“La straniera” di Younis Tawfik: una storia orientale nella Torino di oggi

Io non lo sopporto questo freddo così umido. Mi penetra nelle ossa e mi congela la mente. Non riesco ad abituarmi, dopo tutti questi anni”. Sono le parole del protagonista maschile del romanzo La straniera, scritto dall’iracheno Younis Tawfik ed edito da Bompiani in prima edizione nel 1999.

La straniera

Per chi arriva dal Nord Africa, clima dolce e assolato, terra accarezzata dalla brezza del Mediterraneo e dalle calde ventate del deserto, la grigia e nebbiosa Torino diventa un luogo insopportabile, nonostante abbia rappresentato il luogo della rinascita, della svolta, dell’affermazione.

L’Architetto (nel romanzo non compare mai il nome del protagonista, ndr) è un giovane che si è trasferito in Italia dal Marocco, ha conseguito una laurea e lavora in un affermato studio di architettura.

Sposato e poi separato, vive in piena integrazione in quella che definisce la sua nuova terra. Eppure in fondo al suo animo non ha mai abbandonato la sua condizione di straniero, di diverso, di estraneo al mondo nel quale si ritrova a vivere.

La sua quotidianità gli permette di mettere a tacere questo senso di estraneità fino a quando non incontra sulla sua strada Amina, giovane e bellissima connazionale che per sopravvivere vende il suo corpo ai vogliosi clienti che si lasciano irretire dal fascino esotico della straniera.

Amina ha un vissuto tremendo, una storia personale caratterizzata da violenze e soprusi che ne hanno segnato l’animo nel profondo “La vita è stata molto dura con me: sono stata ingannata e sfruttata da tutti. Io credo in Dio, prego tutti i giorni e chiedo perdono, ma non trovo una via d’uscita …. Mi sento molto sola e voluta solo per il mio corpo e le mie prestazioni. Una donna, quando si riduce a questo, diventa soltanto un corpo senz’anima. È morta”.

Questo è Amina, con il suo bagaglio di dolore, di prostrazione, di sofferenze fisiche e psicologiche, un bagaglio che sente alleggerirsi solo quando è insieme all’Architetto, del quale finisce per innamorarsi. Ma è un amore non ricambiato, o almeno questo è ciò che l’Architetto si impone.

Non può cedere alle lusinghe amorose di un’araba, significherebbe rinunciare a tutto ciò per cui ha lottato e a tutti i successi che la vita, con il duro lavoro, gli ha regalato. E quindi l’Architetto ascolta Amina, le offre drink e cene in locali che lei non potrebbe mai permettersi, gode della sua presenza “Viaggio con lei nel mondo delle parole, delle vicende, dei profumi, degli odori, dei ricordi e di tanta sofferenza”. Ma non la accoglie come lei vorrebbe, non ricambia quel sentimento che in lei è diventato prepotente.

I due si incontrano ripetutamente, e a vicenda si riversano addosso i racconti delle loro vite, dei drammi che le hanno segnate. Ma evidentemente l’ascolto dell’Architetto non è così empatico come Amina vorrebbe e quando il drammatico epilogo si abbatterà pesantemente sull’uomo questi con disperazione non saprà reggerne l’urto. La paura di amare diventa arma contro sé stesso.

Forse in fondo è la paura di essere straniero nei confronti degli altri ma anche stranieri a sé quella che attanaglia entrambi i protagonisti ma alla quale Amina sembra ribellarsi con maggiore determinazione rispetto all’Architetto e forse per questo ne pagherà le conseguenze più gravi, trascinando comunque con sé anche quell’uomo che più volte l’aveva respinta.

Younis Tawfik

Un romanzo che ci porta ad anni in cui il fenomeno migratorio era ancora agli inizi, quando ancora non si parlava di invasione, ma le difficoltà dei viaggi per arrivare in Europa e quelle che si sperimentavano una volta arrivati erano sostanzialmente identiche.

Nel racconto delle vite dei due protagonisti si intrecciano spaccati di una Torino popolata da gente ai margini della società, una città che iniziava a sperimentare l’accoglienza dello straniero, del diverso. Ma vi si intrecciano anche i racconti del paese di origine dei due protagonisti, il Marocco, del quale vengono descritti aspetti geografici e sociali tali da riuscire a delinearne il profilo.

Una nota di particolare interesse è rappresentata dalle numerose poesie che inframezzano la narrazione della storia e che regalano al lettore sprazzi di luce che aiutano a mettere a fuoco una storia difficile, ruvida, dove il senso della vita si perde nelle pieghe della sofferenza umana.

“Ti vedo nella mia ansia piangere…/ Timido il giorno/ Nasce dai tuoi occhi/ E nel tuo fragile sorriso/ Come sole triste, tramonta./ Vedo la mia memoria affaticata/ Come stormo di passeri./ Tu terra distante,/ terra vicina,/ è forse il mio destino/ restare lontano da te./ Vagabondando su percorsi intrecciati/ Senza mai uscirne?/ Forse il mio destino / È morire di struggente nostalgia?/ In questa terra straniera/ Fatta di ferro e di ghiaccio,/ in questa terra indifferente, senza sogni”.

 

Written by Beatrice Tauro

 

 

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