Frida Kahlo, una donna oltre il tempo e lo spazio
“Grazie a mio padre ebbi un’infanzia meravigliosa, infatti, pur essendo molto malato fu per me un magnifico modello di tenerezza, bravura e soprattutto di comprensione per tutti i miei problemi” ‒ Frida Kahlo
Simbolo di coraggio e di emancipazione, Frida Kahlo, pittrice messicana, nasce in Messico nel 1907. Considerata fra le più importanti esponenti del mondo pittorico internazionale, fin da piccola denota una notevole forza di carattere contrapposta alla sua vulnerabile fisicità.
Affetta alla nascita da spina bifida, malattia che viene confusa con un’altra patologia, non verrà curata in maniera opportuna. Tuttavia, le sue problematiche condizioni non le impediscono di amare incondizionatamente la vita e di tuffarsi in essa.
Frequentatrice di una scuola d’arte, all’età di 18 anni è vittima di un incidente a bordo di un tram, che mina il suo già precario stato di salute.
Sono numerose le fratture che danneggiano la sua spina dorsale, in conseguenza delle quali deve sottoporsi a ben 32 interventi chirurgici, non sufficienti però per recuperare una totale condizione di benessere.
“Dipingo i fiori per non farli morire” ‒ Frida Kahlo
Costretta a letto per un lungo periodo, sarà la circostanza per manifestare un raro talento artistico, che darà l’avvio a un’importante carriera. Per alleviare la sua sofferenza i genitori le regalano colori e pennelli, e posano uno specchio nel soffitto della sua stanza, affinché la giovane Frida possa ritrarre se stessa.
La sua prima opera è infatti un autoritratto, di cui fa dono a un ragazzo che credeva di amare; non immaginando che l’amore della sua vita sarebbe arrivato un po’ più in là.
Il suo bisogno di autoritrarsi non si concluderà con la sua lunga degenza, ma avrà un seguito: circa 55 saranno gli autoritratti realizzati, compresi negli oltre 200 quadri da lei dipinti.
Nei suoi ritratti, di cui ovviamente è l’unico soggetto raffigurato, dà una singolare rappresentazione di se stessa: i suoi occhi scurissimi messi in risalto e accentuati da marcate sopracciglia.
“Dipingo autoritratti perché spesso sono sola, perché sono… le persone che conosco meglio” ‒ Frida Kahlo
Nonostante le sue precarie condizioni fisiche, la sua natura di persona passionale, corroborata da un vivace desiderio di trasgressione, la spinge, nel 1928, a iscriversi al Partito comunista messicano, di cui sarà una convinta attivista: è in questo modo che la sua voglia di vita, affiancata dall’amore per l’arte, trova un suo corrispettivo nella politica.
In collaborazione con un gruppo di artisti che sostengono un’arte messicana indipendente, lontana dall’ambiente accademico, Frida diventa espressione del mexicanismo, corrente pittorica che si manifesta attraverso la pittura murale, strumento a sua volta per raccontare la storia nazionale anche alla massa analfabeta.
“Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni” ‒ Frida Kahlo
Dirà Frida per affrancarsi dalla definizione di pittrice surrealista che le viene affibbiata. Dai critici è infatti annoverata quale membro del movimento surrealista; connotazione questa che non le piace affatto, anzi, la respinge, perché non trova corrispondenza tra il suo modo di fare arte e tale corrente artistica.
Etichettata come un’esponente del femminismo in anni in cui, in un Messico ancora arretrato e lontano dalle rivendicazioni femministe, dove era mera utopia soltanto prendere coscienza di tale concetto, è definizione che le calza completamente, anche per i suoi atteggiamenti trasgressivi, che vanno oltre le convenzioni sociali dell’epoca. Anche in questo caso, da persona che vive al di fuori degli schemi, Frida non si cura della connotazione che le viene data, in quanto non ama essere compresa in alcun tipo di stereotipo.
E, animata da una inesauribile fame di arte si getta a capofitto nella pittura, trasformando la sua sofferenza in elegante ispirazione artistica.
La sua sofferenza plasmerà tutta la sua produzione, che diverrà motivo di sublimazione e di superamento. E sarà un potente grido di quella forza che custodisce nella parte più vera di sé, impressa a ogni suo quadro.
Ma, viene spontaneo chiedersi: gettarsi a capofitto nell’arte e nella vita, con il desiderio di afferrarla e viverla in completezza, è per Frida anche un modo per metabolizzare i suoi disagi fisici?
Probabilmente sì. Perché la pittrice fa della sua vita un capolavoro di autodeterminazione e libertà, in quanto aperta a ogni tipo di esperienza non ama essere condizionata dai suoi malanni.
La sua emancipazione dalle avversità raggiunge l’apoteosi quando entra in relazione con il pittore di murales Diego Rivera, già allora famoso esponente del mondo artistico messicano.
Desiderosa di mostragli il suo lavoro lo incontra tramite comuni amici, e da quel momento per Frida nulla sarà come prima.
“Ieri sera mi sono sentita come se tante ali mi accarezzassero tutta, come se le punte delle tue dita avessero bocche che baciavano la mia pelle” ‒ Frida Kahlo
Attratta da lui in maniera viscerale, nonostante l’uomo sia maggiore di lei di 21 anni, nel 1929 i due si uniscono in matrimonio. Che sarà turbolento oltre che tormentato.
Per Diego, Frida è la terza moglie, mentre per lei è l’amore della sua vita.
