlansman” (Barry Alexander Brown, novello nella categoria e in precedenza nominato unicamente nel lontano 1980 per il documentario “The War at Home”) – vincitore secondo AW e HR;
- “Bohemian Rhapsody” (John Ottman, alla sua prima candidatura) – vincitore secondo AC;
- “La favorita” (Yorgos Mavropsaridis, alla sua prima candidatura);
- “Green Book” (Patrick J. Don Vito, alla sua prima candidatura);
- “Vice – L’uomo nell’ombra” (Hank Corwin, già nominato per “La grande scommessa”) – vincitore secondo GD.
Nella cinquina risultante non compaiono sorprendentemente tre fra i titoli su cui ci si era espressi con maggior convinzione, vale a dire “First Man – Il primo uomo” (Tom Cross), “Roma” (Alfonso Cuarón e Adam Gough) e “A Star Is Born” (Jay Cassidy). A “Vice” si sono infatti affiancati “BlacKkKlansman” e “La favorita”, presenti nelle top 5 avanzate dalle fonti, ma anche “Green Book” e, soprattutto, “Bohemian Rhapsody”, su cui nessuno avrebbe scommesso. Ne escono sconfitti pure “Black Panther” (Debbie Berman e Michael P. Shawver), “Se la strada potesse parlare” (Joi McMillon e Nat Sanders) e “Widows – Eredità criminale” (Joe Walker).
Miglior fotografia
- “Cold War” (Łukasz Żal, già nominato per “Ida”);
- “La favorita” (Robbie Ryan, alla sua prima candidatura);
- “Opera senza autore” (Caleb Deschanel, già nominato per “Uomini veri”, “Il migliore”, “L’incredibile volo”, “Il patriota” e “La passione di Cristo”);
- “Roma” (Alfonso Cuarón, novello nella categoria) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR;
- “A Star Is Born” (Matthew Libatique, già nominato per “Il cigno nero”).
Il quinto incomodo che ha senza alcun preavviso sbaragliato la concorrenza, composta da Rachel Morrison (“Black Panther”), Linus Sandgren (“First Man – Il primo uomo”) e James Laxton (“Se la strada potesse parlare”), è chiaramente l’americano Deschanel, prestato alla Germania con ottimi risultati.
Miglior scenografia
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“Black Panther” (scenografa Hannah Beachler, alla sua prima candidatura, arredatore Jay Hart, già nominato per “L. A. Confidential” e “Pleasantville”) – vincitore secondo GD e HR;
- “La favorita” (scenografa Fiona Crombie, arredatrice Alice Felton, entrambe alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AC e AW;
- “First Man – Il primo uomo” (scenografo Nathan Crowley, già nominato per “The Prestige”, “Il cavaliere oscuro”, “Interstellar” e “Dunkirk”, arredatrice Kathy Lucas, alla sua prima candidatura);
- “Il ritorno di Mary Poppins” (scenografo John Myhre, già vincitore grazie a “Chicago” e “Memorie di una geisha”, arredatore Gordon Sim, già vincitore grazie a “Chicago”);
- “Roma” (scenografo Eugenio Caballero, già vincitore grazie a “Il labirinto del fauno”, arredatrice Bárbara Enríquez, alla sua prima candidatura).
I titoli suggeriti erano quelli giusti; “Roma” alla fine ha scalzato “BlacKkKlansman” (Curt Beech e Cathy T. Marshall), “Maria regina di Scozia” (James Merifield e Gina Cromwell) e “A Star Is Born” (Karen Murphy e Ryan Watson).
Migliori costumi
- “La ballata di Buster Scruggs” (Mary Zophres, già nominata per “Il Grinta” e “La La Land”);
- “Black Panther” (Ruth Carter, già nominata per “Malcolm X” e “Amistad”) – vincitore secondo HR;
- “La favorita” (Sandy Powell, già vincitrice grazie a “Shakespeare in Love”, “The Aviator” e “The Young Victoria”, oltre che nominata altre 8 volte) – vincitore secondo AC, AW e GD;
- “Il ritorno di Mary Poppins” (Sandy Powell);
- “Maria regina di Scozia” (Alexandra Byrne, già vincitrice per “Elizabeth: The Golden Age”).
Anche in questo caso s’è fatto avanti un quinto incomodo che ha senza alcun preavviso sbaragliato la concorrenza: trattasi del film dei Coen, il quale ha vanificato le speranze di Colleen Atwood (“Animali fantastici – I crimini di Grindelwald”), Marci Rodgers (“BlacKkKlansman”) e Andrea Flesch (“Colette”).
