FEFF 2018: Sezione Competition – “Foreboding” di Kiyoshi Kurosawa
Due anni dopo la presentazione di “Creepy”, meraviglioso incubo incentrato su un misterioso “vicino di casa”, tornano al Far East Film Festival di Udine le incursioni negli oscuri meandri della mente predilette dal maestro Kiyoshi Kurosawa.

“Foreboding” (“Yocho” in originale) è la riduzione per le sale cinematografiche di una omonima serie televisiva in 5 episodi, definibile sci-fi sui generis in ragione della sua spiccata predilezione per le dinamiche di interazione fra i personaggi a tutto svantaggio dell’elemento spettacolare e tecnologico. Non che da Kurosawa ci si dovesse aspettare altrimenti, contrariamente a quanto concerne invece l’intensità dell’esperienza audiovisiva, stavolta per certi versi svilita.
Il film è introdotto dalla figura di Etsuko (interpretata da Kaho), impiegata in un magazzino che da un giorno all’altro comincia a percepire delle anomalie nell’atteggiamento di alcuni colleghi, in particolare Miyuki, la più giovane del gruppo, la quale implora di difenderla da un “fantasma” che la sta perseguitando, come fosse un estraneo in casa sua dai tratti spaventosamente noti.
Consultato il reparto psichiatrico, la diagnosi è a dir poco sorprendente: lo spettro coincide con la figura del padre, che da solo l’ha cresciuta premurosamente per ben 10 anni dopo la morte della moglie senza mai usare alcuna forma di violenza. Intanto il marito di Etsuko, Tatsuo (Shota Sometani), individuo bassetto e dalla fisionomia tutt’altro che incisiva, inizia a trascurare l’occupazione di ingegnere clinico per passare le proprie ore in compagnia del dottor Makabe (Masahiro Higashide), uno spilungone mai visto prima dalle movenze minacciose.
Difficile tacere sulla vera identità dello sconosciuto, alla quale la protagonista perviene sottostando al proprio enigmatico “presentimento” (da cui il titolo): è un alieno che ha assunto le sembianze e i ricordi di un chirurgo allo scopo di poter conoscere da vicino le “concezioni” tipiche degli uomini, ossia le strutture mentali che precorrono il linguaggio parlato, e pianificare così nel miglior modo possibile l’imminente invasione.

Un commento all’opera presente è destinato alla parzialità qualora privato del confronto con la versione integrale: stando alle due ore e venti sottoposte al pubblico del Teatro Nuovo, il quale ha applaudito in maniera assai tenue la proiezione, sono già percepibili i difetti comportati dai tagli, segnalati dall’insoddisfazione che lascia la sparizione di numerosi personaggi i cui caratteri con probabilità dovevano risultare approfonditi sul piccolo schermo.
Anche l’epilogo un po’ strascicato e condotto sotto la già bassa soglia di credibilità dell’intero “Foreboding” non rende giustizia ad una vicenda al contrario costruita dal regista ricorrendo a notevoli abilità distintive: non si tratta semplicemente di sollecitare la suspense attraverso l’alternarsi di prolungati silenzi, sospetti arabeschi armonici del clarinetto basso e degli archi, scene vuote che si teme possano repentinamente animarsi, ma piuttosto di evocare (e in questo Kurosawa pare infallibile, lento e inesorabile alla guida del disastro) la surreale drammaticità generata da eventi e reazioni all’apparenza inafferrabili, quando non risibili, che invece di destare resistenze ostinate dovrebbe piuttosto sollevare feconde interrogazioni da non credere di soddisfare senza uno sforzo superiore al consueto.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
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Rubrica Far East Film Festival