Il loro sarà un rapporto d’amore, di comune passione per l’arte, ma sarà anche un duello amoroso dovuto ai continui tradimenti di Diego che, da inguaribile donnaiolo quale è sempre stato, non esita a essere infedele alla pittrice. Pur dichiarandosi innamorato della giovane moglie.
“Ho avuto due grandi incidenti nella mia vita. Il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego Rivera.” ‒ Frida Kahlo
Avrà modo di dichiarare Frida, che soffrirà molto per le continue infedeltà di Diego, il quale arrivò a tradirla anche con la sorella di Frida: comportamento assai poco edificante. E, forse per vendicarsi dei continui tradimenti, nascondendosi dietro al modello di ‘coppia aperta’, anche lei avrà numerosi amanti, uomini e donne indistintamente.
“Aveva una dignità e una sicurezza di sé del tutto… e negli occhi le brillava uno stano fuoco” ‒ Diego Rivera
Pur dotati di menti brillanti e creative, i due però non sfrutteranno a pieno le loro potenzialità.
Anzi, rinunceranno ad occasioni professionali promettenti, anche economicamente; ciò accadde soprattutto nel loro periodo americano, momento in cui Diego è all’apice della carriera e ha l’opportunità di diventare un artista di fama mondiale.
“Vorrei tanto darti tutto quello che non hai mai avuto, e neppure così sapresti quanto è meraviglioso amarti” ‒ Frida Kahlo
Ma la libertà, e soprattutto la libertà d’espressione, sono un imperativo a cui la coppia non può sottrarsi.
E, in nome del loro credo politico, che da sempre ha animato le loro vite, e di cui le loro opere sono l’evidente espressione plastica, Diego rinuncia a riconoscimenti materiali.
E, riluttanti a ogni convenzione sociale, dopo aver trascorso un periodo in America, toneranno in Messico alla loro vita di sempre. Continuando a condurre un’esistenza in nome della trasgressione, sbandierata come un vessillo di cui andare fieri. Anche se, nel fumare e nel bere in maniera sfrenata non c’è nulla di cui andare fieri.
Eccessi che Frida pagherà cari in termini di salute: prederà infatti il figlio che desiderava e che il suo fragile grembo non è in grado di accogliere.
Disillusa, e vittima di un grande sconforto, Frida si allontanerà da lui: nonostante si dichiari innamorato, Diego continua a tradirla sfacciatamente. Anche se poi i due si pacificheranno, suggellando così il loro eterno sodalizio, fatto sì di amore per l’arte ma anche di un’intesa carnale e mentale che non si può cancellare con un addio transitorio.
“Perché lo chiamo il mio Diego? Non è mai stato e non sarà mai mio. Diego appartiene a se stesso” ‒ Frida Kahlo
Rifugiatosi a Città del Messico per sfuggire ai suoi avversari, l’esule russo Lev Trotskij conosce Frida Kahlo con cui intreccerà una relazione sentimentale. Ma, nonostante le precauzioni adottate per nascondersi, nel 1940 Trotskij verrà ugualmente assassinato.
“Le cicatrici sono aperture attraverso le quali un essere entra nella solitudine dell’altro” ‒ Frida Kahlo
Al dolore per la sua morte, la donna dovrà aggiungere un ulteriore motivo di malessere e sofferenza: verrà infatti accusata del suo omicidio, e costretta a trascorrere un periodo in carcere, condizione che aggrava le sue instabili condizioni di salute. Tuttavia, la prigionia non le impedirà di continuare a dipingere e a ottenere riconoscimenti. Non certo quanti ne avrebbe meritati.
Ad attrarre i suoi estimatori sono soprattutto le emozioni che suscitano le sue opere: una commistione di dolore e di forza, la stessa con cui si è sempre opposta alle avversità esistenziali.
La sua espressività è singolare e di non facile collocazione: da porsi tra l’arcaico e il moderno, con rimandi all’archeologia messicana, parte integrante della sua arte, con il pregio di creare un proprio linguaggio figurativo con chiari riferimenti alla cultura precolombiana.
Nei già citati autoritratti Fida raffigura se stessa con costumi indio, mentre del Messico rappresenta flora e fauna, fra cui cactus e pappagalli. È il 1954, quando all’età di 47 anni, Frida abbandona per sempre questo mondo, lasciando una traccia indelebile del suo passaggio.
A ricordarla, oltre a numerose testimonianze e biografie che le sono state dedicate, è un film di importante qualità testimoniale. Lo ha realizzato la regista Julie Taymor, che ha affidato all’occhio della sua macchina da presa un ritratto quanto mai verosimile e autentico della pittrice.
La pellicola, seguendo un profilo abilmente cinematografico, descrive fedelmente luoghi e personaggi che hanno partecipato alla vita dell’artista. Un film coinvolgente, che offre allo spettatore l’esatta percezione della personalità di Frida, una donna legata ai valori tradizionali del suo paese, che ha fatto della pittura e del suo singolare modo di dipingere, di sicuro impatto emotivo, un mezzo per esprimere il proprio sentire ma anche un modo per allontanare da sé il male di vivere.
“La prima donna nella storia dell’arte ad aver affrontato con assoluta e inesorabile schiettezza, in modo spietato ma al contempo pacato, quei temi generali e particolari che riguardano esclusivamente le donne” ‒ Diego Rivera
Written by Carolina Colombi