Migliori trucco e acconciatura
- “Border – Creature di confine” (Pamela Goldammer e Göran Lundström, entrambi alla loro prima nomination);
- “Maria regina di Scozia” (Jessica Brooks e Marc Pilcher, entrambi alla loro prima candidatura, e Jenny Shircore, già vincitrice grazie a “Elizabeth”);
- “Vice – L’uomo nell’ombra” (Kate Biscoe, alla sua prima candidatura, Greg Cannom, già vincitore grazie a “Dracula di Bram Stoker”, “Mrs. Doubtfire” e “Il curioso caso di Benjamin Button”, oltre che nominato altre 6 volte e premiato con un Oscar alla tecnica nel 2005, e Patricia DeHaney, alla sua prima candidatura) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR.
Ken Diaz, Camille Friend e Joel Harlow (“Black Panther”) han dovuto cedere il passo agli altri tre titoli favoriti, restando in shortlist assieme agli artisti di “Bohemian Rhapsody”, “Stanlio e Ollio” e “Suspiria”.
Miglior sonoro
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“Black Panther” (Steve Boeddeker, già nominato una volta, Peter Devlin, già nominato altre 4 volte, e Brandon Proctor, alla sua prima candidatura);
- “Bohemian Rhapsody” (John Casali, alla sua prima candidatura, Tim Cavagin, già nominato una volta, e Paul Massey, giunto all’ottava nomination) – vincitore secondo AC e AW;
- “First Man – Il primo uomo” (Mary H. Ellis, già nominata una volta, Jon Taylor, già nominato altre 3 volte in totale, Frank A. Montaño, giunto alla nona nomination, e Ai-Ling Lee, già nominato altre 3 volte);
- “Roma” (Craig Henighan, alla sua prima candidatura, José Antonio García, già nominato una volta, e Skip Lievsay, già vincitore grazie a “Gravity”, oltre che nominato altre 5 volte in totale);
- “A Star Is Born” (Steve Morrow, già nominato una volta, Tom Ozanich e Jason Ruder, tutti e tre alla loro prima candidatura, e Dean Zupancic, già nominato una volta) – vincitore secondo GD e HR.
Esclusi “Il ritorno di Mary Poppins” e “A Quiet Place – Un posto tranquillo”, la cinquina è stata inaspettatamente completata dal biopic sui Queen.
Miglior montaggio sonoro
- “Black Panther” (Steve Boeddeker e Benjamin A. Burtt, alla sua prima candidatura);
- “Bohemian Rhapsody” (Nina Hartstone e John Warhurst, entrambi alla loro prima candidatura) – vincitore secondo HR;
- “First Man – Il primo uomo” (Mildred Iatrou Morgan, già nominata una volta, e Ai-Ling Lee) – vincitore secondo AC, AW e GD;
- “A Quiet Place – Un posto tranquillo” (Erik Aadahl, già nominato due volte, e Ethan Van der Ryn, già vincitore grazie a “Il Signore degli Anelli – Le due torri” e “King Kong”);
- “Roma” (Sergio Díaz, alla sua prima candidatura, e Skip Lievsay).
Anche in questo caso il biopic sui Queen si fa strada inatteso, ponendo termine alla corsa di “Ready Player One”, “Il ritorno di Mary Poppins” e “A Star Is Born”.
Miglior cortometraggio
- “Detainment” (regista Vincent Lambe, produttore Darren Mahon, entrambi alla loro prima candidatura) – vincitore secondo HR;
- “Fauve” (regista Jeremy Comte, produttrice Maria Gracia Turgeon, entrambi alla loro prima candidatura);
- “Marguerite” (regista Marianne Farley, produttrice Marie-Hélène Panisset, entrambe alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AW e GD;
- “Mother” (orig. “Madre”, regista Rodrigo Sorogoyen, produttrice María del Puy Alvarado, entrambi alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AC;
- “Skin” (regista Guy Nattiv, produttrice Jaime Ray Newman, entrambi alla loro prima candidatura).
Restano esclusi anzitutto “Caroline” (di Logan George e Celine Held) e “Icare” (di Nicolas Boucart), quindi “Chuchotage” (orig. “Susotázs”, di Barnabás Tóth), “May Day” (di Fedrik De Beul e Olivier Magis) e “Wale” (di Barnaby Blackburn).
Miglior cortometraggio d’animazione
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“Animal Behaviour” (registi David Fine e Alison Snowden, entrambi già vincitori grazie a “Bob’s Birthday”);
- “Bao” (regista Domee Shi, produttrice Becky Neiman-Cobb, entrambe alla loro prima candidatura) – vincitore secondo AC, AW, GD e HR;
- “Late Afternoon” (regista Louise Bagnall, produttrice Nuria González Blanco, entrambe alla loro prima candidatura);
- “One Small Step” (registi Andrew Chesworth e Bobby Pontillas, entrambi alla loro prima candidatura);
- “Weekends” (regista Trevor Jimenez, alla sua prima candidatura).
