“Hitler contro Picasso e gli altri”, documentario di Claudio Poli: l’ossessione nazista per l’arte
“Questa è la storia di come Hitler depredò la grande bellezza dell’Europa. Rapì non solo vite umane, ma espressioni artistiche di una cultura”.
Ottant’anni fa il regime nazista condannò la cosiddetta ‘arte degenerata’.
Oggi, nel 2018, il regista Claudio Poli, grazie alla 3D Produzione in collaborazione con la Nexo Digital e Sky Arte HD, si fa interprete di una delle vicende più controverse del nazismo, portando all’attenzione del grande pubblico un film documentario in cui si racconta di quella inverosimile vicenda.
Il titolo della pellicola, quanto mai emblematico, è Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte; dove, per ‘altri’ s’intendono importanti esponenti della pittura messi all’indice dal regime, e definiti ‘incompetenti’ e ‘ciarlatani’. Marc Chagall, Claude Monet, Pablo Picasso, Otto Dix, Oskar Kokoscka, El Lissitzky, fra questi.
“Decadenza sfruttata per scopi letterari e commerciali.” ‒ Adolf Hitler
Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte è un documentario evento che testimonia l’interesse, o meglio l’ossessione, del Terzo Reich verso il mondo dell’arte; e, al contempo dà voce alle storie umane e professionali che si celano dietro alle numerose opere trafugate non soltanto in Germania, ma in tutta Europa.
Fu una vera e propria persecuzione quella che Hitler, e con lui Göring, pose in atto nei confronti di artisti dall’indiscutibile abilità artistica. Persecuzione che si concretizzò sia sottraendo capolavori di inestimabile valore sia attraverso una rassegna, dal chiaro intento demolitore, di correnti artistiche quali espressionismo, cubismo, fauvismo, dadaismo e surrealismo. Movimenti, tutti, espressione di un’arte che non corrispondeva ai principi estetici di cui il nazismo si fece promotore.
L’occasione di condannare un certo tipo di attività artistica ebbe luogo nel 1937 a Monaco, città in cui fu allestita un’esposizione pubblica con il fine di annientare la cosiddetta ‘arte degenerata’. Arte considerata dal nazismo ciarpame, ma di cui, attraverso un saccheggio che comportò la detrazione di numerosi opere d’arte, non rinunciò a farne incetta.
Confiscati dalle collezioni pubbliche come da quelle private, nella rassegna vennero esposte al disprezzo del pubblico 650 opere di 112 autori, una parte piccola ma significativa delle oltre 20000 sottratte.
Furono giorni drammatici quelli, giorni in cui gli ebrei, i collezionisti e i direttori dei musei, anche dei territori occupati, si videro strappare capolavori, che nel folle progetto nazista, avrebbero dovuto occupare un ampio spazio dove creare il novello Louvre, presso Linz, città natale di Adolf Hitler. Progetto che però non fu mai realizzato.
“Io colleziono dipinti non per scopi privati, ma mosso dal desiderio di ampliare la pinacoteca della mia città natale…” ‒ Adolf Hitler
Nel docuflim viene sottolineato da quale prospettiva il Terzo Reich fosse solito selezionare l’arte, ovvero attraverso lo sguardo della propaganda, tesa a distinguere, secondo i dettami del regime, l’opera ‘valida’ da quella invece ‘traviata’.
“Non è obiettivo dell’arte quello di rovistare nella spazzatura, rappresentare l’uomo soltanto nella sua condizione di putrefazione, descrivere gli imbecilli come simbolo della maturità e indicare gli storpi come esponenti della guerra civile”.
Così si pronunciò Hitler a proposito della cosiddetta ‘arte degenerata’, considerata fattore di disgregazione dell’ordine sociale, e perciò riconducibile a una contestazione antiborghese.
‘Arte degenerata’, quindi, definita in questo modo dal capo del nazismo che, in virtù del suo passato da pittore dilettante, riteneva essere un grande esperto di tale disciplina. Ma, rifiutato per ben due volte dall’Accademia di Vienna pensò bene di dedicarsi ad altro. Scelta quanto mai deleteria per il genere umano.
Ma, trascurando l’operato e i terribili risultati del nazismo, le idee, a proposito di principi artistici ritenuti non validi, Hitler li espresse nel suo Mein Kampf.
“Ciò che si rivela ‘culto del primitivo’ non è espressione di un’anima naif, ma di un futuro completamente corrotto e malato… Il compito dell’arte non è quello di richiamare segni di degenerazione, ma di trasmettere benessere e bellezza.” ‒ Mein Kampf
In contemporanea alla rassegna, approntata per screditare la cosiddetta ‘arte degenerata’, il Fuhrer, in parallelo, inaugurò una seconda esposizione, con un obiettivo antitetico alla mostra poc’anzi descritta.
Tale rappresentazione, del tutto contrapposta all’arte degenerata, fu considerata dalla propaganda nazista elemento testimoniale della ‘pura arte ariana’.
Una rassegna, questa volta, che ebbe il fine di celebrare la grande arte tedesca, detentrice di bellezza e benessere, forza e salute, oltre che esempio di devozione delle tradizioni germaniche. Valori questi, esaltati dalla Grosse Deutsche Kunstaustellung.
“Il bisogno di costruirsi un’identità forte e assoluta diventa per gli uomini del Reich un’ossessione sempre più legata all’arte…”
In esposizione un’abbondanza di nudi maschili e femminili, ispirati sì all’antichità classica, ma privi di qualsiasi altro significato, implicito o esplicito che si potesse loro attribuire. Monumentali, troppo rigide e massicce e senza alcun accenno di grazia: un trionfo idealizzato di ciò che avrebbe dovuto rappresentare la razza ariana.
