“Mein Kampf” di Adolf Hitler: l’edizione della Mimesis curata dall’Associazione culturale Free Ebrei

“Le lezioni di storia universale nella cosiddetta scuola media sono deplorevoli. Pochi insegnanti capiscono che studiare la storia non significa imparare a memoria una serie di date e di avvenimenti (…)imparare la storia significa scoprire e individuare le forze che provocano quegli effetti che noi vediamo di fronte ai nostri occhi in forma di avvenimenti storici” – Adolf Hitler

Mein Kampf di Adolf Hitler

Mein Kampf, “la mia battaglia”. Un libro spesso citato, raro a trovarsi, sconosciuto al punto da esercitare il fascino di un libro proibito, e che fa terribilmente paura. Paura non tanto per il suo tristemente noto autore, ma per l’estrema lucidità che Adolf Hitler esprime fin dalle prime pagine.

Per ironia della sorte, l’edizione della prima versione critica e integrale in lingua italiana, edita in Italia da Mimesis, è stata voluta e curata da Vincenzo Pinto, presidente dell’Associazione culturale Free Ebrei, storico del sionismo e dell’antisemitismo.

Pinto ha curato le biografie di alcuni dei più “scomodi” personaggi della storia politica contemporanea di destra e non, tra cui Vladimir Ze’ev Jabotinsky, padre del sionismo di destra. La riedizione del Mein Kampf è stata proibita per 70 anni, dal dopoguerra ai nostri giorni, anche se diverse traduzioni “clandestine” hanno continuato a circolare negli anni.

L’edizione curata da Pinto non si rifà alla traduzione italiana, bensì alla traduzione ed edizione critica in tedesco curata dall’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco. Il libro, stampato in doppio volume (vol. I “La Resa dei Conti e vol. II “Il Movimento Nazionalsocialista”) come nelle edizioni originali del 1925, si presenta in edizione critica, l’unica possibile versione legalmente concessa in Europa, con lo scopo di analizzare con gli occhi della filologia e dello storico delle idee, come si autodefinisce Pinto, il testo che è stato ritenuto la Bibbia del movimento nazionalsocialista.

“Se Hitler è il male, perché ripubblicare il Mein Kampf e non un’altra testimonianza di un sopravvissuto? Perché il carnefice deve avere diritto di parola? Il male è pedagogicamente sterile, oppure, come crediamo noi, va capito e compreso in profondità?” – Vincenzo Pinto

Queste le domande che si pone il curatore dell’opera, osservando che a distanza di 70 anni, non sembrano affatto compresi ne sciolti i nodi che hanno portato all’ascesa del nazismo, all’antisemitismo, all’odio del diverso, ai movimenti nazionalisti e xenofobi dei primi del ‘900, e ai preoccupanti assetti che sta prendendo il mondo ai nostri giorni. Secondo Pinto, il compito dello storico è quello di mettere da parte i sentimenti contrastanti verso il personaggio di Hitler, per analizzarlo super partes, e poterne dare una interpretazione.

Attraverso una attenta analisi, Pinto spiega come il Mein Kampf non possa essere considerato una autobiografia, e nemmeno una biografia politica di Hitler, bensì un vero e proprio manifesto politico, in cui nel primo volume, Hitler affronta “il problema” della Germania degli anni ‘20 in una deduzione a ritroso degna di un medico-detective che analizza i sintomi di un paziente in piena decadenza “fisica e morale”,  i quali lo portano a scoprire una “malattia” più profonda e che va poi “giustificata” sul campo: la forza del mito nazionalsocialista sta nella democrazia di massa, nell’espressione della necessità di un capro espiatorio che può essere risvegliata o messa a tacere attraverso le armi dei “semplici” fatti. Quello che oggi chiamiamo populismo, qualunquismo, dittatura della maggioranza, socialismo nazionale.

Dopo aver terminato il primo volume con la frase:

“Il movimento fece il suo corso”

Adolf Hitler – Vincenzo Pinto

Hitler passa dalla “diagnosi” alla “prognosi”: dopo aver sfruttato l’ipotesi della “malattia ebraica”, l’obiettivo di Hitler diventa quello di dimostrare la bontà della sua conversione all’antisemitismo, e la sua utilità storico-politica nel suo aspetto pragmatico ed economico:

“Oggi l’ebreo è quindi il grande istigatore alla completa distruzione della Germania (…) In pace o in guerra, la stampa borsistica e marxista ebraica fomentò l’odio sistematico contro la Germania, finché uno stato dopo l’altro rinunciò alla neutralità e, contro gli interessi veri dei popoli, entrò al servizio della coalizione bellica.” Adolf Hitler

Per Hitler, era evidente, persino giustificabile che nessuno stato straniero sarebbe mai potuto essere filo-tedesco: ogni altro statista, inglese, francese, italiano, avrebbe ovviamente e giustamente fatto gli interessi del proprio paese, e non della Germania.

“La scarsa lucidità del nostro popolo in politica estera è testimoniata dalle attuali notizie della stampa sulla più o meno grande simpatia per i tedeschi da parte di uno o dell’altro statista straniero. Questa manifestazione sarebbe la garanzia di una politica favorevole al nostro carattere nazionalpopolare (…) Chi crede di poter costruire alleanze con nazioni straniere sperando in una convinzione filo-tedesca degli statisti alla loro guida è un somaro oppure un ipocrita.” Adolf Hitler

Nella lettura, appare un Hitler che riacquista la sua figura storica di uomo politico, protagonista del delicatissimo momento storico immediatamente successivo alla caduta degli Asburgo e alla conseguente Prima Guerra Mondiale, che prelude la Seconda Guerra Mondiale. Un libro che merita di esser studiato e che fa riflettere, per l’attualità dei suoi contenuti se confrontati all’assetto politico che ha preso il mondo ai nostri giorni.

“Il compito della propaganda di ogni grande movimento rivoluzionario è quello di diffondere l’idea del movimento stesso. Dovrà quindi sforzarsi di spiegare alla gente il nuovo pensiero, di attirarla sul proprio terreno o di mettere in discussione la sua precedente convinzione (…) Un movimento che, all’epoca in cui la maggioranza domina ovunque, sostenga l’idea di un solo capo e della responsabilità personale, sconfiggerà con matematica certezza lo stato di cose esistenti e celebrerà il suo trionfo” Adolf Hitler

 

Written by Claudio Fadda

 

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