Restano esclusi anzitutto “Bilby” (di Pierre Perifel, JP Sans e Liron Topaz) e “Lost & Found” (di Andrew Goldsmith e Bradley Slabe), quindi “Age of Sail” (di John Kahrs), “Bird Karma” (di William Salazar) e “Pépé le Morse” (di Lucrèce Andreae).
Miglior cortometraggio documentario
- “Black Sheep” (regista Ed Perkins, produttore Jonathan Chinn, entrambi alla loro prima candidatura) – vincitore secondo GD;
- “End Game” (registi Rob Epstein, novello nella categoria ma già vincitore grazie ai documentari “The Times of Harvey Milk” e “Common Threads – Stories from the Quilt”, e Jeffrey Friedman, alla sua prima candidatura, anche produttori) – vincitore secondo AC e AW;
- “Lifeboat” (regista Skye Fitzgerald, alla sua prima candidatura, produttore Bryn Mooser, già candidato per “Body Team 12”);
- “A Night at the Garden” (regista Marshall Curry, anche produttore, novello nella categoria ma già candidato per i documentari “Street Fight” e “If a Tree Falls – A Story of the Earth Liberation Front”) – vincitore secondo HR;
- “Period. End of Sentence.” (regista Rayka Zehtabchi, produttrice Melissa Berton, entrambe alla loro prima candidatura).
Restano esclusi anzitutto “Women of the Gulag” (di Marianna Yarovskaya) e “Zion” (di Floyd Russ), quindi “’63 Boycott” (di Gordon Quinn), “Los Comandos” (di Joshua Bennett e Juliana Schatz-Preston), “My Dead Dad’s Porno Tapes” (di Charlie Tyrell).
Prospetto dei vincitori
Che ci possiamo dunque aspettare da questa 91esima Notte degli Oscar, stando alle 4 fonti consultate? Lo riassumiamo nel seguente prospetto:
- da 3 a 4 statuette per “Roma”;
- da 1 a 4 statuette per “Vice – L’uomo nell’ombra”;
- da 1 a 3 statuette per “BlacKkKlansman”;
- da 1 a 2 statuette per “Green Book” e “A Star Is Born”;
- 1 statuetta per “Bao”, “Spider-Man – Un nuovo universo” e “The Wife – Vivere nell’ombra”;
- da 0 a 4 statuette per “Bohemian Rhapsody”;
- da 0 a 3 statuette per “Black Panther” e “La favorita”;
- da 0 a 2 statuette per “First Man – Il primo uomo” e “Se la strada potesse parlare”;
- da 0 a 1 statuetta per “Avengers: Infinity War”, “Black Sheep”, “End Game”, “Free Solo”, “Detainment”, “Marguerite”, “Mother”, “A Night at the Garden” e “RBG”.
Davvero improbabile perciò ravvisare fra i presenti un potenziale “piglia tutto”: è presumibile piuttosto che l’ammontare dei premi venga distribuito in maniera tendenzialmente equa, almeno da un punto di vista numerico.
(Altre) statistiche e curiosità
- “Black Panther” è divenuto il primo film supereroistico ad essere nominato come miglior film, riuscendo nell’impresa in cui non più di un anno fa aveva fallito l’acclamato “Wonder Woman”, ignorato dall’Academy come dai Golden Globe e i BAFTA.
- Prima di “Roma”, un solo altro film in lingua straniera è riuscito a collezionare ben 10 nomination: trattasi de “La tigre e il dragone” (Ang Lee, 2000), vincitore delle statuette al miglior film straniero, alla miglior colonna sonora, alla miglior fotografia e alla miglior scenografia.
- Prima di “Roma”, gli altri film in lingua straniera ad esser nominati come miglior film sono “La grande illusione” (Jean Renoir, 1937, Francia), “Zorba il greco” (Michael Cacoyannis, 1964, di per sé una coproduzione Grecia-USA), “Z, l’orgia del potere” (Costa-Gravas, 1969, Algeria-Francia), “Karl e Kristina” (Jan Troell, 1971, Svezia), “Sussurri e grida” (Ingmar Bergman, 1972, Svezia), “Atlantic City, USA” (Louis Malle, 1980, Francia-Canada), “La vita è bella” (Roberto Benigni, 1997, Italia), il già citato “La tigre e il dragone” (di per sé una coproduzione Cina-Hong Kong-Taiwan-USA) e “Amour” (Michael Haneke, 2012, Austria-Francia-Germania).
- Se “Roma” vincesse come miglior film, diventerebbe il terzo titolo dopo “Amleto” (Laurence Olivier, 1948) e “La forma dell’acqua” (Guillermo del Toro, 2017) ad aver conquistato precedentemente il Leone d’oro.
