“Il Condominio” di J. G. Ballard: verso gli inferi in ascensore

Quali fattezze avrebbe un mondo in cui i nostri impulsi più devianti fossero finalmente liberi di esprimersi? E in che modo si manifesterebbero i malesseri psichici nascosti sotto la crosta della quotidianità?

Il Condominio di J. G. Ballard

A chiederselo e a immaginare questo mondo è James Graham Ballard, scrittore inglese contemporaneo, innovatore della letteratura fantascientifica e una delle fonti d’ispirazione preferite di David Cronenberg (è suo il romanzo Crash da cui è tratto l’omonimo film).

Nel romanzo distopico Il Condominio, edito nel 1975 e pubblicato da Feltrinelli nel 2014, egli immagina e descrive crudamente un dramma post-tecnologico ambientato in un grande complesso condominiale metropolitano londinese.

Un grattacielo di lusso, con più di quaranta piani e duemila inquilini, piscine interne, aree per bambini e ogni sorta di struttura per una vita agiata e il più possibile vissuta all’interno dell’edificio.

Il lettore viene sin da subito introdotto in un’atmosfera, che per quanto quotidianamente ordinaria e banale, lascia presentire una certa inquietudine. Il declino ha inizio con una serie di blackout elettrici e guasti che turbano la quiete superficiale degli abitanti del condominio.

I protagonisti, nonché voci narrative, sono tre uomini, professionisti dell’alta borghesia: Anthony Royal, architetto, progettista dell’edificio, nutre un profondo disprezzo per le classi inferiori; Robert Laing, giovane professore di medicina, si cura solo della sua solitudine e dei suoi rapporti con le donne; Richard Wilder, regista televisivo, si nasconde dietro una macchina da presa e il dovere di cronaca per disobbligarsi dalla vita familiare.

I personaggi reagiscono alle disfunzionalità dell’edificio compiacendosi di esse, crogiolandosi nel degrado e nel lordume da essi stessi generato. L’energia elettrica salta, le scorte di cibo si esauriscono, le crepe nel sistema di condizionamento e di smaltimento dei rifiuti peggiorano la convivenza degli inquilini, che si riorganizzano secondo un sistema tribale di gerarchia sociale in base agli spazi del condominio, alla lotta tra piani alti e piani bassi.

“Alzò il volume del televisore. L’altoparlante diffuse la voce del telecronista dell’ippodromo, una sparata di nomi che sembrava un folle inventario degli oggetti più disparati, reclutati al fine di ripopolare il grattacielo con una trasfusione d’identità.”

Nel mondo di vetro e cemento il tempo scorre all’indietro, dalla formazione di clan a primitivi modi per procacciarsi il cibo, al cannibalismo, fino alla libertà di ogni più primitivo istintivo legato al sesso, alla protezione, al nutrimento.

L’isolamento magnetico dal quale tutti gli inquilini sono attratti soppianta l’attrazione del mondo esterno e il dovere degli obblighi lavorativi. L’ambiente scivola in un vortice di incontenibile e primordiale violenza, regredendo ad uno stadio primitivo, in uno stato di morboso attaccamento all’edificio.

Sarà il lettore a decidere, alla fine del romanzo, quale sia l’epilogo; come ha dichiarato lo stesso Ballard in un’intervista del 1983: «Molto del mio romanzo è lasciato aperto. Spetta al lettore di decidere quali dovrebbero essere le conclusioni morali e psicologiche che si possono trarre dal mio libro».

J. G. Ballard

Il romanzo di Ballard squarcia il velo di Maya della convivenza civile quotidiana, rompe la crosta superficiale della normalità, per mostrare l’animalità dell’essere umano, in tutte le sue inclinazioni più violente e depravate, che esplodono senza regole e moralità. La repressione degli istinti più bassi viene meno improvvisamente, le è sufficiente una futile occasione.

Gli dava fastidio parlare, con Charlotte o chiunque altro, perché gli sembrava che le parole riempissero le cose dei significati sbagliati.” 

La caratteristica che maggiormente contraddistingue la storia de Il Condominio è l’assenza di intromissioni esterne e la chiusura di ogni edificio nel proprio microcosmo, senza interazioni con gli altri.

Non vi è nessuno che dai rispettivi ambienti di lavoro bussa alla porta del proprio collega per interesse; non vi sono vicini ficcanaso o parenti premurosi, tutti sono abbandonati al proprio destino e alla solitudine collettiva condominiale. Tale metafora ben esprime l’indifferenza e il disinteresse che ciascuno nutre, ordinariamente, nei confronti del mondo esterno, rannicchiato nel proprio guscio individuale.

Così Ballard con uno stile acuto e un lessico crudo e stridente dipinge l’estrema deriva di una società distopicamente futura che sembra essere già presente: «Anche il disfacimento del grattacielo era un modello del mondo in cui sarebbero vissuti in futuro. Era uno scenario post-tecnologico, dove ogni cosa era o in abbandono o, più ambiguamente, rivista secondo modalità inaspettate e più significative. Laing meditava… A volte gli era difficile non pensare che stessero vivendo un futuro già realizzato, e che anzi quel futuro si fosse ormai esaurito».

Il libro dell’autore inglese ci trascina con sé in un turbine di follia, in una realtà parallela assurda, spaventosa, priva di regole, una realtà che vorremmo fuggire ma dentro la quale restiamo intrappolati come pesci in una rete, aggrappati ad una sottile speranza di vita normale.

 

Written by Maria Cristina Mennuti

 

 

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