L’opera artistica di Gianni Corda: attraverso la semplicità narrare l’ineffabile

A margine della IV edizione della mostra “Kagliari arte contemporanea” svoltasi presso l’ex Collegio di S. Teresa a Cagliari, dal 15 al 17 dicembre 2017, alla quale hanno partecipato sia artisti già affermati e noti che giovani talenti, con opere grafiche, pittoriche e scultoree di alto livello, ho sentito l’esigenza di raccontare la mia personalissima visione dell’opera del M.o Gianni Corda.

Gianni Corda

Curatore e cuore pulsante dell’evento, che quest’anno ha avuto tra gli artisti premiati, oltre a nomi di assodato spessore come Luciano Arrius e Angelo Contini, anche giovani di grande talento, quali Stefania Piredda e Massimo Mollica, vive e opera a Arzachena.

Tuttavia, per esperienza vissuta e per libertà di spirito, si tratta di un vero e proprio cosmopolita, che traduce in arte un afflato universale. Costruttore e disegnatore d’architetture e d’interni, è un pittore che ha portato le sue opere in giro per il mondo, al Carrousel du Louvre a Parigi, Casa Battlò a Barcellona, a Rotterdam, al Town Hall di Oxford, alla Biennale di Venezia, e in numerosissime altre località.

Ciò che da sempre mi ha colpita da subito nelle sue opere, che conosco e apprezzo ormai da diversi anni, è come lo studio dell’umano, e non della sola figura umana, abbia portato a una significativa rarefazione dei particolari, all’eliminazione di ogni orpello, dettaglio, decorazione, tutto ciò che non sia necessario alla trasmissione del raffigurato.

L’essenzialità del tratto si realizza in contorni talora morbidi e continui, altre volte nervosi e spezzati, in cui si concentra oppure sembra sciogliersi, quasi a fuggire, via il colore.

Tutto realizzato con materiali semplici, di riciclo, nel rispetto dell’ambiente, tratto distintivo della sua pittura, quasi a voler dimostrare che tutto e tutti, come l’olio esausto di motore e l’olio fritto, il caffè, i vecchi cosmetici e i brandelli di jeans logori, possono avere altre chances, altra vita.

Egli riesce a dare, così, con un tocco rapido, nuova e infinita vita alla materia, grazie alla capacità di raccontare in maniera icastica innumerevoli sfaccettature di vita, di pensiero, di carne e di spirito.

Questo si realizza in una spazialità che viene quasi annullata dal punto di vista della sua rappresentazione grafica, ma che resta intuibile agli occhi della mente e, quindi, plasmabile, infinitamente, attorno al vero soggetto della pittura.

Per lo più un essere umano, talora l’animale (anche se non mancano aperture alla natura, affacci marinari, imbarcazioni, ad esempio) in momenti intimi, di relax, di scene di vita quotidiana, del lavoro, in una fisicità che viene esaltata dalla centralità di elementi solitari, o in coppia, più raramente in gruppo.

Gianni Corda

Di questi soggetti è immediato cogliere la massima concentrazione espressiva, la corporeità così naturale e armonica, ove anche l’eros, ripulito da elementi di contorno, parla un linguaggio semplice, mai morboso, ma infine sublimato per la sua con naturalità all’essere stesso.

Gianni Corda ha conquistato, anche attraverso la profonda conoscenza e ammirazioni per grandi maestri della pittura internazionale di ogni tempo, cui spesso tributa personalissimi e pregevoli omaggi, la capacità di affermare un’arte libera, aperta, indipendente e lucida, capace di distinguersi e trovare spazio in importanti collezioni italiane e straniere.

Un esempio, tra tanti che si potrebbero fare, l’ho letto su un’opera di modeste dimensioni, ma di grande impatto, che raffigura una madre seduta col figlio sulle ginocchia. Tale soggetto e la sua impostazione hanno uno dei loro principali referenti nella consolidata tradizione delle maternità medievali, delle Maestà in trono.

L’esempio non paia né balzano né azzardato, in quanto di queste conserva intatta la dignità e compostezza, la postura, la solidità delle volumetrie forti, ferme, ieratiche.

Dell’iconografia ben nota si conserva anche la ben attestata tipologia dell’incrociarsi delle diagonali dei visi, con la variante degli occhi materni chiusi, in espressione pensosa e concentratissima, mentre colpiscono gli occhi spalancati del figlio, non più, come nella tradizione, infante, ma già più grande, in questa maternità domestica e tutta umana, per un amore che va oltre ogni tempo e convenzione.

 

Written by Katia Debora Melis

 

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