- La vicenda narrata da “A Star Is Born” torna a figurare nella categoria règia a distanza di 81 anni dal debutto avvenuto con l’omonimo film di William A. Wellman (1937). Si tratta di una saga che riscuote sempre consensi in casa Academy: il capostipite ha vinto la statuetta, non a caso, per il miglior soggetto, ricevendo altre 6 nomination, fra cui quelle per Fredric March e Janet Gaynor come attori protagonisti, e un Oscar speciale per la fotografia a colori; il primo remake diretto da George Cukor nel 1954 ha ricevuto 6 nomination, fra cui quelle per James Mason e Judy Garland come attori protagonisti; il secondo remake diretto da Frank Pierson nel 1976 ha vinto la statuetta per la miglior canzone (“Evergreen”), ricevendo altre 3 nomination, senza però che fossero interessati gli interpreti principali Kris Kristofferson e Barbra Streisand. Questa singolare circostanza fa di Norman Maine (ora Jackson Maine) e Esther Blodgett (ora Ally Campana) i personaggi inclusi il maggior numero di volte nelle cinquine degli Oscar, al pari di Elisabetta I ed Enrico VIII d’Inghilterra.
- Dalla selezione ufficiale dello scorso Festival di Venezia arrivano “La ballata di Buster Scruggs”, “La favorita”, “First Man – Il primo uomo”, “Opera senza autore”, “Roma”, e “Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità” (30 nomination totali agli Oscar); da quella del Festival di Cannes “Un affare di famiglia”, “BlacKkKlansman”, “Cafarnao” e “Cold War” (11 nomination totali agli Oscar); da quella della Festa del Cinema di Roma “Green Book” e “Se la strada potesse parlare” (8 nomination totali agli Oscar); da quella del Festival di Berlino solo “L’isola dei cani” (2 nomination agli Oscar).
- L’unico a risultare in competizione con ben 4 nomination a carico è Alfonso Cuarón (film, regia, sceneggiatura e fotografia: il premio al miglior film straniero è infatti attribuito al Paese d’origine stesso). Egli è divenuto la seconda persona a guadagnarne tante grazie a un solo titolo: prima di lui c’è riuscito solo Warren Beatty come produttore, regista, attore protagonista e sceneggiatore, sia nel 1979 con “Il paradiso può attendere” che nel 1982 con “Reds”; seguono con 3 nomination Bradley Cooper (film, attore e sceneggiatura non originale), Spike Lee (film, regia e sceneggiatura non originale) e Adam McKay (film, regia e sceneggiatura originale).
- Se si eccettua l’Oscar alla carriera vinto nel 2016, un autore del calibro di Spike Lee non entrava in un albo dell’Academy dal secolo scorso: è stato infatti nominato nel 1990 e nel 1998, rispettivamente per la sceneggiatura di “Fa’ la cosa giusta” e per il documentario “4 Little Girls”, entrambi apprezzatissimi dalla critica americana.
- Di seguito è riportata la lista degli studios, ordinati per numero di nomination collezionate: troviamo la Disney (17), la Fox Searchlight (15), Netflix (14), la Annapurna (11), la Universal e la Warner Bros. (9), la Focus (8), la 20th Century Fox (5), Magnolia e la Sony Pictures Classics (4) e Amazon Studios (3). Grande assente, si noti, la A24, che negli anni passati ha regalato gioielli del calibro di “Lady Bird”, “Un sogno chiamato Florida”, “Moonlight”, “Room”, “Amy”, “The Lobster” ed “Ex Machina”, solo per citare titoli che siano arrivati alla Notte degli Oscar.
- Gli 8 lungometraggi inseriti nella categoria règia ordinati per incassi su suolo americano (ultima rilevazione: 26 febbraio) risultano essere “Black Panther” (700 milioni di dollari), “A Star Is Born” (205 milioni), “Bohemian Rhapsody” (203,3 milioni), “BlacKkKlansman” (48,5 milioni), “Green Book” (43,5 milioni), “Vice – L’uomo nell’ombra” (40,3 milioni) “La favorita” (23,5 milioni) e “Roma” (un numero abbastanza vicino allo zero, considerando la fruizione via streaming). Per contro, i maggiori incassi americani della stagione che non partecipano in alcun modo all’edizione di quest’anno, neppure in seno a qualche categoria “minore”, sono “Jurassic World – Il regno distrutto” (417,7 milioni), “Deadpool 2” (318,4 milioni), “Aquaman” (309,2 milioni), “Il Grinch” (270,2 milioni), “Mission: Impossible – Fallout” (220,1 milioni), “Ant-Man and the Wasp” (216,6 milioni) e “Venom” (213,5 milioni).
La rubrica “Oscar 2019: L’aria che tira” si rinnoverà grazie ad un aggiornamento il 27 febbraio, con l’intento di commentare l’avvenuta premiazione.
Written by Raffaele Lazzaroni
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