“Un insulto agli eroi tedeschi della Grande Guerra” ‒ Adolf Hitler
La mostra dell’arte degenerata fu allestita a Berlino, e poi portata in altre dieci città della Germania e dell’Austria; e contribuì a far conoscere i tanto deprecati artisti.
La condanna a cui il nazismo sottopose tali movimenti artistici, si possono inoltre considerare come un’anticipazione della Shoah, una prova generale di quella ben più terribile, che sarebbe poi seguita a danno degli ebrei.
Per la prima volta il docufilm guida il pubblico del grande schermo a conoscere il Dossier Gullitt e materiali d’archivio, i tesori segreti del Fuhrer e di Göring, protagonista anch’esso del saccheggio perpetrato nei confronti del mondo dell’arte e dei proprietari dei capolavori.
Accompagna lo spettatore tra Parigi, New York, Olanda e Germania, raccogliendo testimonianze sulle storie che prendono il via da quattro grandi esposizioni che, in questi ultimi tempi, hanno fatto il punto sull’arte trafugata dal nazismo.
Si parte da Parigi, con una mostra nata dall’esigenza di esporre parte di un prezioso bottino recuperato, che include quadri di Picasso e Matisse. Si parla della collezione di Paul Rosenberg, uno dei più grandi collezionisti e mercanti d’arte di inizio ‘900.
Quindi, la mostra tenutasi a Looted At, in Olanda, che espone i quadri provenienti dai depositi statali olandesi e dalle collezioni razziate dai nazisti. Si esplorano il Dossier Gurlitt, le esposizioni di Berna e di Bonn, durante le quali per la prima volta viene mostrata la collezione segreta di Cornelius Gurlitt, figlio di un mercante di fiducia di Hitler che collaborò coi nazisti. Fermato casualmente nel 2010 dalla polizia doganale, su un treno che dalla Svizzera lo portava a Monaco, il Gurlitt fu trovato in possesso e recuperato, anche in questo caso, un ingente accumulo, circa 15000, di opere d’arte. Tra le tele trafugate, capolavori di Chagall, Monet, Picasso e Matisse.
“La costruzione del mito del nazismo passa attraverso una ricerca estetica assoluta che si rifà agli ideali classici di perfezione, così il rapporto fra arte e politica diventa centrale nell’organizzazione dell’impero germanico…”
Delle 20000 opere confiscate dai nazisti molte andarono perdute: disperse, distrutte, bruciate nei roghi, mentre una parte di esse fu venduta all’estero per finanziare la guerra. Alcune sono poi riemerse nella Berlino dei giorni nostri. Nello specifico, furono ritrovate durante i lavori della metropolitana nel 2000.
Un excursus variegato e di indiscusso interesse, Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte, che accompagna lo spettatore a conoscere aspetti meno noti di quel fenomeno drammaticamente notevole che fu il nazismo, e che permette al grande pubblico di conoscere un’altra aberrazione: quella che colpì la sfera culturale, in questo caso il mondo dell’arte.
Una pellicola di eccezionale portata, quindi, anche perché arricchita dalla presenza di uno straordinario attore quale è Toni Servillo.
Tra le persone di primo piano che hanno collaborato alla realizzazione anche Simon Goodman, che in vecchie scatole ha rintracciato fotografie e carte della storia della sua famiglia, oltre che parte della magnifica collezione d’arte appartenuta ad essa; fra cui Degas, Renoir, Botticelli e ‘L’orologio di Orfeo’, opera cinquecentesca, finita all’epoca nelle mani di Hitler e Göring.
Edgar Feuchtwanger, inoltre, che nel 1929 fu vicino di casa di Hitler, qualche anno prima che il proprio padre fosse deportato a Dachau, mentre dalla loro casa venivano sottratti mobili e libri preziosi.
“Mi riconosce, sa che sono ebreo… è proprio davanti ai miei occhi… è più basso di quanto pensassi. Dovrei distogliere lo sguardo, ma dopotutto sono il suo vicino di casa…”
Tom Selldorf, che è riuscito a recuperare quattordici opere, appartenute alla sua famiglia e trafugate negli anni ’30.
Inoltre, nel film interventi di autorevoli esponenti della disciplina artistica come di quella storica.
Pierre Assouline, giornalista e scrittore.
Jean Marc Dreyfus, storico e autore del libo Il catalogo di Göring.
Timothy Garton Ash, storico.
Betold Hinz, storico dell’arte.
Meike Hoffmann, esperta di arte degenerata e della vicenda Gurlitt.
Eve kleeeman e Daof Ledeber storici dell’arte e ideatori della mostra Looted At di Deventer.
Markus Krische, giornalista di Focus.
Personaggi, tutti, illustri, che con la loro partecipazione, aiutati anche dall’ottima sceneggiatura realizzata da Sabina Fedeli e Arianna Marelli, hanno contribuito a fare di Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte una pellicola di notevole valenza culturale.
Il tutto accompagnato da un’eccellente colonna sonora realizzata da Renzo Anzovino.
“Com’è possibile essere indifferenti agli altri uomini? La pittura non è fatta per decorare appartamenti. È uno strumento di guerra offensivo e difensivo contro il nemico” ‒ Pablo Picasso
Written by Carolina Colombi
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